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Figlio di acrobati, Buster Keaton crebbe nell'ambiente del medicine show itinerante (i suoi
genitori viaggiavano in un medicine show) e a 5 anni cominciò a spartire lo show con i genitori;
quando il padre si diede all'alcool e il team si sciolse, Keaton entrò (a vent'anni) in quello
cinematografico come spalla-antagonista (dal 1917 al 1919 in 15 cortometraggi) di Fatty Arbuckle a New York. Nel
1920 aprì un suo studio, fidando sulle doti atletiche maturate nell'infanzia e su un minimo di
conoscenze tecniche; circondatosi di persone fidate, iniziò a produrre con la loro collaborazione
cortometraggi comici, fra i quali One Week (1920, una moderna lotta fra l'uomo e la natura, rappresentata da
una casa prefabbricata che non riesce a montare), Neighbours (una commedia degli equivoci basata su
un biglietto d'amore che capita nelle mani sbagliate), Convict 13 (un sogno durante il quale uno
scambio di persona porta Buster vicino all'impiccagione), The Goat (scambiato per un assassino, Buster
fugge, seduto sul respingente anteriore di una locomotiva), il surreale tour de force di The Playhouse
(Buster crede di essere in un teatro e si risveglia in camera sua, ma quando gli portano via i mobili si
rende conto di essere in un teatro. Keaton fa tutte le parti, comprese quelle di otto orchestrali e di una
scimmia), The Electric House (distruzione progressiva di una casa da parte di un impianto elettrico
montato da un elettricista improvvisato) e Cops (una delle più brillanti slapstick di sempre:
inseguimento di uno stormo di poliziotti tutti uguali, geometricamente evitati dal furbo Buster), ancora
influenzate dalla scuola di Sennett ma già singolari nell'impostazione armoniosa ed
essenziale.
Il primo lungometraggio, The Three Ages (1923), fu una parodia di
Intolerance, tre storie parallele, ambientate nell'età della pietra, nell'antica Roma e nell'America
contemporanea. Keaton era già l'uomo che non ride mai, impassibile testimone amorale della vita,
della natura e della storia; e disponeva già di un ritmo di gag mozzafiato, soprattutto di gag
più raffinate e più costruite di quelle sennettiane (una biga munita di ruota di scorta e
perfino di un cane di scorta).
Keaton era al tempo stesso regista, sceneggiatore e attore. La maschera era
quindi soltanto una delle componenti della sua arte; come sceneggiatore invece attende a soggetti in cui le
gag discendono l'una dall'altra, secondo una data logica narrativa; come regista sfrutta trucchi di
montaggio ed effetti ottici.
Nell'epoca prima della secessione un giovane newyorkese trova
ospitalità presso una famiglia sudista, ma, quando i membri della famiglia scoprono che discende
da una famiglia rivale, diventa un bersaglio vivente; tentano di ucciderlo, ma intendono comunque
rispettare le leggi dell'ospitalità e aspettano perciò che la vittima designata esca dalla loro
casa; ogni volta che Buster supera la soglia rischia la pelle; un lungo rocambolesco insegui-
mento termina con un matrimonio che mette fine alla faida fra le due famiglie. Il
film comprende alcuni motivi fondamentali del cinema di Keaton: la nostalgia per un'America
avventurosa che non esiste più, la cocciutaggine quasi meccanica nel ripetere i suoi tentativi di
vincere una realtà nemica, l'ottimismo ambiguo dei lieti fine in bilico fra messaggio di speranza e
sarcasmo, l'acrobazia sia in ambiente aperto sia in ambiente domestico, il caos astratto degli oggetti
partecipi di una universale follia (la casa in cui è ospite è la classica tana del lupo eppure
diventa il suo unico rifugio sicuro). Buster non è un eroe e non è una vittima: è un
pover'uomo che deve arrangiarsi per tirare avanti, come l'uomo primitivo deve adattarsi all'ambiente se
vuole sopravvivere; Buster non ne critica perciò l'assurdità, si limita a osservare, a
conservare l'incolumità, e ad aspettare l'occasione opportuna di inserirsi per garantirsi
l'incolumità. La sua comicità non è sociale o umanitaria, ma semplicemente
antropologica; Buster non si ribella (non reagisce) all'ingiustizia; non cerca il senso della realtà,
ma soltanto la struttura della realtà. Studia i suoi simili, elabora le informazioni e ne trae delle
norme di comportamento.
