La frangia di capelli
che ti ricade sugli occhi
anche quella mi dico
dev'essere un segno
che lasci per me;
il frusciare delle stelle
sul tuo viso; il dialogo
fra i tuoi occhi chiusi,
addormentati, felici, inermi,
e l'andirivieni senz'anima
della risacca astrale...
orbite, per quanto vaghe,
che tracci per me,
e dentro di me;
e la mano che apri
all'altezza dell'anca
e aspetti che io la stringa,
come si aspetta un evento
che certo deve accadere,
e non perche' fosse scritto
nelle stelle (semmai le stelle
sono scritte in quello,
e cosi' ogni altra cosa):
come il nido di perle
del tuo primo sorriso
nel fondo caldo della vita
il tuo corpo parla per me.
E il tuo sguardo,
che mi ha guidato
incontro al sole
come un volo di gabbiani,
ora lo perdo,
mi pare per sempre,
in un vento di luce,
violento e accecante,
non faro ma specchio;
in un punto dentro di te
che non vedo, ma sento,
un buco nero in cui precipito
senz'avere neppure la forza
di vederlo riflesso o ingrandito,
ma soltanto capovolto e sbiadito;
come se vivessi in un binocolo,
tra una lente e l'altra,
tra due lacrime uguali.
Cerco con le labbra
nei tuoi capelli le parole
che ti faranno felice
e nel buio della stanza
indovino con le dita
la filigrana di petali
che incorona il tuo viso.
Era questo, solo questo
accarezzarti all'infinito,
il mistero che non potevo
da sempre svelare del mio
vivere senza esistere.
Ascolto le parole
che non dici.
Misuro la distanza
che non ci separa.
Cronometro il tempo
che non e' passato mai.
Compio gesti inutili,
privi di significato,
che nessuna logica sa
interpretare, e che pure
sono il senso di me,
del mio cercarti,
del mio trovarti.
In fondo il mastice
che ci tiene insieme
e' questo senso di essere
cio' che non siamo;
d'essere proprio questo
non esserci piu',
non esserci mai stati;
il non saper piu' tornare
al punto di partenza
(del sentiero che seguimmo
non v'e' piu' traccia
che possa dirsi traccia:
calco fossile, al piu',
o scia di fuochi fatui).
E, piu' di tutto,
fiocco di neve sul germoglio
intirizzito che aspetta da anni
una primavera per sbocciare.
Quel ciuffo di vita, sorridente
sulle alte onde del tramonto,
sbattuto contro scogli di nubi,
d'illusioni ottiche e di miraggi,
che si tuffa nei brividi
di tante morte eternita',
m'incute una paura ch'e' quasi
superstiziosa dell'assoluto;
avverto un vuoto alla deriva;
e tu vaghi sul fondale, passato
e futuro della mia vita, inerte
come una turista del tempo
che sia incorsa in tanti naufragi
e non si sia salvata mai.
Un paradosso senza fine:
mi sono perso quando
ti ho trovata, ci siamo persi
insieme nel mondo quando
ci siamo trovati a vicenda.
Non abbiamo ancora notizia
del posto dove non siamo
per caso arrivati, approdo
o limite chissa', forse
soltanto luogo di trasbordo
da una riva all'altra,
da un'isola all'altra
(da questa parte e' cenere
non sabbia il litorale
e spazi senza confini
che cercano senza trovarli
luoghi senza nome).
Esisteva qualcosa
prima del nostro passaggio?
Se si', che cosa?
Forse una tua impronta,
forse una mia lacrima
su quell'impronta,
forse una tua carezza
su quella lacrima,
forse il canovaccio
di quella che sarebbe stata
la nostra vita insieme.
Se solo sapessimo
dove conduce
questa rotta,
e perche'...
se solo non sapessimo
da dove veniamo,
e perche'...
Avevo provato tutti i giorni
a pronunciare le parole
che ti avrei detto
quando ci saremmo incontrati;
non usciva alcun suono
ed ora so perche': non sono
suoni, ma vita, cio' che
avevo messo da parte per te.
Vorrei, mimetizzato
nei tuoi pensieri,
farti una sorpresa,
tenderti un agguato,
aspettarti al varco
in un guizzo dei tuoi occhi;
e poi gridare muto al mare
la bellezza che mi imprimi
sul viso come stigmata
di quel martirio ch'e'
un nostro presagio
e un nostro segreto.
Avanzi nei miei sogni trapunta
di stelle e tornerai uguale
nella nebbia azzurrina dell'alba
a bisbigliare lo stesso "ti amo"
senza senso che colmera' lo stesso
silenzio vuoto nel mio cuore,
fermo da tempo immemore
come un orologio che nessuno
si e' piu' ricordato di caricare.
Principessa per cui mi fingevo
dragoni e duelli, sei tu
a dover proteggere me, chiuso
nella mia goffa armatura!
Sei tu, mia bussola
e mia clessidra, luce
e respiro; in ogni momento
sulla soglia i tuoi sguardi
a tracciare il confine
fra dentro e fuori,
fra me e la realta'.
Di tempo e di spazio
ci circonda la vita,
fino a toglierci il respiro;
sta a noi dar loro viso e nome
per poterli guardare e chiamare,
e in quel guardarli e chiamarli
riconoscere sorridendo se stessi.
Ubriaco di tutto il poco
che abita queste pareti
(e le altre d'altri spazi
che non ho visitato, ma che
sento esistere dentro di te)
raccolgo la vita
che ti scrolli di dosso
e mi muovo a tentoni
nel vuoto che attende
di colmarsi di noi.
Due anime non sanno altro
che rozzi segni nell'aria
lasciati da dita di fosforo;
son due maschere appese
a un chiodo che aspettano
di essere indossate a turno
da un ospite in incognito;
due impronte sulla spiaggia
a cui soltanto la luna
puo' dare pallida forma
per pochi fugaci secondi.
Che e' poi il senso perduto
dell'attendere qualcosa che si sa
non potra' mai succedere,
come il fuoco nel deserto
o l'immobilita' del mare.
Cosi' io ho atteso te
e di te quella prima volta
che non avevi piu' da darmi.
E da te di te io sapevo
di non poter avere altro.
In quell'attesa ho capito
che non c'e' nulla da capire,
e tantomeno da attendere.
Cosi' siamo giunti
alla fine di questi giorni
che non abbiamo saputo
meritare. Di te da qui
non si sente che un flebile
lamento, un vento di suoni
privi di significato, quasi
come se ti fossi persa
e di nuovo invocassi la luce
che vedesti quella sera
nei miei occhi. Quella luce,
infernale, brucera' sempre.
Il mio sogno hanno inchiodato
sulla croce incandescente
del tuo passato
(per continuare a vivere basta
forse sapere che quel mio sogno
non e' finito mai).
La verita' e' un pianto
senza lacrime, un gemito
senza suono, un tutto
di niente e di nessuno.
L'ululato di quel cane lontano
che grida silenzio nell'incubo,
che non ha piu' sguardi
nella notte del mondo, che sa
di esser solo e di dover morire,
e' il mio (mi hai anche insegnato
come sia bello non saper piu'
rispondere a nessuna domanda).
Vorrei che il silenzio
di quelle tanti notti
non fosse stato inutile:
siamo noi quel silenzio...
Perdonami di non averti mai
perdonato. Perdonami di me.
Se non per te
per chi
vivro'
questa vita
che non sapevo di poter vivere
Se non da te
da chi
ricevero'
quell'attimo
che dara' senso a tutti gli altri
Se non con te
con chi
dividero'
l'ultimo tozzo di pane
sulle prime rampe del paradiso?
Mi rannicchio in un tuo sorriso.
Chiudo gli occhi.
E mi lascio prendere
per mano dal tuo cuore.
Questo sei tu,
questo guidarmi
in ogni istante
con tutta te stessa.
E questo sono io,
questo lasciarmi guidare,
questo non essere piu'.
Tutto mi parla di te
e a tutto io parlo di te.
Pensavo che fossimo tutti
nati per morire, ma io
ora so di essere nato
per amarti.
