White cellist
(1941),
a member of Paul Winter's Consort, specialized in
solemn, highly chromatic
and almost baroque meditations straddling classical, jazz and Eastern music.
Journal October (october 1979), his first solo,
and Cycles (november 1981), that featured
saxophonist Jan Garbarek, pianist Steve Kuhn, sitar-ist Collin Walcott,
guitarist Oscar Castro-Neves and bassist Arild Andersen in various configurations,
were mainly demonstrations of his glacial technique.
After a long hiatus, Darling penned a trilogy of performances in
solo settings, often overdubbing his acoustic and electric cellos:
The Tao Of Cello (1989), a set of 22 brief improvised interludes reminiscent of Chinese philosophy;
Cello (january 1992), that debuted the medieval-inspired "Darkwood" series of adagios;
Darkwood (july 1993), containing four more multi-part suites of the "Darkwood" series (4 to 7), his most austere effort in the realm of neoclassical music;
and finally
Eight String Religion (1993), recorded over eleven years, that added his own piano playing and natural sounds.
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Cresciuto ad Elkhart, nell'Indiana, Darling suonava il basso in un
complesso di rock and roll, il sassofono alto e quello baritono in complessi jazz, la tuba nelle bande
marcianti del suo paese, ma scoprì la sua vocazione quando imbracciò il primo
violoncello.
All'inizio degli anni '70 Darling milita nel primo Consort di Paul Winter e
partecipa alle session leggendarie di Road e Icaro. Scompare dalla circolazione per
circa cinque anni, poi rientra nei ranghi e aiuta il maestro della world-music a concepire altre due pietre
miliari del genere, Earth Dance e Common Ground. Suonando con Winter Darling ha
l'occasione di ascoltare musica proveniente da tutto il mondo: musica brasiliana, folk africano, percussioni
hindu... Il Consort è un laboratorio in cui ogni assolo funge da incubatrice per una carriera
solista.
E così Darling accompagna Ralph Towner su Old Friends New
Friends, Glen Moore su Introducing, e poi tanti altri, compresi persino il cantautore Arlo
Guthrie e il gruppo Spyrogyra.
Nel frattempo ha avviato la sua carriera solista con Journal
October. L'album ha già i tratti che saranno del Darling maturo: una superba padronanza
dello strumento, un gusto prelibato per le sonorità classicheggianti, la predilezione per i tempi
medi e le chiavi minori. Spiccano le variazioni minimaliste per solo violoncello di Slow Return e
l'improvvisazione per violoncello ed elettronica della title-track. Le qualità timbriche della sua
tecnica allo strumento risaltano però meglio nei due Solo Cello: lamento tzigano, mantra
indiano, improvvisazione jazz e melodia occidentale tendono a confondersi in una dialettica tonale che
antepone l'intensità emotiva alla suggestione cromatica.
Contrariamente a quanto facevano i jazzisti d'avanguardia in quel periodo,
gli assoli di Darling rifuggono dalla fredda elucubrazione stilistica per immergersi senza ritegno in una
cornucopia di accenti esotici e di melodie occidentali. La suggestione cromatica di "canzoni" come
Minor Blue e Clouds è elevatissima, benché l'architettura della partitura
sia fra le più audaci del periodo (un trio di violoncelli, l'uno sovrapposto all'altro con ruoli ritmici
e melodici diversi).
Cycles leveraged Darling's previous experiments and took advantage of
a top-notch ensemble, including saxophonist Jan Garbarek, pianist Steve Kuhn
and sitar player Collin Walcott.
Mainly, Darling's combo coined a form of sophisticated Indian-tinged
pop-jazz ballad:
the romantic cello lines complement the nocturnal jazzy piano in Cycle Song, almost playing a different song from the one the piano is playing;
and the saxophone intone the nostalgic Ode over a delicate tapestry of
guitar, cello and sitar.
The nine-minute Fly is a collective exploration in which saxophone,
piano and cello share the chores of shaping an abstract and slightly
anguished atmosphere.
Cycle Two - Trio
The saxophone steals the show in Cycle One - Namaste and the tabla
dominate the eight-minute Cycle Three - Quintet And Coda, which actually
one of the most fluent jazz pieces here.
The leitmotiv is mostly sentimental, the pace is mostly calm, the tone is
mostly profound.
