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Poesie di piero scaruffi
Tradotte da Corrado Cantelli (versione originale)
TM, ®, Copyright © 1998 Piero Scaruffi All rights reserved.
A ritroso, a ritroso
ha più senso.
Non so perché questa poesia
rimase incompiuta
1. Dialogo di Stagnola
Ti prego non rispondermi.
Il tempo ci sfida
fin da quando parliamo
questo linguaggio che non capiamo.
Noi, non ancora nati,
come acqua che evapora
a dimostrare le nostre vite invisibili,
scorriamo troppo lontano
fra i nostri nomi, oltre il limite,
un errore che mai
diventerà una soluzione.
Scoprirai
che non ti ho mai detto il mio vero nome,
e premerai il grilletto.
Perché so che
le ombre che
si allungano da te
un giorno svaniranno.
Non parliamone più,
non tornerà mai.
Per tutto il tempo questa eco
è strisciata verso di noi,
si aspettava che ascoltassimo,
come due sorde eternità.
2. Sotto i Cieli Coperti della Resurrezione
2.1.
Il cataclisma ha frantumato
i nostri piccoli rifugi del tempo,
e stiamo sulle soglie,
esitando a decifrare
il vento che soffia indietro
in questo eterno oscillare
e tintinnare di ragnatele.
2.2.
I giganti dell'oblio
ci trascinano dentro
un ricordo senza fine.
2.3.
Siamo cullati nella cerimonia gemella.
2.4.
Aspettiamo,
dove non c'è oltre.
2.5.
Il tempo ci soffia attraverso
dalla nascita alla morte
nutrendo di luce l'oscurità.
2.6.
Cerchiamo di spiegare
finché capiamo
che nessuno sa
se siamo successi davvero.
2.7.
E il senso delle cose
di cui parliamo oggi cambia ogni giorno;
ma il loro senso non eccede mai il nostro.
2.8.
Capovolgimenti della trama e del sonnambulismo:
strisciamo con l'oscurità
nel percorso delle sabbie mobili.
2.9.
Abbiamo disegnato le nostre mappe
per paura di perderci.
Continuiamo a scomparire,
e ancora non riusciamo a smettere di disegnare
con dettagli sempre più fini.
2.10.
Molti di noi sono già morti.
2.11.
Perdiamo il significato
nel cercare di capire.
Bruciamo finché moriamo,
come tutte le stelle.
Imparando,
sappiamo sempre meno.
2.12.
Ritroviamo nel tramonto l'origine delle nostre paure.
Poi un fiore del deserto sospira
l'inesprimibile.
E capiamo
che le due metà del cielo
ruotano attorno a noi;
che siamo il tempo.
2.13.
Solo gli orologi sono vivi.
La solitudine dei loro 'tic'
cresce in ognuno di noi,
silenziose marce della carovana,
limite della marea.
2.14.
Pensiamo
o siamo pensati?
2.15.
Ci è stato detto
di abitare le rovine
e ci siamo riparati
sotto queste palpebre.
Abbiamo toccato questo viso
come un libro braille
ed abbiamo presto scoperto
gli scritti nella luce.
3. Oratorio di Fantasmi
Il cappio si allarga,
il dolore si scioglie come la neve.
Seguiamo gli occhi di lei
Scivolare verso la morte,
indugiando nella lussuria del coma,
dondolare pochi minuti,
finché si rilassano
in un intenso
colore
senza tempo.
Una sabbia di febbre punge i miei occhi,
Il massacro è finito,
corpi contorti giacciono sui gradini,
la luce finalmente torna a loro,
ritorna sola.
Il suono della morte
Ancora tintinna nella mente.
Il tuono manda bagliori
Sulla prossima vittima.
Il suo sorriso divertito può essere interpretato male
Per quel che già sappiamo:
l’instancabile amnesia dell’oceano
intrappolato nel crescente rumore
della spiaggia sovraffollata.
Il tempo dirà.
4. Perché Conosco la Risposta
4.1.
"Sono sia quello che ascolta,
che ascolta il grido forte
dell’universo,
sia quello che parla,
che gira la coda
e disfa il passato."
4.2.
"Accenno la risposta,
sussurrata dietro il sipario
in una lingua straniera.
Ogni parola risuona nella nebbia
e nelle gocce, ogni parola
una macchia nella mia vita."
4.3.
"Le mie due menti collassano
una contro l’altra".
4.4.
"Ho lanciato l’amo
senz’altra esca
che me stesso".
4.5.
"Nausea di ricordi che rifluiscono
al passato.