Scopriremo un poco alla volta
il nostro meraviglioso sempre.
Questo soltanto vorrei essere:
la gioia di sentirmi felice
quando ti sento felice,
la gioia di sentirti felice
quando mi senti felice.
Ma tu, amore,
non finire mai!
E restero' ombra,
a seguire senza sapere,
sapendo solo di seguire,
cieco e sordo e muto
nel solco che traccerai
per me, unito a te
da leggi della fisica
che monsoni e terremoti
non sapranno scalfire,
di nuvola in nuvola angelo,
di spiga in spiga farfalla,
o di falo' in falo' favilla,
senza mai perderti,
senza mai smettere
di saperti e di pensarti,
senza mai essere
altro che ombra,
in labirinti di specchi
e in foreste incantate,
appagato dal riconoscerti
ovunque, dal decifrare
ogni minimo gesto
che mi farai compiere,
io, tua ombra,
per sempre.
Per cosi' tanti anni
ho chiamato il tuo nome
senza che tu mi rispondessi;
ma tu c'eri, eri gia' qui con me,
e quell'aquilone di palpiti
che s'e' levato a tempesta
quando infine hai risposto
era gia' librato da tempo:
non aspettava che di gonfiarsi
al vento di un tuo sorriso!
Nello specchio infinito
dei tuoi occhi
ho letto le due parole
del codice segreto
che avevamo studiato
milioni d'anni fa
per riconoscerci oggi
in quest'altro mondo.
E adesso che ci siamo trovati
lo scopo della mia vita
e' soltanto di ripeterle
sempre e sempre senza fermarmi
mai, in modo che tu non ti possa
perdere mai piu': "Ti amo".
Ogni fiocco azzurro del cielo
e' una impronta di te
che custodisco in silenzio
con le lacrime e i sorrisi
che tu hai seminato
nel cuore del mio cuore.
E' l'ora della "buonanotte",
quel bacio che ti mando
sul palmo della mano
con il fiato sospeso
e un brivido di felicita'
come se con quello schiocco
ti dessi un po' della mia vita.
E notte dopo notte
capisco perche', per chi,
l'ho vissuta quella vita.
Incidi l'orlo del cielo
con il diamante di uno sguardo:
brancolo carponi in quel solco
abbagliato da tanti
minuscoli frammenti di stella.
Inseguo un miraggio
che e' la mia vita.
Spalanco le braccia
quando ti penso
come se stessi abbracciando
qualcosa di immenso.
Luccica ogni fibra del tuo corpo,
in ogni poro palpita una stella:
sogno, stella di stelle, di legarti
con due lacci di luna
al mio cuore.
Ti sogno sempre.
E voglio ogni giorno
sognarti di piu'.
Non basta il tempo
per sognare
tutti i sogni
che vorrei di te.
Sognarti
e sognarti sognare
con me.
Nei tuoi occhi ho letto
i castelli di sabbia
che costruiremo insieme
inginocchiati nel mare
dall'alba al tramonto,
due mani che si cercano
in bufere di soli.
Due cuori
a forma di stella
lasciati sulla spiaggia
a palpitare insieme,
soli nel nulla,
come due conchiglie,
riflesso ed eco,
per sempre,
l'uno dell'altro.
Li ho contati a uno a uno
i giorni che mancavano
al nostro primo incontro.
Ogni giorno era un pezzo
di quel piano complicato
che abbiamo messo in atto
da quando siamo nati;
e ora che sono quasi finiti
mi manca quell'attesa,
mi manca quella casa
che ho riempito di te,
la casa dove li ho vissuti
a uno a uno sognando
quando sarebbero finiti.
Il viaggio e' terminato
tu sei qui
davanti a me
i sorrisi
che abbiamo
tanto sognato
sono finalmente
sui nostri visi
mancano soltanto
le parole
ma verranno
anche quelle
e' tutto
immobile
tutto fissato
per sempre
nei nostri occhi
per sempre
nei nostri cuori
e qualcosa
in questo lungo
silenzio
mi dice
che il viaggio
e' appena
cominciato.
(una notte di nascosto
dobbiamo andare quatti quatti
a snidare il tuo futuro
dal suo nascondiglio)
lasciamo che si prendano
queste nostre timide mani
che si sono cercate
senza trovarsi
per cosi' tante estati,
lasciamo che attizzino
il falo' dei nostri cuori
e riscaldino
anni
secoli
di noi
il cencio in fiamme
che ruzzola al vento
e' il nostro amore:
nei sibili violenti,
nel vortice di detriti,
una favilla o due
narra la nostra storia.
E' tardi, ora di dormire,
abbracciati insieme,
e di sognare quel sogno,
piu' grande di noi
e dei nostri cuori,
che abbiamo creato
giorno dopo giorno
con tante lacrime
e con tanti silenzi,
e che ora, senza dirlo,
da' vita e respiro
a ogni gesto e parola;
che ora, senza esserlo,
e' tutto cio' che siamo.
Ricordero' sempre il giorno
che mi sei venuta incontro
da quel nulla ch'era gia' tutto.
Da quanti milioni d'anni
la tua voce ha questo suono,
questa vertigine di bisbigli,
di lacrime e di carezze?
Dove mi conduce senza fiato
il geroglifico di conchiglie
che lampeggia sul litorale
fra le ferite dei fiordi
e il sangue delle alghe?
E' l'eternita' che getta
l'ancora? Sono barbe di corallo
avvinghiate agli specchi,
al lastrico febbrile
di quel mare senza nome;
sono i lampi di zucchero
che guizzano nei tuoi occhi,
la filigrana di lucciole
dentro cui cerchero'
tutti i miei domani.
Fingo il tuo riflesso
nel lento tremolio
di quest'acqua chiara
trapunta di scintille.
Mi manchi cosi' tanto:
non sai quanto cielo
e' diventato il tuo viso!
Questa notte d'incantesimi
accendero' falo' di stelle
in tutto l'universo
per vegliare il tuo sonno.
E pensare che di te
so soltanto quel sussurro,
che mi arriva ogni giorno
piu' antico, piu' mio.
Mi sento un acrobata
bendato sul filo.
Inseguo con la mente
la traccia fine e labile
dei tuoi passi sulla spiaggia,
al chiaro di luna che tinge
di gemme turchine la tua pelle,
in quel caos d'onde gonfie
che si dibattono sugli scogli.
Mi tendi la mano,
le punte delle dita
intrise di rugiada
come i petali di un fiore.
Io intingo il cuore
nella scia d'astri
di un tuo sguardo.
Mi dissolvo
nel cristallo puro
di quel sorriso
addormentato
nella lente del tempo,
piuma immacolata
soffiata dal sole
in un dedalo di raggi.
E cosi', tenendoci per mano,
scivolare insieme,
granelli di sabbia,
nella clessidra del fato,
verso gli orizzonti sterminati
dei nostri sogni.
E, insieme, tenendoci per mano,
poter dire allo specchio:
e' durato un attimo,
quell'attimo siamo noi,
con noi nessuno,
due lune che si baciano
nella sfera di cristallo.
E, insieme, tenendoci per mano,
due ciottoli nel greto
prosciugato del cosmo,
andare incontro alla vita,
che aspetta.
E domani, mio respiro,
sommersi dal vento e dalla neve,
inermi nella presa dell'ombra
come radici legate
al proprio sepolcro,
davanti a quel muro, ciechi
nella gran luce dell'alba,
leggere insieme
la parola magica.
Nella tempesta di colori
che avra' sommerso
tutto il mondo
spiccheranno il volo
incendi azzurri,
mulinelli di farfalle,
aquiloni a perdifiato;
stelle filanti di nuvole
e coriandoli d'uccelli;
e, sul rogo che brucia
le maschere dell'oceano,
nell'occhio di lava
che inghiotte le nostre ombre,
nel canto della marea
che culla i nostri sogni,
impigliata in un gomito di fondale,
rannicchiata nell'ostrica socchiusa,
eco sottomarina, estate tintinnante,
fiaba, diamante,
piccolo batuffolo di tutto,
tu.
