L'umorismo nero

Laughton 1950 USA thriller / horror

Hitchcock 19 19 19 19

Asquith realismo psicologico

Whale 1930 USA

Powell 1950 GB horror

Dickinson 1940 GB 19 19

Reed realismo psicologico

Crichton commedia 50

Neame realismo psicologico

Fisher 1950 GB horror

Lean realismo psicologico / commedia

Dearden thriller / commedia

Hamer commedia nera

Guest fantas.

Mackendrick commedia nera / commedia / realismo psicologico

Holt 1950 GB horror

Clayton 19 19 19 19

Rilla fantas.

Young fantas. / commedia

V. Leigh, L. Olivier, C. Lauchton, A. Guinnes

Cornelius commedia

Glenville

Lee Thompson

 

 

 

Il Regno Unito ha vinto entrambe le guerre mondiali e con pieno merito: ha fronteggiato a testa alta le forze arroganti della dittatura, ha difeso con il sangue il suo suolo e la democrazia parlamentare. Ciò nonostante l'impero declina; la corona ha raccolto India, Canada, Australia e decine di colonie sotto l'ala protettiva del Commonwealth, ma spinte centrifughe di carattere economico e politico allontanano sempre di più le terre dell'ex-impero da Londra.

Il primo turbolento dopoguerra (scioperi, insurrezione irlandese, instabilità del governo, smacchi internazionali) viene cancellato dalla solidarietà nazionale invocata da Churchill nel 39 per far fronte all'emergenza bellica. L'eroica resistenza e poi la trionfale vittoria non cambiano comunque il destino dell'impero, che continua a sfaldarsi e a perdere prestigio anche nel secondo dopoguerra.

Il cinema inglese aveva fin dal principio subito la concorrenza di Hollywood, facilitata dalla possibilità di esportare i film senza doverli doppiare. Inoltre l'arte cinematografica era ancora disprezzata dagli intellettuali e considerata piuttosto sconveniente dal punto di vista comportamentale della buona società. Soltanto quando nel 1927 vennero stabilite misure protezionistiche, i cineasti inglesi poterono farsi avanti e fu Hitchcock in persona a lanciare la produzione nazionale di qualità. Durante gli anni Trenta si delinearono le due linee maestre, quella ultra- capitalistica di Alexander Korda, regista di The private life of Henry VIII (1933) e produttore in seguito di analoghi fastosi colossal storici, e quella marxista di Grierson e della sua scuola documentaria. Il primo ebbe il merito di tener testa agli americani (a scapito ovviamente della qualità), il secondo, con la sua campagna a favore di un cinema d'intenti civili, riscoprì le tradizioni realiste e sociali della cultura inglese. Siccome durante la guerra furono i documentari ad avere la meglio, il cinema che nacque alla fine delle ostilità prese lo spunto da esso, ne fu la naturale continuazione in tempo di pace. I realisti trovarono uno sbocco commerciale grazie alla nuova sensibilità delle masse duramente provate dalla guerra, e di ciò fu ben conscio Arthur Rank, l'uomo che prese il posto di Korda nel firmamento delle produzioni britanniche. Il crollo di Rank nel 1953 segnò l'inizio della crisi del cinema post-bellico, incapace di rinnovarsi e paurosamente arretrato rispetto ad altri realismo nazionali, crisi che avrebbe generato il free cinema nel 1956. Fra gli altri animatori del cinema britannico degli anni Quaranta, vi fu anche Cavalcanti, documentarista, regista e produttore infaticabile.

I realisti, Powell, Lean, Reed, Lee Thompson ed Asquith, erano stati registi di film bellici, appunto la naturale conseguenza del documentario bellico. Questi ed altri, Neame, Glenville, Mackendrick fra gli altri, proseguirono il discorso trasferendo le vicende nel dopoguerra ed eliminando pian piano la guerra dai soggetti.