Il suo nero lattice di mostri
fa gocciolare una stella
proprio nel mio occhio."
4.6.
"Sono un labirinto
di cadaveri senza nome che si disfano"
4.7.
"Alla deriva nelle crepe dei ricordi,
osservo la caduta senza fine
della penna di un uccello estinto,
volteggiare in un percorso di deboli grida."
4.8.
"Il vento del silenzio
ha asciugato le lacrime
dalle mie guance
come foglie morte.
Ed io sono quanto ne resta".
4.9.
"Ubriaco nel ciclone,
respiro la tela del ragno,
il sogno della mia vita,
ogni filo un riflesso
che sanguina molle dallo specchio,
un silenzio che sprofonda per sempre
nelle profondità dell’eternità,
un’ombra che si arrampica per sempre
schiume di luce lanosa".
4.10
"I passi non sono dietro me,
ma davanti. Non li sto fuggendo,
ma seguendo."
4.11
"Attraverso gli abbaglianti cancelli del caos
entro nel vasto cimitero del cosmo.
Camminando in una spirale dal limite al centro,
mi fermo ad ogni bara di dio, in ogni cielo."
4.12.
"Il raggio viaggia
verso il bersaglio,
lasciandosi dietro ciò che importa.
Sta riempiendo un vuoto
che dovevo abitare."
4.13.
"Siedo sul limite
pronto al salto – per tutta la vita
ho strisciato sempre più vicino"
4.14.
Se non sogni mai
non morirai mai.
4.15.
"Senza cinture, cado all’indietro
nelle braccia della mia tomba vuota
che aspettano."
4.16.
Ti senti un clown
e ti lasciano morire.
4.17.
"Mi tuffo cieco e senza fiato
nella sabbia del crepuscolo
lottando per recuperare
le ultime parole che ho pronunciato
nello strimpellio dell’universo."
4.18.
"Chiedo a me stesso
mentre guardo giù,
consapevole della vertigine,
consapevole della catastrofe,
nell’ombra del tempo:
Sono Dio?"
4.19.
"E quasi torno al silenzio
ad ascoltar parlare me stesso
come se queste parole senza senso
fossero state pronunciate da altri".
5. Marea di Sangue
5.1.
Noi, due volte immagini di specchio, ponti
fra le nostre due isolette del silenzio.
5.2.
Il lungo serpente delle nostre parole tintinna alla luna
ma la vita è più veloce di ogni pensiero.
5.3.
Siamo due?
Chi sei tu?
Tu che rubi metà del
mio tutto?
hai paura
del mio vivere;
o del mio morire?
5.4.
Le parole vengono meno e meno spesso alle labbra.
5.5.
Le sue mani sventolano un pigro saluto
in una corrente lunare di vertigini
alla folla di fantasmi
che pendono dal cielo
sulle maleodoranti rovine del sole.
5.6.
La tua eternità, venti milioni di anni fa,
era ciò ch’è adesso. La mia è ciò che la tua
non è stata mai.
5.7.
Il suo sorriso correva via febbrilmente
in onde di foschia solare,
come una lanterna estinta
nel labirinto di specchio senza notte
della città subacquea fantasma,
vacillando di sogno in sogno
oltre il limite del maelstrom.
6. Lo Sbocciare delle Sanguisughe
6.1.
Come orme del tempo
i numeri romani sul muro digitati dal sole.
E la freccia si scioglie sul bersaglio.
6.2.
Un tatuaggio di zaffiro circola nell’eclissi.
6.3.
Rondini intagliano la loro spirale
sullo scintillare del duomo,
mentre si volgono verso il mare aperto
in una marea di cristalli e fuoco.
6.4.
Octopus danzanti in un dirigibile di mezzanotte sanguinano a morte.
6.5.
Accadono sogni sulla superficie intagliata
di una vecchia moneta.
6.6.
L’aquilone si tuffa dentro l’arcobaleno.
6.7.
L’iceberg retrocede
come una cicatrice
che guarisce.
6.8.
Gladiatori mutilati nell’arena vuota.
6.9.
Nonostante questo,
la vita, la prigione senza mura, solo un rumore
nel silenzio dell’eternità,
ancora s’irradia.