L'abbraccio
nel mattino puro
e chiaro, che mi ricorda
i suoi sguardi;
l'abbraccio
nella tenue brezza
marina, che mi ricorda
i suoi dolci rimproveri;
l'abbraccio
nella pioggia di cristalli
del mezzogiorno
che mi ricorda
tanti sogni
di lei e me insieme;
l'abbraccio
nell'alfabeto muto
delle stelle, che mi ricorda
i suoi teneri bisbigli;
l'abbraccio
da un capo all'altro
del mondo,
nel profumo dei gigli,
nelle scie delle lucciole,
nel frastuono delle onde,
nei riflessi della luna,
nelle righe dell'arcobaleno,
nel filo di ragnatela
che tiene insieme
il mondo;
l'abbraccio
forte forte
dentro di me:
dov'era il mio cuore
adesso e' Lei.
Non sapro' mai meritare
neppure le lacrime
che piango per te.
Nel cielo piu' azzurro
della mia vita
e' incastonato il sorriso
che ha prosciugato le stelle.
Come cieco,
sul margine del cosmo,
attendo la tua mano
che mi guidi di la'
nello spazio deserto
che ho vegliato per te
dacche' sei nata.
La folla non mi parla piu'
con quell'enfasi di fanfara;
e' un fitto brusio di segnali,
deboli e distorti, che portano
da un lontano infinito
il codice cifrato, noto
a me solo, del tuo nome.
Ricordi
come battevano
i nostri cuori
quella prima sera
al telefono?
che emozione
le nostre voci!
com'era bello
sentirti scendere
dentro, sempre
piu' dentro...
quella prima
telefonata
e' stata
l'ultima:
ci siamo detti
tutto
con quel battito
di cuori.
E' scoccata la tua
mezzanotte.
Ti ho chiamata
"Bellissima",
ti ho mandato
il mio bacio
della buonanotte,
ho ripensato
le tue parole piu' belle,
ho vissuto
un'altra volta
in pochi attimi
il nostro sogno;
poi ho richiuso
nello scrigno
la tua voce
per non sciuparla;
e adesso non ho
piu' nulla da fare,
fino a domani,
fino alla tua prossima
mezzanotte.
Una pupilla di brina
fa rima con il sole.
Avanzo bilanciando le braccia
sulla fune tesa fra me e lei
per la rotta che un suo sguardo
cosparge di sassolini d'oro.
Funambolo, argonauta,
soffio quel cuore di dea
fra le stelle appena nate.
E' sbocciato un fiore:
in ogni petalo rintoccano
i campanelli della tua voce.
E nevicano immensi
sulle mie lacrime
e fra cielo e cielo
i fiocchi del tuo viso.
Intingo nel sole
la punta del dito
e scrivo nell'aria
il nome che amo
a forma di cuore.
Forse
non esiste ancora
l'isola
su cui ti rapiro':
dobbiamo
costruirla insieme.
Bellissima, brilli solo tu
nella lunga notte che veglio
aspettando di vederti
bellissima brillare con me
come bellissima brilli oggi
all'altro capo del mondo
in quella fiaba che la mia mente
tutta non abbraccia ancora.
Sei rimasta, gabbiano, a volteggiare
sulla piazza deserta del tuo paese
nel diadema di luci che scema smagliato
verso la spiaggia abbandonata.
Sei rimasto, angelo, nella notte
che da te incombe gia', a tessere il cielo
del giorno che io sto per vivere.
Sei rimasta, brivido, a correre
a perdifiato dentro il mio cuore,
a darmi l'ebbrezza dell'aquilone
che sventola spensierato al sole.
Sei rimasta, conchiglia, sulla sabbia
a riflettere i raggi bianchi della luna:
ti spoglio, petalo a petalo, per scendere
nella voragine dove nascondi l'eco
di tante fiabe incompiute.
Grazie delle bolle azzurre
che hai soffiato per me
lungo orbite vuote
sempre piu' alte.
Grazie dell'incantesimo
che hai tracciato per me
nell'aria affinche' potessi
leggerti e ascoltarti.
Grazie dei bisbigli
che intrecci per me
ogni notte di nascosto
da luoghi e tempi
sempre piu' lontani.
Grazie di tutte le estati
che ho ritrovato
nel fondo di diamante
dei tuoi occhi.
Hai completato il cielo,
che non era finito.
...e serpenti di farfalle
che s'impennano nell'erba;
e l'argento dei ruscelli
che tintinna a dirotto,
firmamento di riflessi;
e soli che sgorgano
da tutti gli orizzonti,
come stormi di faville
da un rogo immane;
e riccioli di nubi
che si accartocciano
nelle vampe azzurre;
e tentacoli di luce
che brandiscono nell'aria
ghirigori di rondini;
e chiome di foglie rapprese
al profumo di rugiada
che esala dal muschio
ubriaco dei sassi;
e carovane di conchiglie
crocifisse nella sabbia;
e querce inginocchiate
nell'onda di steli
che una patina di brezza
fa rotolare sibilando
nei nodi delle loro radici;
e ragnatele di arcobaleni
tessute fra luna e luna;
e carovane di libellule
in marcia nell'ombra;
e gomitoli di cascate
sui monti di corallo;
e caroselli di smeraldo,
falde di topazi,
bave di rubini,
scrosci di turchese;
e sogni a frotte
in volute di sorrisi
fino a smarrirne il perche',
fino a vivere in un istante
secoli di te.
Una folata ha raccolto
in un mulinello di sole
i cocci del mio sogno,
e per un attimo
ho ricomposto
il tuo viso;
poi lo ha soffiato in alto,
fra le rondini,
e lo ha dissolto.
Non disperare,
piccolo koala
solo di pezza:
ogni tanto lei
si ricordera' di te,
ti prendera'
dal cestino,
appoggera'
la punta dell'indice
sul tuo nasone nero
e sorridera' dentro
i tuoi occhietti
tristi e muti;
e sapra' che tu
l'ascolti,
e sei felice.
Di tutte le parole
che la mia mente ha inventato
per dirti quanto sei bella
l'unica che mi ricorda
i cieli, gli oceani
e i soli del tuo viso
e' il tuo nome,
che il silenzio ha conservato,
chiuso come una perla
nell'ostrica del tempo,
affinche' io potessi chiamarti;
e tu rispondermi.
Il dragone stellato,
il cuore di cristallo,
la filigrana di petali e albe,
la neve di minuscole lanterne,
le pagliuzze di giglio,
la lente ad arcobaleno,
gli aquiloni alti e liberi,
gli orizzonti puri e luminosi,
i riflessi e i respiri di zaffiro,
il mulinello di nevi, laghi e cieli,
gli uragani di sole,
onda dietro onda,
del tuo sorriso.
E cosi' ti ho trovata.
Dove il futuro non aveva
piu' orizzonti.
Ti ho presa per mano;
e ti ho chiamata per nome.
Ti avevo aspettata.
E tu lo sapevi
Mi rifletto
dentro i cerchi
concentrici del tuo sorriso;
nelle increspature trasparenti
mosse dalla brezza leggera
e silenziosa di te
che scava vortici
e vuoti d'aria
nel mio volo radente.
Cerco me stesso
nella jungla di topazi
del tuo occhio,
cerco un segno di me
a galla nel lago di stelle
da cui trapela la tua pupilla,
piu' piccola e bella che mai,
oasi immensa di sole
nel tuo corpo di neve,
passaggio segreto
nel tempio del senso.
Tu sei il destino
di tutte le parole
che ho pronunciato
nella mia vita.
Nella filigrana delicata
dei tuoi sorrisi leggo
la trama che guidera'
i miei passi fino alla fine
del labirinto, alla luce
immensa di domani.
Vengono onde azzurre
da ogni direzione del cielo
recando in uno scrigno invisibile
il suono della tua voce
Non soffiare la tua vita
nel delirio immane degli astri:
loro appartengono a te,
non tu a loro
Un acrobata danza ad occhi bendati
sul rigo musicale dei tuoi sorrisi.
Mentre avanzo pauroso
nel buio infinito
stringo ben salda
nel mio esile pugno
la collana di sogni
che inanelli da sempre
tu sola per me.
