The Jefferson Airplane
were one of the greatest rock bands of all times.
They not only embodied the spirit and the sound of the hippy era more than
anyone else but also counted on a formidable group of talents, that redefined
singing, harmonizing, bass playing and drumming in rock music.
Their early singles, Somebody To Love and White Rabbitt,
helped establish psychedelic-rock as a musical genre.
The music of the Jefferson Airplane were largely self-referential, and their
career feels like a documentary of their generation.
Surrealistic Pillow (1967) was a manifesto of the hippy generation.
After Bathing At Baxter's (1967), one of the greatest artistic
achievements of the psychedelic era, was the album that broke loose with
the conventions of the song format and the pop arrangement.
Volunteers (1969), their supreme masterpiece, fused the backward
trend towards a return to the roots (both musical and moral) and the forward
trend towards hard-line politics.
Blows Against The Empire (1970) was a nostalgic look back to the
ideals of the communes and a utopostic tribute to the space age.
Sunfighter (1971) is an adult and solemn return to the song format
and to nature.
Their "marketing appeal"
was precisely that they represented (and practiced) a new lifestyle.
Unfortunately, few of their albums rank among rock's masterpieces because they
were fundamentally limited by a song-oriented format that they rarely challenged
(unlike, say, the Grateful Dead).
The Jefferson Airplane were partially accepted by the Establishment because
they were still living in the world of pop music, because the folk and
blues roots were still visible, because the melody was still the center of mass.
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I Jefferson Airplane sono il complesso che nel 1966 lancio` l'acid-rock
su scala mondiale. I loro primi singoli guadagnarono loro la prima pagina
dei principali settimanali e invasero le radio della nazione, molto prima
che nascessero la stampa e le stazioni indipendenti (anzi, probabilmente
la stampa e le stazioni indipendenti nacquero anche per effetto del successo
dei Jefferson Airplane).
I Jefferson Airplane, approfondendo un'idea che era stata dei
Byrds, crearono la musica psichedelica come la
conobbero i giovani della borghesia, crearono lo standard a cui si sarebbero
ispirati i musicisti commerciali (i Beatles, per esempio). C'era un altro rock
psichedelico, quello dei Velvet Underground
e dei Grateful Dead, che invece in prima pagina non
poteva finire, perche' aveva scardinato il concetto di canzone.
I Jefferson Airplane vennero accettati (almeno inizialmente) perche' in fondo
vivevano ancora nel mondo della canzone, perche' le radici folk e blues erano
ancora visibili, perche' la melodia era ancora il baricentro dell'armonia.
I Jefferson Airplane divennero l'icona per eccellenza dell'acid-rock,
degli hippies e dell'estate magica di San Francisco.
E` forse una forma di giustizia divina che i Jefferson Airplane verranno
dimenticati mentre i Grateful Dead e i velvet Underground saranno i gruppi
piu` influenti sulla musica dei decenni successivi.
In realta` i Jefferson Airplane non furono soltanto importanti come
ispiratori, iniziatori, promotori di una stagione musicale, ma furono davvero
grandi musicisti e scrissero davvero grande musica. Il problema e` che
quelle musiche avevano testi che sono diventati rapidamente anacronistici.
Sembra proprio di guardare un documentario degli anni '60 e viene da
sorridere ad immaginare quei ragazzi con i fiori fra i capelli che si passano
lo spinello. Le canzoni dei Jefferson Airplane furono in effetti sempre
autoreferenziali, o piu` semplicemente autobiografiche: quello era il loro
"marketing appeal" e quello e` oggi il loro tallone d'Achille.
Il complesso si formo` nel caos creativo dell'estate del 1965 dall'unione di
sei musicisti
dalle esperienze umane e musicali diverse: il grafico Marty Balin, cantante
proveniente dai circoli folk di New York e dedito a molteplici attivita';
Paul Kantner, cantante e chitarrista, studente locale che aveva cominciato
suonando il banjo in un complessino country; Jorma Kaukonen, chitarrista folk
nomade della costa orientale; Alexander "Skip" Spence, chitarrista canadese sacrificato alla
batteria; Signe Anderson, la cantante, e Jack Casady, il bassista, conterranei
e amici di Kaukonen.
Dopo essersi battezzati Jefferson Airplane in onore del grande bluesman
Blind Lemon e in omaggio al complesso dell'amico Steve Talbott
(che nel gergo dei drogati "Jefferson Airplane" e` il
fiammifero spezzato usato per tenere insieme il joint ... ),
questi ragazzi suonarono il tredici agosto per inaugurare il
locale che Marty Balin aveva allestito con Bill Thompson (il Matrix).
Sia Thompson sia Talbott rimasero nell'entourage, l'uno come manager
l'altro come consigliere.
I sei diventarono il simbolo della Frisco hippie dopo lo spettacolo del
17 ottobre, che li vide protagonisti, e dopo gli happening autunnali,
fianco a fianco con i santoni della contro-cultura. Il sound non aveva
ancora nulla di originale: era semplicemente un folk-rock piu` vicino alla
tradizione, diverso dai molti stereotipi di Los Angeles soltanto per la
voce femminile ammaliante della Anderson.
La loro popolarita` era dovuta
unicamente al fatto di essere degli hippie che suonavano.
I discografici della zona, che volevano sfruttare commercialmente
il fenomeno hippie, pensarono di poter fare dei Jefferson Airplane i
Beatles della Bay Area, tanto grande era diventato il loro prestigio
all'inizio del 1966 rispetto a quello dei loro colleghi locali.
Dato alle stampe in agosto, Takes Off (RCA, 1966),
l'opera d'esordio, nacque
con i crismi dell'evento storico, perche' sanci` l'esplosione del
fenomeno e ne intraprendeva la diffusione su scala nazionale.
In effetti il disco e` una ingenua evoluzione del folk-rock. Balin,
il leader indiscusso dell'epoca, compone e canta le sue semplici ballate
facendosi accompagnare da coretti vocali e punteggiature chitarristiche
piuttosto naive.
A parte qualche timido volo della Anderson, tutto si riduce al classico
sorriso californiano: It's No Secret, Don't Slip Away e Come Up The Years.
Ma il piglio epico che fa capolino da sotto Blues For An Airplane
annuncia uno spirito diverso del far musica, e gli altri blues disfatti del disco (Bringing Me Down per esempio) sfoderano un ritmo caracollante e
un'aggressivita` strumentale che manifestano chiaramente la voglia di
rompere gli argini.
Il disco vende comunque parecchio e frutta celebrita` su scala nazionale.
Anzi e` sulla scia del suo successo che molti altri complessi della Bay Area
ottengono il loro primo contratto discografico e che le notti di San Francisco
si riempiono di giovani forestieri accorsi a vedere i nuovi idoli.