Peter Glenville diresse Guinnes in The prisoner (1955), parabola anticomunista sul martirio psicologico di un vescovo, Kaye in Best of enemies (1957), le avventure di due ebrei in fuga da Parigi verso Londra durante l'occupazione, Olivier in Term of trial (1962), dramma di un professore accusato ingiustamente di aver violentato una studentessa, Guinnes in The comedians (1967), un tentativo di insurrezione contro il dittatore di Haiti.

Nel frattempo era attivo negli anni '30 un filone di horror nella più gotica tradizione inglese. La letteratura fantastica in genere, dai neri del primo ottocento a Wells e Stevenson, forniva una quantità di soggetti adatti allo schermo: fatti di cronaca nera tipo "Jack the Ripper", concorrevano a fornire materiale (il mostro di Whitechapel, 1988). Dickinson, Powell, Dearden, Hamer, (questi ultimi tre registi di altrettanti episodi per Dead of Night (1944) di Cavalcanti), fino a Fisher, Holt e Clayton (e agli attori Peter Cushing e Christopher Lee) e alla fantascienza che ne conseguirà, Guest Rilla e Young; e senza dimenticare gli emigrati: Hitchcock, Whale e Laughton. Non di rado il terrore si tinge di commedia, secondo i classici canoni dello humour nero nostrano(soprattutto in Hitchcock, Hamer, Mackendrick).

Thurold Dickinson è l'autore di Gaslight (1940), distrutto dai produttori e rifatto quattro anni dopo da Cukoz, e di Queen of spades (1948, da Puskin), storia conturbante di una Faust in gonnella.

Seth Holt è uno dei migliori specialisti del thriller: Nowhere to go (1958), A taste of year (1961, una paralitica che smaschera l'assassina di suo padre), The Nanny (1965).


Val Guest è l'autore di Lupin e dei due Quatermass (1957), sulla lotta che l'omonimo scienziato conduce contro un orrenda forza extraterrestre, e di The Day The Earth Caught Fire (1961), forse il capolavoro della fantascienza inglese.

Terence Young è l'autore del thriller-commedia Dr No (1962) che diede il via alla serie spionistico-fantascientifica dell'Agente 007 (James Bond, da Fleming), uno dei fenomeni di costume più cospicui della swinging London (con i Beatles e la minigonna), destinato a creare una mitologia moderna dell'eros romantico (fusione dei Moschettieri e di Flash Gordon).

 

Il film noir inglese si differenzia da quello americano:

- non disponendo di studi, i film erano girati per strada, e risultavano più realisti;

- il crimine organizzato non esisteva, erano criminali isolati: mancano le proporzioni epiche del gangster americani;

- registi aristocratici, non del popolo: classe, non rozzo.

Anche la commedia leggera ottenne vasti consensi nel dopoguerra. Il merito fu della Ealing (R 274-28), una piccola etichetta che si accollò il peso di sostenere questo genere (con tendenze populistiche e parodistiche) e che a lungo andare ne fu ampiamente ripagata. Dal 1938 al 1958, Frend, Cornelius, Crichton, Mackendrick, Lee Thompson, Lean, (in società con il commediografo Noel Coward), Dearden, Cavalcanti stesso(Went the day will, 1942, cronaca dell'invasione di un villaggio inglese da parte di paracadutisti tedeschi), sfornarono decine di film tipicamente inglesi, in chiara contrapposizione con le produzioni cosmopolite della Rank.

Charles Frend fu il maggiore autore di film bellici influenzati dal documentarismo e dedicati a piccoli atti di eroismo della gente comune come The foreman went to France (1942).

Henry Cornelius diresse il paradossale Passport to Pimlico (1949), dove gli abitanti di una borgata scoprono di essere una nazione indipendente e rifiutano il dominio inglese (ma isolati dal resto del mondo, e fattosi vivo il legittimo sovrano si ricrederanno), e Genevieve (1953) sull'avventurosa gara di vecchie auto.

