I virus globali

L'epidemia di Ebola in Zaire, libri come "The coming plague" di Laurie Garrett e film come "Outbreak" creano i presupposti nel 1995 per una nuova paura di massa: quella per le epidemie globali. Grazie ai moderni mezzi di trasporto un uomo infetto puo' viaggiare migliaia di chilometri prima che compaiano i segni della malattia, e contagiare pertanto decine di persone. Epidemie che tradizionalmente restavano localizzate possono adesso spargersi rapidamente in tutto il pianeta. E' un fatto che l'Ebola comparve all'improvviso nel 1989 a Reston, vicino a Washington (era stato portato negli USA da un gruppo di scimmie). Quando scoppia una nuova epidemia, non c'e' letteralmente paese del mondo che non sia in pericolo. Per di piu' la selezione naturale sembra aver prodotto virus che sono sempre piu' nocivi e resistenti, come ha dimostrato negli USA il boom della tubercolosi (piu' di trecento casi incurabili). Nel libro "The hot zone" Richard Preston sostiene che la diffusione mondiale dell'AIDS e' dovuta alla costruzione dell'autostrada che da Kinshasa porta al resto dell'Africa: e' lungo quell'arteria che la moderna "peste" scappo' dal suo epicentro.
I biologi concordano che l'umanita' ha finora scoperto soltanto l'uno percento dei batteri e il quattro percento dei virus. Gli altri sono altrettane incognite. Finche' erano relegati a zone disabitate del pianeta non rappresentavano un pericolo. Ma l'esplosione demografica e la distruzione sistematica dell'ambiente hanno favorito il contatto fra l'uomo e quegli organismi
Il paradosso del ventesimo secolo e' che gli animali che oggi l'uomo deve temere non sono piu' quelli grossi, forti e veloci (tigri o coccodrilli), ma l'esatto opposto, i microbi.
I nuovi eroi sono i biologi del Center for Disease Control di Atlanta. Ma ne' negli USA ne' nel resto del mondo esiste oggi un'organizzazione che abbia i mezzi per intervenire efficacemente nel caso di un'epidemia globale.