Collective Soul: Il rock della semplicita'
(Copyright © 1995 Rockerilla)

I Collective Soul sono un prodotto di Stockbridge, nella Georgia, profondo Sud degli USA. Ed Roland e' l'autore delle loro canzoni: figlio di un predicatore battista, si e' laureato alla prestigiosa Berklee School Of Music di Boston. Non a caso i suoi testi sono zeppi di riferimenti religiosi e le sue musiche fanno un uso sofisticato del contrappunto. Il gruppo non finisce pero' con le sue canzoni. Il sound e' costruito da tre chitarre (Ross Childress e il ventunenne Dean Roland le altre due), secondo i piu' virili standard sudisti.

La storia del gruppo va annoverata fra le piu' tormentate della storia recente. Riassumo brevemente come me l'ha raccontata Dean Roland. Era da dodici anni che suonavano dal vivo quando decisero di sciogliersi. Il gruppo era passato attraverso diverse trasformazioni, finendo per assorbire Childress (nel 1991) e Dean Roland (nel 1992).

All'inizio del 1993 Ed Roland, convinto che la musica rimanesse il suo destino, decise di avviare un'attivita' di semplice scrittore di canzoni per altri musicisti. Ma Bill Richardson, ora loro manager, che si era costruito uno studio nella sua cantina, incoraggio' Roland a continuare a cantare e registrare. La cassetta del brano [Shane] li fece diventare una celebrita' locale in Georgia, grazie alla programmazione continuata da parte di una college-radio di Atlanta. Ed nel frattempo aveva messo su nastro una dozzina di canzoni, che stava facendo circolare fra i potenziali clienti. Richardson si offri' di pagare le spese per farne invece un CD dei Collective Soul. Ed rimise allora insieme il gruppo e quelle canzoni finirono nel novembre 1993 sull'album {Hints Allegations And Things Left Unsaid} (Rising Storm), stampato in mille copie dal suddetto Richardson. L'album fece furore anche in Florida e Richardson dovette presto ristamparlo. Vendette 16000 copie nel giro di tre mesi. La Atlantic, avvisata dai suoi talent scout, offri' un contratto al gruppo, che ancora non aveva ripreso a suonare dal vivo, e ristampo' il CD con un mastering piu' professionale. L'album ha gia' superato il milione di copie vendute nei soli USA e [Shine] e' stata per otto settimane in testa alle classifiche di Billboard.

Quando avete capito che stavate diventando delle star?
"Siamo delle star? Non ce ne siamo accorti! Secondo me essere delle star significa essere riconosciuti per strada dai ragazzini. Noi per adesso possiamo soltanto dire che un nostro singolo e' stato programmato da molte radio e il video e' diventato famoso grazie all'MTV. Ma temo che pochi ragazzi sappiano associare le nostre facce a quel singolo. Oggi siamo soltanto un "one-hit wonder", dobbiamo ancora lavorare duro prima di diventare davvero qualcuno. Ci rendiamo conto di godere di maggiore rispetto da parte dell'establishment musicale, questo si'. Fa indubbiamente piacere essere rispettati come musicisti, non essere soltanto considerati lo show della serata. Capita troppo spesso che un musicista debba rinunciare alla propria dignita' per continuare a fare il musicista. Quando hai un singolo in rotazione continua, cominciano tutti a prenderti sul serio. Se dici che preferisci suonare a Los Angeles invece che a New York, o che vorresti avere un violoncello invece del basso, ti stanno ad ascoltare. Non siamo ancora star, ma siamo diventati professionisti."