Peter Collinson's The Italian Job (1969) is an hilarious spoof of gangster, heist and car-chase movies. An elederly bank robber leads a gang to perform an audacious and inventive heist in Italy, but one of the members kills the old man and runs away with the gold bullions, believing that the others are dead too. Instead, the others survived and now plan revenge. They ally with the old man's daughter, who is as beautiful as skilled at cracking safes, and organize a spectacular recovery of the gold by exploiting (on a larger scale) the same technique employed in Italy by the old man.

Nei casi migliori questi registi rasentarono il neorealismo, nei peggiori riuscirono comunque ad impastare opere che erano specchio fedele dell'Inghilterra, dei suoi vizi e delle sue virtù.

L'Inghilterra vanta anche, per tradizione, uno stuolo di grandi attori: dal celebrato Lawrence Olivier, l'interprete sospirato per eccellenza, all'altro mostro sacro Charles Laughton, dall'insuperabile Vivien Leigh allo stupefacente Alec Guinnes. Sono fra i dieci più grandi attori del secolo, (e fra gli altri sei si potrebbero mettere Chaplin e Laurel, entrambi nativi dell'isola), protagonisti tanto in teatro quanto nel cinema di interpretazioni passate alla storia.


Lawrence Olivier

Il talento naturale di Lawrence Olivier, figlio di un ecclesiastico, esplose nella sua prima interpretazione di Shakespeare; era appena quindicenne, ma da quel momento divenne una delle personalità trainanti del teatro inglese. La sua attività, per cinquant'anni non conobbe praticamente sosta e il prodigio ebbe modo di trionfare con le tragedie greche e scespiriane, con i drammi borghesi e con le commedie dell'assurdo, lasciando memorabili Edipi ed Amleti. Dagli anni Quaranta la sua sfera di azione si ampliò: abbracciò la regia, fu promotore di diverse iniziative e direttore artistico dei più prestigiosi templi inglesi del teatro, ed allestì spettacoli per la televisione.

Nel 1939, accettò la parte del demoniaco Heathclif di Wuthering height (Wgler, 1939), dimostrando di poter dominare anche gli schermi. Il castellano vedovo di Rebecca (Hitchcock, 1940), l'anziano spasimante che si rovina per amore della giovane Carrie (Wgler, 1952), l'attore fallito di The entertainer (Richardson, 1960), il professore innocente accusato di stupro di Term of trial (Glenville, 1962), il gentleman perverso e vendicativo di Sleuth (Mankiewioz, 1972), il principe di The prince and the showgirl (Olivier, 1957, una delle migliori interpretazioni della Monroe), furono alcune delle sue superbe caratterizzazioni. Anche nel cinema comunque fu Shakespeare il suo punto di riferimento e le sue riduzioni servirono anche a mettere una volta di più in risalto lo straordinario genio scenico del sommo.


Wolf Rilla
Charles Laughton

Alec Guinness

Alec Guinness si impose negli anni Quaranta come attore versatile, caratterista smaliziato dell'alta borghesia inglese. I suoi esordi cinematografici tiravano non a caso dalla parte dell'ottocento romanzato (Dickens). La sua maschera composta e aristocratica, dotata di una sussiegosa mimica, si impose col tempo soprattutto in parti ironiche: L'inventore sfortunato di The man in white suit (Mackendrick, 1951), il maldestro bancario ladro di The Lavender Hill Mob (Crichton, 1951), il popolare Father Brown di Christerton (Hamer, 1954), il musicista rapinatore di The Ladykillers (Mackendrick, 1955), le otto parti di King Hearts and Coronets (Hamer, 1949), il colonnello inglese di The Bridge on the River kwai (Lean, 1957), il conte e il suo sosia di The scapegoat (Hamer, 1959), l'agente millantatore di Our man in Avana (Reed, 1960), il Lawrence of Arabia (Lean, 1962), l'ufficiale fanfarone di The comedians (Glenville, 1967).

