Colorado-based Mnemonists, later renamed Biota, were among the earliest
avantgarde groups that engaged in chaotic collages and harked back to
abstract, dadaistic art.
They assembled wild assortments of sonic events on albums such as
the monumental Mnemonist Orchestra (1979),
Biota (1982) and
Rackabones (1985) that ran the gamut from classical music to
sheer noise.
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I Mnemonists sono un collettivo elettronico formato a Fort Collins (Colorado)
da William Sharp e altri amici (alcuni musicisti e altri artisti visivi)
i cui
album contengono forsennati, animaleschi collage di suoni sintetizzati. Il
loro sound e' il corrispondente in modulazione elettronica
del "wall of sound" spectoriano, qualche decibel piu' su. Il tono medio e'
decisamente drammatico ed oppressivo e raggiunge spesso livelli di tensione
insostenibili, come in un kammerspiel o in una commedia dell'assurdo.
In Mnemonist Orchestra sono in tredici: tromba, trombone, sax alto,
chitarra, piano, basso, voci, percussioni, eccetera. Mark Derbyshire e' il
manipolatore di nastri che mette insieme le centinaia di frammenti liberi;
Bill Sharp e' l'ideologo e il portavoce.
I quattro movimenti della sinfonia si svolgono in modo assolutamente
caotico e scoordinato, elementi sonori indipendenti e casuali si succedono
rapidamente: monologhi, improvvisazioni jazz, distorsioni di sottofondo,
rumori di giocattoli, sventagliate di elettronica, e cosi' via all'infinito.
Input e' l'archetipo:
strumenti e voci libere alla Art Enseble Of Chicago, con le trombe clownesche,
gli altri strumenti che si accordano con indifferenza e nonchalance, distorsioni
chitarristiche, scampanii.
In Vulnerable il pigolio di un sax in un tornado elettronico
sfocia in un demenziale hard-rock per chitarre scordate con conciliabolo
frenetico e dissonante dei fiati.
In Corrosive una tenue sonata per pianoforte viene investita da una
caotica jam di free jazz.
Il capolavoro e' Stasis, un altro delirio sconnesso di fiati
su un tappeto percussivo fatto di gong casuali, di oggetti spezzati,
di ticchettii d'orologio, di lamiere battute; un'orgia decadente di suoni
sgretolati. Sono piece dell'assurdo che devono piu' al jazz d'avanguardia
che al rock o all'elettronica.
Il loro paranoico rituale si sviluppa secondo un filo
emozionale ben preciso, un gesticolare convulso che conduce al collasso
psichico attraverso una progressiva rarefazione del materiale.
Some Attributes Of A Living System (in sedici e con un arsenale di
strumenti da orchestra sinfonica) e' un summa della "junk culture".
Il primo disco contiene ventidue Fragments comprendenti: musica da camera
elettronica (1), assolo di violoncello su cacofonie assortite (2),
concerto per musica concreta (4), sonate per commercial televisivi (6), jam di
free jazz con collage di fonemi (5),
assoli surreali di sassofono alla Coxhill (8, 10, 12, 17),
recitazioni dell'assurdo con rumori (9),
sonate per distorsioni (14),
per oggetti spezzati (16), per elettronica alla Subotnick (18),
per corde e campanelli (19), fino a terminare in un lungo ululato agonizzante
di violoncello nel nulla (22).
(I due album sono stati ristampati insieme nel 1984 in un doppio).
Horde (in nove), portando all'estremo questa tecnica, e'
una sinfonia di musica concreta.
L'opera inizia con un cicaleccio babelico che sfuma lentamente in un vortice
elettronico-percussivo via via piu' violento e sconnesso. Da quel caos emerge una
fanfara jazz-minimalista scorticata dalle stecche delle chitarre. Segue un
austero pezzo rumoristico da camera che degenera in un confuso borboglio
elettro-pneumatico. La seconda parte e' aperta da fischi e onde subsonici
che poi tramutano in un coacervo di pulsazioni meccaniche. Un saltarello
medievale apre il dimesso finale di musichette popolari in cui sembra
scomparire l'ultima traccia di sentimenti umani: una serie di boati
sconvolge il paesaggio ora quasi silenzioso e un turbine di nastri lanciati
a velocita' folle spazza via ogni residua speranza di civilta'.
