Diamanda Galas


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Litanies Of Satan/ Wild Women (YRecords, 1982) (Restless, 1988), 8/10
Diamanda Galas (Metalanguage, 1984), 9/10
Divine Punishment/ Free Among The Dead (Mute, 1986) (Restless, 1989), 7/10
Saint Of The Pit (Mute, 1986) (Restless, 1989), 6.5/10
You Must Be Certain Of The Devil (Restless, 1988), 6.5/10 (EP)
Plague Mass (Mute, 1991), 5/10
The Singer (Mute, 1992), 4/10
Vena Cava (Mute, 1993), 6/10
The Sporting Life (Mute, 1994), 4/10
Malediction & Prayer (1998), 4/10
La Serpenta Canta (Mute, 2004), 4/10
Defixiones, Will And Testament (Mute, 2004), 6/10
All The Way (2017), 4/10
Broken Gargoyles (2022), 6.5/10
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Summary.
Inspired by the "Schrei" opera of German expressionism, Diamanda Galas was the most extreme vocalist of the time. The atrocious free-form hysteria of Tragouthia (1981), Wild Women (1982), Litanies of Satan (1982), Deliver Me (1986), Free Among The Dead (1986) and Cris D'Aveugle (1989) invented a new form of lieder for voice and electronics, one that references ancient Greek choirs, medieval "danses macabres", the French "poets maudits", expressionist theater and, ultimately, sheer terror.
If English is your first language and you could translate my old Italian text, please contact me.
Diamanda Galas è una delle cantanti che hanno rivoluzionato il concetto stesso di "canto" attraverso l'uso dell'elettronica e un'espressività da ossessa.

Galas, nata a San Diego nel 1955 da immigrati greci, ha studiato opera e pianoforte e si è poi cimentata nella performance. Nei primi anni '70 suonava a Los Angeles con jazzisti d'avanguardia come David Murray, Butch Morris e Mark Dresser. Ma conduceva anche un'esistenza precaria e pericolosa, sempre sul filo del rasoio con i suoi abusi di droghe e le sue molteplici esperienze sessuali. A scoprirla come cantante fu il Living Theatre, che la invitò ad esibirsi nei manicomi. Il compositore Vinko Globokar la assoldò per la sua opera "Un Jour Comme Une Autre". Fu quella l'esperienza fondamentale, in cui maturò la sua idea di musica e di canto.

Il primo album esplose sulla scena della musica elettronica con il fragore dell'opera che fa epoca. L'arte canora di Galas si presentava come un incrocio fra tragedia greca, teatro espressionista e seduta psicanalitica. Le due composizioni per voci sovraincise ed elettronica dissonante, estremamente convulse e opprimenti, ispirate da un concreto pretesto politico, sembravano scaturire da un coacervo di forze primali ed erano sottese da perverse liturgie sataniche. Galas riusciva a fondere subconscio, magia e storia in un flusso sonoro altamente emozionante.

Wild Women With Steak-Knives è un assolo canoro di dodici minuti che costituisce quanto di più radicale sia mai stato cantato: a blocchi di grida orrende, rapidissime e concitate, si alternano vagiti disumani, da assatanati, da partorienti, da bestie al macello. Tutto il vocabolario di disfunzioni vocali fa parte del suo repertorio: singhiozzi, spasimi, vomiti, nitriti, movimenti di labbra e di guancia, gargarismi, lamenti strozzati, sibili, balbettii isterici.

Le sue urla sono le più abominevoli e viscerali, spesso seguite da scariche epilettiche di fonemi animaleschi. Per produrle, controllarle e modularle la cantante necessita di una concentrazione sovrumana. Ispirandosi al pianto di Medea e all'orrore di Ecuba, ma anche al senso di impotenza e di isolamento del "Gluckliche Hand" di Schonberg, Galas mette in scena uno stile assai più teatrale di quelli austeri e raffinati delle altre "vocalist" sperimentali. Il canto di Galas è anzi votato all'eccesso.

Ma, per assurdo, le sue affabulazioni scomposte sono più vicine alla realtà quotidiana di quanto lo siano gli astrattismi di Meredith Monk e Joan LaBarbara; sono anzi prese direttamente dalla vita, costituiscono una colonna sonora del dolore in tutte le sue manifestazioni. Galas non si astrae dal mondo reale, ma anzi vi immerge totalmente la propria psiche, con risultati apocalittici.

