Summary.
The Band was born as a humble group of side-men, but went on to become one of
the most creative and most influential acts of roots-rock. They taught their
generation (and generations to follow) how to assimilate, revisit and fuse
gospel, blues, country, soul and rock music.
Their albums were instrumental in bringing about the age of "re-alignment"
after the excesses of the hippy era, but their "re-alignment" was a balance
of old and new, not just a shameless surrender to the old.
Throughout the years, their anti-star and anti-hero attitude was a welcome
relief from the commercial exploitation of rock music.
Their work was particularly influential in bringing elements of gospel music
into rock and roll.
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La Band fu un caso piu` unico che raro della musica rock. I loro primi album
catturarono una dimensione privata/domestica e rustica che sembrava un paradosso
nell'era del folk-rock (fenomeno urbano) e degli hippies (fenomeno pubblico
e comunitario) e lo fecero con un piglio che si riallacciava direttamente
agli stili dei musicisti piu` umili delle zone piu` depresse d'America: i folksinger
degli Appalacchi e i predicatori gospel delle chiese del sud.
Al tempo stesso immisero in quelle musiche uno spirito austero, degno della
musica da camera, e solenne, degno della musica religiosa.
La Band (alle origini The Hawks) si formo` in Canada nel 1960 per accompagnare il rocker Ronnie Hawkins dell'Arkansas.
Il batterista Levon Helm (l'unico non nato in Canada e il primo a suonare per Hawkins), il bassista Rickie Danko,
il pianista Richard Manuel, l'organista Garth Hudson e
il chitarrista Robbie Robertson
(figlio di un ebreo e di un'indiana Mohawk)
componevano un valido gruppo d'accompagnamento che venne notato e portato
al Greenwich Village di New York nel 1964, quando si chiamavano
Levon and the Hawks.
Bob Dylan li ingaggio` nel 1965
per la sua clamorosa conversione alla musica elettrica e da quel momento
rimasero nel suo entourage. Quando Dylan si ritiro` a vivere nei boschi di
Woodstock, in una casa chiamata "Big Pink", la Band lo segui`.
In quell'atmosfera bucolica Dylan e la Band
registrarono quelli che divennero famosi come i Basement Tapes (1975),
ma la Band comincio` anche a scrivere il proprio materiale, che avrebbe
costituito il primo album, uscito nel luglio 1968.
Music From Big Pink (Capitol, 1968) e` uno degli album che segnarono
la svolta decisiva dall'acid-rock al country-rock.
Lasciandosi alle spalle le lunghe improvvisazioni lisergiche, la Band ritorno`
al formato tradizionale della canzone e adotto` un sound radicato nelle
musiche tradizionali dell'America.
L'esperimento riusci` perche' la Band era composta da cinque musicisti
d'eccezione. Vantava forse la miglior sezione ritmica dell'epoca, poderosa,
solenne, esuberante e concisa, una
delle migliori di sempre. Aveva due tastieristi che si complementavano a
meraviglia, da un lato il piano gospel di Richard Manuel e dall'altro
l'organo "Bach-iano" di Garth Hudson.
E poteva contare sulla personalita` catalizzatrice di Robbie Robertson,
che conferiva alle canzoni un tono che era un misto di
esistenziale, mistico ed epico.
Robertson era anche un chitarrista originale, che usava il pedale wah-wah per
riprodurre il suono tradizionale della "steel guitar".
Il gruppo non aveva paura di sperimentare gli accostamenti piu` insoliti,
scorrazzando fra
gospel, spiritual, blues, country, soul, cajun, ragtime, rock and roll, funk
e un pizzico di musica barocca da chiesa.
L'insieme era orecchiabile, trascinante e surreale.
La Band viveva in una singolare zona di confine del panorama musicale
dell'epoca e forse di tutte le epoche.
Al tempo stesso il disco propugnava valori morali che erano tanto insoliti
quanto la musica. La Band aderiva ai valori dell'"american way of life":
prima di tutto i capisaldi di casa e famiglia (il domestico),
poi l'amore per la campagna, la prateria e la natura
(il rurale) e infine gli ideali della grande nazione, liberta` ed
eguaglianza (il patriottismo).
La Band coltivava insomma un folk "conservatore",
senza la retorica nostalgica del conservatorismo, e semmai con un tono
sobrio e bonario;
aderiva a valori antiquati, ma senza farne una piattaforma politica.
Nulla poteva contrastare di piu' con l'ethos dell'era hippy.
Music From Big Pink (Capitol, 1968) divenne subito celebre perche'
conteneva alcuni inediti di Bob Dylan, che in quell'anno taceva.
Ma in realta` vale soprattutto per la parata di canzoni robuste e agrodolci,
fra le quali spiccano le composizioni di Robertson, piu` sofferte,
e quelle di Manuel, piu` vivaci.
Fra le prime si contano il gospel sincopato di To Kingdom Come,
Chest Fever, con una demoniaca apertura d'organo barocco, un andamento
da boogie sofferto e un intermezzo da Salvation Army,
la maestosa ballata esistenziale The Weight, cantata con il fervore
e il dolore di uno spiritual e suonata con uno stile ibrido di danza
pellerossa e di pianismo di saloon (il loro insuperato capolavoro).