Sul versante più tragico ha interpretato il vescovo di The prisoner (Glenville, 1955), il colonnello bonario di Times of glory (Neame, 1960). Sovente è un oppresso dal sistema che si ribella con sardonica astuzia.


Vivien Leigh

Vivien Leigh esplose poco più che ventenne nella metà degli anni Trenta. Il suo fascino di donna di temperamento e la precoce maturità recitativa ne fecero la partner ideale per Olivier, soprattutto dopo che i due ebbero convolato a giuste nozze. La sua carriera teatrale è perciò parallela a quella del marito. Nel cinema fu lanciata dal successo clamoroso di Gone with the wind (Fleming, 1939). dopo altre prove melodrammatiche, tipo Waterloo bridge (Le Roy, 1940), le vennero offerte parti più impegnative che ne conformarono il grande talento: Deep blue sea (Litvak, 1955), una Dubarry moderna, e Ship of fools (Kramer, 1965). Impazzì come da copione per essersi troppo immedesimata nei suoi personaggi.


Alfred Hitchcock
Michael Powell
Ronald Neame
Basil Dearden
Terence Fisher
Robert Hamer
Jack Clayton
Carol Reed
Anthony Asquith
David Lean
Alexander Mackendrick
Charles Crichton
Jack Lee Thompson
Esistenzialismo scandinavo

 

 

Sjoberg 03

Henning 08

Suckdorf 17

Bergman 18

Mattson 19

Sjoman 24

Zetterling 25

Balling 24

Carlsen 23

 


Il protezionismo praticato dal nazismo nei confronti delle pellicole svedesi segnò il principio del progressivo isolamento della cinematografia scandinava. I principali artefici del naturalismo emigrarono, e la guerra bloccò del tutto l'attività. Negli anni Cinquanta si verificò un impressionante rilassamento culturale, dovuto alla rapida ascesa del tenore di vita, alla mancanza di conflitti sociali, all'assenza di dibattiti interni, al cauto distacco adottato in politica estera e non ultimo all'avvento della televisione che conquistò il mercato svedese più rapidamente di qualunque altro paese. Nessuno stimolo raggiunse cioè la generazione della socialdemocrazia, e la cultura, paradossalmente ne risentì.

La Svezia, paradiso economico, fu però afflitta da una brutta ricaduta esistenziale. Al raggiunto benessere sociale fece da brusco contrappeso un diffuso malessere individuale. Il cittadino svedese, il primo ad esaurire la grande corsa alla sopravvivenza, si ritrovò di colpo senza uno scopo. Cercò allora rifugio nei rimedi più facili (ma anche più illusori): l'erotismo, il suicidio, la religione.

La crisi esistenziale svedese era già avvertibile nelle opere di drammaturghi ottocenteschi o in quelle dei cineasti del periodo muto, ma si espresse pienamente soltanto nei film degli anni Cinquanta e Sessanta, in pratica per tutta la durata del sogno svedese. Il merito della rinascita cinematografica va al vecchio Sjostrom, che assunse la direzione artistica del cinema svedese e creò le strutture perché anche gli altri esuli potessero fare ritorno.

nel 1963 lo stato decise di intervenire di persona a favore del cinema nazionale, schiudendo le porte a una nuova generazione non più abbandonata a se stessa.

Nei diciotto anni dalla fine della guerra all'anno della riforma, il cinema esplora i valori secolari della famiglia e dell'assoluto come possibile via d'uscita dalla crisi. L'alienazione della vita moderna si confronta con le frustrazioni delle istituzioni antiche. Inevitabilmente si toccano temi scabrosi e la struttura narrativa si avvicina a quella proposta dalla coeva nouvelle vague. Il tramite con il naturalismo è rappresentato da Sjoberg e Henning Sensen, nonché dal documentarista Suckdorf. La riconquista dei mercati internazionali avvenne per merito di Mattson e Birgman, alla cui scuola si formarono Sjoman e gli Zetterling. Dalla suola documentarista danese emersero altri talenti, fra i quali Erik Balling (Den Koere familie ,62, una commedia nostalgica sulla belle époque) e Henning Carlsen (Sult, 1966, rievocazione calligrafia della fin de siècle).