Horde e' uno shock terapeutico piu' realista e profetico dei precedenti,
un requiem per l'olocausto atomico che incombe.
Non stupisce allora che
Biota sembri invece una suite futurista cupa e minacciosa, un'ode tragica
alla civilta' delle macchine. La novita` e` la riscoperta di
strutture tonali.
This 41-minute electronic poem exhibits the quality of an orchestral work.
It shuns the episodic nature of a musique-concrete collage as well as the
wild nature of a free-jazz jam, opting instead for a form of abstract soundpainting.
An ominous blend of rumbling and creaking noises lays the foundation for
a landscape that evokes science-fiction worlds teeming with android life.
The second movement (13 minutes from the start) is a gargantuan wall of noise
spiraling out of control. The B-side opens with the intense buzzing of a jungle
that soon mutates into the hissing of high-tension wires and finally decays
into a last long breath. The fourth movement indulges in a
cacophonous freak-out jamming but soon (nine minutes into the B-side) the music
returns to the cosmic dimension, this time with an elusive electronic whirlwind.
This in turns slows down and warps until it yields a simple carillon-like
melody that is smothered in the last few minutes by a sudden invasion of
squealing aliens.
Rimasti in sei, i Mnemonists pubblicano
Gyromancy (Dys, 1983 - ReR, 2005),
suonato interamente con strumenti
acustici, ma torturati elettronicamente fino ad essere resi irriconoscibili,
che costituisce al tempo stesso il loro manifesto piu' radicale ed analitico
e il loro lavoro piu' accessibile.
Gyromancy (Dys, 1983 - ReR, 2005), a 39-minute piece recorded by a line-up of six musicians, and entirely played on acoustic instruments (piano, cello, guitar, vass, viola, sitar, harpsichord, bagpipes, clarinet, trombone, percussion and many others), although electronically tortured to make them unrecognizable,
was their most radical and analytic work yet, but also the most accessible up
to that point.
The symphony begins in a subdued mode, unleashing several incoherent drones
and unrecognizable noises. As the volume intensifies, the drones expand.
After 14 minutes the "music" comes to a pause. Electronic processing dissolves
the identities of the instruments and leaves in their place only a dark nebula
of sound. Slowly, during side B, individual elements become discernible again, although they
are now only warped mirror images of the instruments that produced them.
This faceless, anarchic and percussive flow of events is progressively
accelerated until it becomes a frantic orgy that makes everything coalesce into
an organic and terrifying buzzing noise. The music collapses again after 13'
of side B, and never quite resurrects, content of slowly burning off the
few parts that are still alive.
Rackabones, un doppio composto da due suite suonate
con fiati, archi e percussioni elaborati elettronicamente, e' il piu' vicino
alle opere degli ensemble elettronici.
La prima suite, Vagabones, e' una lugubre danse macabre dell'era
industriale, sorta di incrocio fra i rituali cacofonico-percussivi dell'AEOC,
le piece surreali a ritmo tribale dei Pere Ubu e gli inintelleggibili magma
fonetici dei Residents;
la sua seconda parte indulge in un cerimoniale ancor piu' minaccioso, ancor piu'
ricco di effetti percussivi, di fanfare sconclusionate, di assoli deformi,
di contrappunti stonati, di armonie grottesche, di ritmi primitivi,
di rumori gratuiti, che mimetizza la folle cinematica dei collage in un
turbillon di citazioni e allusioni (che non diventano pero' mai verita').
Immersa in un clima di angoscia e tensione, l'altra suite, Rackabones,
rasenta la sarabanda stregonesca, fra cadenze valpurgiche, sortilegi mormorati
da cori assatanati, visioni infernali di elettronica borbogliante e miasmatica,
stridori di fantasmi in lontananza. Fra un raga degli abissi crivellato di
urla gutturali e una sonata per percussioni e dissonanze, fra un tempestoso
vortice elettronico e una stasi quasi mantrica, la suite si avvia verso un
finale di
catalessi cosmica. Imponenti, pantagrueliche e terribili, Vagabones e
Rackabones danno la morale di cinquant'anni di sperimentazione
musicale.