La formazione si assesta con le defezioni di Anderson e
di Skip Spence.
Spence viene sostituito dal batterista jazz Spencer Dryden (amico
di Frank Zappa), mentre Grace Slick prende il posto di Anderson.
Grace Venia (o Wing) e` nata a Chicago nel 1939. Adolescente
inquieta, abbandona l'ambiente familiare piccolo-borghese e si accampa a
San Francisco, diventando la compagna del chitarrista Darby Slick e la
cantante del suo complesso Great Society.
La Great Society fa parte dell'entourage dei Jefferson e Slick, lasciato
il marito, si aggrega ai "cugini", portandosi dietro come effetti personali
i due successi della Great Society:
Somebody To Love e White Rabbitt.
Slick personifica piu` di ogni altra cantante dell'epoca lo stile hippy
al femminile: una ragazzina docile, carina e maliziosa, il cui sorriso radioso
e` incorniciato da lunghi capelli neri. Cio` che ne fa anche la "voce" di
quella generazione e` un talento canoro spettacolare:
la sua voce e` al tempo stesso esuberante, innocente, cristallina, soave
e potente e vibrante, al tempo stesso mezzosoprano austera per musica da camera
e ruggente shoter di musica gospel.
L'insieme esercita il fascino giusto. In breve Slick viene a rappresentare
l'ideale romantico ed erotico degli hippy (che e` angelico invece che
lussurioso, gentile invece che spavaldo, e pertanto capovolge i dogmi del
rock and roll).
Quelle note sensuali, librate in voli paradisiaci, sono l'ideale per
cantare le gesta dell'LSD.
Al tempo stesso le urla di Slick contengono abbastanza furia
sarcastica da fungere anche da inni rivoluzionari.
Il suo solenne acuto conia di fatto un nuovo genere di "inno", che assorbe
e trasforma stili sacri e pagani.
Slick diede un messaggio a quella voce con un'immagine pubblica di donna
disinibita e irriverente.
La carica emotiva di Slick costituisce anche un complemento ideale per
la carica oratoria e retorica di Kantner.
Balin, invece, perde progressivamente potere, in quanto e` il meno hippy
di tutti. Balin viene da una cultura folk e da valori borghesi, e sembra
morire dalla voglia di restaurare l'ordine pre-hippy. Le sue canzoni sono
quasi pop.
Kantner, fautore dell'impegno sociale e di un suono sempre piu` aggressivo
e sperimentale, assurge presto al ruolo di fulcro compositivo.
Dal canto loro Kaukonen e Casady formano il vero motore musicale del gruppo,
fantasisti di gran classe in grado di vivacizzare qualsiasi disegno dei leader,
con una tecnica fatta di geometrie sbilenche di basso e di interventi rumorosi
di chitarra. Kaukonen farciva il suo fingerpicking di tutta una serie di
trucchi psichedelici, dal feedback a blues licks, a tante tecniche che
non hanno ancora un nome, secondo solo a Hendrix in fatto di ingegno.
A fargli da spalla era Casady, maestro del basso degno di figurare
nella storia dello strumento accanto ai grandi jazzisti: invece di marcare
semplicemente il tempo, Casady conio` un fluido stile melodico.
Spencer Dryden, con le sue discontinuita` ritmiche, completava una delle
sezioni strumentali piu` eclettiche e intelligenti dell'epoca.
Questa formazione rilancia nella primavera del 1967 Somebody To Love,
che sembra fotografare perfettamente l'entusiasmo che ha lasciato in citta`
lo "Human Be-in": su un ritmo forte e incalzante si libra la dura
declamazione di Slick con le tipiche, lunghissime vocali, gli scatti nervosi,
i saliscendi melismatici, gli acuti mozzafiato, il piglio cattivo.
Quel brano sancisce la nascita di uno stile lontano dai canoni del folk-rock e
del Merseybeat (i due generi "elettrici" da cui aveva preso l'abbrivo).
L'idea viene anzi ampliata con il 45 giri successivo, White Rabbitt,
dedicato a Arthur Owsley (ma ispirato da Sketches Of Spain di Miles
Davis). Il brano fa per la droga cio` che il precedente aveva fatto per
il libero amore: lo fa diventare un tema di dominio pubblico e lo carica
di tonalita` epiche. Il brano, un vertiginoso, trascinante, marziale,
flamenco/ bolero declamato in maniera solenne da Grace Slick,
descrive esplicitamente le sensazioni procurate dall'"acido".
Il secondo album, Surrealistic Pillow (RCA, 1967),
esce nel febbraio 1967 e continua a sperimentare nuove forme per la canzone
rock, sempre all'insegna del libero amore e dell'LSD.
Il complesso e` abile ad assorbire elementi da folk, blues, rock e jazz,
ma a fare epoca sono soprattutto le armonie vocali di Slick
(voce alta e maestosa), Balin (voce soffice e solare) e Kantner (voce
tagliente e nevrotica).
I cantanti rifondano le armonie vocali prendendo spunto dai gruppi vocali
neri degli anni '50 e dai complessi del folk-rock.
Fanno meno sensazione le novita` strumentali, che
in realta` sono piu` profonde: gli strepiti chitarristici di Kaukonen,
il tempo elegante e mutante della sezione ritmica,
i contrappunti che sembrano "stonati".
Soprattutto la chitarra di Kaukonen sposa genialmente l'accompagnamento in
stile blues (pungente e lamentoso) a superbi assoli spaziali (un
corrispettivo al canto di Slick).
In un certo senso sia le voci sia gli strumenti sono "plastici", plasmabili
a seconda delle circostanze e pronti ad adattarsi l'uno alle pieghe dell'altro.
Il sound del gruppo e` quindi veramente "corale": tutti i componenti hanno
un peso e una personalita'. E in questo modo qualsiasi canzone si riempie,
diventa un raffinato lavoro di coesione.
Ogni canzone e` una combinazione
di eventi sonori che ne definisce il fascino, con continui scambi di
ruolo fra i protagonisti, indipendentemente dal ruolo corrente, tutti
impegnati a contribuire qualcosa di personale.
Il disco contiene, oltre ai due capolavori vocali di Slick, le
prime caleidoscopiche sonorita` allucinogene, soprattutto nelle irruenze corali
di She Has Funny Cars e 3/5 Of A Mile In Ten Seconds.
Plastic Fantastic Lover poi e` l'incubo incalzante di un minstrel moderno
a ritmo ossessivo con contrappunti lisergici di basso e chitarra.