Di Manuel sono invece la commossa In A Station, con accenti country e soul,
e We Can Talk, uno dei loro ritornelli soul piu` ariosi e gioviali,
simile nella struttura dei cori alle novelty di doo-woop.
Quel primo album era in realta` stato soltanto un tentativo ancora incerto.
Fu il secondo, Band II (Capitol, 1969), a spiccare decisavamente il
volo, a tagliare i ponti con i pregiudizi hippy. E` curioso che il gruppo
si fosse appena trasferito in California, a Los Angeles.
Il disco era questa volta interamente composto da Robertson, senza alcuna
influenza di Dylan. Era superbamente arrangiato, con Levon Helm in evidenza
come forza guida tanto del canto quanto del loro caratteristico ritmo
sincopato. L'album e`
ancora piu` vario e denso, con diversi altri classici del loro stile straccione
e dinoccolato, mutuato un po' dalle bande cittadine degli anni '20,
un po' dagli entertainer delle barrelhouse,
un po' dai complessi country di paese, un po' dai minstrel ottocenteschi.
Il gruppo rispolvera la civilta` della Frontiera,
sfrutta a fondo il filone della leggenda, vagando fra bivacchi di
emigranti e meridione razzista, e al tempo stesso esplora la piu` umile
musica di villaggio dei decenni ruggenti, facendo ricorso a orchestre di tube
e cori da pub. A scandire il passare del tempo sono soprattutto le metamorfosi
delle tastiere: pianole rag, organetti di strada, organi a canne e organetti
gospel si alternano alla guida.
Sfilano cosi` The Night They Drove Old Dixie Down,
mesta rievocazione dello stile delle bande rurali dei primi del secolo,
lo scoppiettante Rag Mama Rag, a ritmo di tuba e con fughe sgangherate
di piano honky-tonk,
Across The Great Divide, un rhythm and blues nello stile jump di New Orleans,
il country corale di When You Awake,
e Look Out Cleveland, soul accelerato in un doo-woop ironico.
Ma non mancano anche poderose e sincopate canzoni da ballo, come
Up On Cripple Creek, con le sue cadenze funky,
Jemina Surrender, boogie strascicato e festoso,
e Jawbone, lo spiritual piu` marziale della loro carriera.
Anacronistici campagnoli attaccati ai valori della famiglia e dalla Bibbia,
i cinque
fabbricano in piena guerra generazionale un fenomenale rock bucolico,
amato e rispettato sorprendentemente un po' da tutti.
La Band non seppe pero` mai piu` ripetersi.
Stage Fright (Capitol, 1970) contiene per lo piu` litanie malinconiche
e autobiografiche come Daniel And The Sacred Heart,
Stage Fright e The Shape I'm In, mentre le piu` vivaci
Strawberry Wine e WS Walcott Medicine Show sono una pallida
copia del disco precedente.
Cahoots (Capitol, 1971) e` un fallimento di lusso: Robertson cercava
testardamente la perfezione formale, trovandola soltanto in
Life Is A Carnival e River Hymn.
Moondog Matinee (Capitol, 1973) e` semplicemente un tributo alle
musiche dei loro primordi, al rock and roll e al rhythm and blues degli
anni '50.
La Band aiuto` Dylan a registrare Planet Waves (1974).
Northern Lights Southern Cross (Capitol, 1975) riusci` dove
Cahoots era fallito, e non era indegno dei primi due album.
L'epopea di Acadian Driftwood, in particolare, e anche
It Makes No Difference sono brani ambiziosi e complessi che si
avvalgono della moderna tecnologia elettronica.
Ma Islands (Capitol, 1977) fu invece un album orribile, raffazzonato
per ragioni contrattuali. Lo scioglimento della Band venne celebrato con un
concerto d'addio del 1976 a San Francisco che divenne un evento colossale,
filmato da Martin Scorsese e riportato sul triplo album The Waltz,
un evento che sembro` mettere fine a un'epoca intera e mandare in pensione
un'intera generazione (erano appena usciti i primi dischi di new wave e
punk-rock).
To Kingdome Come (Capitol, 1989) e` la migliore antologia.
Il primo album solista di Rickie Danko,
che nella Band era sempre rimasto un po' in ombra,
Rick Danko (Arista, 1977),
e` in realta` una felice appendice
alla storia del gruppo, con il piano gospel di Manuel in Share It e la
forte chitarra di Robertson in Java Blues a sprizzare ancora energia
creativa.
Robertson, a sua volta, scrive colonne sonore per Martin Scorsese
e soltanto a 44 anni inizia
la carriera solista, confermandosi con Robbie Robertson (Geffen, 1987)
un piccolo grande eroe della gente
comune, un menestrello della vasta epopea americana
(Fallen Angel,
Sweet Fire Of Love, con gli U2)
e piu` che mai subconscio collettivo del popolo pellerossa
(Broken Arrow).
L'album presenta un sound moderno,
molto lontano dalla Band, forse anche per merito del produttore Daniel Lanois.
Levol Helm ha pubblicato
The RCO All Stars (ABC, 1977), con Steve Cropper, Dr John e Paul Butterfield,
American Son (ABC, 1978),
e Levon Helm (ABC, 1982).
Manuel, l'alta, tragica voce di tante loro ballate, si suicida nel 1986,
alcoolizzato e drogato.
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