Abbandonata la forma-collage e l'approccio documentaristico, la composizione
e' ora fortemente unitaria, potentemente drammatica, altamente coesiva. Per
quanto caotico, casuale e dissonante, l'insieme ha uno sviluppo tematico e
assimila ogni suono in una sceneggiatura compiuta. La quantita' di eventi
e' comunque impressionante: ogni minuto di musica e' un catalogo illimitato
di possibili suoni. Il clima, a sua volta, e' da post-apocalisse,
quando non esistono piu' reperti di civilta' linguistiche ma soltanto
un de/grado astratto di gestualita' futuribile-primordiale.
I Mnemonist diventano Biota dopo lo scisma che lascia
il titolo "Mnemonists" alla troupe teatrale di accompagnamento,
La formazione, che ha perso Derbyshire e si e' stabilizzata attorno a
Bill Sharp, Mark Piersel, Steve Scholbe (sassofoni e clarinetti), Larry Wilson
(percussioni), Gordon Whitlow (strumenti acustici), comprende ora anche Randy
Yeats e Tom Katsimpalis, che in passato si erano occupati della parte coreografica.
Bellowing Room e' una lunga suite di quaranta minuti quasi esclusivamente
per rumori metallici che si avvale di una qualita' superiore di incisione.
E' un flusso continuo di suono che si avvale di stilemi della musica
industriale (gli ossessivi poliritmi metallici, i sinistri
canti da rituale magico) e del jazz d'avanguardia (le convulse jam di
improvvisazioni libere, la fanfara sincopata che apre la seconda parte).
Suggestivo soprattutto il finale, con quella fisarmonica balbuziente e un
caos diffuso di rumori casuali, dopo tanta tempesta sonora.
Piu' studiata e meno intensamente emotiva, l'arte dei Biota e' il barocco
della "musique concrete".
Il sound della maturita' ha una qualita' sinfonica che lo avvicina sempre piu'
alle tumultuose partiture di Charles Ives; organico e catastrofico, primitivo
e arcano, occupa un grande vuoto buio dell'universo musicale.
La loro forma collage e' in effetti il summa di mezzo secolo d'avanguardia,
da Edgar Varese a Frank Zappa, da Sun Ra ai Faust,
dall'Art Ensemble Of Chicago a Gordon Mumma.
I Mnemonists ripudiano la melodia e
l'armonia, e adottano invece un fluttuare senza senso di suoni artificiali e
rumori naturali. Cio' che li distingue dai "concreti" e' la quantita' abnorme
di particolari che entra a far parte del processo di collage, e la totale
estraneita' di un particolare nei confronti del successivo. Non esiste un
algoritmo di raccordo: se i concreti sviluppavano una trama, per quanto
astratta, i Mnemonists si limitano a "fotografare" il paesaggio.
Cio' che li accomuna, invece, ai jazzisti e' l'orrido e clownesco caos di jam
come Stasis e Vagabones, dove trionfa la ragione dell'irrazionale.
Monumentale spaccato della nostra civilta' musicale, l'opera dei Mnemonists
si erge sulle macerie del senso, alto canto di semiotica dei segni acustici.
Il progressivo avvicinamento al nuovo jazz e' confermato dal disco successivo,
che ripudia la monumentalita' delle opere precedenti e adotta invece la forma
piu' concisa della raccolta di pezzi.
Tinct da' libero sfogo alla loro fantasia anarchica in brani labirintici
di un free jazz, spesso palesemente swing, devastato da attacchi di musica
industriale (Tottery), da corali per organo e da tribalismi orrifici
(Riddled), da percussioni esotiche, da accordi sostenuti di fisarmonica,
da formule magiche (Astray).
Ma la struttura e' quella delle jam di improvvisazione libera, e il ritmo
swingante non si perde neppure nelle fasi piu' convulse.
Con il suo sound prevalentemente percussivo, con le sue vertigini di dissonanze,
Lapse e' il brano piu' subdolo e surreale della loro carriera.
Tinct e' l'album della svolta, l'album che apre nuovi orizzonti per
la musica-diluvio dei Mnemonists/Biota.
