California

(Jerry Brown, Amedeo Giannini, William Randolph Hearst, Howard Hughes, Steve Jobs, Henry Kaiser, Joshua Norton, Ronald Reagan, Walter Shorenstein, Franz Wiggins, Pete Wilson, Steve Wozniak)

All'inizio del Novecento la California aveva meno abitanti del Kentucky; oggi e' lo stato piu' popoloso con i suoi trenta milioni di abitanti. Era forse l'ultimo record che le mancava. La California ha oggi tre milioni di abitanti in piu' dell'intero Canada.
Geograficamente, era predestinata al ruolo di protagonista: ha la montagna piu' alta (Mt Whitney) fuori dall'Alaska; ha la depressione piu' profonda dell'intero emisfero occidentale (la Death Valley); il nord e' una delle zone piu' boscose del continente; il centro (la Central Valley) e' una delle valli piu' fertili del mondo; parchi come quello di Yosemite (il piu' longevo d'America) contengono gli alberi piu' grandi del mondo, le sequoie; le montagne e il sottosuolo nascondevano riserve sterminate di due materie pregiate come l'oro e il petrolio. Persino il fatto che i terremoti sono i piu' violenti e dannosi delle Americhe sembrano conferirle un primato sulle altre regioni.
La California e' anche uno dei grandi laboratori ambientali del secolo. Le sue dighe e i suoi canali hanno reso fertili zone desertiche e reso abitabili zone come Los Angeles che sono oggi fra le piu' popolose del mondo. L'intraprendenza dello stato e' stata premiata dai risultati economici: da sola la California e' la quinta potenza industriale del mondo (davanti all'Italia) e la prima potenza agricola del mondo occidentale. E' prima in quasi tutte le tecnologie piu' futuribili, dall'informatica alla biotecnologia. E' sede di 52 delle prime cento societa' di tecnologia avanzata degli U.S.A. (e di 48 delle "Fortune 500", le prime cinquecento aziende americane secondo il mensile "Fortune").
Il reddito medio dei californiani (22.000 dollari pro-capite nel 1994) e' superiore a quello di qualunque altra nazione di media grandezza. Ancora oggi la California viene considerata all'avanguardia: e' quasi sempre il primo stato ad adottare le novita', dagli sportelli automatici delle banche ai semafori dotati di sensori del traffico. Negli ultimi anni la California si e' posta all'avanguardia nella protezione dell'ambiente (fu il primo stato a imporre la benzina senza piombo, il primo a inaugurare un programma di riciclaggio di carta e vetro, il primo ad aver deciso di limitare il numero di automobili a benzina).
E' l'unico posto al mondo a vantare piu' autoveicoli che esseri umani (ovvero la densita' di autoveicoli per persona e' inferiore all'unita'). Il traffico aereo e' altrettanto intenso, sia quello delle grandi compagnie (ci sono mediamente una cinquantina di voli giornalieri fra San Francisco e Los Angeles) sia quello dei privati.
La sua crescita vertiginosa non ha eguali nella storia degli annali moderni: nel 1850 aveva meno di centomila abitanti, ma la corsa all'oro creo' rapidamente le prime citta'. Da allora e' stata una progressione vertiginosa. Dopo l'oro e il petrolio sono venuti il cinema e i computer. Ciascuna di queste "rivoluzioni" ha portato con se' masse di immigrati dagli altri stati. Negli ultimi decenni la California ha visto crescere la propria popolazione di un milione di immigrati all'anno.
Al tempo stesso la California e' anche un paese di paradossi economici, talvolta trascurati.
La fisionomia economica dello stato cambia drasticamente dalla zona industriale di Los Angeles alla Silicon Valley (intorno a San Jose), dall'agricola San Joaquin Valley (attorno a Fresno) alla zona dell'oro, la Mother Lode Country (attorno a Sacramento), dalle foreste del nord (attorno a Redding) alle spiagge del sud (fino a San Diego).
Dal punto di vista industriale la California rappresenta il futuro non soltanto degli USA ma dell'intero mondo capitalista. E' stato in California che per la prima volta l'industria dei servizi ha superato quella manufatturiera. La California, per esempio, e', pro capite, il piu' grande consumatore di autoveicoli del mondo (a un certo punto aveva piu' veicoli dell'intero Giappone e oggi ha piu' veicoli che persone), ma e' uno degli stati in cui se ne producono di meno. Nessuno dei grandi costruttori di automobili americani ha fabbriche in California. La California ha dimostrato che un'economia ultra-moderna e rigogliosa non ha per nulla bisogno di una forte industria manufatturiera (un vecchio mito dei paesi comunisti e del Terzo Mondo).