Al lato tenero e dolce del folk-rock si concedono il tenue e crepuscolare
melodismo di Today e Coming Back To Me (Balin),
la distesa ballata country di Dryden My Best Friend
e l'assolo cibernetico e spirituale (un po' alla Fahey) di Kaukonen
Embryonic Journey.
Mentre San Francisco viene a poco a poco sommersa e sconfitta dalla moda,
e il flower-power si trasforma in un carnevale di maschere con capelli lunghi
e abbigliamenti eccentrici, mentre i veri hippie si ritirano in disfatta
dentro Haight Ashbury, e mentre si celebrano i nuovi eroi di Monterey
(Hendrix e Joplin) che spazzano via tanti eroi di ieri (Jack Traylor e
Terry Dolan, nomi scomparsi in breve tempo), i Jefferson Airplane
si consolidano e acquistano coraggio, grazie soprattutto al colpo di mano
con cui Kantner prende il potere, incentivando la ricerca creativa, e grazie
alla maturazione tecnica dei quattro talenti naturali del gruppo: Slick,
Kaukonen, Casady e Dryden.
Sei mesi dopo Surrealistic Pillow, che conservava ancora la struttura di
raccolta di canzoni, esce (a dicembre)
After Bathing At Baxter's (RCA, 1967),
il testamento psichedelico del gruppo, in gran parte composto da Kantner,
dove la struttura a canzoni scompare del tutto. L'opera e` infatti divisa
in cinque parti, ciascuna comprendente piu` episodi, e illuminata da un
carosello di invenzioni di piu` ampio respiro: ritmo piu` possente, chitarre
piu` libere, melodie piu` mature, armonie piu` contorte. Beat e folk-rock
sono decisamente sorpassati.
I brani si possono suddividere secondo i rispettivi autori. Slick, la cui
personalita` rimane piuttosto in ombra, firma comunque due capolavori:
Rejoice, ambizioso progetto di colonna sonora per l'"Ulysses" di Joyce che
si serve di clarinetto arabo, di trombe marziali e di pianismo jazz a sostegno
del suo canto solenne, e Two Heads, un ripetersi di sussulti ritmico-vocali
culminanti in bisbigli sommessi e soffusi.
Dryden contribuisce A Small Package Of Value, caos zappiano di discorsi, urla,
dissonanze, risate, svariate percussioni, e brevi stacchetti kitsch di tastiere.
Casady, Dryden e Kaukonen compongono insieme Spare Chaynge, lunga divagazione
solo strumentale del trio chitarra-basso-batteria
(proprio la struttura che in quei mesi furoreggia in Inghilterra),
improvvisazione lisergica al di fuori di tutti i generi,
continuazione del "viaggio embrionico" per sentieri jazzistici e pink-floydiani,
musica da camera per trip abissali, musica della mente per la mente.
Kantner si impone come il folk-singer per eccellenza della generazione
psichedelica con i suoi brani.
La travolgente Ballad Of You And Me And Pooneil, sul tema di un classico
rapporto a tre, si avvale di un contrasto vocale fra il coro strumentale
impetuoso e i bisbigli della coppia Kantner-Slick, ed e` un esempio canonico
della fantasia armonica con cui le voci dei tre cantanti si combinano in tutti
i modi possibili, del colore ritmico e delle danze chitarristiche che
presiedono ai loro bisticci, con fulgide aperture solistiche e perfetto
sincronismo dell'improvvisazione.
Martha, il primo di una lunga galleria di ritratti
femminili tratteggiati dai Jefferson nella loro carriera, e` una
ballata medievale con accompagnamento di flauto.
Kantner e` anche autore di alcuni anthem corali, grintosi e programmatici,
fra i quali spiccano Won't You Try, commemorazione dei Diggers, e
Saturday Afternoon, commemorazione degli "human be-in".
Nonostante alcune cadute di tono e una generale troppo enfatica retorica
comunitaria, il disco segna un'evoluzione determinante dello stile di
San Francisco: la canzone viene accantonata a favore di una forma piu`
complessa e completa, ispirata alle medesime utopie, colonna sonora dell'
amore e della droga.
I singoli contribuiscono ciascuno con la propria
personalita`, generando un sound composito e unitario al tempo stesso,
ma aprendo le porte a un pericoloso smembramento del complesso in fazioni.
In casa Jefferson comincia a regnare l'anarchia.
Il complesso sopravvive allo sfascio del dopo-Monterey assurgendo a vestigia
della civilta` hippie che fu. Per sei mesi i Jefferson si rintanano nel
Carousel Ball Room, il locale dove si raccolgono i reduci del 1967 e dove
ancora non sono arrivate le lunghe braccia del Sistema, poco prima che Graham
lo rilevi battezzandolo Fillmore West e ponga fine a uno degli ultimi
esperimenti di autogestione della musica.
La musica di questo periodo risente di una generale sensazione di stanchezza e
di delusione, rispecchia un momento di pausa e di raccoglimento.
Crown Of Creation (RCA, 1968), l'album
che li lancia definitivamente
come gruppo di importanza nazionale, e` per meta` un ritorno a Surrealistic
Pillow, sia perche' registra di nuovo l'apporto compositivo di Balin e
percio` un conseguente spostamento verso il folk, sia perche' i brani sono
ridimensionati alla struttura della canzone di tre-quattro minuti. Per l'altra
meta` e` invece la continuazione del precedente, visto che i brani si possono
suddividere piu` o meno negli stessi filoni. Il risultato ha due facce:
da un lato si evita di cadere nel prolisso, dall'altro si limita la
creativita` cui il disco e` intitolato.
La padronanza degli strumenti e` comunque all'apice: Kaukonen, energico e
stridente nei suoi assoli, preciso e metallico negli accompagnamenti,
svetta su tutti dal punto di vista tecnico, mentre la voce di Grace Slick,
un po' sotto-occupata, acquista in psicologia cio` che perde in potenza.
I sintomi di disgregazione sono pero` latenti. Ogni artista tende a sviluppare
la propria strada invece che cercare di integrarla nel sound d'assieme.
Balin firma If You Feel e Share A Little Joke, ricavati da riff elementari e
arrangiati secondo i dettami della scuola inglese (cantante blues e
chitarra elettricissima, ritmo jazzato e melodia aggressiva), forse i brani
piu` gettonati del disco, nei quali Balin da` l'impressione di aver aggiornato
uno stile personale pur mantenendosi in un ambito non impegnato e di facile ascolto.
Kaukonen sfoga in Ice Cream Phoenix e Star Track
(con assoli distorti alla moda)
il suo amore per stili folk e blues irregolari e un po' antiquati.
Dryden pennella un'altra miniatura di musica
cosmico/ psichedelica, questa volta con effetti gotici: Chushingura.
