Realismo poetico e film noir

La Francia degli anni '30 cambiò volto in seguito alla crisi che nel 1936 portò il governo del "Fronte Popolare" formato dai partiti di sinistra e presieduto da Leon Blum. I registi, ancora influenzati dal surrealismo, si dedicano a un "realismo poetico" (Feyder e Carné) il Cavalcanti di La petite Lilie (1928), oppure, sensibili all'entusiasmo popolare per il "Fronte" e ai timori diffusi per la crisi, rappresentano ardori sentimentali che terminano in catastrofi (Renoir, Duvivier, Gremillon, il Cavalcanti di En rade, 1927). Non mancarono comunque gli intrattenimenti gai e spensierati, come le commedie di Marc Allegret (Entreé des artistes, 1938) e di Christian-Jacques (il regista di Fernandel).

Allo scoppio della Guerra Mondiale la Francia fu facile preda dell'esercito tedesco, data la schiacciante superiorità delle truppe hitleriane; nel giugno del 1940 a Parigi si insediò il governo di Vichy, mentre a Londra il generale Charles De Gaulle fondava un governo in esilio, che per quattro anni diresse la Resistenza dei partigiani francesi; lo sbarco alleato in Normandia del giugno 1944 e l'insurrezione di Parigi dell'agosto seguente posero fine all'invasione nazista. La crisi economica e sociale spinse molti registi a emigrare negli Stati Uniti, ma lo spirito del "Fronte Popolare" ispirò una generazione di cineasti che rinnovarono in questo decennio la loro arte nazionale. L'avvento del sonoro aiutò a reagire alla crisi. Così il cinema francese godette di una grande vivacità durante gli anni trenta.

L'umore dell'epoca è un romantico pessimismo legato alle vicissitudini dell'esistenza. L'attore tipo è Jean Gabin, l'operaio che affronta il destino con aristocratico stoicismo, o Louis Jouvet, relitto di una vita interna e ingiusta; anche la maschera ironica e patetica di Fernandel rientra nel clima del Fronte. Quella torva e ironica di Simone Simon (Jean d'Arc di Drejer, La Chienne di Renoir, L'Atalante di Vigo, Quai des brumes di Carnè). Una certa importanza in questo periodo rivestono gli sceneggiatori, gente di calibro di Prévert o di Charles Spaak versatile e prolifico, coautore di molti capolavori di Feyder, Duvivier, Renoir e Gremillon). Ma negli anni del Fronte Popolare sono molti gli uomini di cultura che si cimentano col cinema: fra gli altri il drammaturgo surrealista Jean Cocteau (dopo l'onirico Le sang d'un...?, il cine-balletto di La belle et la bete fino alla revisione- delirante del mito di Orpheé, le torbide versioni estetizzanti metaforiche dei suoi drammi teatrali), il commediografo Marcel Pagnol, che diffonde il pittoresco populismo del Mezzogiorno francese e scopre talenti nei caffé-concerto di Marsiglia (vedi il comico Fernandel in Le Schpountz (1938)) e il romanziere André Malraux (semi-documentarista della guerra civile nel suo unico tentativo cinematografico, L'espoir).

Fra gli epigoni dei grandi registi ci sono invece i due Allegret, Marc, l'autore del leggero Entrée des artistes (1938), e Yves, specialista nel dopoguerra di film-noir avvolti nella bruma e segnati da un destino inesorabile (la prostituzione per Dedee d'Anverse, l'espiazione di un delitto in Une si jolie petite plage).