Ne' della rete ferroviaria, se si considera che la California ha soltanto 90.000 km di rotaie (e pochissimi treni che le usano). In compenso ha pero' 260 aeroporti...
La grande variabile degli anni '80 e' stata semmai quella del software.
La California e' nota come il paese dei computer, ma in realta' anche i computer sono fabbricati in gran parte altrove (IBM e DEC, i due principali costruttori, hanno entrambi sede all'est). Cio' di cui la California ha il primato e' il software. La Silicon Valley e' la capitale mondiale del software, e beneficia della ricaduta di questa industria sui suoi stessi servizi, dal telecommuting (lavorare da casa collegandosi all'ufficio tramite il proprio computer) all'E-mail (la posta elettronica).
La California e' anche lo stato piu' capitalista dell'America capitalista. In nessun luogo del mondo nascono e muoiono cosi' tante societa' all'anno. I "venture capitalist" dispongono qui di enormi somme di denaro da investire, e lo fanno in continuazione. Quasi ogni anno, fra le tante, una societa' diventa improvvisamente un colosso mondiale, e ripete cosi' il miracolo californiano con puntualita' degna del miracolo di San Gennaro. Dalla Apple alla SUN, dalla Oracle alla Cisco e' stato un continuo succedersi di "casi", ciascuno dei quali ha creato miliardari a catena.
La California e' infine sempre piu' l'avamposto di una nuova civilta' tecnologica, quella del Pacifico, che ha come interlocutori principali Giappone, Taiwan e Corea, contrapposta a quella paleo-industriale dell'Atlantico.
La sua storia e' inevitabilmente un'accozzaglia di aneddoti centrati attorno a personaggi quasi mitici: Amedeo Giannini (l'italiano che fondo' la Bank Of America a San Francisco), Henry Kaiser (il padrone di un impero che si estendeva dall'acciaio agli ospedali), Howard Hughes (il magnate dell'industria aerospaziale), William Randolph Hearst (il tiranno della carta stampata), Walter Shorenstein (l'uomo che possiede un quarto dei grattacieli di San Francisco, centomila metri quadrati di uffici).
Ma in tempi recenti la California ha preso saldamente le redini della nazione Americana. Basti pensare all'importanza dei suoi ultimi governatori: Ronald Reagan comincio' da qua la sua guerra personale al modo di governare tradizionale, Jerry Brown ha raccolto e protetto l'eredita' dell'idealismo degli anni '60, Pete Wilson rappresenta oggi la nuova reazione (contro l'immigrazione illegale, contro le tasse federali, contro i diritti civili). Sono uomini che hanno marchiato a fuoco la politica americana.
Fu la California a lanciare l'era di Reagan. Prima ancora che Reagan diventasse presidente, nel 1978, la California voto' in massa la "Proposition 13" (circa il metodo di tassare gli immobili) e diede inizio alla rivolta fiscale che avrebbe portato alla "reagonomics": riduzione delle tasse e parallela drastica riduzione dei servizi sociali. Paradossalmente (come spesso e' successo nella storia dell'Occidente moderno) fu un'iniziativa della Sinistra a favorire l'avvento di una politica di Destra, che avrebbe reso sempre piu' ricchi i ricchi e piu' poveri i poveri.
Ed e' stata la California la prima ad approvare un referendum (la "Proposition 187" del 1995) per limitare i benefici di cui puo' godere un immigrato illegale.
Per effetto del boom demografico (dovuto soprattutto all'immmigrazione), che mette in crisi le strutture urbane e sociali, e della fine della Guerra Fredda (e dei relativi ingenti contratti militari), negli anni '90 la California deve pero' anche affrontare la prima crisi economica della sua storia. Dopo essere passato indenne per tutte le recessioni precedenti, ed aver anzi fatto da contrappeso a quelle del resto della Nazione, il "Golden State" precipita in quella del 1991 e vi rimane piu' a lungo di ogni altro stato (il picco del tasso di disoccupazione viene toccato nel gennaio del 1994, con il 10%, quando il resto della Nazione e' uscita da quasi due anni dalla crisi).
Il contraccolpo piu' forte viene dalla chiusura delle basi militari, che davano impiego a migliaia di persone (e finanziavano indirettamente il business di altre migliaia). Di tutti gli stati a ovest del Mississippi soltanto il Colorado (una) e il Texas (tre) hanno dovuto chiudere basi militari: la California ne ha dovute chiudere nove. Fra le dieci piu' grosse d'America che sono state chiuse, erano californiane la prima (Fort Ord, sedicimila impiegati), la terza (McClellan, undicimila), la quarta (Alameda, undicimila), la settima (Long Beach, diecimila) e la decima. Complessivamente scompaiono piu' di ottantamila posti di lavoro. Di tutti gli altri stati quello piu' colpito e' la Florida: tre basi chiuse, con perdita complessiva di ventimila posti di lavoro (piu' o meno lo stesso del Texas). Le perdite di contratti sono proporzionali. Fra la California e gli altri stati c'e' insomma un abisso.