Kantner e` autore della composizione che sigla il disco,
l'inno oratorio-commemorativo di Crown Of Creation, al solito un epico
tumulto corale e strumentale imbevuto di liriche seriose, che anticipa
le sue libidini fanta-scientifiche.
Grace Slick recupera lo splendore malizioso e seducente per un'altra
ambiziosa, e deliziosa, prova su testo di Joyce, Lather, una tenera parabola
folk sulla disillusione cantata in sottovoce con sottofondi rumoristici e
arrangiamenti eccetrici anche nel contrappunto vocale.
Poi ha ancora grinta a sufficienza per strillare Greasy Heart sulla falsariga
di altre perle solistiche della collezione privata dell'artista (da White
Rabbitt a Rejoice), ma piu` azzannante e spigolosa: Grace Slick e` piu` che
mai la voce mitica della Bay Area, la voce di cui si innamora un'intera
generazione fallita.
David Crosby, scacciato dai Byrds, trova asilo a San Francisco e regala
alla donna dei Jefferson un apocrifo "acustico" di grande suggestione: Triad,
ballata di sottile raffinatezza psicologica (sul tema del triangolo amoroso)
e armonica.
House At Pooneil Corners e` il sabbah finale, nel quale si amalgamano le varie
personalita` del complesso, un sabbah visionario con aneliti d'infinito che procede
per anomalie ritmiche, slogan solenni, distorsioni e progressioni marziali.
Bless It's Pointed Little Head (1969) e` il documento sonoro dei concerti
e delle tournee` di quel periodo.
Accanto agli inevitabili classici, spiccano due lunghi inediti,
The Other Side Of The Life, blues-rock strumentale
dominato dalle acrobazie di chitarra e basso,
e Bear Melt, affettuosa dedica da parte di Grace Slick a Arthur Owsley.
Quest'ultimo brano testimonia della grande armonia raggiunta fra le parti
vocali da un lato (in questo caso Slick da sola) e i tre gregari
strumentisti dall'altro. Il pezzo e` un blues con larghi spazi di libera
improvvisazione; lo spiritual della "dirty woman" compie un
itinerario magico, impennandosi e soffocandosi, rotolando da altezze cosmiche,
sfumando in un deliquio lisergico; alle sue spalle incalza un cicaleccio
dimesso che degenera rapidamente in folle corsa dentro la mente: il "coniglio
bianco " di Slick e il "viaggio embrionico" di Kaukonen si scoprono
facce complementari di una stessa medaglia; una ninnananna per viaggiatori nel
paese delle meraviglie scivola da una fessura e conclude sottovoce.
Nel 1968 grandi avvenimenti scuotono il mondo giovanile, dal Maggio parigino ai
disordini della Convenzione di Chicago. L'idealismo comunitario viene travolto
dal verbo rivoluzionario, la metafisica dell'amore soccombe alla guerriglia
urbana, i testi sacri delle religioni orientali vengono rimpiazzate dai
libretti rossi. E la musica che si era battuta per l'utopia si mette
al servizio della politica.
Anche i Jefferson Airplane si allineano alle nuove direttive del Movement,
abbandonando i ristretti orizzonti di San Francisco per il piu` vasto e
tormentato paesaggio americano.
Il caratteristico linguaggio sognante li rende pero` piu` idonei all'epica
che alla cronaca o alla satira. La loro ideologia e` piuttosto vaga: si limita
sostanzialmente a incitare genericamente a combattere per un'America migliore;
non rinunciano ai miti dell'amore e della droga, che anzi fondono con le
istanze rivoluzionarie, ricavandone una ideologia hippie riveduta,
aggiornata e piu` adulta.
Volunteers (RCA, 1969),
il disco che scaturisce da questo clima di battaglia e che segna
ufficialmente il passaggio dall'utopia alla politica, e` uno dei momenti in cui
il complesso raggiunge la completa fusione di musica e vita. Tutto l'apparato
della musica impegnata (lo slogan di propaganda, l'inno di guerra e la cronaca
d'attualita') perde il carattere di tema legato a un'epoca e si
dilata su significati universali. Si salda a una musica spontanea ed essenziale,
diretta emanazione dei testi, capace ancora di catturare in pieno l'umore di una
generazione.
Lo spirito con cui i Jefferson affrontano il nuovo decennio nasce dalla
sovrapposizione
di diversi stati d'animo:
alle ultime vampate dell'utopia comunitaria si alternano un
senso di stanchezza e un conseguente desiderio di tranquillita';
contemporaneamente tutti sono pervasi dalla voglia di
cambiare il mondo, di scendere nelle strade e marciare insieme scandendo slogan a
pugno chiuso.
Musicalmente queste diverse tendenze si traducono in un recupero della
tradizione (simbolo della civilta` rurale, di contatto con la natura, di quiete)
e in un suono piu` aggressivo.
Fra i collaboratori del disco si contano nomi importanti, anzi
decisivi: il pianista Nicky Hopkins, il percussionista Joey
Covington, il chitarrista Jerry Garcia, e David Crosby nelle vesti di
consigliere spirituale. I Jefferson Airplane non sono semplicemente un
complesso di musica rock; rappresentano ormai un punto di riferimento per
l'elite dei musicisti della Bay Area, sia per quegli spiriti liberi e nomadi che
non compaiono nei libri mastri dei discografici sia per i membri di altre
famiglie.
Molta parte del disco si muove nella direzione del recupero di forme e valori
del passato.
I due traditional riarrangiati vivono all'ombra di atmosfere allucinate e
misteriose. Good Shepherd e` una ballata folk tenera e nostalgica,
una visione di redenzione d'intensita` quasi religiosa con sottofondo sognante
di violino e chitarra che emana profumi di chiese e di praterie,
mentre Meadowlands e` una fanfara di tastiere per un funerale di un minuto
in una raccapricciante atmosfera di eterna disperata malinconia.
Ancor piu` compromessa con il recupero delle radici e` l'allegria
rustica e domestica di The Farm (Kantner) e quella
ubriaca e corale di A Song For All Seasons (Dryden), i due country-rock
del disco,
o l'anelito mistico di Kaukonen in Turn My Life Down (quasi un atto
di contrizione gospel per scontare i peccati dei "viaggi embrionici").
D'altra parte la mente lucida, liberata dai fumi inebrianti della droga,
inquadra con crudezza la realta`, la fronteggia in modo spavaldo e perentorio.
We Can Be Together, l'inno del dopo Chicago,
strilla l'orgogliosa dichiarazione di guerra
da parte dei "fuorilegge d'America" che vogliono "buttare giu' i muri":
e` un anthem corale, sostenuto da un blues-rock marziale con la chitarra
distorta di Kaukonen e il piano di Hopkins a raddoppiare l'enfasi della
melodia.