Una visione nevrotica e paranoica della vita è alla base di questi
cortometraggi: la rivolta degli oggetti (la cui funzione differisce dal loro
effetto One Week e
Electric House, 1922), l'equivoco (nelle parti del caso che mette in moto l'ingranaggio Neighbours e The Goat), il
sogno (la rivelazione della finzione del cinema Convict 13 e The Playhouse), il treno (dominatore
degli spazi aperti The Goat), il pessimismo (in Cops torna volontariamente in prigione quando la sua
ragazza lo lascia, in Electric House, disperato, si suicida), denotano un rapporto titubante con la
realtà esterna.
Sherlock Jr (1924) è un film di cinema dentro il cinema: l'operatore di una
sala cinematografica, scacciato dalla fidanzata per un equivoco provocato dal rivale, si addormenta sul
lavoro e sogna che il film in proiezione sia interpretato da lui, nei panni di un abile detective, dalla
fidanzata, che viene rapita da alcuni malfattori, e dal rivale. Il film è sconquassato dall'epilessia
delle inquadrature, che cambiano troppo in fretta perché l'uomo vi si possa abituare (il primo
inseguimento è quello dell'uomo nei confronti della realtà che gli sfugge di mano); il
sogno, oltre a fornire una connotazione surreale del film, serve anche a penetrare l'essenza del cinema,
come suggestione e finzione. Tutto il film è in definitiva una riflessione sul cinema gioco di
prestigio, di cui si svela fin dall'inizio il trucco. La comicità è rarefatta.
Fulcro della vicenda è la solitudine del protagonista, respinto dalla
ragazza che ama, chiuso nella cabina di proiezione e poi collocato in grandi spazi deserti; il sogno
è un tentativo di rimozione: in sogno lui domina la realtà ostile. In questo caso l'oggetto
(lo schermo) diventa un mezzo per sfogare la sua coscienza, e diventa sede di un altro immaginario (non
più un film, ma il sogno di un film). Keaton smaschera il cinema ma anche sé stesso: la
vita quotidiana deludente e frustrante, la demistificazione della famiglia inutile palliativo, il desiderio di
libertà cercata in ampi spazi o nel sogno. Keaton, per questa sua rappresentazione di sé e
del cinema, si serve del cinema avventuroso (l'inseguimento) e del cinema poliziesco (il detective) in
chiave eroicomica.
Il tema della solitudine e della necessità di adattarsi a un ambiente
ostile è al centro di The Navigator (1924), la cui storia è una variazione del classico "Robinson
Crusoe".
Un milionario deluso in amore decide di partire per una crociera, ma sbaglia
nave; sulla stessa nave sale la sua amata, alla ricerca del padre che è nelle mani di una banda di
spie; le spie fanno salpare la nave, ma la polizia le cattura egualmente; il milionario e la ragazza, ignari di
tutto, entrambi giovani e viziati, si ritrovano la mattina soli nel bel mezzo dell'oceano; il milionario cerca
goffamente di rendersi utile alla ragazza; i cannibali la rapiscono, ma, in scafandro da palombaro, il
milionario la libera e tiene loro testa coraggiosamente; quando tutto sembra perduto, vengono tratti in
salvo da un sommergibile.
I naufraghi non riescono a dominare gli oggetti della nave; il milionario usa uno
scafandro come mostro, come corazza, come canotto; i pesci vengono impiegati come oggetti. Il rapporto
dell'individuo è diretto prima verso e contro gli oggetti, poi verso e contro gli uomini. Il tema
ricorrente della lotta contro macchinari complicati si esplica con insuperata verve comica.
La nave è però un rifugio (i naufraghi dormono nelle caldaie),
tanto che i guai cominciano quando si apre una falla; e finiscono per merito di un sommergibile; un paio
di volte il milionario fa compiere a marchingegni complicati delle funzioni molto semplici. Per Keaton la
macchina è amica dell'uomo; è l'uomo a non essere capace di sfruttarla. L'uomo è
un bambino che, quando cerca di elevarsi al livello della macchina, combina soltanto un mucchio di
pasticci, come un bambino piccolo alle prese con un giocattolo troppo complicato. In mezzo ai relitti del
consumismo (elettrodomestici e scatolette) il milionario si aggira più impotente e sfiduciato di
Robinson Crusoe in mezzo alla natura selvaggia.
La nave alla deriva è un'arca che invece dei campioni delle varie specie
animali porta in salvo degli oggetti.