A questo si aggiunga una decadenza costante nella qualita' della vita: ingorghi di traffico apocalittici, degrado dei sobborghi delle metropoli, aumento vertiginoso del costo della vita, boom della criminalita' organizzata.
La crisi economica riporta paradossalmente alla ribalta l'antagonismo fra costa dell'est e costa dell'ovest: gli intellettuali dell'est esibiscono spesso il vizio di interpretare Los Angeles ed ora anche la San Francisco Bay Area come se fossero aberranti esempi di metropoli dell'est fallite, rifiutando cioe' di riconoscere alla California un suo status culturale e storico diverso.
I "riot" di Los Angeles del 1992 vengono per esempio largamente interpretati alla luce di quelli di Detroit, quando invece le uniche parentele fra i due eventi sono il colore della pelle di qualcuno dei dimostranti e la mole della devastazione (e' anzi istruttivo il contrasto fra i disordini davvero razziali di Detroit e il confronto amorfo e persino inter-razziale fra autorita' e teppisti a Los Angeles, per capire le differenze costituzionali fra i due tipi di societa'). La costa dell'est si ostina a non voler riconoscere che la California ha inventato nuove forme di cultura e una nuova forma di societa', e preferisce pertanto pensare che la California non abbia alcuna cultura e alcuna societa'.
Se il "bostoniano" (per esempio), e' l'Americano colto e raffinato, il "californiano" e' il qualunquista gretto e meschino, incapace di guardare oltre lo steccato del proprio giardino.
L'esodo causato dalla crisi economica e' il primo della sua storia: per la prima volta nel 1992 piu' persone lasciano lo stato di quante ne arrivino. Nel 1993 sono 147 le aziende che decidono di trasferirsi altrove, anche questo un record.
La ripresa economica arriva in ritardo (nel 1994), ma ancora una volta e' unica al mondo. I posti di lavoro persi dal settore manufatturiero non ritornano. In compenso nel 1995 l'industria cinematografica cresce di 23.000 posti di lavoro, tanti quanti ne ha perso quella militare... La California si presenta sempre piu' come l'avanguardia dell'economia dei servizi o comunque di un tipo di economia senza precedenti.
Dulcis in fundo, la California e' un laboratorio sociale. Nessun altro luogo al mondo puo' vantare un simile "melting pot". Il 25% della sua popolazione non e' nato negli USA (contro l'8% di media nazionale). L'85% dei nuovi immigrati californiani degli ultimi dieci anni erano ispanici o asiatici. Il Servizio di Immigrazione e Naturalizzazione nel 1994 stimava che negli USA vivessero circa 3,38 milioni di immigrati illegali: di questi ben 1,44 si troverebbero in California. La California e' destinata ad essere il primo stato in cui i bianchi saranno presto in minoranza.
I WASP (che negli anni '50 erano circa il 76%) sono ridotti al 57% della popolazione ufficiale ma, contando tutti gli immigrati illegali, sono probabilmente gia' diventati una minoranza. Nell'anno duemila (gli asiatici crescono del 126% al decennio, gli ispanici del 70%) non ci sara' nessuna etnia dominante, soltanto una federazione di minoranze. Gli stessi ispanici e asiatici sono in realta' frazionati nelle varie nazionalita', e se i messicani costituiscono la maggioranza assoluta dei primi, filippini, coreani e vietnamiti contendono il primato ai tradizionali orientali della California, cioe' cinesi e giapponesi.
Persiani, indiani, taiwanesi e russi hanno costruito negli ultimi anni colonie etniche non meno numerose (circa diecimila immigrati all'anno per ciascuna di queste etnie in California). In gran parte queste etnie coesistono senza problemi, soprattutto in quanto trovano in California condizioni di vita infinitamente migliori di quelle da cui provengono. Gli attriti scaturiscono soprattutto dall'interazione con i poveri preesistenti, e in particolare con i neri. Nei sondaggi i piu' razzisti verso i neri risultano quasi sempre essere gli orientali, seguiti dagli ispanici e per ultimi dai bianchi.
Le sue quattro grandi citta' sono altrettanti emblemi dell'America moderna. La loro storia non e' soltanto affascinante: e' una metafora.