Nelle Litanies Of Satan Galas recita i versi maledetti di Baudelaire più enfatica e sguaiata che mai, mentre un tamburo batte colpi funerei, l'elettronica solleva folate gelide e altre voci filtrate borbogliano in sottofondo. La ripetizione sempre più ossessiva e scalmanata trasforma i versi in esorcismi, fino a quando il suono della voce si decompone in una bolgia di disturbi sonori. In una nebulosa di acuti soprannaturali la cantante declama allora un assolo raccapricciante da indemoniata, con alcune delle sue tipiche mitraglie epilettiche di fonemi e tutto il campionario di spasimi. Il brano termina sui cento echi elettronici della sua voce che recita di nuovo i laidi versi in francese.

Il secondo album, Diamanda Galas, il suo lavoro più politico, contiene altri due lunghi brani per voce ed elettronica, ciascuno un "muro dell'urlo" non meno imponente.

Tragouthia (october 1981), su Diamanda Galas (Metalanguage, 1984), è un vibrante grido di dolore per le vittime della dittatura greca, che si coagula in una massa vocale prevalentemente corale, alla quale il tremito violento di Galas imprime un moto continuo ascendente, in maniera concitata, al limite del collasso nervoso. Gli echi polifonici della sua voce salgono come il lamento di una massa di dannati agonizzanti. Gli acuti altissimi, le frenetiche scariche di sillabe e i trilli gutturali formano un sottofondo demoniaco per la recitazione spastica e traumatizzata della voce maggiore. Quando tutte si distendono in volteggi di soli acuti, ne risulta un requiem solenne e allucinato, quintessenza dell'oltraggio e della disperazione.

Un altro saggio di recitazione traumatizzante si ha in Panoptikon (february 1984), su Diamanda Galas (Metalanguage, 1984), quando Galas alterna il silenzio elettronico a subitanei scoppi di grida, e lascia che girandole di voci contrastanti, sparse lungo uno spettro vastissimo di registri, vengano distorte e amplificate in modo maniacale.
Galas agisce nelle vesti dello sciamano che trasuda in catalessi metempsichiche le voci interiori di un mondo impenetrabile. Oracolo dell'apocalisse, sparge le sue lacrime di pathos e angoscia su un paesaggio desolato. Il suo lamento claustrofobico si svolge in spirali di magia nera e degenera in un teso soliloquio con le forze dell'aldilà. Educata tanto dagli acuti di Maria Callas quanto dalle colonne sonore dei film dell'orrore, Galas accumula pulsioni estreme giovandosi di un'ampiezza vocale di tre ottave e mezzo in una bolgia di riverberi elettronici. E le mille personalità che ne risultano si scontrano con la violenza di tifoni.
Così Eyes Without Blood (1985) è un morboso delirio di sesso e omicidio, dove sadismo, necrofilia e metafisica si compenetrano creando tensioni spasmodiche.

Divine Punishment, il suo album più medievale, è una parafrasi esoterica delle Sacre Scritture, intrisa di profezie demoniache e di anatemi osceni. Il parossismo blasfemo della cantante penetra nei manuali della chiromanzia per estrarne un distillato di pessimismo cosmico e di odio nichilista.
Nella suite Deliver Me From Mine Enemies in sei movimenti, fra salmi gregoriani e lamentazioni ellenistiche, proverbi ebraici e formule magiche in un italiano arcaico, l'angelo del male enuncia il suo catechismo della perdizione eterna, attraverso scene musicali che ricordano alternativamente il volo solitario di una strega o il lamento di un dannato in un girone dantesco, con sottofondi che evocano il lento avanzare di schiere di demoni o un caos di anime derelitte nei miasmi infernali.
Il canto di Galas, sempre alla mercé di un turbine di turbini elettronici, impersona tutti i personaggi di questo affollato "grottesco" medievale, ciascuno con un timbro diverso, alternando i toni incalzanti della danse macabre (This Is The Law Of The Plague a ritmo in crescendo di processione nera, con finale d'intensità wagneriana) a vocalizzi astratti, ora dilatatissimi, quasi allucinogeni (Deliver Me From My Enemies), ora infernalmente gutturali (la miasmatica e bruttissima Yiati), ora misticamente puri (le vertiginose acrobazie da muezzin di Esedoyme), ora spettrali (il sibilo angosciato di Psalm 22), che si inabissano nei recessi più profondi della psiche, con risultati sempre sconvolgenti per intensità drammatica e suggestione sonora. Il suo canto sa tramutarsi in rantolo agonizzante, in formula esoterica, in soffio impercettibile dell'oltretomba, in vento, in magma, in fiamma.