Charles Vanel: Dans la Nuit (1929)
Jacques Feyder
Louis Jouvet
Jean Gabin
Julien Duvivier
Jean Gremillon
(Marcel Carné) Jacques Prévert
Jean Renoir

Il Realismo Sociale

Il periodo buio va dall'assassinio di Yurov fino alla morte di Stalin, due date che coincidono peraltro con il conio del "realismo socialista" da parte di Gorkij e con l'inizio del Disgelo. Espulso nel 1928 Trotskij, espulso nel 1929 Bucharin, dal 1930 Stalin è di fatto dittatore unico dell'Unione Sovietica, e lancia un campagna di auto-glorificazione (culto della personalità). Varato il primo piano quinquennale, s'intraprendono la collettivizzazione dell'agricoltura, la riconversione industriale, l'eliminazione dei Kulak, obiettivi che comportano immani sacrifici da parte dei contadini (deportazioni di massa, razionamento dei beni di prima necessità, mobilitazione della manodopera): le vittime "naturali" dello stalinismo si contano a milioni. Nel 1936 ha inizio la Grande Purga: sei milioni di vecchi rivoluzionari finiscono nei campi di lavoro della Siberia. Trotskij viene assassinato nel 1940 da un sicario. Altrettanto spregiudicato in politica estera, Stalin si spartisce con Hitler la Polonia (quattro anni dopo nelle fosse di Katyn vennero rinvenuti i cadaveri di undicimila ufficiali fucilati), invade le repubbliche baltiche e attacca l'inoffensiva ma tenace Finlandia. Nel giugno del 1941 l'esercito sovietico viene però travolto dall'aggressione nazista e Stalin proclama la "grande guerra patriottica", chiamando il popolo ad altre stoiche sofferenze (tattica della "terra bruciata", movimento partigiano); la controffensiva sul Don e lo sfondamento a Stalingrado ribaltano le sorti della guerra a favore dei sovietici: Stalin si autonomina maresciallo dell'Armata Rossa.

Venti milioni di morti e venticinque milioni di senzatetto valgono una Yalta, dopo la quale l'Urss diventa la seconda potenza mondiale. Il regime del terrore viene subito ripristinato, conferendo pieni poteri all'aguzzino politico Berija e all'aguzzino culturale Zdanov. Il comportamento spietato di Stalin (che chiede esose riparazioni ai paesi satelliti e s'intromette nelle tradizionali zone d'influenza occidentale) provoca la "guerra fredda", che culmina nella guerra di Corea (1950- 53).Stalin muore nel marzo del 1953; quattro mesi dopo viene destituito Berija (che sarà giustiziato) e si profila subito il "Disgelo", ma solamente dopo tre anni il rapporto segreto di Kruscev al Congresso del Partito svelerà i retroscena della dittatura staliniana.

Questo periodo fu un periodo di intransigenza ideologica che mutilò la cultura sovietica di molte menti e convogliò l'intera produzione artistica nazionale in canali ben definiti, lasciando pochissimo spazio all'espressività dell'artista. Di fatto venne messa fuori legge l'arte.

In questo periodo il dogma appiattisce tutti i film dei registi di regime: Rajzman, Zarkhi, Vladimir Legosin (Beleet paurs odinokij, 1937, storia della rivoluzione e psicologia dei rivoluzionari), Aleksandr Maceret, pur con diverse sfumature e diverso grado di compromissione (intimista Rajzman, giovanilista Gerasimov, Zarkhi).

Altro genere protetto dallo Stato è quello dell'epica sovrannazionale, che vanta campioni asiatici ed europei di tutte le repubbliche. La celebrazione della grande nazione dei soviet: Capaw (?) dei russi Vasilev, attraverso il folclore e l'epopea rivoluzionaria dei suoi popoli, Bogdan Chmelnickis (1941) dell'ucraino Igor Savcenko, Eliso (1928) e Dvadcat sest kommissarov (1933) del georgiano Nikolas Sengelaja, Pepo (1935) dell'armeno Amo Bek-Nazarov, My iz kronshstadta (1936) del bielorusso Efim Dzigan (sui marinai che difesero S.Pietroburgo dall'avanzata dei Menscevichi).