Al rinascimento scandinavo contribuirono anche gli attori, anzi, le attrici, un manipolo di formidabili interpreti, da Ingrid Thulin a Bibi Anderson, da Ingrid Bergman, a Liv Ullmann.

Il paesaggio nordico contribuisce a definire il tema di fondo dell'opera: le ampie distese deserte comunicano al contempo desolazione/solitudine e libertà/licenziosità. Così ai foschi gelidi malesseri esistenziali si combina una propensione naturale alla libertà dei costumi.


Bjarne e Astrid Henning-Sensen

 

I maggiori cineasti danesi del dopoguerra furono due fratelli registi e sceneggiatori, Bjarne e Astrid Henning-Sensen; si rifecero alla grande tradizione naturalista e populista per Ditte menneskebarn (1946), un apologo realista sulla dimessa esistenza di una bastardella che viene sedotta dal figlio del suo padrone. La loro specialità furono i film sull'infanzia, delicate rievocazioni dell'età dell'innocenza che fanno da sfondo a sinceri problemi sociali: Pam (1960).


Aif Sjoberg
Vilgot Sjoman

Arne Mattson

 

Arne Mattson cominciò come documentarista negli anni Quaranta; poi diede alcune commedie d'ambiente quotidiano, come Sussie (1945); nel 1951 girò il sentimentale Hon dansande en sommer, storia dell'idillio adolescenziale fra uno studente in vacanza e una contadina orfana che suscita l'invidia degli altri giovani e lo sdegno degli adulti, che sembrano sollevati quando lei rimane uccisa in un incidente motociclistico. Nonostante una innata predisposizione al thriller, Mattson ritornò ripetutamente al clima di delicato erotismo del suo capolavoro, fino a parodiarlo nella commedia Ann and Eve (1970).


Mai Zetterling

 

L'attrice Mai Zetterling, impostasi con Hetts (1944, Sjoberg) e affermatasi anche a Hollywood, si convertì alla regia negli anni Sessanta in Gran Bretagna con alcuni cortometraggi.

Alskande par (1964) è la storia di tre donne sole nella decadente civiltà borghese; erotismo, angoscia, ironia, impotenza, si raggrumano attorno a queste tre vittime dell'ipocrisia e dell'egoismo.

Vincent the dutchman (1971) è la storia di un attore che deve interpretare Van Gogh e si immedesima totalmente nella parte da suicidarsi.

Nattlek (1966) è la storia di un adolescente figlio di genitori dell'alta borghesia talmente condizionato dalle scene erotiche a cui assiste nell'infanzia da voler sposare una ragazza che assomiglia straordinariamente alla madre e che per liberarsi di questa morbosa e incestuosa ossessione fa saltare in aria la lussuosa casa dei suoi.

Amorosa (1986), biografia visionaria di una scrittrice scandalosa, pazza, tentata dal lesbianismoesibizionista.


Liv Ullmann e Ingrid Bergman

 

Benché la più grande attrice scandinava sia Liv Ullmann, l'interprete prediletta di Bergman e Troell, l'attrice che ha preso il posto della Garbo fra le stelle internazionali è Ingrid Bergman, lanciata da Hollywood negli anni Quaranta dopo un mediocre apprendistato alla corte di Molander. Da Casablanca (Curtis, 1943) a Notorius (Hitchcock, 1946), da Rossellini (a cui fu legata sentimentalmente) a Bergman (che la diresse in occasione del suo trionfale ritorno in patria), l'attrice seppe imporre un divismo complesso, passionale e inquietante, per il quale venne insignita di ben tre premi Oscar, e una personalità libera e impulsiva, per la quale venne radiata da Hollywood.


Ingmar Bergman