E Volunteers, all'
altro capo del disco, in fondo a tutto, pronuncia con rabbia la parola d'ordine,
"rivoluzione", al ritmo della marcia serrata dell'esercito
dei "volontari d'America". Sono due brani corali (entrambi di Kantner),
aggressivo e drammatico il secondo, cadenzato e trascinante il primo, che
siglano l'abbandono
dell'ideologia pacifista e la conversione ai metodi della lotta dura.
Grace Slick, fata e strega al di sopra della mischia, seduce Hopkins e Kaukonen
per uno dei suoi leggendari voli: Hey Fredrick. Nel lungo rituale
propiziatorio il pianista e il chitarrista sfoggiano le loro virtu', imprimendo
le progressioni marziali di cui ha bisogno il gospel fervente di Slick per
librarsi in inno trascinante e commovente; e la coda strumentale e` una jam
improvvisata di blues-rock.
Il miracolo si ripete in Eskimo Blue Day, con la voce che si avvolge a
spirale e ritorna sempre allo stesso punto, che si distende austera e maestosa
al ritmo di marcia del piano e al suono di un flauto incantatore.
David Crosby regala agli amici un altro suo gioiello: Wooden Ships.
Raffinato e onirico come tutte le sue fiabe, fa ricorso a tutti gli strumenti,
dal piano al violino, e a tutte le voci, ma mantenendo sempre un equilibrio
cristallino di armonia; racconta di una
fuga su nere navi verso una sorta di moderna terra promessa; ogni nave
e` un'arca piena di coloro che si salveranno dalla catastrofe atomica;
la lunga traversata dell'oceano e` resa dall'alzarsi e abbassarsi delle voci, quasi seguendo
il moto delle onde e il maestoso incedere delle vele sulla immane
distesa d'acque e orizzonti; e l'urlo di speranza di Grace Slick si innalza
piu` tenero e feroce che mai.
Nella visione di Wooden Ships, nel suo misto di apocalisse e di sogno,
culmina il messaggio di Volunteers, come a dire che
al di la` della lotta, e della
bandiera per cui si lotta, resta sempre l'uomo, con il suo disperato
desiderio di trovare un angolo di universo tutto suo in cui non ci sia
bisogno di lottare per nessuna bandiera.
Nell'anno che va dall'estate del 1969 a quella successiva la formazione
dei Jefferson Airplane cambia volto: Covington sostituisce Dryden alla
batteria, Balin se ne va e spunta l'anziano violinista di colore Papa John
Creach.
Il disco da` l'impressione sbagliata: il gruppo e` tutt'altro che unito.
Tant'e` che i "volunteers"
rimasti si spezzano in due coppie: Kantner e Slick preparano un disco
intitolato Blows Against The Empire (RCA, 1970),
al quale collaborano i nomi storici dell'acid-rock, mentre
Kaukonen e Casady allestiscono gli
Hot Tuna.
Il disco di Kantner viene pubblicato alla fine del 1970, ed e` accreditato
alla Jefferson Starship. Composto principalmete da lui, ma con massicci
interventi della moglie, con due tocchi di classe di David Crosby e contributi
sparsi degli ospiti che sono davvero tanti (Garcia, Kreutzman, Hart dei
Dead; Kaukonen, Casady, Covington dei Jefferson; David Freiberg dei Quicksilver;
Crosby e Nash), esplora la direzione accennata da Wooden Ships, il viaggio
immaginario verso una moderna Utopia, la fuga dalla realta` alla ricerca
di un'isola deserta su cui fondare un'umanita` piu` giusta.
(Note that in 1969 the physicist Gerard O'Neill at Princeton University had
envisioned a human colony in outer space).
E` il testamento spirituale di San Francisco, oasi naturale alla ricerca
di un'altra oasi, questa volta sociale.
Il Movement si sta sgretolando, Rubin e Hoffman si sono rifugiati nelle
comuni agricole, molti capi storici sono in prigione.
Nelle comuni imperversano piu` che mai le filosofie meditative
orientali e le religioni visionarie lisergiche. La crisi del Movement rappresenta
il fallimento definitivo delle ideologie rivoluzionarie sul piano dell'
attuazione pratica; e tale fallimento non puo` che tradursi in rifiuto della societa'
(invece che in sua contestazione).
Blows Against The Empire e` la coscienza di questo rifiuto, una coscienza ancora
segretamente innamorata dell'utopia, e attratta dalle immensita` cosmiche
che stuzzicano i sogni di tutti dopo lo sbarco sulla Luna. Utopia e realismo
si fondono nella fiaba dell'astronave su cui si imbarcano gli eletti
alla volta di un'isola extra-terrestre non ancora sottomessa al Sistema.
Il disco e` un'opera rock fanta-scientifica e psichedelico-cosmica, parafrasi
della Bibbia, dell'Odissea e degli opuscoli rivoluzionari. Tre sono i suoi
messaggi capitali: uno di metodo, la presenza di tanti ospiti, il senso
di preghiera collettiva, di giuramento fra adepti di una setta, che
trascende l'appartenenza a questo o a quel complesso; uno di contenuto,
i testi infantili e cruenti, che inveiscono contro il mondo, che disprezzano
la civilta` umana, e che predicano invece la fuga, predicano di
"aprire quella porta" (Mau Mau), gigioneggiano nella profezia dell'isola dove
i bambini cadono dagli alberi (The Baby Tree), raccontano soprattutto
in toni omerici le peripezie degli eroi lungo il fantastico
itinerario: il canto d'addio
degli argonauti (Let's Go Together), la gravidanza di Slick come
evento augurale, segno divino del dovere di ripopolare la nuova terra
(A Child Is Coming), l'alba della partenza (Sunrise),
l'astronave e i suoi settemila passeggeri che gridano in coro il loro
motto "libere menti! liberi corpi! libera droga! libera musica!" (Hi Jack),
il viaggio verso le stelle (Have You Seen The Stars Tonite); e
infine abbandona l'arca che rimpicciolisce nell'orizzonte dei
firmamenti (Starship); e un terzo messaggio, sonoro, poiche' il clima
della parabola viene mantenuto attraverso una libera creativita` collettiva,
da cui scaturisce una musica cosmica, esistenziale e onirica fuori di qualsiasi
genere prestabilito,
tra l'altro uno stile duro e moderno che abbandona defintivamente le fragili
armonie della Costa Occidentale per allinearsi ai suoni progressivi
che incalzano da Detroit e da Londra, approfittando della gran confusione di
talenti e di strumenti.