Altri generi nelle grazie del regime: la biografia ed il colossal storico. La Storia e l'agiografia socialista furono un mezzo di propaganda di facile presa sul pubblico minuto: stupefacenti per la grandiosità delle scenografie o commoventi per l'abnegazione dell'eroe. Standard del biografico restarono a lungo quelli su Lenin di Romm e la trilogia su Gorkij di Donskij(?). I migliori film sovietici furono quelli di Vladimir Petrov (Petr I, 1939), veri monumenti a fotogrammi, scrupolosi e imponenti. Affini i documentari di Roman Karmen, l'Ivens sovietico, presente in ogni contrada dove un popolo lotta per il socialismo, strenuo montatore di immagini a partire dalla epica gara di auto Mosca-Karakorum-Mosca del '33.

Al di fuori degli schemi e della programmazione di regime poche opere: i musical di Alexandrov, le comiche di Medvedkin, i cartoni animati di Ptusko (il meliesiano Novyj Gulliver, 1935).

Il culto della personalità, al quale avevano contribuito film come Kljatva (1945) di Mikhail Ciaureli, accentua la crisi artistica dell'Unione Sovietica. Ma nonostante tutto anche in questo periodo buio il cinema continua a godere da parte del regime un trattamento particolare. Nel 1940 erano in funzione 40000 sale di proiezione, e durante la guerra nessun paese fu altrettanto efficiente nel confezionare film a carattere documentario e patriottico. Conscio della sua importanza come mezzo di comunicazione e di convinzione, lo Stato sostiene ingenti spese per il cinema, ma chiede in cambio la sua anima.


Aleksandr Medvedkin

Alla grande scuola futurista si ispira l'opera cinematografica di Aleksandr Medvedkin. Durante il servizio volontario nell'Armata Rossa intraprende un'attività autonoma di intervento e provocazione. Allestisce un teatrino, fonda un giornale interno, realizza una serie di cortometraggi. Il suo scopo è duplice: cronaca e satira. Prende di mira i fatti del giorno, senza lesinare frecciate alla burocrazia. Il suo teatro non è neppure parente del teatro borghese; è piuttosto una forma di teatro improvvisato, derivata dall'arte nazionale russa: il circo. A questa autentica tradizione popolare Medvedkin attinge a piene mani: il suo modello è ancora il clown.

Dai film di propaganda passò al cinetreno: un convoglio attrezzato per riprendere e proiettare documentari d'informazione o di insegnamento. Il primo film a soggetto è del 1930, e inizia una serie di opere dirette a criticare gli aspetti negativi della nazione socialista: la meschinità e l'egoismo del russo medio, i paradossi della burocrazia statale. I film venivano realizzati sul luogo stesso del fatto e in tempo reale, in modo da mettere subito il pubblico a confronto con il problema; e generalmente proponevano già la soluzione "giusta"; i film erano muti, sia per la carenza tecnica dei cinetreni, sia per consentire una più distaccata fruizione del programma. Il pubblico partecipava attivamente alle proiezioni, che erano sovente seguite da dibattiti nei quali gli stessi personaggi potevano riesaminare criticamente il proprio comportamento. Medvedkin introduceva così l'evento cinematografico nel folclore della rivoluzione.

Dopo un anno di cinegiornali popolari selvaggiamente critici verso il popolo e il regime del popolo, Medvedkin ritornò al più grande strumento di comunicazione popolare: la risata; tornò allo spettacolo clownesco legato al quotidiano collettivo; ma impresso sullo schermo. L'unica superstite di queste farse mute meta-folcloristiche è Scaste (1934), fiaba esemplare che ha inizio nell'umile dimora di due contadini, tanto poveri che i ladri fanno loro l'elemosina; il contadino si mette in marcia alla ricerca della felicità e infatti trova dei soldi coi quali acquista un cavallo grazie al quale il raccolto è eccezionale: ma non sa difendersi dai soprusi dei preti, dei padroni, dei ladri e dei poliziotti, che gli portano via tutto e lo martirizzano; dopo aver perso la speranza di trovare la felicità, si abitua ad essere maltrattato dai potenti e rinuncia alla propria dignità; soltanto quando troverà il coraggio di ribellarsi sarà accolto con tutti gli onori nella comunità.