La virtu' di [Shine] (composta nel lontano 1987) e' molto semplice: una melodia orecchibaile, accordata al "re" basso del grunge e suonata con il vigore del boogie sudista. Il secondo singolo, [Breathe], tiene lo stesso accordo per tutta la canzone, ottenendo un effetto che e' al tempo stesso potente e sentimentale. La tradizione sudista si vede soprattutto nel calmo baccano delle chitarre sui brani piu' rock, da [Scream] a [Wasting Time], che potrebbe essere il brano migliore (riff di prima qualita', sonorita' bluesy, epos alla Soul Asylum). Ma indubbiamente il forte del quintetto sono le melodie intricate, e non stupisce che Ed citi anche Elton John fra le sue influenze: ascoltare [Reach] e [Goodnight Good Guy] (un commosso addio al nonno che sta morendo di leucemia). L'altra innegabile qualita' del disco sta nella sua varieta', che spazia dal country-rock di [Heaven's Already Here] alle armonie vocali in stile Beatles di [All], per finire nello strumentale [Pretty Donna].

Il loro e' un AOR di classe, come lo sono d'altronde Spin Doctors, Blind Melon, Black Crowes e Counting Crows e tanti altri dei nomi piu' in vista del momento.

Vi considerate un gruppo di AOR?
"Siamo un gruppo di rock and roll. Ognuno puo' aggiungerci cio' che vuole. Credo che sia diverso il modo in cui tu scrivi una canzone e il modo in cui viene ascoltata. Si passa da un fatto artistico a un fatto commerciale, su cui ovviamente l'artista non ha alcun controllo."

Comunque sia, con quel disco Ed Roland si mise in vista come uno dei principali scrittori di canzoni della sua generazione.

Come descriveresti il talento melodico di tuo fratello Ed?
"E' un fenomeno naturale. Da piccolo ascoltava molto Elton John. Passava giornate intere a suonare i suoi dischi. Ha una formazione classica, ma non sono sicuro quanto abbia influito. Gli ha certamente insegnato a comprendere la musica. Quando scriviamo o arrangiamo un brano viene fuori la sua dimestichezza con la teoria della musica."

E' lui a scrivere tutte le canzoni?
"Tutti i testi. Le musiche sono scritte un po' da tutti. E' vero che il piu' delle volte Ed arriva anche con un ritornello in testa, ma, per esempio, Ross e' il principale ideatore dei riff."

Nella colonna sonora del film dei Jerky Boys figura anche la loro [Gel], che e' gia' diventata un successo radiofonico. Adesso sta per uscire il nuovo album, senza titolo. Come mai?
"E' il primo album di questa line-up. E' il primo album fatto con questo nome da un gruppo. L'album precedente era una raccolta di canzoni di Ed, suonate piu' o meno casualmente da certe persone. Questa volta si tratta di un vero gruppo. Ed e' comunque davvero il primo album per la maggioranza delle persone che compongono i Collective Soul".

L'album contiene delizie melodiche in egual numero, ma e' sorprendentemente aperto da [Simple], un brano insolitamente rumoroso e fratturato che comprime funk, hip hop e heavymetal in una miscela armonica che piacera' ai fan dei Red Hot Chili Peppers.
"L'ordine dell'album e' basato su quello degli show dal vivo. Ci siamo abituati a cominciare con quella canzone, perche' vivacizza la serata, eccita il pubblico, rompe il ghiaccio. Per il resto abbiamo badato soprattutto a diversificare il piu' possibile il sound, e le canzoni sono disposte in maniera tale che non ce ne siano mai due simili una di seguito all'altra".

Si torna invece al loro marchio di fabbrica con [Smashing Your Man]: cadenza da shuffle leggero e ritornello soul degno di Stevie Wonder.
"L'abbiamo scritta in studio, usando un loop al computer. E' stata quasi improvvisata. Si', penso anch'io che sia il genere che ci viene piu' naturale".

Per non parlare di [The World I Know], un'elegia appassionata, con tanto di sezione d'archi, che fa pensare al vecchio Cat Stevens, o ai momenti di autentico pathos nel gospel sottovoce di [Reunion], straripante di nostalgia.
"Ed la scrisse mentre eravamo in tour in Europa. Siamo cresciuti in una famiglia molto unita e sentiamo facilmente la mancanza l'uno dell'altro. Anzi, tutta la band e' una grande famiglia. Quando eravamo in giro per l'Europa pensavamo spesso a casa, c'era sempre qualcosa che ci mancava. Questa canzone e' un po' rappresentativa di tutti quei momenti di nostalgia per la nostra vita quotidiana".