La ragazza rappresenta ancora la famiglia, incubo ossessionante in cui
però si annullano tutte le frustrazioni.
In Seven Chanches un giovane eredita una fortuna ma affinché
l'eredità sia valida deve sposarsi il giorno stesso dell'annuncio; corre dalla sua fidanzata, che
però non vuole sposarsi per denaro; comincia allora la frenetica caccia a una sposa qualsiasi, che
culmina quando una folla di ragazze si precipita in chiesa dopo aver letto il suo annuncio sul giornale; il
giovane riceve però un biglietto dalla fidanzata, le corre dietro e la raggiunge appena in tempo.
Quando fugge dalla chiesa viene inseguito dalla torma delle aspiranti mogli e, scendendo una collina,
deve evitare alcuni grossi massi che gli rotolano dietro. In questa e altre scene è riservata una
parte piuttosto negativa alla donna e, di conseguenza, alla famiglia: la donna è per definizione un
animale da matrimonio e basta, la donna-moglie (o la famiglia) è un'ossessione che degenera in
incubo e cataclisma naturale (i massi che cercano di schiacciarlo), l'uomo desidera sposarsi unicamente
per interesse. E' un duro apologo sulla lotta che l'individuo deve condurre per sopravvivere nella
società, per conservare la sua libertà.
Il protagonista di Go West (1925) è invece un uomo solitario in
cerca di fortuna che attraversa il paese in treno.
Nella fattoria in cui trova lavoro l'unica sua compagnia è una
vacca. Quando salva una mandria dai banditi, il padrone del ranch gli offre
di scegliersi un premio e,
mentre tutti si aspettano che scelga la bella figlia di cui è innamorato, egli indica la vacca. Un
senso quasi patetico della solitudine e l'astio durissimo nei confronti delle
donne infirmano il film ben più che la parodia del west.
Il modello di giovane yankee stupido ma col fisico di un campione viene preso
di mira nei film Battling Butler e The College.
Nel primo un milionario in campeggio, per conquistare una ragazza di
provincia, finge di essere un pugile celebre; il trucco funziona e il giovane ottiene facilmente il consenso
della famiglia di lei al loro matrimonio, ma poi deve fare i conti con il vero pugile, che incredibilmente
riesce a sconfiggere.
Ironizzando sul culto del campione sportivo e del fisico erculeo, Keaton traccia
anche una metafora sulla vita sociale: è l'integrazione nell'ipocrisia collettiva, è un tributo
da pagare prima o poi; e la maschera di Keaton è l'accettazione consapevole di una degradazione
morale, di un'umiliazione assurda che, pur non avendo alcun senso, è vincolante riguardo
l'inserimento nella società: la donna-moglie si ottiene soltanto dopo la conversione alla
normalità.
Nel secondo sono contrapposti un bravo studente e un atleta muscoloso, rivali in
amore; per competere con il secondo il primo prova un po' di sport, e vince perfino una gara; quando la
ragazza, assalita dal giovane brutale, chiede soccorso per telefono al giovane gentile, questi si precipita a
casa sua compiendo imprese da decathlon e alla fine trionfa.
Keaton approfitta del tema per mettere in mostra le sue doti acrobatiche.
The General (1926) è la locomotiva di un giovane macchinista del sud,
scartato dall'esercito sudista e considerato perciò codardo dalla sua fidanzata; quando i nordisti gli
rapiscono e la ragazza e la locomotiva, il giovane penetra nell'accampamento nemico, libera l'amata, e
torna dai sudisti con delle preziose informazioni sui piani di battaglia dei nordisti; l'eroe viene
ricompensato con la nomina ad ufficiale e dall'amore della ragazza.
Keaton giostra con due dei suoi temi preferiti: il treno e la tradizione nazionale.
La guerra è una macchina, ed è un cataclisma; come macchina bisogna smontarla e
distruggerla; come cataclisma bisogna lottare per sopravvivere un'acrobazia dopo l'altra. L'equivoco e
l'inseguimento sono al solito gli ingranaggi che mettono in moto e sostengono la comicità;
è il ritmo del caso. Il condizionamento della donna-moglie servono per mettere in risalto l'anti-
epicità dell'eroe, che non si è battuto per un ideale ma per una faccenda domestica. La
parodia e la nostalgia del passato mitico confluiscono a tracciare un quadro riduttivo e malinconico
dell'esperienza umana, ridicola e assurda, falsa e immaginaria. Il protagonista ama la locomotiva (come
aveva amato la vacca di Go West) che rappresenta la sua indiviualità, mentre la donna-moglie lo
vuole assoggettare alle regole sociali facendone un soldato, uno dei tanti, ma rispettabili, soldati della
guerra civile.