L'alba sapra' forse dirmi
quale filo di refe svolgere
nei labirinti senz' uscita
dei tuoi occhi.
E finalmente respiro
un po' dei minuscoli fiocchi di cuore
che spargi nella nebbia incantata,
nella marea arcaica,
del destino di ognuno.
L'offro in pegno
agli infiniti ruderi
della morte, che non
sappia mai il segreto
di tutto cio' che noi vediamo
in te, scrosciare incontro
alle torride vampe di tempo
prima dell'approdo;
e ti penso come un' onda
che ritorna ogni volta piu' pura
e parla per sempre
anche a me,
sorridente eternita'.
Sono stato sull'oceano
in mezzo agli aquiloni
in una riga di arcobaleno
in un fiocco di spuma.
Ho librato i miei sogni
dall'alto della scogliera
tenendo per mano un ricordo
che ha messo radici profonde.
Ho sentito la sua voce
chiamare sottovoce il mio nome
nel fischio melodioso del vento
da quel punto meraviglioso
che non e' piu' oceano
e non e' ancora cielo.
Incido la mia immagine
nello specchio del tuo sorriso
e la osservo vacillare
dentro le onde che irradii
nel tempo e nello spazio.
Cammini in punta di piedi
sotto le arcate del mio cuore;
respiri piano piano;
ma io so dove sei.
Un fior di medusa
scampato al ciclone
non sara' che il principio
di nuova vita,
quale e quanta,
tenebra insondabile
o luce infinita ?
infinita
come il cielo
del tuo viso.
Ogni volta ti sogno
in un oceano di sole.
E adesso che ti ho vista
splendere
come l'ultima stella
prima dell'apocalisse
sui miei fragili sogni,
adesso che so
quanto ti amo,
non ho piu' il coraggio
di sognare
e di amarti.
Laghi e laghi di te
riflettono all'infinito
i colori della tua vita,
l'arcobaleno di giorni
che un tuo sorriso
ha impresso per sempre
nel prisma della mia mente.
All'ancora del sole
la carezza del tuo viso.
Una bolla di sogni
soffiata dentro la mia mente
da un gioco di silenzi,
otto sillabe d'oro
incise nel girasole
di un astro immane.
Correre a perdifiato per l'universo
a caccia di tuoi sorrisi,
raccogliere tutta la luce
che zampilla dai tuoi occhi:
addormentarsi in un tuo sogno
e non svegliarsi piu'.
Riscrivo lentamente un' altra volta
le otto lettere del tuo nome,
otto lettere d'acqua
che scorrono nella mia mente
e tintinnano un ritornello
senza fine.
Non spezzero' mai
la ragnatela di sogni
che hai avvolto in silenzio
sui miei poveri occhi.
Vivo
nel fondo di conchiglia
dove hai nascosto
il tintinnio della tua voce,
le parole di cristallo
che sorgono nella mia mente
come albe luminose,
e che non tramonteranno mai.
Ho preso fiato
per dirti
con un filo di voce
che ti amo.
E tutto cio' che ho visto
d'infinito
in fondo ai tuoi occhi.
E adesso siamo qui
a ridere e piangere insieme
come due bambini sperduti;
a chiamarci senza posa
come due onde fra gli scogli;
a bisbigliarci "ti amo" all'infinito
come due statue millenarie;
a rifletterci l'un l'altra
come il cielo e l'oceano;
a tenerci per mano
come due rami di rovo;
a rincorrerci
da un capo all'altro del mondo
come due venti impazziti;
a dormire abbracciati senza fiato
come due conchiglie fossili.
E adesso siamo qui
a scioglierci in silenzio
come due fiocchi di neve.
Grazie mia ombra
di avermi fatto tua ombra.
Grazie dell'orbita
che tracci per me.
E' lo stesso viaggio di tutti
che ripetiamo anche noi
per dirci con un segno piccolo
della mano "ciao amore ti amo"
dalla parte del cielo
che abbiamo imparato
poco a poco insieme
e che dimenticheremo
insieme
quando verra' il momento.
"E' tutto polvere"
il filosofo sospira (domanda ?)
"che il vento disperde".
E gira l'occhio opaco,
imbevuto di paure,
dentro la coda di pavone
di questa citta' insulsa.
Arcobaleni di tempo fendono
l'orizzonte dei nostri sogni;
rugiada celeste gocciola
sul seme che ho interrato;
fiocchi di sole si posano
sul tuo viso addormentato.
E' tutto vento.
Nella luce violenta
che si sgretola ai nostri piedi
come sabbie mobili,
nella neve cieca
che piange stremata
sul ramo acerbo,
nel fiore che si spappola
petalo e foglia
sul tuo palmo,
in quella febbre di essere
che grida vendetta,
abbiamo letto insieme
un sussurro di vita
che durera' per sempre.
Che freddo d'inverno
il sole, il pensiero del tempo,
che fredda, amore, la vita.
Basta piangere.
Basta piangere le lacrime
che tu non hai mai voluto
piangere.
Nel tempio deserto rilegggere
i ghirigori opachi
di un codice indecifrabile.
Sdipanare i ricordi
dal dolore
per immergerli in un' altra
piu' atroce
prigione.
Soffiare i gesti osceni
di questo alfabeto muto
contro il capogiro di epigrafi
che il vento scioglie
nei lampi turchini
fra nuvole d'argento
e folate di orizzonti.
Apro sul mappamondo
il ventaglio di meridiani
e mi sporgo senza rete
sul nome della tua citta':
se non fossi nella tua vita
altro che un equivoco ?
Recito senza dire
la preghiera del mio sogno,
le parole magiche del sacramento,
liturgia dello specchio
(nello specchio il mio volto
rigato di lacrime,
effige e sigillo)
e del buio
(il mio nome
evirato
e urlo latente nello spazio).
Sul quadrante divelto
i riflessi abbaglianti
di due lancette recise.
Il riverbero si addentra
nella tenebra immanente.
Voglio tornare nel tuo passato.
Voglio girare la clessidra,
e lasciare che i granelli di sabbia
scendano ad uno ad uno
nel palmo aperto ad aspettarli,
si adagino stanchi e inermi
nelle linee della mia pelle;
e riavvolgere i segni magici
della meridiana, come la zingara
che rimescola il mazzo di carte
prima di leggerti la mano.
L'abominio del quotidiano
si celebra
nell'astinenza dall'apocalisse.
Che folla di monaci amanuensi
in tane profonde di limo
a svolgere dal rocchetto
il filo spinato di stelle
da incidere sulla pergamena !
Un coro di scheletri
insegue la luna
e alimenta la notte:
i loro zoccoli di cristallo
battono sul selciato rovente.
Vieni,
creatura del mio pianto,
a raccogliere
i semi insepolti
che il sole
non secca,
che il fuoco
non brucia.
Che farne
altrimenti ?
Vieni ad ascoltare
il mare delle ombre
che recede e scopre
sulla spiaggia di ciottoli marci
i pochi granelli brillanti
incisi dalla furia del ciclone
in un frammento di conchiglia.
Immemore,
io vivo.
Sono
rito incommensurabile.
Sono
la diga
cieca e antica
contro cui si arresta
l'onda
di primavere estinte
della tua vita.
Sono
sull'acque gia' quiete
i cerchi concentrici del vuoto;
nel centro galleggia esangue
il braccio di dio;
e una scia di bolle,
eterno messaggio,
il verbo lasciato
alle sacre scritture
dell'umanita'.
Sono
sacro.