Le quattro lamentazioni macabre e blasfeme di Free Among The Dead sono capolavori di questa recitazione interiore, che nel Psalm 88 sibila perversa e incalza demente in una suspence e un crescendo marziali e in Sono L'Anticristo imita un vero e proprio esorcismo, con tutto il suo corredo di versi animaleschi, al cupo rintocco del piano. Questi deliri invasati costituiscono l'apice del suo stile cerimoniale, avvolto in atmosfere tetre e minacciose e in arcani testi pseudo-biblici.

Saint Of The Pit, con testi in francese dei tre poeti "maledetti" Baudelaire, Corbiere e Nerval, è la sua messa dei morti, il suo requiem per l'umanità afflitta dall'AIDS. Galas confonde le sue pose da tragica greca, da chanteuse espressionista, da soprano d'opera. All'inquietante ouverture strumentale La Trezieme Revient, sullo stile di un "sanctus", fanno seguito il canto altissimo di Esedoyme, il conciliabolo grottesco di L'Heautontimoroumenos, e il gran finale di Cris D'Aveugle, vera e propria liturgia nera con cadenze fosche di organo e tripudi corali di streghe e di demoni wagneriani, cantata con grottesche evoluzioni da muezzin e da invasata, in una terribile visione del giudizio universale, e, placata l'orgia, con gli ultimi versi pronunciati (per la prima volta nella sua carriera) con voce pateticamente normale, quasi a supplicare pietà.

E' questa la sua opera più oppressa dal senso della morte. Il canto di Galas è meno rocambolesco che nelle prime prove, più concentrato a trasmettere il messaggio e a sfruttare gli effetti melodrammatici del suo Grand Guignol. Ossessionata dall'epidemia dell'AIDS, Galas è passata dall'antica Grecia al Medioevo delle superstizioni e delle eresie.

Nel frattempo l'acuto da soprano d'opera, il più stridente e stordente, è diventato il suo mezzo espressivo preferito, mentre sono pressoché scomparse le voci esagitate nei registri più volgari. Analogamente il passo lento e marziale di pianoforte, che rende il senso della processione, ha preso il sopravvento sulle fasce elettroniche.

Terza parte della trilogia sulla "pestilenza del secolo", l'EP You Must Be Certain Of The Devil è un violento e dolente "je accuse" contro la caccia alle streghe in corso nei confronti dei malati di AIDS. Questa volta i testi sono di Galas stessa, e le musiche si ispirano al folk sacro dei neri. Moderata nella gestualità elettronica, e supportata per la prima volta da un complesso rock, è questa la sua opera più accessibile, tanto che ne viene tratto persino un video-clip, la danza orientaleggiante Double Barreled Prayer.

Il disco applica la sua tecnica di modulazioni demoniache allo spiritual (il tour de force della title track), a un funk dissonante (Malediction), a un boogie catalettico e cacofonico (Let's Not Chant About Despair); ma sempre tra un'invocazione satanica, una nenia strozzata e gargarismi criptici assortiti. Come Monk, adesso Galas imita "voci" diverse, cambiando registro e personalità di brano in brano. Rispetto a Monk l'accompagnamento è molto più musicale, facilmente riconducibile a uno dei generi classici. Il clima è ancora di orrore cupo e opprimente, selvaggio e primitivo, ma i vocalizzi anarchici e free-form degli esordi sono ora sintetizzati in una forma-canzone degli inferi più fruibile.

You Must Be Certain è un singolare tentativo di commercializzare l'avanguardia vocale più intransigente. Insieme ai due dischi precedenti compone la trilogia "Masque Of The Red Death", ovvero la leggendaria "messa della peste" ("Plague Mass") dedicata all'AIDS e in particolare al fratello (morto di AIDS nel 1986). La messa è stata registrata dal vivo nell'autunno del 1991 nella cattedrale di San Giovanni a New York.

Masque Of The Red Death Trilogy (Restless, 1989) raccoglie i tre album della trilogia.

Plague Mass (Mute, 1991) e` una dimostrazione dal vivo delle sue prodigiose capacita`.

Per molti versi (l'appropriazione di simbolismi religiosi, il tono di predica, l'intensità e la ferocia delle esibizioni, i temi legati a ingiustizie sociali) la sua arte ricorda quella dell'artista performance Karen Finley.

