Die Kreuzen


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Die Kreuzen (1984), 7/10
October File (1986), 6.5/10
Century Days (1988), 7/10
Cement (1991), 6.5/10
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Quartetto di Milwaukee (Wisconsin) che ha esercitato una certa influenza sul grunge, formato nel 1981 sulle ceneri degli Stellas di Dan Kubinski, i Die Kreuzen registrarono nel 1984 un album fondamentale del nuovo hardcore e nel corso degli anni hanno accumulato un repertorio di tutto riguardo (Hate Me, Pain, In School, Mannequin, Think For Me, All White, Man In The Trees).

I Die Kreuzen esordirono on l'EP Cows And Beer (Version Sound, 1982) all'insegna di un hardcore lapidario, quello di Hate Me, Pain e In School.

Il primo album (Touch And Go, 1984) vanta ben ventuno di queste miniature thrash, le quali, senza nulla concedere al virtuosismo o al genio, ripetono all'infinito la lezione classica "loud/fast" dei Germs. Le urla sgolate e inintelleggibili del leader accentuano la ferocia dell'impresa, fra le piu` conservatrici del genere. Che le inflessioni siano quelle dell'heavy metal piu` barbaro (Rumors, No Name) o quelle della slam piu` epilettica (Pain, Not Anymore, Don't Say Please, This Hope), quella del voodoobilly piu` orrifico (Mannequin e soprattutto quello per urla libere di suicida All White, che dura "ben" tre minuti) o quella degli anthem selvaggi di Stooge (Think For Me), Kubinski "sgozza" le sue canzoni, piu` che cantarle, e il disco si riduce a un campionario di urla agonizzanti che escono da abissi fumanti. Ripudiando gli sperimentalismi sul genere compiuti da Husker Du, Replacements e Minutemen, i Die Kreuzen si ergono ultimo baluardo dello spirito autentico dell'hardcore.

I climi arroventati di quel disco ingravidano anche il successivo October File (Touch And Go, 1986), la cui veemenza viene pero` mal temperata da climi piu` cupi: ballate infernali come Man In The Trees si tramutano in "speedmetal" magnoloquenti (Red To Green, la marziale Among The Ruins) quando non addirittura in tenerezze folk (Cool Breeze).

Quando esce, Century Days (Touch & Go, 1988) fa gridare al "sell out", ma in realta` e` semplicemente il loro album meglio strutturato. Infinitamente piu` vario dei precedenti, evidenzia la qualita` demoniaca della loro musica ed esalta le capacita` melodrammatiche dei vari esecutori. Kubinski ringhia a voce sgolata Elizabeth e Lean Into It, brani piu` melodici ma non meno sgraziati ed epilettici del passato. La sezione ritmica da` la carica per lo speedmetal di Earthquakes e Bitch Magnet. Non mancano canzoni depresse alla Cure come Different Ways, litanie atmosferiche alla REM come Slow, trip acidi come N.3; e affiora persino la cadenza pesante dei Black Sabbath in Stomp.
Da un lato la struttura della canzone si avvicina a quella del pop, dall'altro il rombo assordante del suono converge verso l'heavymetal. Invariata invece la morale di fondo, che rimane quella di sconcerto avvilito al cospetto del grigio e del vuoto dell'esistenza.

Nonostante il disco raccolga ovazioni alle radio dei college (in particolare Elizabeth e Earthquakes), per il complesso la strada e` sempre piu` in salita, tanto che il successivo EP, Gone Away (Touch And Go, 1989), la cui title-track impiega chitarra acustica ed elettrica ed e` una delle loro ballate piu` potenti, un racconto di dolore universale che viene cullato in un maelstrom ipnotico di rumore, sembra segnare la fine della storia, con membri del gruppo impegnati nei Wreck (con un EP per la Play It Again Sam nel 1989 e un album, Soul Train, l'anno successivo) e nei Boy Dirt Car.

Nel 1991 esce invece Cement, album ancor piu` accessibile, con il chitarrista Brian Egeness in primo piano. Shine e` esemplare di queste ballate meno violente, meno rissose, meno isteriche, ma che non potrebbero essere piu` disperate; di questo heavymetal malinconico, che e` certamente piu` vicino alle crisi depressive degli Swans che non ai tronfi vaneggiamenti dei Metallica. Il loro inferno e` ben rappresentato da "Heaven", un concentrato delle terribili urla di Kubinsky. Wish potrebbe essere l'anthem di turno, nel senso di brano manifesto e di apice emotivo, ma e` come se fosse l'ultimo anthem possibile, dopo il quale ha inizio il deserto psicologico. Dalla cadenza alla Bo Diddley di Holes alla psichedelia ipnotica di Blue Song, dalla violenta Shake Loose alla melodica Over And The Edge, dalla ballata acustica di Deep Space, che rinnova i fasti di Cool Breeze, alla lunga serenata finale, impreziosita da tocchi di flamenco, di Black Song, questa e` l'opera piu` varia e adulta del gruppo.
Pur non essendo all'altezza dei due dischi migliori (il primo e il terzo), Cement e` un'altra significativa tappa del calvario dei Die Kreuzen. L'angoscia del canto lacerato di Kubinski esprime ancora lo stesso anelito titanico per la felicita`.

La verita` e` che per anni si e` cercato in un disco di hardcore soprattutto l'elemento "anthemico", e i Die Kreuzen sono invece stati fra i primi a proporre uno stile molto realista, abbandonando le pose ribelli e gli slogan alla "fuck/kill/destroy".

I loro dischi erano sempre piu` dei viaggi dentro il subconscio collettivo dell'America, e non avevano proprio nulla di epico, semmai qualcosa di tragico.

Summary
Die Kreuzen bridged the original punk anti-heroes with the post-punk heroes of the 1990s. The hardcore miniatures of Die Kreuzen (1984) harked back to the Germs, but the singer was a homicidal madman, not an agonizing suicide, Their dramatic skills peaked on the better-structured and proto-grunge Century Days (1988).
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