7. Valanga
Affondo nelle profondità stantie
dell’insondabile mondo di una chiocciola;
nelle innumerevoli immagini di pulci
che macchiano lo specchio viola-sangue;
nella moltitudine di scure sillabe
fiorite migliaia di anni fa,
e ancora tormentano come pipistrelli
le caverne della mia mente;
nella caduta bruciata di questa era,
sempre di più l’inizio
del disilluso oblio;
nelle diafanie luccicanti del crepuscolo;
nei sospiri acquosi delle lune di mare;
nelle onde di ricordi indistinti;
nella mia stessa ombra,
sempre di più nella tempesta
dei miei minuscoli me stessi;
nei luminosi anfiteatri dei cieli di marea
(facendo tintinnare sorrisi cadaverici,
destini scarabocchiati di scille di mezzanotte);
nell’opulenza di ventate improvvise
svolazzando silenziose di campana in campana;
nei giganteschi piagnucolii
di freddi fasci nel fuoco boreale.
8. Svenimento Astrale
Il soggetto di questa poesia
è se stessa.
Come la convulsa stretta
di un uomo che affoga.
L’oscurità mi circonda.
sono un cieco
che legge il libro Braille
dell’universo;
un clown, forse,
che mormora i suoi scherzi
in un circo deserto;
la presa stretta di uno scheletro che sorride
al timone di un vascello fantasma
alla deriva nell’uragano.
Avverto la trasparenza del mondo
che cambia nella luce in cui lo percepisco.
Percepisco me stesso
alla fine del sentiero,
piegato nel fuoco,
la mente decomposta
in pensieri primitivi,
il mio tempo retrocede
all’infanzia infinita.
Sono di nuovo al silenzio, intorpidito.
Dove sono caduti
gli echi di tutte le mie parole?
Non esisto più.
O, forse, non esistevo
all’inizio,
ed ecco perché questa poesia
fu lasciata non finita.
9. Banchetto
Lo specchio nel soffitto gocciola ospiti nella tavola
preparata per la cena diversi secoli fa.
Sempre più vaghi, svaniscono
prima di raggiungere il ricordo di questo incubo.
La realtà
lentamente si fonde
in una sfocata e chiara
immagine di questo bicchiere di vino,
ogni bollicina
in primo piano, illimitata,
sboccia in un suo universo.
E ancora
forme e ombre
di corpi viventi
contornano il mio bicchiere,
nuotano nella mia
sonnolenza demente
come marce che ingranano
e luci pulsanti
di un aggeggio disintegratore.
10. Polvere di Notte
Sculture di schiuma
immobili sopra le scogliere scoscese,
come graffiti osceni sparpagliati
sull’intonaco di questo vasto
guscio di luce lunare in espansione.
Domani
relitti bagnati verranno in superficie,
come dune di sabbia
saranno spazzati dal vento.
11. Missa Laica
Non c’è futuro nella rete del ragno.
Ma è lì dove le formiche pongono il loro bacio,
nella colla, nella presa, del tempo.
Le idee intersecano significati
e portano parole; in cui
gli uomini sono nati; gli uomini portano
nuove idee, ed il ciclo
riprende, tessendo insieme all’infinito
moltitudini di parole
nelle profondità della mente.
12. Dialogo delle Immagini nello Specchio
(Ci sono troppe storie da raccontare,
troppe nelle palme unite
e parlano per noi notte e dì)
Ogni passo può essere mosso
in ogni punto, in ogni direzione,
senza cambiar la destinazione
del tuo viaggio. Una visione
di acuti nella notte
che bucano le profondità delle stanze
che nessun ospite lascerà mai,
mentre ci spostiamo dalle spinose
strisce di rabbia spillate
al muro, un odore di amore
osceno, e i nostri esseri
tremano, si contorcono proprio nella
fibra dell’essere, in quel che
presto saremo ridotti
ad essere, questo non senso, di cui io
non posso cogliere del tutto il significato,
lo scopo, solo le parole
che hai pronunciato, qui e lì,
nell’oscurità, il sinistro gergo
che risuona fuori,
così spesso, provando
il più lungo discorso della vita.
(I relitti hanno colpito le nostre ombre:
detriti, erbacce, ciottoli, luminosi
e bagnati, ghiaiosi di sabbia fino alla mano
che nuota nel mucchio,
minuscoli turbini di cose morte
che strisciano lungo l’involucro
dell’uragano, gioielli del tempo
che crescono e girano in eterno
dietro il sipario della luce stellare).
L’enigma dei nostri corpi nello specchio.
Parla all’indietro nel passato.
Un pugno di luce che rema
Verso la costa all’alba.
Ogni foglia deve cadere.
Ogni lucciola un risveglio
che non si dissolverà.
Non siamo capaci di fermare
il gocciolare della luna.
Incapaci di sotterrare i morti.
Ancora aggrappati all’indiscutibile
ideogramma del feto, siamo
foglie autunnali che durano.