Il folk concreto
Ancor piu' musicale, il sound di Awry si qualifica come "folk concreto",
e prelude a Tumble, un disco composto elaborando elettronicamente suoni di
strumenti acustici: il banjo per il country and western ipercinetico di
One Eye Open, flauti e fisarmoniche per la fanfara paesana di
Wire Talker, le cornamuse e i sonagli per la nenia mediorientale di
Operator For Cataract, la chitarra e la batteria per la ballata di
When They Know. Il free jazz percussivo e surreale di Tinct
sopravvive in bozzetti astratti come
House Of Suitcase, Things Seem Like Just Happen e soprattutto
in Picture By Accident, con spiegamento dell'orchestra al gran completo
e un brio scatenato. Ma i veri apici del disco sono forse il ralenti' dissonante
per fisarmonica e suoni sparsi di Buffalo Come Back, il tetro poema
elettronico di Shadows Appear To Do, il maelstrom pressoche' solo
percussivo di Ghost Shirt e la piece surreale di The Less Said.
Dopo una decennale carriera di sovversivi musicali il collettivo piu'
intransigente dell'avanguardia approda cosi' a un sound relativamente
semplice, che conserva la predilezione per il caos armonico, ma che si
rifa' ai generi classici del repertorio popolare.
La musica di questa fase si affida maggiormente agli strumenti tradizionali.
I contributi individuali diventano cosi' determinanti: la chitarra di
Katsimpalis, i fiati di Scholbe, la fisarmonica di Whitlow, le percussioni
di Wilson, la concertina di Yeats sono i suoni distintivi del nuovo corso.
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Musique Actuelle (Anomalous, 2004) documents a 1990 live performance.
After Almost Never (Recommended, 1992), a transitional work (recorded
between 1989 and 1992) structured
into three multi-part suites (of which Circling These is unusually
"folk-ish"), emphasising James Gardner's flugelhorn,
Biota changed course and introduced the (female) voice into their demented soundscapes.
Object Holder (Recommended, 1995), a set of songs dropped in the middle of a futuristic collage
(with James Gardner on flugelhorn,
Tom Katsimpalis on guitar,
Steve Scholbe on guitar,
William Sharp on tapes,
Gordon Whitlow on accordion and keyboards,
Larry Wilson on drums,
Randy Yeates on keyboards),
was basically trying to create a new kind of "pop music".
The experiment of voice-driven concrete music was repeated on Invisible Map (Recommended, 2001),
in which the (37!) songs have become the infrastructure and the scaffolding
of the collage. In The Rapid Color,
the female vocalist (Genevieve Heistek) hums a simple melody while string
instruments (Tom Katsimpalis)
strum carelessly, drums (Larry Wilson) explode psychedelically
and the saxophone (Steve Scholbe) screams to the sky.
Another simple melody (but this time with real lyrics) is the victim of
Landless, a real lullaby accompanied by accordion and violin (Heistek).
Birthday is another lullaby, slow and intimate, despite the rumbling
background.
Glazed Paper is half Scottish march and soothing dirge.
Dual drowns dreamy vocals in skipping jazzy beats and out-of-tune guitar.
These folk-tinged ballads evoke the Walkabouts in a parallel universe.
The instrumental pieces (many of which are barely a few seconds long) tell
the same story, just a bit more deranged.
A drunk accordion (Gordon Whitlow) leads the folk dance of Port
at a demented pace marked by an army of percussion.
Not any more sober,
accordion and violin moan together in the waltzing Yarn.
The sloppy, atonal, incoherent Paste evokes the
Holy Modal Rounders.
The surreal vignette of Sleeping Car,
the possessed spaghetti-western of Snake Out,
the spirited square-dance of Flicker,
the swirling Slavic sarabande The Slow Forest,
not to mention the comic Alpine spoof Presto the Human,
compose a dramatic revision of American roots-music.
The free-form jam Mineral
and the disjointed sonata Measured Not Found
are mere rehearsals for more mayhem to come.
Gardner, Sharp, Yeates and Chuck Vrtacek on
piano form the backbone for the unpredictable textures of these songs and
instrumentals, but they hardly produce a lush sound. It is quality, not
quantity.
Biota's Half a True Day (august 2007 - ReR, 2007), recorded over the course of six years, continued to refine their anti-concrete technique of creating
highly musical works out of painstakingly layered found and processed sounds.