Le collaborazioni continuano numerose, sia nel mondo del folk (Tom Rush)
sia in quello del jazz: Eos, con il chitarrista
Terje Rypdal.
After the hysterical Jimi Hendrix-ian
guitar solo of Laser,
Darling's elongated cello drones meet Rypdal's atonal moans in
the 14-minute Eos, that ends in a calm and elegiac manner
like a baroque adagio.
The two instruments intone the same charming melody in Bedtime Story,
each in its own way: the cello in its elegant and polite classical manner,
and the guitar in its loud and distorted rock manner.
The nine-minute Mirage falls into the trap of a languid guitar
melody worthy of second-rate cocktail-lounge performers.
But the cello reaches a peak of pathos only in the arcane free-form
expressionistic meditations of Light Years; the rest being too
affected by Rypdal's exuberant persona.
Nel frattempo Darling cesella con
Paul Winter
Callings e la
Missa Gaia.
In trio con altri due reduci del Consort, Jim Scott alla chitarra e Nancy Rumbel
all'oboe, Darling dà anche vita ai Radiance, con cui esegue world-music da camera di grande
originalità. Rispetto agli Oregon l'ispirazione è appena più etnica, ma è
l'esecuzione a costituire il fatto saliente, all'insegna di una pulizia formale degna della musica da camera
più austera.
Nella seconda metà degli anni '80 Darling si rassegna a un ruolo di
gregario prima per il pianista Michael Jones, e i suoi Amber, After The Rain e
Magical Child, poi per la flautista Radhika Miller, con cui incide Origins, Gems
Of Grace, Blossoms In The Snow e Laughing Waters.
The Tao Of Cello (Tasker, 1989) contains 22 brief improvised interludes
for solo cello. The program falls roughly into two categories: the baroque
melodic exercise, best represented by Restraint Begins With Giving Up One's Own Ideas, and the Eastern chamber music, best represented by
Man Follows The Earth.
The former reaches the most spectacular level of sophistication and elegance
(The Further You Go The Less You Know,
He Who Is Filled With Virtue Is Like A Newborn Child,
The Valley Spirit Never Dies),
while the latter swings between humble meditation and
languid elegies with pompous titles
(The Tao Of Heaven Is To Take From Those Who Have Too Much And Give To Those Who Have Too Little).
Il suo prestigio nel mondo della new age aumenta al punto da consentirgli
di tornare a registrare a proprio nome.
Nasce così un altro capolavoro, Cello, disco
interamente dedicato al movimento classico chiamato "adagio". Tutte le composizioni sono degli adagi,
anzi sono degli adagi ispirati all'adagio per eccellenza, l'Adagio Per Archi di Samuel Barber. A
questo bisogna aggiungere un sound spaziale dovuto agli arrangiamenti elettronici, in modo da estendere
il suono del violoncello. Il risultato sono poemi tonali come Choral (una variazione su Cycle
Song), improvvisazioni a più voci come Psalm (un tributo a Hindemith).
I tre Dark Wood si ispirano alle tecniche del canto gregoriano,
mentre Lament e The Bell si rifanno all'armonia e al contrappunto del Medioevo. No
Place No Where, Two Or Three Things e In November sono praticamente dei "remix"
della stessa composizione (il violoncello viene sovrapposto così tante volte da dare l'impressione
di un'orchestra d'archi). Soltanto Totem ritorna alla tradizione rapsodica del violoncello
classico.
Dopo qualche anno esce altro trionfo della sua arte solista:
Eight String Religion. L'album ha richiesto dieci anni di lavoro. Il suo forte è
innanzitutto la melodia, sia quella delicata di Soft Light, strimpellata pianissimo sulle corde del
violoncello a accompagnata da improvvisazioni di pianoforte da cocktail lounge, sia quella pop,
Remember, canticchiata senza parole con la struggente nonchalance di una ballata di Leonard
Cohen. Il vertice di questo lied sottovoce è forse Sweet River: mentre il violino tiene un
passo da ballo rinascimentale, i violini intonano un adagio barocco che ritorna ad ondate e il pianoforte
continua il discorso iniziato da un cinguettio d'uccellini.
La title-track apre invece il fronte religioso, come da titolo.
L'intensità si fa lacerante, benché non una nota lasci mai trasparire fervore o disperazione.