Lo sviluppo di Los Angeles ebbe inizio nella seconda meta' dell'Ottocento, quando la South Pacific e la Santa Fe, due linee ferroviarie, si incontrarono li', in mezzo al deserto, a due passi dall'oceano Pacifico. Alla fine del secolo, comunque, si trattava ancora di un piccolo borgo, meno di cinquantamila anime. Proprio negli ultimi anni, pero', Franz Wiggins re-invento' il mito della citta' facendo leva sul suo clima paradisiaco e nel giro di pochi anni Los Angeles arrivo' a centomila abitanti. Dopo di che' Los Angeles non ha fatto che raddoppiare la popolazione di decennio in decennio, fino a stabilizzarsi intorno ai tredici milioni.
A propellere lo sviluppo furono prima il petrolio (il primo pozzo venne trivellato nel 1892) e poi il cinema (che apri' i battenti a Hollywood nel 1911 e in breve trasferi' qui da Chicago la sua "capitale", nonostante per qualche tempo i padroni di casa usassero i famosi cartelli "No dogs, no actors"). A dire il vero oggi di petrolio se ne estrae poco e il cinema non e' tanto importante quanto l'industria dello spettacolo in generale (dopo l'avvento della televisione il numero di film girati e' sceso da tre al giorno a un paio alla settimana e la Paramount e' l'unica casa cinematografica ad avere ancora sede a Hollywood). Los Angeles e' oggi una metropoli (la piu' vasta del mondo) varie e cosmopolita, sede di quasi tutte le industrie, da quella aerospaziale a quella informatica.
San Francisco (soprannominata "Frisco", motto locale: "Roma ha sette colli, San Francisco ne ha trenta") fu la prima citta' della California a poter essere chiamata tale, dopo che i "trapper", gli indiani, i pescatori, gli esploratori spagnoli, i missionari e i russi (che a lungo furono gli unici europei ad avventurarsi da queste parti) ebbero ceduto il posto a popolazioni piu' sedentarie. Il suo sviluppo ebbe origine con la corsa dell'oro: dal 1849 in poi arrivarono a migliaia. Facevano capo al villaggio di baracche di Barbary Coast, e la leggenda dice che quell'approdo fosse congestionato dalle navi che venivano abbandonate dopo che l'intera ciurma aveva disertato per andare a cercare l'oro.
Barbary Coast divenne presto il simbolo del vizio e della mancanza di legge. D'altronde si trattava di un popolo di avventurieri (quasi tutti maschi, meno qualche prostituta). Per ventun anni (fino al 1880) la citta' venne retta da Joshua Norton, auto-nominatosi "Imperatore degli Stati Uniti e del Protettorato del Messico".
Soltanto nel 1917 la cittadinanza decise di mettere ordine: di fatto quell'anno mori' Barbary Coast e nacque San Francisco. Il terremoto del 1906 (che distrusse quasi per intero la citta') era stato come un bagno purificatore. Di quel passato turbolento rimase soltanto Chinatown, che per qualche decennio fu la colonia cinese piu' grande fuori dalla Cina e che funse da centro per il contrabbando dell'oppio. Non e' comunque cambiato il carattere iconoclasta della citta', che infatti ebbe l'onore di dare i natali al primo "topless bar" della Nazione, tuttora immortalato su Broadway da una stele.
I leggendari ponti (il Golden Gate a nord e il Bay a est) hanno progressivamente integrato San Francisco con l'economia della Baia e con il resto della California, mentre nella sua periferia meridionale (la Silicon Valley) aveva luogo uno strepitoso sviluppo legato all'industria informatica. Dagli anni '70 in poi, insomma, San Francisco ha ripreso a fare concorrenza a Los Angeles.
Nella Baia di San Francisco hanno trovato rifugio in tanti: gli artisti, che qui hanno sempre goduto di un livello di tolleranza esattamente opposto all'intolleranza dei puritani dell'est; gli scienziati, che hanno trovato in Stanford (a Palo Alto) e Berkeley due universita' di primo piano; gli hippie, che all'Haight-Ashbury stabilirono il loro quartier generale; fino agli omosessuali (vedi), che oggi costituiscono il 15% della popolazione e vivono per lo piu' nel quartiere di Castro.
In realta' la citta' sta decadendo rapidamente. Da culla culturale del West si sta trasformando in mosaico di gruppi d'interesse: i gay a Castro, gli hippie all'Haight-Ashbury, gli ispanici nella Mission, gli italiani di North Beach, i cinesi di Chinatown e cosi' via. E per la prima volta le strade di San Francisco sono diventate pericolose come si vede nei film.