The
accordion proto-melody of Pack-and-Penny Day,
the frantic syncopated rhythm and atonal guitar strumming of Hidden Compartment,
the spaced-out psychedelic raga of Angle of Doubt
could have been part of structured rock or jazz performances from the past
decades.
Numbers such as the festive folk dance Moth Across and the surreal
musixbox of Turn the Moon seem to do to rhythm
what Object Holder had done to vocals: rediscover an archaic stereotype
from the vintage viewpoint of the studio-based collage.
And Antimagnet is pure rhythm made out of noise.
Biota also includes a few more "songs", although the role of the voice has
been greatly downplayed.
It is frustrating that these fragments are abandoned after a minute or two, though.
The longer tracks are more satisfying.
The eight-minute Proven Within Half Half a True Day
achieves a higher degree of abstraction and chaos (demented vocals mixed with distorted accordion swirling in a maelstrom of unrecognizable).
Winding Nth spends ten minutes doodling around dreamy folk and blues
guitar accents and achieving a sort of nonchalant transcendence.
The suspense of the Indian raga also permeates the 14-minute Passerine
that slowly turns into a sleepy blues jam. It then revives following the lulling
lead of an accordion.
This is another highly musical achievement by Biota, and one that synthesizes
their "discoveries" of the last decade.
Cape Flyaway (ReR, 2012) featured
William Sharp (here on electronics and mixing)
Kristianne Gale (voice,
guitar), Gordon Whitlow (organ, accordion), Tom Katsimpalis
(guitars, clavioline), Mark Piersel (guitars), David Zekman (violin,
mandolin), Larry Wilson (percussion), Steve Scholbe (rubab, guitar),
James Gardner (trumpet), Randy Yeates (keyboards), Charles O'Meara
(piano) and Randy Miotke (Rhodes, accordion).
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(Translation by/ Tradotto da Andrea Marengo)
Musique Actuelle (Anomalous, 2004) documenta un’esibizione
dal vivo.
Dopo Almost Never (Recommended, 1992, ma registrato tra il
1989 e il 1992), un lavoro di transizione strutturato in tre suite composte da
numerose tracce (delle quali Circling These è insolitamente folk) che
enfatizzava il flicorno soprano di James Gardner, i Biota cambiavano strada
introducendo la voce (femminile) nei loro folli paesaggi sonori. Object Holder
(Recommended, 1995), ovvero un set di canzoni abbandonate nel mezzo di un
collage futurista (con James Gardner al flicorno soprano, Tom Katsimpalis e
Steve Scholbe alle chitarre, William Sharp ai nastri, Gordon Whitlow alla
fisarmonica e alle tastiere, Larry Wilson alla batteria e Randy Yeates alle
tastiere), era fondamentalmente un tentativo di creare una nuova forma di
"musica pop".
L’esperimento della musica concreta "trainata"
dalla voce venne ripetuto su Invisible Map (Recommended, 2001), nel quale le
(trentasette!) canzoni sono diventate l’infrastruttura e l’impalcatura del
collage. In The Rapid Color la cantante (Genieveve Heistek) intona una semplice
melodia mentre gli strumenti a corda (Tom Katsimpalis) sono strimpellati
distrattamente, la batteria (Larry Wilson) esplode psichedelicamente, mentre il sassofono (Steve Scholbe) urla al
cielo. Un’altra semplice melodia (questa volta però accompagnata da un vero e
proprio testo) è The Victim Of Landless, una vera ninnananna accompagnata da
una fisarmonica e un violino (Heistek). Nonostante Birthday, presenti un
sottofondo roboante, è un’altra lenta e intima ninnananna. Glazed Paper è a
metà strada fra una marcia scozzese un canto rassicurante. Dual annega voci
trasognate in battiti scattanti di jazz e chitarra fuori tono. Queste ballate
tinte di folk rimandano a dei Walkabouts di un universo parallelo.