Finalmente un respiro da questo torace trafitto, una goccia di sangue viva, che non coagulera', da queste stigmate d'argento, lucciole nel chiaro di luna dell'apocalisse, da questi segni di dolore scritti nell'aria del mio corpo; e come per incanto un geroglifico azzurro nei miei occhi, il riflesso arroventato dei tuoi passi sulle scale del mondo; cosi' anche il castello di sabbia del nostro futuro, dei nostri futuri, tangenti al cerchio di cui non si sa il centro, o di cui si suppone il centro a seconda della prospettiva, e la prospettiva, come i ragni, si sposta di notte da una ragnatela all' altra; in questo modo la tana che abbiamo scavato si e' riempita di suppellettili e souvenir, e' diventata un piccolo museo di specchi, un museo di musei, un museo i cui custodi siamo noi e il cui catalogo siamo noi, un museo di se stesso, vietato al pubblico e al cielo (il cielo non e' per noi, e' per quelli "come" noi, e' per le immagini che noi abbiamo costruito per noi, e' per i nostri riflessi; siamo un museo di specchi), aperto alla vertigine del tempo, brivido e senso del viver nostro e loro (delle immagini); da cui l'abisso famelico delle nostre presenze e assenze, ombre le une e le altre inestinguibili, fantasmi di fantasmi; in questo sta l'eroismo del vento, che batte sulle spighe e sulle fronde stellate, sugli altri venti, alti e cupi, interiori, vortici senz' aria, pure astrazioni di venti, che percorrono spazi i piu' vasti, l'eroismo di sollevare la polvere che vela i nostri volti e scagliarci entrambi contro lo specchio assoluto, noi stessi, a leggere nei reciproci tratti i propri tratti; quasi che la fine non fosse in noi, ma dopo di noi, appendice, corollario, alle nostre gesta, come un' epigrafe da apporre a sigillo del nostro primo e ultimo amplesso; e, non certo di esistere nella tua boccia di cristallo, riscrivo il tuo nome su questa rotta disertata da ogni vascello e da ogni pirata, che nel cupido disfarsi delle onde trovera' lo spiraglio per scivolare sul fondale e radicarsi fra i coralli e i forzieri; quel tuo nome che e' scritto anche nel mio, secondo un sofisticato gioco di segni che fu inventato da monaci astrologi in un evo arcaico e il cui segreto e' scritto fin da allora nel tuo nome; in questo dedalo di emisferi, cieli stellati, aurore, eclissi, inondati dal suono di un organo barocco, si aggirano anche i nostri fantasmi, grottesche maschere di luce atrofizzata, manichini di cera divorati dal calore del sole, aquiloni che tu hai costruito e alzato in volo, come i tuoi vecchi aeroplani, per segnare la mia traettoria, un po' come la cometa di natale, al tempo stesso bussola e specchio ustorio, orologio senza lancette il cui ticchettio riempie di echi il quadrante vuoto di questo nostro lento estinguerci in incognito; e non so dirti che il resto, non so dirti che le parole che gli altri non hanno pronunciato per te, non so dirti che nulla, non so che fiatare miele sui lapilli vivi dei tuoi capelli; astro inutile e spento, non so che tracciare il mio di segno, la firma autografa del pazzo, l'impronta sbiadita dell'omicida, l'iniziale d'oro di tutte le parole che ci possiamo dire senza piangere; e forse sara' proprio questo suono di mare prosciugato, che la pioggia rinserra in una gabbia di gocce di occhi, a farmi compiere il primo passo; perche' io non saprei da dove cominciare: siamo invisibili, semi insepolti; siamo giganti di argilla, epici e patetici, che si prendono per mano per non incespicare e vanno a combattere: la guerra e' finita, e forse noi siamo gia' morti, ma noi non lo sappiamo, nessuno ce lo ha detto; ricostruiremo il viso di dio, che abbiamo disordinato per giocare con i cubetti del suo mosaico, e impareremo qualche preghiera dall'alba; il sacrificio verra' consumato senza di noi, pero', e resteremo fuori anche dall'assoluzione: non vogliamo essere perdonati noi, noi vogliamo difendere e' proteggere il nostro peccato, a costo dell'inferno: e' tutto cio' che ci rimane.
Mi hai scorto, ritto in piedi in quella luce magica di fuochi artificiali, alla fine del vicolo cieco in cui ti nascondevi a provare la tua parte; hai sentito la mia voce giungere da lontano, da fili d'erba e acque di ruscello, timida e impacciata; come evocata da un' oltretomba, da un passato remoto, da una soglia gia' varcata; e tu, sottomarina, madreperlacea, assopita nei luccichii sbiaditi di un fondale a scacchiera, portata dai tremiti e dai singhiozzi delle correnti nelle piaghe, nei miraggi sfumati, nelle fronde riverse, in lembi di calcare, in sudari danzanti di alghe, scivolavi liscia e bianca nel cimitero immacolato di domani. Gemelli di orbita, identici nella fine ma diversi nell'inizio, come i raggi riflessi, ci avvolgiamo sul diaframma di rovine che separa il campo di battaglia dalla fossa comune, cerchi infiniti, favole, limiti; voliamo intorno all'uniforme vuota dello spaventapasseri, che sbatte al vento sopra un covone di sole, incapace di scacciare i mulinelli neri che dall'alba imperversano nei solchi, che artigliano semi di zolla in zolla, e incapace di sentire l'odore della primavera scolpito gia' in ogni particella di cielo e di tempo; questo cielo che altro non e' se non l'impronta di un cristallo che si propaga nella materia adiacente e costruisce a poco a poco un ingrandimento di se', un vasto dedalo di tumori brillanti che rimbalzano quel sibilo intermittente di azzurro che e' la sua identita', il suo io; ed esistono incandescenti figure, ombre, tronchi, volti, che si sono aggirati a lungo nel nulla, alla ricerca di una preda, o di un bottino, cacciatori di frodo senz' arma e senza carniere, senza forze, senza nome, senza nulla; numeri di numeri di numeri di numeri ... non esistono che loro, in questa valle di siccita' secolari, di estinzioni di massa, di sismi perenni; loro, protesi verso il perimetro, in fuga; annientati dal proprio esistere, dal proprio essere unici; sotto quel cielo di frammenti, di toppe, di tasselli, si dibattono come cani alla catena, soli e rabbiosi, accecati dai riflessi acuminati del cancello e dal cigolio delle chiavi nella serratura; sotto quel cielo vibrano come lamine arroventate, si appoggiano l'una all'altra, languide ed esauste; e le foglie azzurre del cielo si staccano ad una ad una, precipitano, si disfano, scompaiono nella polvere di tutto, polvere di luce, polvere di loro. Polvere evanescente di te, che loro habno tenuto nel palmo e poi soffiato dappertutto. La vita non e' di noi che cio' di cui siamo fatti, il pensiero di cui siamo carne; riconosco il bianco stemma, l'ideogramma della fiamma spenta, il tatuaggio osceno sull'arco diroccato; quando il dolore sapra' cosa di noi ha ucciso, tornera', piu' forte, a soffiare sulle braci.
Ti ricordo gia', invisibile; eri di la' dal bordo della fotografia, sorridevi in sottoveste la fioca volutta' dei tuoi trent'anni, gli ansimi teneri, il miele ardente di una notte appena incominciata, appoggiandoti allo stipite, in quella camera nuda, la chioma slegata in una miriade di serpenti; il bagliore scomposto dei tuoi occhi penetrava l'obiettivo, e diceva delle carezze voraci di poi, delle parole sciolte nell'abbraccio sulla tua pelle ricamata a stelle, del groviglio di membra pulsanti, del liquido pullulare d'iridi nel tuo viso accesso, delle ombre di delizia lunare che ti cullarono teneramente, dei due respiri incatenati che sbocciarono insieme, delle braccia che ricaddero stremate, di quel corpo che ti cinse per ore e la cui impronta non potrai piu' cancellare. Disperato, ascolto, contro il muro che ci separa; raccolgo le ali, che mai piu' distendero'; e sussurro nel mio logoro nido il tuo nome, e il tuo viso; mi abbandono senza fiato ai turbini di lacrime sospinti nel mio cuore per rotte di labirinto, all'unico orgasmo che mi e' dato, l'angoscia immane dell'amore che ti fa sognare di morire, e di rinascere.