Su tutti i fronti la portata dell'album e` enorme, tanto che questo disco
da solo riassume la parte avuta dalla musica rock nella cultura (musicale e non)
del Novecento: la collettivizzazione dell'opera musicale, la funzionalita'
dei testi, la confusione degli stili, l'esaltazione della creativita'.
L'iniziale Mau Mau e` una dura requisitoria, scandita seccamente ancora nello
stile violento e corale di Volunteers (provocazione fugsiana e selvaggio act
alla MC5), mentre The Baby Tree e` all'opposto una dolce
surreale ballata acustica. Let's Go Together e` l'inno delle menti libere,
una We Can Be Together con giochi corallini di voci, un epico incedere
pianistico con squilli conduttori di Slick. Child Is Coming
e` un sorriso di Crosby, che comincia radioso, traboccante di gioia, e finisce
quasi contratto nella paura, con le lunghe vocali spaziali di Grace Slick in
sottofondo, chitarre e pianoforte che respirano nel sonno, e una fitta
luce bianca ad accecare la mente, estasi e mantra.
E in Sunrise e` ancora Grace Slick a risvegliare il mondo con uno dei suoi
fantasmagorici voli d'aquilone, severa e suadente. Poi in Hi Jack tutti in
coro a raccontare la partenza dell'astronave in un vortice di entusiasmo:
la musica pulsa, freme, vibra, striscia, Kaukonen e Hopkins inventano stupendi
viaggi embrionici per rendere il trepido misto di paura e di speranza.
Have You Seen The Stars, con pianismo eroico e effetti spaziali di
chitarra (Hopkins e Garcia) a disegnare il panorama galattico, osserva
il dondolio dell'arca nella penombra cosmica, nel silenzio delle luci lontane.
Home e XM sono due brevi intermezzi rumoristici che saldano i brani della
seconda facciata.
L'arca avanza fra i pianeti, i navigatori del cosmo salutano con grida
di gioia ogni scoperta: Starship e` il girotondo finale, una corsa a
perdifiato tenendosi per mano, che sfuma nell'abisso dell'eternita'.
Blows Against The Empire segna l'apice della parabola musicale e umana
del gruppo. Subito dopo, in rapida successione,
i Jefferson Airplane fondano una loro etichetta,
la Grunt; nasce la figlia di Slick e Kantner, battezzata China; i coniugi si
comprano un pezzo di terra da trecentomila dollari; il complesso, orfano di
Balin e Dryden, assorbe Covington e Creach, e registra Bark; contemporaneamente
Slick, Kantner e la gente della Bay Area preparano un altro album manifesto;
Kaukonen e Casady fanno i pendolari fra Jefferson e Hot Tuna.
Nel 1971 i Jefferson Airplane danno insomma l'impressione di essere prossimi
allo smembramento, di sopravvivere piu` per rispettare il blasone che per
convinzione. Riesce d'altronde sempre piu` difficile amalgamare le varie
personalita`, e le numerose attivita` private debilitano i progetti pubblici
di rivoluzione e di mondi migliori, dimostrando quanto effimeri e ambigui
fossero i sogni di quella generazione.
Ancora una volta questa e` la coscienza di San Francisco: nel movimento dei
giovani c'e` aria di sbandamento, i pochi intransigenti rimasti non riescono
ad arginare la massa dei disertori che ritornano piu` o meno dichiaratamente
alla vita borghese.
Bark (1971) e` il frutto di quest'umore: un disco disordinato, senza un concetto
unitario di fondo, composto di canzoni eleganti e piacevoli, con un ritorno in
grande stile al ritmo; una versione aggiornata di Crown Of Creation.
Nei Jefferson convivono ormai palesemente tre complessi:
il gruppo di accompagnamento di Grace Slick, il complesso rock politicizzato
di Kantner, cioe` il feto della Starship, e la controfigura Hot Tuna di
Kaukonen. I Jefferson sono uno dei piu` acuti casi di schizofrenia
del rock.
A parte Thunk, breve canto dell'assurdo per sole voci maschili composto
da Covington, il disco e` spartito fra Kantner, Slick e Kaukonen, con un
netto avanzamento di quest'ultimo.
Kaukonen, sempre elegantissimo nei suoi interventi strumentali,
artigiano provetto di tutti i generi di corda,
e` autore dell'indiavolata Feel So Good, nell'ottica antiquaria
degli Hot Tuna (canto semi-nasale, ritmo serrato, secco assolo di chitarra);
della pigra Pretty As You Feel per violino blues, corde sparse e coro da
night-club; del duetto jazz Wild Turkey, con il violino maliardo di John
Creach, viaggio embrionico ad alta tensione che lo consacra fra le piu` grandi
chitarre del rock; del sommesso gospel-rock Third Week In Chelsea, delizia
d'alta classe per voci miste, armonica e chitarra acustica.
Grace Slick e` titolare di tre brani: la storia feroce di Crazy Miranda, altro
ritratto della serie e altro solitario volo con denso sottofondo strumentale;
la potente invettiva a squarciagola di Law Man, con il piglio eroico e
l'incedere marziale, gli spasimi melismatici, l'inflessione fiera e cattiva
dei bei tempi;
e Never Argue With A German, ritorno di fiamma per l'eccentrico,
l'esotico, l'elettronica, deliquio funereo in tedesco su ronzio straniante,
Brecht piu` Stockhausen, e aria di spleen, fumi di Mont-Martre.
Le cose migliori sono comunque di Kantner: When The Earth Moves Again,
ennesima profezia corale di rivoluzione con l'incedere eroico
degli inni di Volunteers e con l'approccio visionario di Blows Against
The Empire;
la frenetica e viscerale Rock And Roll Island, con le voci che si arrampicano
a perdifiato l'una sull'altra; e la fanta-politica
War Movie, sogno di insurrezione su un imponente crescendo collettivo, che
fa il paio con la prima.
L'impressione e` comunque che Paul Kantner sia invecchiato sui suoi sogni senza
speranza; che Slick (mutilata dall'operazione ala gola) sia distratta,
svogliata, spesso fuori misura, frettolosa e superficiale, isterica come una
donnina di casa con mille cose da fare, oppure pomposa come un'intellettuale
fallita e vanitosa in cerca di gloria postuma;
e che Kaukonen si sia reincarnato in
un folletto, invisibile, impalpabile ma onnipresente.
Le incertezze e il mezzo disimpegno di Bark sono proprie anche del nuovo
album-concept di Kantner e Slick,
Sunfighter (Grunt, 1971).
C'e` un forte senso della natura, che ridimensiona quello cosmico di
Blows Against The Empire: quiete e contemplazione cancellano le ultime
tracce di impegno ideologico.
Il disco e` realizzato con la collaborazione della solita accolita di ingegni,
con un insolito dispendio di orchestrazione e con arrangiamenti molto vari
(orientali, latini, elettronici).