Medvedkin scompare dagli archivi cinematografici fino al 1996, nonostante giri diversi film a soggetto sullo stesso stile allegorico didascalico; negli anni seguenti si dedica ai cine- pamphlet conservando quelle caratteristiche di allegria corrosiva e di militanza folcloristica che ne fanno uno dei più grandi eredi della tradizione popolare russa e il più originale dei cineasti della generazione post-futurista.


Mark Donskoj

Mark Donskoj fu l'autore del film biografico per eccellenza, Gorkij (1940), una trilogia sulla vita dello scrittore, che fu un pretesto per ricostruire con amore l'atmosfera della Russia zarista al principio del secolo e per esaltate la dignità dell'uomo: l'infanzia, misera e crudele, l'adolescenza nomade alle prese con i lavori più disparati, la militanza umanitaria del giovane intellettuale, sono le tre fasi in cui si divide l'opera. Il vagabondaggio consente a Donskoj di illustrare la vita minuta dei villaggi, prima in campagna poi in città; brulica di un campionario di umili popolani con le loro virtù e i loro vizi.

Gorkij frequenta i lavoratori ed è perseguitato dai ricchi e dai padroni: la morale è tutta qui. Anche Donskoj dette il suo contributo durante la guerra, con Raduga (crudele e disperato resoconto delle umiliazioni inflitte dai nazisti a un villaggio di contadini), mentre Selshaja ucitelnica (1947) narra la storia di una vecchia insegnante cresciuta sotto gli zar che vede i suoi alunni partire per un'altra guerra di liberazione. Donskoj fu il più romantico dei realisti sociali.


Sergej Gerasimov (v. 0241) e Aleksandr Zarkhi (v. 045)

L'attore "eccentrico" Sergej Gerasimov, lanciato da Kozincen (?) negli anni venti, esordì al principio del decennio successivo con una serie di film dedicati alla gioventù: Semero senelych (1936),sulla permanenza di sei ragazzi e una ragazza in una desolata regione artica), Konnomolsk (1938, sulla costruzione di una città da parte di un centinaio di ragazzi sulla costa del Pacifico), Ucitel (1939, storia si uno studente che dopo essersi diplomato a Mosca vuol ritornare al suo villaggio e impiantarvi una scuola, ma deve scontrarsi con i pregiudizi e l'ostilità dei contadini). Dopo il periodo bellico, impegnato anche lui a confezionare film antinazisti (Molo daia gvardij), e nonostante opere di grande prestigio interno, come la riduzione di Tichij Dou e il documentario romantico Osvobozdeinnyj kitay sulla rivoluzione cinese, fu uno dei più piatti registi del disgelo.

Zarkhi e Cheyfic, collaboratori del Proletkult, diressero negli anni trenta dei film legati alla vita sovietica dei loro anni, film come Veter v litso (1930) sulla collettivizzazione agraria, Deputat baltik (1936) sulla vita di uno scienziato e i suoi contatti con le masse, che si sforzavano di mostrare la psicologia dell'homo sovieticus.


Sergej Vasilev e Grigorij Aleksandrov

Sergej e Georgij Vasilev furono autori nel 1934 del film che sarebbe diventato lo standard del realismo socialista: Capaev; il primo film, Spjascaja krasavica (1930) era stato tutto l'opposto, ancora legato al futurismo che il loro capolavoro avrebbe contribuito a demolire. Capaev è un contadino che, durante la guerra civile, comanda una banda di partigiani e compie imprese leggendarie; ai suoi modi barbari pone rimedio un commissario politico, che gli insegna a rispettare il popolo; una notte la truppa di Capaev viene sorpresa dai bianchi e il capo annega nel fiume. Il film è il punto di cesura fra l'entusiasmo rivoluzionario dell'avanguardia futurista e il conformismo schematico del realismo socialista.