Dal lembo di deserto in cui muoio, ultimo superstite della carovana, esausto e insensato, alla tappa finale del nostro pellegrinaggio nei luoghi della morte, al bivacco che ho trasformato in tempio e mausoleo, nel cerchio di carogne gia' spolpate dagli avvoltoi, da quello scoglio sul nulla che e' la vita, scorro con la punta della lingua il perimetro del calice, e intingo lo sguardo nel nettare rovente del nostro astro comune; riesco a intravedere un giorno del nostro passato, un punto sfocato che vacilla nella filigrana fosforescente: l'alba sorgere come la scia di un razzo che ricadendo si dilati a dismisura, il sole rotolarci incontro ingigantendo dall'orizzonte come una valanga di sabbia incandescente, il sibilo assordante del ghibli incalzare senza pieta' i ruderi arcaici, le impronte sbiadite dei nostri passi sprofondare lentamente nelle dune che abbiamo salito e disceso. Getto le braccia nel vuoto degli spazi che soffoco, uccello piu' grande del cielo in cui volo: rapace e immortale, eroe e giocattolo. Le rondini, le sfingi lunari che migrano verso il polo, si rifugiano nei tuoi sogni, la cui eco perdura nel sepolcro che abitero'. Sulle tue guance notturne hai steso una ghiaia brillante di lacrime. Non solo pianto: nello stampo la colata lucida e muta, la scia che feconda, come nel palmo aperto del cosmo i passi di dio; e penso lo sgomento stupito e feroce di non essere piu' (traboccare sotto una lastra di granito tutte le frasi che non ti ho mai detto, diventare l'assenza di quelle frasi, che nessuno ha mai udito, ma che io sarei stato). Ti seguo, ubriaca di dolore, per i sentieri e le scalinate del cimitero monumentale, per i dedali dove hanno sepolto i tuoi silenzi piu' veri. Non senti i miei brividi negli abissi della tua cicatrice ? Voci: si tendono, stonate, sul loro stesso destino di voci, incise su lapidi non ancora posate. Non ricordo che l'incendio del mio silenzio. I nomadi sono andati via tutti. Solo tu, fasciata di veli, aspetti. Non da molto, peraltro, e non sola. Le presenze di altri sono molte, tutt'attorno. Un groviglio di ombre nella tenebra. Quest'alba che si propaga di orizzonte in orizzonte mi trasportera' come un tappeto magico in un regno incantato. Ci arrivero' senza piu' la forza di portare alle labbra l'acqua di cui ho piu' sete. Quando mi vedrai vagare senza meta per i sentieri ciechi dell'oasi, non venire in mio aiuto, non rispondere al mio richiamo, non pronunciare il mio nome. Quando sara' il momento, camminero' deciso verso l'acqua, piu' limpida e immobile che mai, e, senza fermarmi, mi tuffero'; il mio silenzio si sciogliera' nel filo di vento che scompigliera' soltanto la cima delle palme piu' alte. Quale che sia il nostro destino nell'aldila', innocenti o colpevoli, veri o presunti, non saremo insieme. Il mondo invisibile in cui siamo sempre vissuti insieme esiste innumerevoli volte, ma ogni volta noi non siamo capaci di incontrarci. Odo le pagine ricadere ad una ad una e invano tento di leggere nel libro logoro che e' quasi chiuso: di te sapro' soltanto la fine. Dovremo recidere questi alberi che sanno tacere cosi' bene la loro vecchiaia.
e tu
sei qui
la' in fondo
la cenere che cade
dal mio pugno riverso
nella conca del tempo
sempre piu' tardi
dove ho passato
tutta la vita
a rincorrere
stelle
e tu
sei qui
la' in fondo
gli occhietti guizzanti
ingioiellati di cristalli
sotto una nuvola
di ciuffi (un vulcano
di coriandoli neri)
il vestito azzurro
(una briciola
di cielo)
sulla pelle di piume
di fiocchi di zucchero
e tu
sei qui
la' in fondo
cosi' leggera
a zonzo nella piazza
e la tua voce
(fiotto di luna
fiato di conchiglia)
tintinna sul fondo
del tempo,
febbre di gioia
i raggi
che s' accapigliano
sul tuo viso
(in fondo non sei
che un batuffolo
di piccoli petali
rappresi a un filo
d'ossa, in cima
a tutto quel cielo,
una farfalla rannicchiata
in una bufera di primavere)
e tu
sei qui
la' in fondo
(comete da ogni parte
a rosicchiare un po'
del tuo velo turchino)
chiudo gli occhi
e al buio attorciglio
le braccia al petto
e stringo forte
mentre nella testa
zampillano bisbigli
e sorrisi di te
(per un palpito
di quel cuore !)
e tu
sei qui
la' in fondo
un soffio di luna
che disperde
i sogni a onde
come aquiloni
nei fili turchini
del tramonto
un tintinno
di sole caduto
(quante stelle
prosciugarono
per dar luce
ai tuoi occhi ?)
come un' eco
d'infiniti
che torni
da paradisi deserti
e tu
sei qui
la' in fondo
tempo tempo
chiudo gli occhi
e grido
nascosto
dietro un muro d'azzurro
piccolo fiore
di tutte le stagioni
tempo tempo
e nulla
nulla piu' di te
piccolo angelo
di vento
tu
sei qui
la' in fondo
piccolo angelo
di luce
non so dove
seppellirti e' gia' pieno
il cimitero
dei miei poveri sogni
(tutto cadra'
nella ragnatela
di quel sorriso)
dirompe la notte
(il silenzio
si avventa
sul vuoto
senza fondo
della mia vita)
e un altro giorno
e' passato
senza che potessi
respirare un chicco
di te
e tu
sei qui
la' in fondo
ho sognato tanto
i tuoi sorrisi
che quasi
non li ricordo
piu'
ma penso
ai sogni
che tu
non saprai
mai
e quasi
mi sembra
di essere
diventato
un tuo
sorriso
Spunti dalla nebbia turchina che avvolge l'isola,
come un anello di fumo dalla bocca del sole:
assonnata, la borsa dei libri
a tracolla, discendi la strada
con occhi che gocciolano ancora di sogni
(colano, a brividi, scampati alla notte,
come foglie lucenti di luna);
ti accucci in un canto del piazzale
e tuffi uno sguardo a capogiro
nella pozza d'ombra ai tuoi piedi.
La mia vita
e' sospesa in un tuo sorriso
(rosicchio, rosicchio:
e' dolce !;
rotolo tutto morto,
briciola,
in intrichi di ragnatela)
(il tempo mi cancella,
e io mi ridisegno:
naufrago in un buio di sorrisi !).
Incombe il vento gelido dell'autunno.
Cadra' anche il tuo viso foglia a foglia al vento ?
Poso l'occhio decrepito, salmastro,
prosciugato, nodo di lampi
estinto da secoli, sul velo di stelle
che ti cinge la fronte.
Come varcare il tempo che ci separa ?
Tremo persino in sogno davanti a quello sguardo,
immobile sotto un arco di rondini,
e al tonfo della luna nel fondo di quegli occhi.
Senza posa m' immergo
nella matassa di spighe scintillanti,
nella jungla di cristalli
che si sparpaglia al vento:
di te, corolla d'acqua
toccata da una riga di sole,
una goccia e un riflesso.
Ma nel mio nascondiglio e' primavera,
e petalo a petalo ricompongo in sogno
il tuo bel viso.
Dalla mia gabbia sbircio nel tuo nido.
Il tuo nome vortica fra queste pareti
come la fiamma di un rogo
da una sera d'autunno di tre anni fa.
Incollavi al vetro uno sguardo di brina.
Una punta di buio
trapassava i sedili gremiti,
un filo di sangue nero
colava sulla tua guancia.
I rami del sole dondolavano inerti
alla brezza delle insegne e dei fanali.
Scrutavi le vie o, piu' lontano,
attraverso le nebbie della memoria
vecchie storie di paradiso.
Oppure t'impennavi nel crocchio
di ragazzine petulanti,
come un gabbiano che si stacca a volo
per tuffarsi controluce nell'onda.
La tua vita imperlava
la nube dei miei pensieri.
Nel tuo sorriso ritrovavo
un sogno di quand'ero bambino
e credevo alle principessine
bianche bianche come te.
Il cuore in sfacelo
ti aveva riconosciuta subito.
Ti penso all'ombra di un sogno:
col cuore setaccio la luna,
intingo un ago di pino
nella filigrana di brina
dei tuoi occhi.