Negli anni '90 il suo carisma è aumentato per effetto di un'improvvisa popolarità, ma in realtà la qualità dei suoi lavori è precipitata. Galas non ha fatto che ripetere stancamente le due idee su cui aveva costruito la "messa della pestilenza". Fra una raccolta di blues, spiritual e gospel, The Singer, e una prova nell'ambito del power-trio della musica rock, The Sporting Life, collaborazione con John Paul Jones che frutta almeno Dark End of the Street, Galas perviene però anche a un nuovo lavoro di grande spessore, Vena Cava, nuova discesa negli inferi più scuri, nuovo campionario di boccacce e diluvio di campionamenti, nonostante le cover un po' mediocri (Amazing Grace, Hush Little Baby) nascoste dentro gli otto pezzi senza titolo, e nonostante la registrazione dal vivo non impeccabile.

Le sue stordenti vertigini psichiche, i suoi pannelli di soliloqui maniacali, le mille voci sconnesse e perverse della sua anti-umanità hanno coniato un vocabolario del dolore che si è ormai emancipato dall'avanguardia per diventare un classico del nostro tempo. Canto tragico greco, innodia mediorientale, grida dei matti ed esperimenti dell'avanguardia vocale hanno stravolto con violenza inusitata il registro "alto" della cantante d'opera.

Le sorgenti della sua teosofia del male datano dai millenni oscuri, si perdono nei meandri dell'"altra" Storia; ma nelle sue opere l'esibizionismo satanico si è sempre sposato a un sincero orrore per le tragedie dell'umanità: le violente danse macabre di Law Of The Plague e Cris e i monumentali deliri free-form di Wild Women, Litanies of Satan e Tragouthia sono aspetti complementari dello stesso disperato de profundis l'umanità.

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Malediction & Prayer (1998) is a live album of covers. Schrei X (Mute, 1997), containing 24 short live a-cappella pieces, is based on Schrei 27 (1994), her first work for the radio.

La Serpenta Canta (Mute, 2004) collects live performances, mostly covers.

Her vocals are hardly menacing and her arrangements are hardly shocking on the double-disc concept Defixiones, Will And Testament (Mute, 2003), devoted to the theme of genocide. Even the most intriguing melodrama, The Dance, is about twenty minutes too long. Since the time she started telling stories (instead of simply screaming them), she has lost her ability to "feel" the story. She is much better at reciting other people's poetry, like the Pasolini poem that she shouts in Holokaftoma.

The repetitive, predictable and uninspired works churned out by Diamanda Galas since 1989 have become one of the most boring sagas of the avantgarde. What a change from the shock caused by her early masterpieces. Her art has become pure intellectual pretentiousness and political pomp.

Guilty Guilty Guilty (Mute, 2008) documents live performances devoted to classics of country, blues and jazz music.

The key composition of the 2010s was Das Fieberspital (2013), recorded live in Switzerland in September 2013, a terrifying rendition of a Georg Heym's poem from 1911 with wild piano playing and electronically-manipulated vocals.

All The Way (2017) collects her interpretations of famous compositions by Thelonious Monk and Albert Ayler, plus a couple of blues standards and the folk standard O Death.

At Saint Thomas the Apostle Harlem (2017) is a live album.

The 21-minute EP De-formation - Piano Variations (2020) contains solo piano music (no vocals) inspired by her performance of Das Fieberspital.

After working for many years on Georg Heym's expressionist poems, Galas delivered a sort of final version on Broken Gargoyles (2022). The first part, Mutilatus, is yet another revision of her 2013 piece Das Fieberspital/ The Fever Hospital but also including lyrics from another Heym poem, "Die Daemonen der Stadt" (1911). The better production hurts the potential of the piece, which is now a set of independent lieder and recitations instead of a seamless stream of consciousness. Pulsing industrial rhythms occasionally rise to accompany the whirlwind of electronic manipulations of her voice: witches screams, cavernous demonic male voices, subhuman mouth sounds echoing in a vast void as well, howling of damned souls and so on. The most powerful free-form chanting occurs between the 16 and the 21 minute marks. Nonetheless this is her most powerful recording in 20 or 30 years. The second part, Abiectio, draws from Heym's poems “Der Blinde” and “Der Hunger” and, when it is not spoken-word, it feels like the soundtrack to a horror movie. It is especially in the second half that Galas lets loose her powerful electronic tools and transcends mere recitation. The last five minutes are pure gothic.

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