Si comincia con Silver Spoon, lunga declamazione dura ed eroica di Slick su un
ritmo ossessivo punzecchiato dal violino di Creach, ed e` un ritorno al suo
miglior piglio oratorio, voce di ghiaccio dal pulpito della Bay Area.
Il tipico pamphlet kantneriano, Sunfighter, si avvale di supporto corale e
fiatistico per proclamare nel ritornello eroico il tema del disco:
non c'e` alcun bisogno di fuggire dalla Terra, basta riscoprirne le meraviglie
naturali. Lo stesso messaggio di Look At The Wood, breve ballata silvestre a
ritmo di ballo dei boschi. When I Was A Boy e`, invece, un brano teso, a ritmo
sostenuto, tutto urlato a squarciagola, in un'atmosfera di suspence, fra
crescendo gospel, slogan corali e tintinni di flamenco,
dedicato alla faccia oscura della
natura, al male che si rintana nelle pieghe della sua bellezza; e uno squillo
della cantante, quasi alla fine, per un istante sembra riportare indietro degli
anni, a un segnale perentorio di carica.
Million, orientale e nostalgica, e
China, intenso inno alla vita e tenera dedica materna di Slick, un classico
del suo canto gospel in crescendo, rappresentano
il nuovo malinconico mondo di San Francisco, fatto di ricordi e di affetti
domestici.
La nenia epica di Earth Mother, scandita sulla cadenza di un ballo rurale,
e` il manifesto della nuova filosofia di attaccamento alla vita
e alla terra, di fiducia nonostante tutto nelle grandi forze che sovrastano
l'avventura umana.
Holding Together, in chiusura, completa la trilogia eroica degli inni "together" a fare qualcosa
insieme, nello spirito comunitario che rimane al di la` di ogni mutazione
ideologica. Ancora una volta e` il piano di Hopkins a sostenere il passo
di marcia.
I brani piu` suggestivi sono forse i brevi intermezzi, per lo piu` strumentali:
le due parti di Diana, il
deliro onirico e lo stormo di bolle d'acqua di Universal Copernican Mumbles,
dove si scoperchiano le botole degli abissi e si sbircia nel vuoto segreto,
la muta Titanic, raccapricciante colonna sonora del celebre affondamento,
con il pulsare dell'oceano, le sirene della nave, le invocazioni di aiuto,
il tumulto, e di nuovo la placida quiete delle onde.
Piu' che negli omaggi strepitanti, e` in
queste pennellate affettuose che si illumina la nuova religione della natura.
Il disco successivo, Long John Silver, esce nell'estate del 1972,
e presenta chiari segni di crisi. I Kantner si sono convertiti al
Cristianesimo, sono arrivati al fondo della loro missione di recupero
dei valori positivi del vecchio mondo.
Il disco e` viziato da un clamore isterico, forse nel tentativo di irrobustire
un suono un po' leggerino per i tempi dell'Heavy-metal, e da testi
osceno-mistici che si inseriscono nella moda per l'apocrifo seguita al
musical "Jesus Christ Superstar".
Kaukonen, Casady e Creach competono per strillare piu` forte nel caos
generale, con l'unico effetto di appesantire il sound e di inebetire il
passo marziale che ne aveva fatto la fortuna.
Kaukonen puo` esprimersi soltanto nella sua Trial By Fire, e portare un
soffio di freschezza Hot Tuna in un sound che sta arrugginendo.
Anche Kantner e` un po' ridimensionato, padrone
dell'elegiaca Son Of Jesus, uno dei suoi tipici inni corali, e della lunga,
commovente, Alexander The Medium, il brano piu` vibrante e misurato, dove
finalmente gl strumenti a corda si placano, il piano intona il passo d
marcia e i contrappunti di Slick si librano ferventi e ipnotici sulla litania
di Kantner.
Grace Slick e` la principale responsabile del deterioramento:
i suoi brani sono sciatti e banali, la sua voce tracotante e stridula:
Milk Train e` il nuovo soul-rock nevrotico della "dirty woman".
Soltanto Aerie, drammatica e spaziale, rinnova i fasti dei voli lisergici.
Alla fine dell'anno al gruppo si unisce il bassista David Freiberg dei disciolti
Quicksilver. Nel 1973 viene pubblicato un disco dal vivo, Thirty Seconds Over
Winterland, decisamente fastidioso. E` la fine dei Jefferson Airplane:
Casady e Kaukonen optano definitivamente per il loro complesso,
Kantner e Slick preparano un altro disco con la gente libera della Bay Area,
Covington (Fandango), Kaukonen stesso (Quah) e Slick stessa
(Manhole) sfogano le rispettive libidini in dischi solisti.
Baron Von Tollbooth & The Chrome Nun (1973)
risolleva di parecchio le quotazioni dei coniugi
Kantner. Si torna indietro nel tempo, si rinuncia alla tronfia frenesia
di Long John Silver e si recupera il sound morbido e solenne dei capolavori.
L'album non e` un manifesto
come i due precedenti della coppia, ma gli ospiti sono ancora di riguardo, con
Crosby, Garcia, Kaukonen, Casady, Freiberg, Creach, Traylor e
due nuove reclute:
il batterista John Barbata (ex Turtle) e il chitarrista diciottenne
Craig Chaquico.
Compare, unica vera novita`, il
mellotron di Freiberg, presente in sottofondo a sottolineare visioni e
stati d'animo.
Prevale ancora Grace Slick, che, con calma, cerca di ritrovare se stessa,
quell'incantevole voce da ragazzina che faceva capolino fra le note per
librarsi in spettacolari voli lisergici.
Su Fat e su Across The Board la regina della Bay Area puo` sfogare la sua
ritrovata vena aerea, contrappuntata dalle Pointer Sisters o protesa in
assorta solitudine verso altezze vertiginose, ma sempre accompagnata come
tradizione dall'incedere solenne del piano; e in Fishman la sua voce si
sospende lieve sulle punte delle chitarre, scivola senza peso, volteggia
leggiadra, per distendersi finalmente in folate assolute di gospel
primordiale, presto catturata in vortici sempre piu` incalzanti, sempre
piu` in alto.
Il resto del disco e` tanto lirico quanto dispersivo.
Vi convivono temi tanto diversi come
Your Mind Has Left Your Body, cosmica sfilata di
meraviglie psichedeliche che evoca la sensazione del trip in stasi ritmiche
e vocali lunghissime,
la dinoccolata campestre Walkin' (per coro, banjo e violino),
entrambe di Kantner,
Flowers Of The Night (di Traylor), epica escursione nella
tradizione rivoluzionaria dei secoli e funerea evocazione di fantasmi gloriosi
con morale eversiva; e, di Freiberg, le rabbiose cadenze funky-soul di
Ballad Of The Chrome Nun e
la celeste malinconia di Harp Tree Lament, un ritornello corale che coniuga
la tenerezza d'ubriachi la notte fonda con la malinconia dirotta
di reduci sconfitti.