A inverno fondo un' onda rappresa,
orizzonti aggrediti da altri orizzonti,
rantoli d'infinito incastonati
dentro cristalli di bruma,
sibili intermittenti e fughe
su grumi di spazio oltre
le ultime luci del mondo;
da un pertugio il tuo volto
girasole notturno
e un eterno
respiro.
Sgorghi dal cielo
e danzi sulle ombre.
Sono un rudere
dilaniato dal sole.
E tu rivolgi i tuoi fiocchi
a ritroso nel vento,
artigli di turbine
che scavano antri giganti
fra le zolle del mio cuore.
Con una vampa hai incenerito
un relitto incatenato
al vortice dei giorni.
Le sue radici, sfilacciate,
tremolano sul fondo
nella palude del cosmo.
Vado
all'appuntamento che non sai d'avermi dato
e a cui non mancherai.
Riflette la citta'
il mesto tramonto
dell'alba.
Con quella voce
invoca
le loro voci
e io
la tua.
Ho imparato a voler bene
in segreto a tante cose di te.
E' la fine
che da' tanti brividi ?
sei la fine
tu ?
forse tu chiodo
per la mia croce ?
tu
nata da una febbre di primavera
sei d'inverno
tu ?
Il mio cuore si e' incagliato
in un tuo sorriso:
scrivere sulla sabbia di stelle
il tuo nome all'infinito.
Tu,
pensiero senza fondo
che non vale
pensare;
che divoro;
e ignoro.
A un soffio di pioggia
tuffarmi a fondo
in ogni filo della tua ragnatela !
Un lampo t'illumina:
pendi morta dal cielo.
E brillerai all'infinito
senza fiato
sola.
Dal fondo del mio buio
colgo una luna appassita
che si consuma lentamente
esangue fra le mie dita:
e' la mia vita !
basta a riempirmi di spavento
il pensiero della tua,
infinita.
Lenti deliri di silenzio i suoi sguardi
il suo sorriso una brezza
che scompiglia la mia vita.
Quella bambina ha cambiato l'universo
e io non sono piu' capace di rimetterlo a posto.
Serbero' quel mucchietto
di sogni appassiti
il frammento di stella
che mi rimarra' di te.
Non ho dimenticato
l'impronta luminosa
del tuo corpo alto e magro
nei fondali del crepuscolo.
Non ho dimenticato
l'obliqua striscia d'iride
che dilagava passo a passo
per i vicoli deserti e freddi
di quest'ombra di paese.
Anche lo sguardo
che mi condanna
dove tutti mi assolverebbero
e' un gioiello prezioso
da custodire per sempre.
Quel poco che sono,
sepolto in una nuvola di sogno,
custodisce nel cuore
un tesoro di briciole di te.
Non potro' mai dire
cosa provo
quando ti penso.
E' gia' cosi' difficile
persino pensarti
tutta in una volta.
Se solo tu non fossi
cosi' grande nella mia testa ...
e' troppo lo spazio di me
che inondi con un respiro.
Quando tutti i mondi sarano ormai
sepolti per sempre dalla polvere del tempo,
la vertigine del tuo sorriso
brillera' ancora, intatta, ultimo sole:
ultima nota del coro celeste,
rimasta sospesa per l'eternita'
a custodire tutta la bellezza dell'universo.
Buon natale
alla ragnatela di arcobaleni
dei tuoi occhi
alla neve silenziosa
del tuo viso
buon natale
al tintinnio delle stelle
che colano
dalle tue labbra
buon natale
ai raggi che ti riflettono
nello specchio
della mia mente.
Il tuo nome
s' allontana
nel risucchio
del tempo.
Il mio cuore squarciato
penzola e sanguina
sul tuo.
Dove imprimi il piede
colano i miei sogni .
Trattengo il fiato
che tu non senta
i miei brividi.
Il sole e' soltanto
la tua ombra.
Tu
un sorriso lontano
in una nebbia
di piccoli soli
un nome
appena un nome
uno sguardo
che trabocca
da un oceano
di cristali
Tu
una perla
che brilla
in un cantuccio
di tempo
luna sospesa
tra cielo e cielo
ecco forse
un cielo bianco
Tu
il rintocco
dei suoi passi
sotto le volte
di un paradiso
il suo cuore
tintinna
in fondo
in fondo
al mondo
eppure soltanto
un batuffolo di vita
tra la folla
una voce
tra le tante
un respiro
un soffio appena
nel vento
freddo
dei giorni
un profumo
perduto
un pezzetto
di meraviglioso
che si e' staccato
da una stella
ed e' caduto
piano piano
come un petalo
da una torre
una luce grande
che mi ha abbagliato
e mi ha lasciato
solo
in una strada
deserta
sotto una pioggia
sottile
a sguazzare
nel fango
e sognare
Sgusciando fra le guglie dorate
l'anima un cencio
che sventola sulla notte
si perde sconsolata
a invetare lei
sul viso d'ombra
che pende dal cielo,
a scrivere sul ciglio dei fogli
per un posto nei suoi occhi
e non leggere nulla,
"non esiste !"
dietro ogni parola;
diro' un giorno di lei:
"fu per me soltanto
un monosillabo",
ma non la dimentichero';
come potro' perdonare
tutto il male
che mi faccio ?
di quella donna
non c'e' piu'
nulla
caravella
sotto l'arco
su quel mare
senza sponda
Quel tuo
tratto di cielo
non e' piu' ormai
che un' unghia
di buio
e
una stilla
del tuo sangue
rotonda e cheta
brilla in fondo
a un filo
di luce
e
il sole
vola ancora
da un estremo
del cielo all'altro
gli sei corsa dietro
per tanto tempo !
annaspando
nella bufera
di giorni
e
cosa hai
scoperto ?
che il cielo
e' fumo
azzurro ?
(Che livido profondo
sulla gota !
Quale spina quale lama
e' strisciata con ferocia
sulla patina di fata
per scavare il crepaccio
in cui muoion i tuoi sorrisi ?
Anche tu forse
non ami
la zuffa idiota
del vento e del mare,
del mondo che affoga
in una ciotola d'acqua
In uno scorcio di sonno
vidi sanguinare a fiotti
i tuoi occhi gonfi e caldi;
e sentivo tremare
il grumo dei tuoi anni
sul palmo della mia mano
Caro chicco di sole,
il mio raglio e' fedele
come l'ombra)
favole notturne di cui vissi e vivro'
torcendomi le mani fissando attonito
lune fratte sminuzzate, larve barbagli perpetui
sorpreso e impaurito da un fantasma
che affondava dentro i miei occhi
in tutto il mio vuoto, e che perdo
piu' s' avvicina tutto roso com' e'
dal fuoco di un' altr' alba o tramonto,
scheggia acuminata infissa nel respiro
e nel sonno
Un corvo ferisce l'ultimo alone.
Sanguina a fiotti sui pendii.
come una lingua che parli in eterno
dentro la buccia del mondo,
un' ombra che corra d'eco in eco,
frugando le sagome e i brividi
i mille denti delle montagne
i mille grembi scoscesi e falo',
scova sparsi all'estremo incanto
due tre capelli in un dirupo,
fili biondi e lievi della matassa
che svolsi entrando nel labirinto
come un ladro da quel pertugio.
E' qualcosa che hai saputo penso
e che non importava sapere;
e' ruggine a perdita di vista
ciechi resti d'inverni traditi.
Non ci sono piu' nevi o fumi ...
Com'e' bello il mondo quando io non ci sono,
guizzo di piuma che cade senza fretta
senza l'affanno di chi deve arrivare
al luogo stabilito e toccare la meta !
La poltiglia s' inabissa
come una stagione finita,
come una salma composta
e sepolta
senza nemmeno un affetto
vero nella fossa nella ruga
di terra che ha scavato strisciando
l'ancora
Scintillo, sotto un lembo di arcobaleno,
bocconi sulla striscia giallastra
d'un morto atollo alla deriva;
e parlo col sole, spirito di balena
in un fazzoletto di cielo,
anzi gli scrivo lettere, che non spediro'.