Nel suo ambiente preferito, lo spazio aperto, Keaton dipinge un affresco
apocrifo; l'eroe non combatte la natura ostile (come i pionieri) ma gli uomini (due volte, contro i nordisti e
contro la donna-moglie), e, lungi dal vincere, perde (due volte, combatte per la causa sbagliata e accetta
fin dall'inizio il matrimonio); in questa parabola c'è tutta la sconfitta della vita, una continua resa
all'ambiente.
Tutti i temi convergono sulla più perfetta delle sue costruzioni
drammatiche: la lotta contro un fato ostile, la solitudine, la misoginia.
L'eroe viene posto in una situazione impossibile, davanti ad ostacoli
insormontabili, finche, non potendo più evitarlo, deve far ricorso a tutte le sue doti di furbo e di
acrobata per mettersi in salvo. Il piccolo uomo solo nel grande paesaggio (un'immagine tipica) diventa
allora una contro-forza della natura, una forza di abilità e di intelligenza. Il film diventa
perciò un virtuosismo narrativo, una complessa architettura di trovate.
Keaton ritorna alla tradizione con
Steamboat Bill jr (1928); questa volta rivisita
l'epopea dei battellieri del Mississipi.
I due battellieri rivali della storia hanno un figlio e una figlia che si sono
innamorati al college; lui è un mingherlino inetto che non può far nulla per il padre,
quando il suo battello viene dichiarato inagibile; disperato, il vecchio aggredisce il rivale e finisce in
prigione; ma un ciclone investe la città devastando anche il battello dell'altro; il giovane,
sull'antiquato ma robusto battello paterno, va a salvare la ragazza, alla deriva su un relitto, suo padre, il
padre di lei e un sacerdote, in modo che si possa celebrare il matrimonio seduta stante.
La nostalgia per quell'America arcaica fatta di rivalità e lotte per la
sopravvivenza culmina ancora una volta in una satira dell'eroe tradizionale: Keaton salva quattro persone
soltanto per potersi sposare, dando priorità alle esigenze dell'individuo rispetto a quelle della
comunità. La sua arca accoglie soltanto chi gli fa comodo. Tutto è funzionale alla donna-
moglie, dal costume studentesco alla trasformazione in lupo di fiume.
Nel film il giovane ha dei connotati persino sovrumani, se si pensa che il crollo
di una facciata non lo scalfisce neppure (sguscia per il buco di una finestra) e che volteggia appeso a un
albero dentro una tromba d'aria; il ciclone ha un compito ben definito, e non deve distruggere lui; lui
è destinato a salvarsi, e a sposarsi. La parte della macchina è divisa fra il battello e il
ciclone.
Il cineamatore di
The Cameraman (1928)
è un ex-fotografo con scimmietta
che cerca lavoro in uno studio, ma è piuttosto pasticcione e, nonostante l'assistenza morale di
un'impiegata, non riesce a girare un film che abbia senso; un giorno avvista dalla spiaggia l'impiegata su
motoscafo del rivale che si rovescia e il rivale che si mette in salvo abbandonandola; accorre a salvarla,
ma giunto a riva sviene e il suo rivale è lesto a prendersi il merito del salvataggio; la scimmietta
però ha filmato tutto e proiettando il film la verità viene a galla. Buster torna nel tripudio
generale, ma stanno festeggiando Lindberg.
Il film pullula di gag, equivoci e riflessioni sul cinema. Fra le gag la partita di
baseball che gioca da solo nello stadio deserto e quella del tafferuglio nel quartiere cinese che lui filma
senza pellicola; fra gli equivoci, oltre a quello del salvataggio, quello finale della folla osannante per il
ritorno di Lindberg che il cineamatore scambia per sui ammiratori. Il cinema è protagonista delle
sequenze in cui il giovane proietta le sue riprese, assurdi montaggi di corazzate nelle vie di New York,
inversioni del tempo (cavalli che corrono alla rovescia, tuffatrici che risalgono al trampolino); il cinema
è protagonista anche della ripresa cruciale, la fedele registrazione dell'incidente in mare; ma la
prima, per quanto ridicola, richiede un'intelligenza (è girata da un uomo), mentre la seconda no,
per quanto fedele (ed è girata da una scimmia); è un parallelo implicito fra il cinema di
Vertov e quello di Hollywood.