L'afflato mistico trapela invece da Sojourn, dal soffice arpeggio di tastiere, dall'intrepido canto del
violoncello che imita l'oceano, dall'incalzante figura raga del pianoforte. L'album più lirico, tenero
e commovente della carriera di Darling. Un lento, cosmico, intreccio di accordi che sembra sempre cadere
in trance.
Dark Wood (registrato nel luglio 1993) ripete il miracolo, con una
mano ancor più felice per le sovraincisioni del suo violoncello. L'idea è quella dei pezzi
omonimi di Cello (il disco è infatti suddiviso in quattro Dark Wood, a partire
dal IV): ispirarsi alle tecniche della musica antica (qui non soltanto medievale sacra, ma anche
profana e rinascimentale) per comporre movimenti lenti ("adagio" o similia) di una compostezza e
austerità classica.
Dawn e New Morning, cullati in frammenti melodici che
fluttuano nell'etere con una dolcezza malinconia quasi "schubertiana", hanno di nuovo la
profondità e l'intensità di salmi religiosi. Anzi, gli abissi di tonalità gravi di In
Motion propendono per una concentrazione quasi zen, e in Earth si intuiscono fievoli echi di
raga. In Journey e Medieval Dance Darling tenta di imprimere il senso della fiaba, ma ne
risulta una musica dal movimento pulsante e dalla direzione sfuggente, che presenta una qualità
allucinatoria. Molti brani sono appena accennati: Darling sfiora le corde del suo strumento per qualche
secondo e poi lascia che i riverberi della musica si spengano nel vuoto senza neppure tentare di spiegare il
suo gesto.
Con l'umile violoncello Darling ha trovato il modo di comporre una musica
sempre più personale e di un'emotività sempre più soffocata. Ogni brano diventa
un mosaico di "droni" anemici, di accordature che imitano la viola da gamba, di timbri ovattati.
La sua arte di doppelganger violoncellistici che risuonano da angoli
reconditi dell'animo, ha raggiunto un livello di purezza davvero degno della musica sacra antica.
Innamorato della bellezza classica, Darling è intento a continuare
la tradizione del violoncello classico. Anche nei suoi esperimenti più audaci di etno-jazz non
è mai stato un tecnico del sound, non ha mai approfondito una cultura, ma soltanto preso in
prestito la sua emotività, il timbro, il feeling. Tutto ciò che la sua musica incorpora viene
imitato in un modo molto personale.
Darling è stato ed è tuttora uno dei protagonisti della
rivoluzione che sta portando gli strumenti ad arco al centro dell'attenzione della new age. E, nonostante
Darling disconosca il virtuosismo fine a se stesso, le sue improvvisazioni rappresentano altrettante pietre
miliari per l'evoluzione della tecnica allo strumento.
DOpo una grave malattia esce
Musical Massage: Balance (Relaxation, 1999),
contenente quattro lunghi brani, tutti fra i 17 e i 19 minuti:
Dream Pearls of Kathak, Irish
Miles, Lady Child's Dream e Bach's Persia.
I Radiance sono David Darling al violoncello, Jim Scott alla chitarra e
Nancy Rumbel all'oboe, tutti reduci del Consort di Paul Winter. Il trio è uno dei primi gruppi di
world-music jazzata, e fa epoca per lo stile dell'esecuzione, all'insegna di una pulizia formale degna della
musica da camera più austera.
Rocco Stilo scrive:
Il nuovo disco di David Darling,
Musical Massage: Balance (Relaxation, 1999),
e` di un interesse artistico quanto mai scarso. L'etichetta è la stessa che
qualche anno fa ripubblico` il suo "Tao of Cello", nel contesto di una
collana che è una (fra le tante) a costituire uno standard della new age
o sedicente tale, standard fra i più... deleteri in circolazione, quello
appunto di una musica intesa come mezzo terapeutico, mutuando,
stravolgendo e occidentalizzando talune dottrine orientali. Si tratta,
ritengo, di un disco che gli sarà stato commissionato appositamente da
questa label, e in cui è palese il disimpegno più strettamente
compositivo a favore di un approccio più epidermico. I 4 brani del disco
(tutti oltre il quarto d'ora) si rassomigliano terribilmente, e basta
ascoltarne solo i primi due minuti per capire l'antifona. Uno stesso
tema riciclato con un background identico, e che potrebbe continuare
così stucchevolmente per ore ed ore. E sì che la mano di David si
indovina essere sempre quella, fatata e indicibile come nei momenti più
sublimi di Amber e Dark Wood; ma David si limita a darci uno
"stuzzichino" iniziale, per poi lasciarci con la nostra fame per tutto
il resto. Non vi insisterò di più, perchè è scontato saprai di quale
genere di musica io stia parlando. Attendiamo allora David a banchi di
prova più seri e più "veri"; quella con la Relaxation è solo una
parentesi, e il David che vogliamo sentire è solo quello della sua vera
e propria casa per cui incide, e che non è cambiata, se è vero che le
note di questo disco affermano che egli "appears by courtesy of ECM Records".