Aiutante di campo di Ejzenstein per tutti gli anni venti, Grigorij Aleksandrov fu protagonista nel 1934 di un exploit storico: la commedia musicale (basata sull'equivoco di un pastore scambiato per un celebre direttore d'orchestra) Veselya rebjata, prima di una lunga serie di imitazioni del musical hollywoodiani, conditi con un pizzico di surrealismo (la prova dell'orchestra jazz di un pastore caucasico dietro un carro funebre, il balletto degli animali a ritmo di jazz), se nel successivo Cirk attaccò il razzismo americano, in Volga Volga coprì di ridicolo la burocrazia.


Yuli Raizman
Michail Romm
La commedia

The screwball comedy, as a battle of the sexes, a mix of farce and slapstick For better and for worse, the screwball comedies were a mirror of the society. Screwball comedies dated badly because many of the jokes were about the social and cultural context of the time, while, for example, film noir tends to be about atmosphere and fate, and so their values are more universal across space and time (we are all losers, after all, because we all have to die, no matter what we achieve in life).

Censorship after 1934 made it even more difficult for comedies to tackle sexual themes. Since sex was taboo, the "battle of the sexes" had to be sbout ordinary life and/or work.

The prehistory of the screwball comedy dates to the silent era, with movies such as: Edward Dillon's Sunshine Dad (1916, written by Tod Browning), John Emerson's Down to Earth (1917, with Douglas Fairbanks), Paul Bern's Open All Night (1924), and James Horne's Cruise of the Jasper B (1926, produced by Cecil DeMille), a forerunner of the Marx Brother's anarchic humor. But it's with the advent of sound that the bickering between the sexes can bloom.

Many comedies became satires of respectability and of the dogmatic social order.

Frequently the protagonists are from the upper classes despite the setting in the Depression.

The newspaper was the dominant medium before television.

Depression-era screwball comedies include Michael Curtiz's Jimmy the Gent (1934), Gregory LaCava's My Man Godfrey (1936), William Wellman's Nothing Sacred (1937), Henry Koster's The Rage of Paris (1938), Howard Hawks' Bringing Up Baby (1938), Gregory Ratoff's Wife, Husband and Friend (1939), and Garson Kanin's Bachelor Mother (1939). The Depression-tinged zany screwball peaked with Henry Potter's Hellzapoppin' (1941), an adaptation of the musical revue that ran on Broadway from 1938 to 1941, the longest-running Broadway musical yet, with 1,404 performances, written by John "Ole" Olsen and Harold "Chic" Johnson with music and lyrics by Sammy Fain and Charles Tobias. Preston Sturges redefined the screwball comedy, and comedies became more surreal afterwards. Examples of war-time screwball comedies are Billy Wilder's military screwball The Major and the Minor (1942), and Charles Lamont's western screwball Frontier Gal (1945).

Meanwhile the family comedy thrived. It publicized an idealized view of the family institution as the ultimate form of safety and salvation (contrast it with the 1970s, when the family home becomes an intolerable trap) and it publicized the ideology of the patriarchal family as foundation of US capitalism. It was the counterweight to the family melodrama, which showed how hard and sometimes impossible it is to attain that paradise. Both were founded on the virtue/value of sacrifice, and both indirectly refer to the ideology of "home", a place that is safe and comfort and full of love. George Stevens' Alice Adams (1935), Frank Capra's You Can't Take It With You (1938) and Vincent Minnelli's Meet Me in St. Louis (1944) are typical.

The comedy often included a racist depiction of black manners. A long-running radio sitcom about black characters, "Amos'n'Andy" (1928-60), created and voiced by two white actors, Freeman Gosden and Charles Correll, who played two black characters, Amos and Andy, popularized stereotypes. It was also mirrored in cinema by Melville Brown's Check and Double Check (1930).

Psycho (1960) marks the end of an era because the film is about a single girl, an orphan gone mad, and the missing father figure.