Ritornelli orecchiabili abbondano ovunque (citiamo ancora [Bleed]), ma non mancano saggi di buon southern-rock: [December] e' una ballad nella tradizione degli Allman Brothers, che sfuma in una marcetta folkrock, con le percussioni vagamente esotiche di Shane Evans in bella evidenza.

Quale considerate essere il vostro principale assett?
"Scriviamo buone canzoni, canzoni che rimangono nella mente della gente che le ascolta."

Le principali influenze, a parte Elton John?
"Ed direbbe: Fleetwood Mac, Eagles, Jackson Browne. Lo so, lo so: veniamo dal Sud. Ma sfortunatamente nessuno di noi ascoltava i Lynyrd Skynyrd. Tutti e cinque siamo cresciuti ascoltando i Beatles"

I tuoi chitarristi preferiti?
"Andy Sumners dei Police e Malcom Young degli AC/DC. Non ho bisogno di aggiungere Keith Richards, vero?"

Dei complessi di oggi chi vi piace?
"Grant Lee Buffalo, Sugar e World Party."

Il nome del complesso a cosa si riferisce?
"Nel suo romanzo "Fountainhead" Ayn Rand parla dell'umanita' come di un'"anima collettiva"." "Non siamo stati a casa da due anni, sempre in giro a suonare, a registrare, a suonare, a registrare. La nostra casa e' stata un misto di autobus, motel e studio di registrazione."


Juliana Hatfield: Due passi in paradiso
(Copyright © 1995 Rockerilla)

Piu' che un'intervista quella che segue e' parte di una conversazione che ho avuto con Juliana Hatfield. Intervistare Juliana e' notoriamente difficile. Piu' la stampa ha approfittato delle sue dichiarazioni, piu' Juliana si e' chiusa in un mutismo scontroso. Adesso tratta i giornalisti con estremo sospetto, si presenta alle conferenze stampa con l'atteggiamento della GIovanna d'Arco che va al rogo.

Questo atteggiamento indisponente nei confronti della stampa contrasta vivacemente con la sua personalita' dentro e fuori il teatro. Juliana, volente o nolente, proietta ancora l'immagina di una ragazzina: i movimenti sono un po' goffi, da tipica teenager americana, i ble jeans troppo larghi, i suoi occhioni seguono tutto cio' che succede, mangiucchia distratta in continuazione, saluta educata tutti quelli che passano. Nulla della star, insomma.

Eppure l'ultimo album l'ha finalmente portata alla ribalta del grande pubblico. L'album e' stato per diverse settimane al primo posto delle classifiche del rock alternativo. Il tour in corso e' di gran lunga quello di maggior successo della sua carriera.

La nuova formazione di accompagnamento comprende una tastierista, Lisa Mednick, e un secondo chitarrista, Ed Slanker, oltre al trio che ha registrato l'ultimo album.

Dicevo che si tratta piu' di una conversazione che di un'intervista. Anche perche' Intervistare Juliana Hatfield e' diventato ormai quasi impossibile. Davanti a ogni domanda di carattere personale si chiude come un riccio. E meno male che non sa cosa succede sull'internet... nel gruppo d'interesse del rock alternativo si e' parlato a lungo (male) del suo passato, dei tempi del liceo; adesso c'e' anche una mailing list specifica per Juliana Hatfield, un onore che pochi musicisti possono vantare, ma di cui Juliana e' ignara.

Chiedo scusa a Juliana se ho riorganizzato questa conversazione per farla sembrare piu' un'intervista. Sono certo che se ne risentira'. Ma penso anche che il pubblico abbia diritto a conoscerla meglio. Altrimenti perche' fare la musicista?