(Incastono coralli nel carcame del cuore,
e sotterro i frammenti di una conchiglia)
In altri accartocciati miraggi,
le sfoglia, col becco, un cigno nero.
Due pupille bruciano la notte.
Le canne sussurrano tutte insieme.
Un frullo d'ali s' avvita nella volta.
E adesso che e' venuta l'estate
un rimpianto di primavera
m' assale
Vado mendicando nel folto della vita
di volto in volto senza piu' parole
i sorrisi freschi i tepori
E giungo a palazzo sul ronzino del tempo,
m' avevi gia' scorto nel vallone dove romba
cupo il torrente, e mi sei venuta incontro.
Le falde del tuo sorriso
fiatano intorpidite
sul fianco dei precipizi.
Prima lacrima del mondo,
siedi al desco bandito
dentro l'angusta prigione
della mia febbre bambina.
Un lume infranto ti cinge
d'un soffio greve e pulito.
su questa pagina che tu
Di rampa in rampa sparendo
fra la marmaglia in rotti urli,
strascicando nella polvere
i miei lamenti, sbiadisco,
la' sotto il cielo di marzapane.
A capo chino,
fuggendo sciami di vie
col coure roco,
mezzo sfatto dai rimpianti,
dietro siepi
che riparano dal riverbero,
sento un volo
E sola fra i vuoti contro un muro sola
Chiudimi gli occhi con un macigno
che io possa non veder piu' stelle,
non possa piu' veder te neppure.
... voglia di vedere svanire
un ricciolo di mondo
sulle ultime rampe,
davanti alla mia grande
Grazie per ogni regalo,
e su tutto,
la morte
e' il sorriso
di tutti
soltanto
un fantasma
nel castello
una ragazza
di sabbia
sfatta
dalle onde
Brusio di lei
e di me,
ginocchioni
sulla sabbia
a costruir castelli
grandi come soli
con le nostre
mani piccine;
granelli
di sabbia bionda,
persi da sacche
di cielo scucite,
una striscia sottile
lasciata
tra il principio
e la fine;
il ricordo
di tanti giorni
trascorsi aspettando
l'incantesimo
di un suo sorriso;
la voglia di strapparsi il cuore
dal petto con le unghie
per metterlo sul palmo
della sua mano
e lasciarlo li'
a fermarsi piano piano
la voglia
di rompere il sole,
e portarle i cocci;
di camminare ancora
insieme,
con la stessa falcata
e lo stesso silenzio;
e sbirciare
come un ladro
il suo volto
di nascosto
Ti seguo
per le spire del vento
lungo il silenzio
del sole
trattengo il fiato
ascolto il pigolio
delle nostre voci
un canto di prigionia
" "
sei comparsa
all'improvviso
dalla penombra
di stelle
(isole
di luce e tempo
isole
di vita rappresa)
ho frugato
la tua voce
su quelle labbra -
ombre che ignoro
si stendono sulle rovine
di questa vita
ultima per noi
che non ne vogliamo
altre
" !"
e' vero
e' questo
il mondo in cui
dobbiamo vivere
e l'esser vivi
non ci assolve
" ?"
il pensiero della vita
come un gioco
non e' un ricordo
il frastuono della vita
come un nome
non e' un senso
" !"
e' vero
dobbiamo sopravvivere
a questi fuochi
e a queste ceneri
a queste umili vite
arse e perse
nella cadenza degli anni
e seguitare a nascere
e morire ogni giorno
senza pieta'
" ..."
io sono qui
in questo punto
per tanti anni
recluso in queste
notti profonde
non dormo
seguo un suono
che dilaga
per la memoria
e scendo le spire
di questo vento
tra sole e sole
le ombre
ogni ora piu' lunghe
dei miei passi
" "
ho paura
delle tue vendette
affiori e
filtri
interroghi
giudice come il tempo
" ..."
la pieta'
come l'ultima stella
brilla nei nostri sguardi
" !"
io non sono niente
" ?"
voglio correre a perdifiato
mi hai fatto sentire
un uomo
sbagliato
ciao
non e' vero
che sei piccola
non e' vero
non finire mai
ciao
piero
Brilla brilla
in fondo al viale
una scarpina di vetro
in fondo al viale
affonda la notte;
e le pellicce ringhiano
contro i cancelli
rinchiusi di la'
dal fioco ombrello
di luce dei lampioni
sono stanco, sono
solo, sto correndo
da mille anni
dietro a un sogno;
e invece che destarmi
m' impantano
in questo fango
di lacrime e luna,
luna stenta
febbricitante, strega
senza volto che scruta
le vie ammorbate
dai fiati residui
brilla brilla
la scarpina abbandonata
in fondo al viale
corri corri
forse sei ancora
in tempo
corri corri
c' e' chi canticchia
dietro l'angolo,
forse ubriaco
come te
di quel nulla
che chiamano
infinito.
Corri corri
sorride contenta al mondo bruciato,
cammina contenta
sui bordi luccicanti di uno specchio,
osserva calpesta poi ride,
un' esile traccia
sul suolo coperto di lava;
e corre salta gioisce,
annega le cose in mari di cose;
poi piange, piano ...
"piccolo uomo a cavallo del sole,
adesso tu giaci nel palmo della mia mano,
da quanti anni non sai;
la felicita' corre in tondo,
i giorni sono grandi sogni scritti in cielo,
e i miei occhi cavi ti sorridono,
da quanti anni non sai"
(cento piccole dita
mi accarezzano i capelli)
piangi donna piangi
sulle inutili fiabe
del tuo misericordioso
tempo passato
detta dalle labbra rigonfie
il seme di saliva
che vorresti aver seminato
le altri notti
quelle piu' lunghe
sotto le lenzuola mosse
da mani nemiche
e quelle minuscole appena
sfiorate dal chiaro di luna
piangi donna piangi
il tempo diventato ricordi
il terreno percorso scavalcando
le macerie dell'infanzia
con un lungo sospiro in fondo
uccello biondo
i gemiti avanzati
dall'ultima volta
la sera poi il silenzio
sola le chiavi del tuo appartamento
piangi donna piangi
tanto cosi' tanto tempo
il mio nome non conta
ti sto guardando guardando
col tempo dalla mia parte
ti ho sentita
calcare il mio volto con diffidenza,
asciugando le poche gocce rimaste
e ho intravisto la forma
del tuo segreto:
ghirigori di stelle
sul foglio vuoto !
non e' facile nascondersi
col tempo dalla mia parte
tu dici che cerchi qualcosa
e comunque non sono io
che ti sollevi ogni volta che cadi
ma no non sono io non sono io
prima che la polvere mi penetri
prima che il cielo esploda
prima che l'uragano cominci
a seppellire il mio mondo
andro' a cercare il motivo giusto
col tempo dalla mia parte
ho imparato ad accettarti
non gettare mai via i diamanti che trovi
proprio cio' che dici a qualcuno che incontri per caso
e che poi non avra' il coraggio di gettare via te
ho imparato a non domandare
quando non so neppure cosa domando
ed ora vago triste e senza domande
con tanta strada da percorrere ancora
col tempo dalla mia parte
che qualcuno suoni una canzone per me
che qualcuno mi seppellisca lontano da qui
no non posso tornare a casa cosi'
le parole mi riempiono la mente
tu non mi perdonerai facilmente
ma il tempo sta dalla mia parte.
Tu cammini dove la sua salma,
tre braccia di foglie, sta marcendo.
Le sue membra immense sono mosse
appena dal vento: succhia la linfa
dell'inverno, e il fuoco gelido
della sua anima alimenta il tempo.
Io ho bruciato il suo cuore,
scorgi ancora, sfatto in terra,
il fuoco con cui l'abbiamo uccisa.
Puoi raccoglierla, e sollevarla
con le braccia; e chiederci come
abbiamo tagliato la legna, e disposto
i ceppi; e come l'abbiamo acceso.
Noi ti racconteremo le fiamme,
che ci hanno insanguinati tutti,
fino alla fine, e la luce,
che ci ha accecati, nella vergogna.