La svolta fondamentale nella produzione drammatica americana avvenne nel secondo ottocento. Il dramma, saldamente ancorato alle censure puritane ed entrato nel mercato dello spettacolo, ricevette da questo doppio condizionamento, etico ed economico, due impulsi opposti che ne dilaniarono la struttura classico-romantica. Se il secondo fece compiere al teatro la transizione da letteratura spettacolo, il primo spinse i teatranti a esagerare in sentimentalismo. Se speculatori e moralisti misero le mani sul teatro americano, anche gli autori impegnati (O'Neill, Williams, Miller, Wilder) si persero nella ricerca di effetti spettacolari, via trovate tecniche o via trame patetiche. Nel primo dopoguerra la produzione commerciale dispone di solidi canali di diffusone, mentre quella di avanguardia è sovente relegata ai teatrini d'arte. Se il clima delle opere "serie" è cupo e desolato, se il suo obiettivo si è incarnato nella denuncia della società, della sua degradazione e della sua crudeltà, le opere "leggere" ricalcano gli stessi aspetti, le stesse critiche della società, in una forma più ottimista, concedendo sempre un lieto fine e trasformando ogni guaio in un gioco (gag, numero musicale, sketch a due).

Prima dell'avvento di Neil Simon, domina le scene un gruppo di mestieranti, autori di canovacci che saranno saccheggiati continuamente dal cinema: Ben Hecht (Twentieth century, Hawks, 1932, Underworld, Sternberg, 1927, The great gabbo, Cruze, 1929, Front page, Milestone, 1931, Scarface, Hawks, Design for living, Lubitsch, 1933, Notorious, Hitchcock, 1946), Philips Barry (Holiday, Cukor, 1938, Philadelphia story, Cukor, 1940), Clare Boothe (Women, 1936), Garson Kanin (Born yesterday, Cukor, 1950), Robert Riskin (Bless your sister, 1930), Moss Hart (Quel signore che venne a pranzo, 1939), George Kaufman (Il parroco a cavallo, 1924), e commedie musicali, Joseph Kesserling (Arsenic and old lace, 1941).

commedia teatrale:

Ben Hetch

Neil Simon

Ernest Thompson

Philip Barry

Clare Boothe

Garson Kanin

John van Drutem

leggera, sofisticata

precedenti:

Lubitsch: Trouble in paradise, 1932

Chaplin: A woman in paris, 1923 (commedia mondana)

Stiller: Erotikon, 1920

Clair: I Married a witch, It happened tomorrow, 1942-44, vaudeville caricaturale

De Mille: The affairs of Anatole, 1921

Milestone: Front page, 1931

Capra

Hawks

Sturges

McCarey: Awful truth, 1937

Cukor

Potter: Helza poppin, 1941

Stevens: Alice Adams 1935

Katharine Hepburn

Stewart

Grant

Nel marzo del 1933 Franklin Roosevelt assunse la carica di presidente degli Stati Uniti. Nel giro di pochi mesi varò la sua strategia per combattere la depressione: il New Deal. Una serie di riforme ad ampio respiro ridiede fiducia a una nazione scoraggiata, l'abolizione del proibizionismo sancì la fine di un'epoca, le leggi a favore dei meno abbienti (lavoratori, negri, disoccupati) rinsaldarono l'orgoglio nazionale fino a Pearl Harbour. Il New Deal fu soprattutto un'iniezione di ottimismo, appoggiata dall'instaurazione di un regime di buon senso.

L'americano medio passò in breve tempo da un estremo all'altro, dalla prostrazione all'esaltazione, dalla sfiducia nelle istituzioni alla convinzione di vivere nel paese migliore del mondo. A questo mutamento radicale di umore contribuì l'avvenuta(?) fusione e il consolidamento della popolazione.

La depressione giovò in questo senso poiché bloccò il flusso di emigrazione e appiattì i vari gruppi etnici verso il basso; come conseguenza, sorse anche nei figli dell'ultima poderosa ondata di europei un vivo spirito patriottico.

L'avvento delle dittature in Europa contribuì a far sentire l'americano protetto fra le quattro pareti della sua confederazione.

L'ottimismo e la celebrazione dell'utopia non si manifestarono però con imponenti apologie del sistema; anzi il sistema rimase sostanzialmente un imputato, se non il colpevole. D'altronde il New Deal fu soltanto un'illusione: la depressione contiunò ancora per parecchi mesi; semplicemente l'americano medio la sopportò con animo più disteso e attese con calma che venissero tempi migliori.