Chi e' Juliana Hatfield?
"Non penso che uno possa definirmi cosi' facilmente. Come faccio a riassumerti la mia vita in tre secondi? E comunque anche cosi' non ti direi nulla. Soltanto chi ha passato del tempo vicino a me puo' avere un'opinione. Io non penso neppure di essere qualcosa, penso di essere qualcosa ancora in fase di sviluppo. Potrei risponderti che sono una persona la cui personalita' non e' ancora pienamente sviluppata. Credo d'altronde che la vita sia proprio questo processo continuo di evoluzione. Non voglio certamente ritrovarmi prigioniera di un ruolo."

Ma Juliana Hatfield e' soprattutto la sua musica, vero?
"La musica e' troppo indispensabile alla mia vita. Non potrei mai farne a meno. E' quasi un bisogno fisico, come dormire e mangiare. E' oltre il pensiero razionale, e' un istinto. Da piccola studiai pianoforte e canto. I miei primi ricordi sono ricordi di musica. All'inizio suonavo soprattutto musica classica e musica pop, poi al college scopersi il rock. Non c'e' mai stato un periodo della mia vita in cui ho fatto a meno della musica. Sono cresciuta con la musica e "di" musica."

Quali sono le cose piu' importanti della tua vita, oltre la musica?
"La musica e' la prima cosa. Poi ci metterei la salute (fisica e mentale), perche' se non sono al massimo della forma (fisica e mentale) non riesco a fare musica. Leggo anche molti libri, di tutti i generi, e mi piace l'arte, tutta l'arte. Non ho autori o filoni preferiti. Mi piace viaggiare, ma non per diletto, soltanto per lavoro. Mi piace andare in tour di citta' in citta' con lo scopo di suonare davanti a un pubblico. Non mi piacerebbe farlo soltanto per vedere la citta'".

Riesci a vedere come sarai fra dieci anni?
"No, assolutamente no. Non credo di poter fare piani decennali. Vivo alla giornata, migliorando me stessa di giorno in giorno."

Migliorare in che senso?
"In tutti i sensi, ma soprattutto come musicista. Ho ancora molto da imparare e da perfezionare. Sia come chitarrista sia come cantante posso ancora fare molti progressi. Non sono ancora soddisfatta di me stessa, forse non lo saro' mai."

Ma perche' e' cosi' importante migliorare in continuazione? C'e' gente che si accontenta di passare la vita a guardare il televisore...
"Piu' migliora la mia tecnica alla chitarra e al canto e meglio riesco ad esprimere me stessa. Non dico di voler diventare Aretha Franklin o Jimi Hendrix. Non mi interessa il virtuosismo fine a se stesso. Voglio pero' arrivare al punto che perdo il controllo, che lascio la musica nascere spontanea dentro di me, e non devo preoccuparmi dei dettagli di esecuzione perche' vengono spontanei e sono di qualita' eccellente. Allora penso che riusciro' a dire piu' di me stessa di quanto riesca oggi. Sono certa che ci sono ancora infinite risorse dentro di me che non sono riuscita ad utilizzare."

Riconosci delle influenze sul tuo stile?
"Tantissime. Tutto cio' che ho ascoltato. Non ho mai cercato coscientemente di imitare nessuno. Ho cercato e cerco di trovare la mia voce. Per farlo, mi servo inconsciamente di tutto."

Ti piacerebbe comporre musica piu' seria, musica classica o musica elettronica?
"Mi piacerebbe certamente comporre arrangiamenti piu' sofisticati. Penso che lo faro', poco alla volta, ma credo sempre nell'ambito pop. Un giorno o l'altro vorrei rimettere mano al pianoforte, ma non penso che sia quello il mio futuro."

Non pensi che evolvendo continuamente, cambiando continuamente stile, finirai ti allieni tutte le volte una parte dei tuoi fan e devi sempre ricominciare da zero a costruirti una base?
"Non potrebbe importarmene di meno. Non sono legata ai miei fan. Sono disposta a correre il rischio di perderli tutti. Il mio obiettivo e' la musica, non chi l'ascoltera'."

Perche' sei cosi' riluttante a parlare del tuo passato?
"Perche' e' noioso."