Sto in piedi davanti ai tuoi occhi,
che hanno infuriato così tanto,
giorni e notti per molti secoli,
cercando ancora di decifrare
la parola che hai pronunciato.
Ho guardato le nostre ombre
appese nel cielo,
impronte delle nostre vite
vicine al niente,
sonnambuli che stanno in equilibrio
nella sottile linea di sangue della notte.
Chini la testa su me
come un fiore in boccio
prima dell’ape. Gocce di miele
dagli angoli dei miei occhi.
L’ondeggiante broccato del tuo sorriso scompare
nell’immobile vuoto della bolla
la cui trasparenza finale ci circonda.
Il vento ha piegato gli alti steli
e vi ha inciso in mezzo dei sentieri.
Camminiamo per quei solchi,
seminati di tinte d’arcobaleno.
Cado attraverso uno specchio
nella vita di qualcun altro.
Scopro che, se c’era
una luna, l’ ho mancata.
Esisti, come nessun’altra
cosa. Sto scrivendo questa poesia?;
o sto solo copiandola, come
un monaco, il cui significato della vita
è solo una serie di segni
che duplica con cura
eternamente?
L’agonia è l’abracadabra
di un flauto magico. La crepa
crescerà fino a riempire il mondo;
la lama frastagliata del fulmine,
la cicatrice che non guarirà mai,
ago ardente della bussola,
il filo di paura ha girato intorno
all’orbita di tutti noi.
Il brivido di lasciarsi trasportare
di boccio in boccio
attraverso nuvole di luce
e docce di perle
in un sibilo di vento,
avvolto in profumi colorati,
un fossile sfuggente al suo passato,
lente sfocata del tempo.
Una lattina tintinna sola
in un fuoco alla luce lunare,
l’infinita eco
di una danza di stelle morenti.
Cadono piume sottilmente punteggiate
dalla torre del silenzio,
sotterrato nel futuro
di tutte le cose, di tutte le persone.
Il sole arrugginisce turbinando
in un traliccio di brina.
Nascite e morti
sparse intorno ai nostri petti.
Sei sopravvissuto alle macerie,
non al salvataggio.
Disegnerò draghi
sulla tenda dei tuoi occhi.
13. Città di Fantasmi
13.1
Granelli di polvere fluttuano
nella nebbia densa di raggi
che avvolgono il tempio in rovina,
la gigantesca bocca fossile
che fu prosciugata di parole
ma che ora è piena di pensieri,
pensieri in attesa che
rivolgiamo loro le nostre menti:
siano menzogne o verità, hanno
asciugato i nostri occhi e si sono sospinti verso noi
in mezzo alla folla di terrificanti figure.
13.2
Figure cieche senza nome non hanno ricordi,
ma un’unica memoria collettiva che inghiotte
ogni gesto ed ogni parola. Nude,
con occhi ardenti, girano nel fondo.
Sono respirate da narici che, nel tempo,
le inghiottiranno tutte nel pozzo originale.
14.
…mi calpesteranno,
distorsioni nello specchio del tempo,
coloro che vennero all’alba con ceste
sulla testa, portando lontano,
nel grembo del fiume, i milioni
di pezzi della dorata meridiana,
mentre l’ammiccante corazza dei raiders
bucava la folta vegetazione
della valle, e affettava il globo
di stagnola dell’universo,
camminavano e camminavano e camminavano
finché la foschia avvolse
i fuggitivi e i cacciatori
e ancora camminano, camminano, e camminano,
la moltitudine dei fuggitivi, gli eserciti
mi calpesteranno,
distorsioni nello specchio del tempo,
coloro che vennero all’alba…
Gli orizzonti si restringono in un punto.
La ricerca è finita.
Carillon inondano la piazza, sommergono
il lampeggiante incrociarsi di parole sollevate.
Maghi, danzatori e acrobati.
Poi musica martellante, e danze,
finché membra e menti collassano
nel sonno, mentre la gigantesca turchese
è lasciata di nuovo sola a guardia della città.
Luce lunare: la sabbia riluce.
Vento del deserto.
Si alza la sabbia.
14. Finale
E mi chiedo se Piero,
il venereo seppellitore
che fruga in cerca di cadaveri vergini
nella nebbia fremente
di una tomba profanata,
se Piero,
le tintinnanti viscere
della mia ombra,
se Piero,
il pipistrello dondolante,
il pipistrello sulla trave,
se Piero,
il rumore dietro i suoi pensieri,
mi chiedo se Piero morirà mai.
traduzione di corrado cantelli