I due vertici del disco sono altri due brani di Kantner.
White Boy e` una martellante e drammatica parabola/
annunzio sul razzismo che si perde e si ritrova in freddi deserti popolati
soltanto dal grido sconsolato di Grace Slick: l'atmosfera drammatica e`
costruita su un sapiente contrappunto di suoni e grida, con una progressione
spettrale di interventi strumentali, fino alle congas che lanciano il crescendo
finale.
Annunciato da colpi di gong, dalla vocina di nuovo maliziosa di Slick e da un
filo epico di mellotron, Sketches Of China, l'inno finale, il brano che
(come tradizione) consacra l'atmosfera del disco, e` una melodia solenne che si
sdipana passando per tutte le voci e culmina in un corale tragico.
Anche quando non e` protagonista il marchio caratteristico del disco e`
le progressioni gospel di Slick.
Slick ha perso la potenza degli esordi, ma ha raffinato l'arte ad effetto
del crescendo. Il suo canto inizia in sordina, sottolineato da una cadenza
epica che ha lo scopo di creare suspence; poi le vocali si allungano,
salgono di ottava in ottava ritornello dopo ritornello fino a protendersi
nel grido piu` alto. Con questa tecnica elementare, che sublima il canto
ecclesiastico delle cerimonie gospel e di quelle protestanti, Slick riesce a
creare le atmosfere eroiche per cui e` celebre il complesso.
Sunfighter e, comunque, come i precedenti, un disco episodico, senza un tema
unitario. I Jefferson non hanno piu` messaggi particolare da trasmettere,
la loro missione storica e` terminata.
Nel 1974 Kantner e Slick, chiudendo la formazione aperta di
Baron Von Tallbooth, formano un nuovo complesso, i Jefferson Starship,
con Barbata (batteria), Chaquico (chitarra), Freiberg (basso),
Creach (violino), Pete Sears (pianoforte) e il ritrovato
Balin (reduce anche lui da una scarsa prova solista, Bodacious).
All'interno di questa formazione si ritaglia uno spazio sempre piu` largo
il "messicano" Chaquico, ultima delle grandi chitarre visionarie della Bay Area,
anche se viene a mancare il tocco lisergico/esotico di Kaukonen.
Kantner dichiara di non voler piu` cantare la rivoluzione, ma di voler piuttosto
cantare l'evoluzione. Eternamente attaccato alle sue utopie, il vecchio
leader vara uno space-rock a meta` fra soft e funky, riuscendo se non altro
a entrare sistematicamente nelle classifiche di vendita (complice la vendibilita` delle canzoni di Balin).
All'interno del gruppo perde progressivamente terreno Slick, consolandosi
con squallidi dischi solisti, esperimenti sempre piu` deprimenti di esotismi
pretenziosi.
Il primo Dragon Fly (RCA, 1974)
contiene la fiera Ride The Tiger, degna
degli anthem e dei voli abbacinanti di un tempo. L'arrangiamento
e` molto curato, soffice e cristallino:
il violino hard di Creach, la chitarra linda e petulante
di Chaquico, le tastiere ora vellutate ora martellanti di Sears,
un filo di sintetizzatore e le leggendarie armonie vocali dei leader.
Red Octopus (Grunt, 1975)
replica, con minor fantasia, ma con in piu` il potere
seducente delle canzoni di Balin, tornato prepotentemente alla ribalta con
l'ariosa ballata da cocktail-jazz Miracles, il piu` grande hit di
Balin e una delle loro song piu` sofisticate, in un lago di cori e di
archi, di tastiere tintinnanti. La potente, carnosa vocalita` di Slick
gigioneggia in Play On Love, e soprattutto nella grintosa Fast Buck Freddie,
un country-blues tutto d'un fiato con finale al galoppo.
La Starship ripete lo stile inventato dieci anni prima, aggiornandolo
secondo le mode. E le vendite salgono alle stelle: a meta` del 1975 sono al
primo posto nelle charts dei 45 e dei 33 giri.
Con Spitfire (1976) Kantner scade, pero`, nella musica di intrattenimento,
con sezioni d'archi e coretti soul, salvandosi soltanto nell'oasi
cristallina di St. Charles, un classico calligrafico di Balin- Kantner- Slick,
con apertura cosmico-marina e l'intero campionario di
cori, voli solisti, punteggiature pianistiche e sottofondi orchestrali.
Sul successivo Earth (1978) spicca la rilassata e calda ballata country
Count On Me, altro vertice del nuovo corso.
Dopo questo disco una grossa crisi travaglia il gruppo, che perde in un sol
colpo Balin, Barbata, e soprattutto Grace Slick.
La leggendaria cantante (ora sposata a un ragazzo tredici anni piu` giovane
di lei), distrutta dalla droga e dall'alcool, dopo aver perso il carisma
perde anche il posto.
I Jefferson Starship di
Freedom At Point Zero (1979) e di Modern Times (1980) hanno un
padrone unico, Paul Kantner, vincitore di una feroce lotta ad eliminazione,
ma i pezzi sono scritti dai nuovi (Chaquico e Sears), i nipotini nati
quando l'astronave era gia` in viaggio.
L'equilibrio storico, che vedeva Grace Slick in cabina di regia
(immagine e portavoce del gruppo), Paul Kantner responsabile del
materiale (anche dove non attribuito), Casady e Kaukonen nei panni dei
gregari di lusso imbrigliati dal diktat artistico dei capi, e`
completamente saltato.
Quando Slick decide di rientrare nei ranghi, c'e` un nuovo cantante, Mickey
Thomas, e su No Way Out (1984), We Built This City (1985), Sara (1986) e
Rock And Roll Is Good Time Music (1986), Nothing Is Gonna Stop Us (1987),
i grandi hit della maturita`, e` lui la prima voce.
Gli album del periodo, Nuclear Furniture (RCA, 1984),
Knee Deep In The Hoopla (RCA, 1985) e No Protection (RCA, 1987)
sono semplici cornici per gli hit.
La Starship e` ormai uno dei complessi piu` popolari del mondo. Kantner,
Balin e Casady, colti da rimorsi, fanno invece penitenza con un complesso
,
anche se viene a mancare il tocco lisergico/esotico di Kaukonen.matoriale di folk-blues.
Gold (Grunt, 1979) e` un'antologia degli hit degli Jefferson Starship.
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