Perche' sei cosi' ostile alle domande sulla tua vita privata?
"Non mi piacciono le domande di carattere personale. Un giornalista non potra' mai capire la mia personalita' in venti minuti. E poi la verita' e' che non ha alcuna intenzione di farlo. I giornalisti cominciano l'intervista con dei pregiudizi. Sanno gia' cosa scriveranno di te. Mi fanno essere cio' che loro vogliono che io sia. A loro non importa nulla di cio' che sono veramente. E non potrebbero scoprirlo anche se lo volessero. Quindi perche' parlare di cose personali?"

Se tu potessi intervistarti da te, cosa ti chiederesti?
"Chiederei dettagli su come e' stato realizzato un certo effetto sonoro o perche' suono quel riff in quella maniera. Darei domande su cio' che capita nello studio. Domande tecniche."

Poi e' iniziata l'intervista vera e propria. Abbiamo parlato del disco, delle canzoni, del complesso, del tour... delle fesserie di cui si parla normalmente in queste interviste, fesserie che poi noi giornalisti spacciamo a voi lettori come le notizie del secolo (e notizie di cui, ovviamente, non importera' piu' a nessuno nel giro di qualche mese). Ma a questo punto sarebbe un insulto alla sua intelligenza se ne parlassi.

P.S.

Il pezzo doveva intitolarsi originariamente "Juliana, Regina del rock", in quanto la madre battezzo' Juliana in onore alla regina d'Olanda. Ma avrebbe avuto senso soltanto se avessi fornito piu' informazioni sulla sua famiglia. Visto che lei non vuole che se ne parli, ho cambiato titolo.


Viva Saturn: Musica classica psichedelica
(Copyright © 1995 Rockerilla)

Steven Roback, membro fondatore con Matt Piucci e Dave Roback dei Rain Parade, ha costruito i Viva Saturn sulle fondamenta dell'ultima formazione di quel gruppo, ma oggi Viva Saturn e' quasi un sinonimo per Steve Roback, aiutato da John Thoman e Matt Piucci e accompagnato da una sezione ritmica.

Roback non e' comunque d'accordo:
"Scrivo tutte le musiche e le liriche, gestisco la band dal punto di vista organizzativo e faccio le interviste, ma Viva Saturn e' un gruppo, non un individuo. Mi piace suonare con altra gente, e questa gente in particolare, perche' il loro talento aiuta il mio. Quando mi viene l'idea per un riff di un certo tipo, la sottopongo a Matt, che probabilmente riuscira' a farne qualcosa di molto diverso da cio' che avrei fatto io da solo. Ci vogliono anni per sviluppare questo tipo di simbiosi. E' chiaro quindi che non sarebbe la stessa cosa se io suonassi con altra gente. Ma con Matt mi trovo d'istinto. E' come se io fossi un virus e lui il mio anticorpo. Ci troviamo bene anche come personalita'. Tanto che io aiuto lui al suo progetto, gli Helleans. Potrei quasi dire che lavoriamo come un team di produzione..."

Questo mi porta alla domanda successiva: non credi che stai diventando sempre piu' produttore della tua musica?
"Sono sempre piu' interessato al suono degli strumenti e all'orchestrazione, ma il feeling della canzone rimane per me la cosa piu' importante. Sono forse piu' bravo a produrre i suoni che servono per esprimere lo spirito della canzone. Fra melodia, sound e liriche non saprei cosa mettere al primo posto: sono tutti elementi egualmente importanti. Parte delle mie canzoni nascono in auto, mentre sto guidando fra San Francisco e Los Angeles. Altre volte comincio da una base ritmica. In effetti le liriche sono la cosa che in genere viene per ultima."

In questo disco fai un uso molto personale del pianoforte e dell'harmonium: ti piacerebbe suonare di piu' questi strumenti?
"In me c'e' sempre stato questo alter ego acustico, che vorrebbe suonare soltanto chitarra e pianoforte acustici. D'altronde mi formai musicalmente studiando pianoforte suonando Mozart e Bach. Sul retro di "Black Cloud" c'e' "Sudden Rain", un brano per solo pianoforte. Forse fra dieci anni faro' un disco di musica per pianoforte..."