Un abitante su cinque e' nato all'estero. Il reddito medio di una famiglia rimane il piu' alto degli Stati Uniti, e uno dei piu' alti del mondo (41.000 dollari, contro i 38.000 di New York, i 36.000 di Los Angeles e Chicago; ma San Francisco ha anche il maggior numero di famiglie composte da una sola persona. La recessione ha colpito duramente l'industria dei computer, che ha il suo santuario nella vicina Silicon Valley. E Madre Natura sembra accanirsi contro la zona (cosi' come contro tutta la California): l'epidemia dell'AIDS, sette anni di siccita', il terremoto del 1989, gli incendi di Oakland (tremila case distrutte).
La Silicon Valley non e' una citta' ma una distesa di fabbriche e uffici intervallata da complessi residenziali. Fino agli anni '70 era soprattutto una zona agricola. I poli tecnologici erano l'Universita' di Stanford, la Hewlett-Packard e il PARC della Xerox, tutti a Palo Alto, e l'Intel, a Santa Clara. A meta' degli anni '70 due ricercatori della Xerox, Steve Jobs e Steve Wozniak, ebbero l'idea di utilizzare il microprocessore, appena inventato dall'Intel, per costruire un computer che potesse stare su una scrivania. Fondarono la Apple a Cupertino e nel giro di qualche anno perfezionarono la loro invenzione: l'Apple II dilago' in tutto il mondo e diede il via alla rivoluzione del "personal computer", omologata dal colosso del settore, l'IBM, quando nel 1982 introdusse il PC.
La Apple diede il via alla quarta frenetica corsa californiana alla ricchezza, dopo quelle dell'oro, del petrolio e del cinema: quella dell'informatica. Per qualche anno continuarono a spuntare aziende di software e di hardware (talvolta letteralmente nei garage) che in breve avevano successo a livello internazionale. Alcune sarebbero diventati dei colossi, come la SUN e la Oracle, la CISCO e la Silicon Graphics, ciascuna grazie a un'innovazione tecnologica. I capitalisti di ventura si stanziarono su Sand Hill Rd, a Menlo Park, per seguire da vicino le rocambolesche vicende finanziarie della "valle".
Nel giro di dieci anni venne creata una ricchezza enorme da (letteralmente) migliaia di societa' informatiche d'ogni genere. Negli ultimi anni, lungi dal ridimensionarsi, il fenomeno ha assunto proporzioni da capogiro: sia 3DO sia Netscape sono state quotate in borsa prima ancora di essere riuscite a coprire le proprie spese (insomma, quando erano ancora in perdita), e le azioni hanno raggiunto livelli stratosferici.
I campi di albicocchi vennero piano piano rasi al suolo per far spazio a uffici e oggi la zona che va da San Francisco a San Jose puo' dirsi un'unica grande zona industriale. Gran parte delle cittadine, per il modo in cui sono cresciute, non hanno neppure un "centro". Il centro di Cupertino e' il suo incrocio piu' grande, quello fra DeAnza Blvd e Stevens Creek Blvd, ma non ci sono monumenti o campanili: soltanto centri commerciali ed edifici della Apple.
Infine San Diego, che ha da tempo superato San Francisco (quarta) e San Jose (terza) nella classifica delle citta' piu' popolose della California. Per estensione e' seconda soltanto a Los Angeles negli interi U.S.A., ed e' forse la citta' con la piu' bassa densita' di popolazione dell'intero pianeta. Cosa abbia provocato la sua crescita e' tutto sommato un mistero: per decenni fu oscurata da Los Angeles e il suo confine con il Messico (Tijuana, la citta' piu' inquinata delle Americhe) non prometteva nulla di buono. Invece si e' sviluppata una delle metropoli piu' pulite, tranquille e abbienti della Nazione, che oggi conta quasi tre milioni di abitanti e una prevalenza della media borghesia.
A San Diego corre il confine piu' pattugliato delle Americhe: migliaia di "bracero" (lavoranti che attraversano quotidianamente il confine) e migliaia di immigrati illegali hanno messo in crisi il concetto di confine. Gli Stati Uniti hanno prima scavato un canale artificiale e poi un muro sulla spiaggia degno di quello di Berlino. Sono invece aperte le porte per i carichi di materiale tossico che le aziende americane esportano a Tijuana.
San Diego non e' una zona industriale, non e' inquinata e non e' sporca; Tijuana e' la sua zona industriale (grazie alle infinite "maquiladoras", o fabbriche). Negli U.S.A. le leggi contro lo sfruttamento e l'inquinamento sono le piu' severe del mondo; in Messico sono fra le piu' lasche.