The River (ECM, 1997), a collaboration with jazz pianist Ketil Bjornstad,
is a 12-movement suite for piano, violin, percussion and voice.
This brings back the best of Darling, but the tone is a bit too relaxed and
languid.
The Sea (1995) and The Sea II (1998)
Epigraphs (ECM, 2000) is mainly an album of Ketil Bjornstad compositions.
David DArling: Cello Blue (Hearts Of Space, 2001)
[recensito da Rocco Stilo]
Con questo suo recente lavoro, che comunque riunisce materiale registrato
ormai un anno e mezzo fa, David Darling sembra uscito felicemente da quel
tunnel imboccato all'indomani del suo indiscusso capolavoro Dark Wood.
Erano anni, infatti, che egli si barcamenava fra collaborazioni non sempre
felici e dischi «solo» commissionati da labels per una
stucchevole relaxing music in cui si edulcoravano le capacità
strumentali e compositive dell'artista, la cui lunga pausa è stata
comunque principalmente dovuta, giova sottolinearlo, a disavventure che
ne hanno per diverso tempo minacciato seriamente la salute. Ed ora egli
sembra intenzionato a riprendere un discorso interrotto ormai da 5-6 anni,
ripercorrendo le orme di 8 String Religion, cui certamente il presente
lavoro può essere accostato a più di un titolo. Il lavoro,
concepito ed eseguito, è tutto suo, e lo ascoltiamo, oltre che al
piano e alle elaborazioni elettroniche, ovviamente al suo strumento principe,
qui per la prima volta nella duplice versione acustica ed elettrificata.
Il limite di Cello Blue, diciamolo subito, è quello di una
fragilità e forse di un'indulgenza a tratti esclusiva nel fraseggio
melodico delle tematiche di stampo prettamente «classico» che
costituiscono il suo terreno favorito e confesso, e che talvolta, diversamente
da quanto seppe fare in passato, impediscono di spiccare nettamente il
volo verso i cieli più alti e liberi. L'iniziale Children
presenta un appoccio minimalistico appena sottolineato dai lievi tocchi
del piano; la successiva Prayer and Word è assai più
sostanziosa, con le sovraincisioni del violoncello che dialogano e si intersecano,
creando un clima di pacata e commossa rassegnazione. La title-track
vive sul contrappunto fra archi e piano trapuntato dai gorgheggi degli
uccelli, in uno svolgersi tenero pur se un po' esile. Thy Will «Not
Mine» Be Done è invece il momento forse più debole
del disco, col suo insistito andamento alquanto «barocco» e
compiaciuto, cui si aggiungono anche i vocalizzi di David, ma senza quagliare
in alcunchè di convincente. I momenti più significativi si
intravedono nei brani Serenity, Colorado Blue, Presence,
Solitude, tutti nobilitati da un meditabondo pianoforte che gareggia
a tratti col violoncello in contrappunti che trasmettono sensazioni di
equilibrio interiore; Awakening sembra invece uscita proprio dalle
pieghe di Dark Wood: gli archi si intrecciano e ricercano continuamente
volumi e tonalità diversificate, fino a stemperarsi nell'afflato
mistico. Forse il momento più bello ci viene dato da Morning,
dove il sottofondo del canto di uccelli viene impreziosito da un andirivieni
minimalistico del pianoforte, tutto giocato sul velluto, in una trasparenza
cristallina; è un po' il brano emblematico del disco, che sembra
voler consegnare un messaggio di fiducia e speranza. La conclusiva Prayer
è il brano più ambizioso e certamente più mistico,
laddove il sentimento religioso origina una musica triste e raccolta, al
limite di una composizione sinfonica commovente e composta. In Cello
Blue c'è quanto basta per richiamare nuovamente la nostra attenzione
su un artista delle cui possibilità non si è mai dubitato,
e che aspettavamo con pazienza.
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