Quanto e' stata importante la musica classica nella tua carriera?
"Probabilmente piu' di quanto sembri. Almeno per quanto concerne la melodia e il contrappunto. In un certo senso io compongo musica rock nella maniera della musica classica, come se ogni canzone fosse un concerto. La differenza e' che c'e' anche molta improvvisazione nella mia musica, soprattutto una volta che sono entrato in studio."

Com'e' che suoni la chitarra allora?
"Quasi per caso. Era facile avere una chitarra. Mi piaceva suonare folk, blues, Leadbelly. Alla musica rock arrivai tramite i Beatles. Jimi Hendrix mi apri' nuove porte. Syd Barrett lo conobbi invece molto tardi."

Oggi cosa ascolti?
"Beatles e Queen sono ancora in testa alla mia playlist. Considero Freddy Mercury un genio. Mi piacciono anche Paul Westerberg, Bob Mould, Kendra Smith, Yo La Tengo, Guided By Voices... Ma sono stato indubbiamente piu' influenzato da due generi di musica che fanno parte della mia adolescenza: il punkrock e Brian Eno. Crebbi con Patti Smith, Ramones, Television e cosi' via. Al tempo stesso fu per me una grande rivelazione "Another Green World", che soltanto adesso e' stato rivalutato per il capolavoro che e'."

La tua musica e' ancora musica psichedelica?
"Dipende da come definisci la psichedelia. Per me psichedelico e' una proiezione cinematica di un'emozione. Tramite le droghe puoi superare le barriere dei sensi, le immagini diventano suoni e viceversa. La mia musica e' psichedelica nel senso che e' un suono molto visivo, che evoca associazioni trans-sensoriali. Per dirti la verita', sono vent'anni che cerco la definizione di musica psichedelica, e non l'ho ancora trovata. Per me e' come guardare un film: musica che ti assorbe e ti porta in diversi posti."

La tua musica e' il tuo autoritratto?
"Si', in gran parte. E' il mio autoritratti in contesti diversi. Ogni canzone e' un pezzo della mia vita. Un disco assembla diversi pezzi della mia vita in un'unita' lirica."

La tua musica si e' evoluta?
"Non sono cambiato quasi per nulla. Mi piace piu' o meno lo stesso sound, lo stesso miscuglio di acustico e di elettrico."

Perche' le liriche sono sempre cosi' tetre?
"Perche' io sono una persona molto emotiva. Riesco a piangere persino guardando uno spot alla televisione. Questo disco si chiama "bright side" perche' voglio trovare un po' di ottimismo anche nel piu' profondo della mia depressione. Cerco continuamente di sollevarmi dalla mia depressione perche' so che non e' uno stato creativo. La musica e' la mia terapia, forse."

Se tu avessi piu' soldi, cosa faresti in studio?
"Prima di tutti pagherei meglio i musicisti che lavorano per me. Poi assumerei altri musicisti, gente che potrebbe aggiungere altro talento al nostro talento. Forse userei anche una sezione d'archi... Ma prima di tutto vorrei avere un mio studio di registrazione personale. Quello farebbe una grossa differenza: potrei registrare ogni volta che ho l'ispirazione, senza dovermi preoccupare ogni volta dei dettagli di affittare uno studio. Penso che farei anche piu' video, perche' e' un modo per raggiungere la gente e perche' e' un mezzo ancora sfruttato in maniera molto primitiva. Penso che si possa fare molto meglio."

Quanto e' importante la musica nella tua vita?
"Mia moglie mi fa sempre la stessa domanda... Molto importante. E' qualcosa che non si spegne mai, che e' sempre accesa dentro di me. Per quanto io odi il business discografico, mi rendo conto che la musica e' parte della mia vita, che non potro' mai farne a meno.

Discografia:

Viva Saturn (Rough Trade) EP
Soundmind (Spirit)
Black Cloud (Restless) 7"
Brightside (Restless)