Hollywood e Broadway non fecero che trasportare questo americano medio sullo schermo o sul palco, esagerandone un po' l'"americanismo" e l'entusiasmo, nascondendo la miseria più cupa o travestendola da eccentricità (bizzarria, condendo il tran tran quotidiano del borghese con ingenti quantità di sentimentalismo).

Semplici e pulite, vivaci e graziose, le commedie dal dialogo fresco e spiritoso, con tanti personaggi che sono per forza o patetici o comici, costituirono la propaganda più efficace del New Deal. L'eroe di queste commedie è vittima di un sistema che peraltro rispetta, o addirittura adora, convinto del bene che vi si può trovare in gran copia; a lungo andare i cattivi non hanno alcuna speranza.

La commedia hollywoodiana degli anni trenta ha insigni precedenti:

- la commedia mondana, di ascendente mitteleuropeo di Stiller (Erotikon) e Lubitsch (Trouble in paradise);

- il melodramma di Chaplin (A woman in Paris);

- il vaudeville caricaturale di Clare (che a Hollywood doveva dare I married a witch e it happened tomorrow);

- la commedia di costume di De Mille (The affairs of Anatole).

Gli specialisti del genere furono Capra, Hawks, Sturges e Cukor, ma un po' tutti i registi di Hollywood diressero commedie; all'eroe anonimo di Hawks, al cinema-teatro di Cukor, al ... di Capra, al ... di Sturges, e alle decine di commedie brillanti alla Front Page di Milestone e che impersonavano gente comune, Nothing sacred di Wellman e che rappresentano la posizione centrale, di compromesso, bisogna almeno aggiungere l'estremo della commedia comica (Mc Carey, Potter) e della commedia romantica (Stevens). Le schermaglie dei protagonisti resero simpatici e familiari attori come Katharine Hepburn (Hawks, Cukor, Stevens, Capra),Grant (Hawks, Cukor, Stevens, ma anche Hitchcock), eccentrico, inerme e innocuo imperturbabile dinanzi a qualsiasi catastrofe ma furente al momento opportuno, Cooper (Hawks, Capra), Stewart (Cukor, Capra, ma anche Hitchcock), Tracy (Cukor, Capra), l'americano comune di mezza età, rude e cordiale, integerrimo, qualunquista, spiritoso e un po' burbero.

Molti dei registi citati erano reduci delle comiche mute (gagman? per lo più) oppure ex-uomini di teatro.

La commedia sofisticata è ambientata nella società mondana ed è centrata sul duello dialettico dei due protagonisti innamorati; questo implica anche una maggior sottigliezza psicologica.

La screwball comedy è più agitata e meno parlata, l'ambientazione è generalmente borghese. La screwball comedy è un battaglia fra i due sessi; poiché il sesso era tabù, quegli istinti venivano dirottati sul battibecco continuo e pervicace che ha però un fondo di maliziosa accondiscendenza; soltanto con il sonoro prese piede; per natura più realista delle altre, concede ampio spazio agli aspetti sociali; essendo esplosa negli anni del sonoro, cioé della Depressione, la crisi è sempre presente, benché il più delle volte i protagonisti siano o diventino ricchi; sentimentale, eccentrica (tipico l'ambiente della famiglia "lunatica", domestico simpaticamente anomalo...

La slapstick comedy è la versione americana della farsa: l'azione condensa tutte le gag, il dialogo ha un ruolo puramente didascalico.

La commedia drammatica affronta una situazione complessa e penosa, cercando di risolverla con un sorriso.

La family comedy: Meet me in St.Louis, 1944, It's a wonderful life, Father of the bride.


W.C.Fields
Cary Grant
Clark Gable
Jean Harlow
Rita Hayworth
Bette Davis
Howard Hawks
George Cukor
George Stevens
Preston Sturges
Frank Capra
Leo McCarey
Henry Potter