I brani strumentali (la maggior parte dei quali è a malapena
lungo pochi secondi) raccontano la stessa storia, semplicemente in modo più
folle. Una fisarmonica ubriaca (Gordon Whitlow) gestisce la danza folk di Port
fino a un luogo segnato da un esercito di percussioni. Nessun altro violino o
fisarmonica si lamentano contemporaneamente e in modo così sobrio nel walzer di
Yarn. La trasandata, atonale e incoerente Paste rievoca gli Holy Modal
Rounders. La surreale vignetta di Sleeping Car, il posseduto spaghetti western
di Snake Out, la quadriglia spiritata di Flicker, la sarabanda slava turbinante
di The Slow Forest, per non parlare della parodia alpina di Presto The Human,
proponevano una revisione drammatica della roots-music americana. La jam
tripartita di Mineral e la sonata disgiunta Measured Not Found sono semplici
prove della confusione che verrà.
Gardner Sharp, Yeates e Chuck Vrtacek formano la spina
dorsale per le imprevedibili tessiture di queste tracce, ma raramente producono
suoni ampollosi. Questa è qualità, non quantità.
Half a True Day (agosto 2007 – ReR,2007) attribuito ai
Biota, venne registrato dopo un periodo di oltre sei anni. L'album proseguiva
la raffinazione della loro tecnica anti-concreta componendo lavori di alto livello basati sui suoni trovati
stratificati e processati diligentemente. La proto-melodia della fisarmonica di
Pack-And-Penny Day, la frenetica e atonale chitarra strimpellata con ritmo
sincopato di Hidden Compartment, il raga psichedelico intervallato di Angle Of
Doubt avrebbero potuto far parte di una performance jazz o rock dei decenni
passati. Numeri quali la festiva danza folk Moth Across e il carillon surreale
di Turn The Moon sembra fare al ritmo quello che Object Holder ha fatto con le
voci: ovvero riscoprire un arcaico stereotipo da un di punto vista vecchia
maniera basandosi sul collage di studio. Antimagnet è puro ritmo costruito sul
rumore. Biota include anche qualche “canzone” in più benché il ruolo della voce
sia gestito grandiosamente. È frustrante che questi frammenti siano purtroppo abbandonati
dopo un minuto o due.
Le tracce più lunghe sono più soddisfacenti. Gli otto minuti
di Proven Within Half A True Day arrivano a livelli di astrazione e caos
(alcuni voci folli vengono mescolate a fisarmoniche turbinanti in un vortice di
inconcepibile). Winding Nth occupa dieci minuti scarabocchiando con una
chitarra folk trasognata e blues per raggiungere una trascendenza disinvolta.
La suspense del raga indiano di Passerine permea nei suoi quattordici minuti
che si trasformano lentamente in una jam blues. Il raga riemerge più tardi seguendo la guida cullante di una
fisarmonica. Questo lavoro è un altro successo dei Biota, che sintetizza,
ancora una volta, le loro “scoperte” del decennio passato.
Cape Flyaway (ReR, 2012) venne realizzato con la collaborazione
di William Sharp (qui all’elettronica e al missaggio), Kristianne Gale (voce,
chitarra) Gordon Whitlow (organo, fisarmonica), Tom Katsimpalis (chitarre,
clavioline, Mark Piersel (chitarre), David Zekman (violino, mandolino), Larry
Wilson (percussioni), Steve Scholbe (rubab, chitarra), James Gardner (tromba),
Randy Yeates (tastiere), Charles O’Meara (pianoforte) e Randy Miotke (organo
Rhodes, fisarmonica).
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Biota's
Funnel To A Thread (ReR, 2014), featuring
Bill Sharp, Gordon Whitlow, Tom Katsimpalis, Larry Wilson, Charles O'Meara, Mark Piersel, Randy Yeates, James Gardner, Kristianne Gale, Randy Miotke, and Dave Zekman,
was composed over five years.
Biota's Fragment Of Balance (ReR, 2019) contains
26 brief pieces performed by Mark Piersel (guitars), Larry Wilson (drums), Tom Katsimpalis (guitars, bass and claviola), James Gardner and William Sharp (electronics), Randy Miotke (guitar, trumpet, flugelhorn, clarinet, electronics), Randy Yeates (keyboards), Gordon Whitlow (organ, accordion), Charles O'Meara (piano), David Zekman (violin, banjolin) and Kristianne Gale (voice, acoustic guitar).
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(Translation by/ Tradotto da xxx) Se sei interessato a tradurre questo testo, contattami
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