Il film è anche un saggio sullo spazio dell'individuo; il giovane si trova
compresso in spazi angusti (la cabina in cui deve spogliarsi con un ciccione, l'ufficio in cui semina il
panico, la strada affollata) e si trova abbandonato in spazi enormi (la spiaggia, lo stadio). L'individuo deve
scegliere fra gli spazi enormi (la libertà ma la solitudine) e gli spazi angusti (la limitazione della
libertà per la limitazione della solitudine, l'appiattimento per il successo).
La cinepresa è la macchina, l'impiegata è la donna-moglie.
Keaton è crudelissimo con il povero romantico: umiliato, illuso, truffato, solo; ma lo premia con
la cosa che più gli sta a cuore, anche se alla fine lo illude di nuovo.
L'ultimo film di Keaton,
Spite Marriage (1929), ubbidisce a tutte le regole
del suo cinema: un lavandaio solo cerca di conoscere un'attrice; la sposa spacciandosi per un milionario; il
matrimonio fallisce, ma il caso li farà incontrare di nuovo.
Nel film compaiono i segni della crisi economica e morale che attanaglia il
paese (il mito del milionario e la sbornia dell'attrice). La recessione e il sonoro sono i due fattori che
stroncano la carriera di Keaton: le case cinematografiche tolgono ogni libertà agli artisti, li
obbligano a produrre film di sicuro successo. Keaton viene ridotto a attore comico di film dozzinali, e poi
a spalla di altri attori. Di pari passo declina la sua vita privata: divorzi, dissesti economici, alcool.
Trascorse un anno in una clinica psichiatrica. Per una dozzina di anni Keaton si aggira come un fantasma
per gli studios di Hollywood, dirigendo, sceneggiando, interpretando, nell'anonimato o quasi.
Negli anni '30 venne costretto dagli studios a interpretare commedie triviali
come
Free And Easy (1930),
Parlor Bedroom And Bath (1931),
The Passionate Plumber (1932),
What! No Beer? (1933), sulle quali non ebbe piu` alcun controllo,
e poi commedie ancor piu` banali in coppia con un altro comico.
Nel dopoguerra alcune brevi ma intense interpretazioni di alta classe lo
riportano alla ribalta: il giocatore di poker di Sunset Boulevard
(diretto da Billy Wilder), il vecchio pianista di
Limelights (diretto da Charlie Chaplin) e soprattutto l'uomo che
cancella sé stesso in Film (l'unico
cortometraggio del drammaturgo Samuel Beckett). La disperata assurdità del teatro di Beckett si
sposa con la muta nevrosi della maschera keatoniana: Keaton nasconde lo specchio, straccia le sue
fotografie, ed è solo nel vuoto (chiuso in una camera, ha orrore di sé stesso. Muore l'anno
dopo.
Il film di Buster Keaton si basa su alcuni elementi tecnici, e su alcune
caratteristiche intrinseche.
I primi: l'equivoco, l'acrobazia, il lieto fine sono i trucchi del mestiere.
Le seconde: la solitudine, lo spazio, i miti dell'America, il sogno, il partner
macchina (treno, nave, cinepresa), la misoginìa sono le sue ossessioni.
Il personaggio di Keaton è in balia degli elementi: della natura (il caso), della società
(la donna-moglie), degli oggetti (invertiti di senso).
La morale è darwiniana: la specie evolve attraverso mutazione
(cambiamento della personalità), adattamento (accettazione delle regole sociali) e selezione
(sopravvivenza ai pericoli).
La maschera di Keaton è muta (perché riflette una crisi di
identità), imperturbabile (esorcismo della tragedia, rimozione della sconfitta), e invulnerabile
(pre-destinazione alla normalità).
Il destino dell'uomo nella società moderna si esplica attraverso il
parallelo con quella antica. Il crescente divario fra uomo e ambiente è sdoppiato nel crescente
divario fra uomo e natura e in quello fra uomo e oggetti. L'uomo è sempre fuori posto.
Poeta, semplice e piano, austero e commovente, del paradosso moderno, Keaton ha innanzitutto
rimpianto sé stesso.
He was
"the most quintessentially silent of silent filmmakers" (Geoffrey O'Brien).
His frozen emotion-less face created humor by contrasting with the improbably
situations from which he had to untangle himself.
He behaved as if he came from another planet and didn't fully understand what was happening on Earth.
Roscoe Arbuckle in New York
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