- Dalla pagina su Steve Miller di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Steve Miller (Milwaukee, 1943) fece parte della grande stagione hippy di San Francisco, ma era in realtà un bluesman che suonava blues-rock, per quanto elegante e raffinato fosse. Quando la moda dell'acid-rock finì, Miller svelò la sua vera missione, che era quella di scrivere muzak atmosferica e rilassante.
Cresciuto in Texas e poi titolare di un complesso con
Barry Goldberg a Chicago (The Goldberg-Miller Blues Band),
arrivò a San Francisco nel 1966 e formò la Steve Miller Band.
Al suo fianco c'era il cantante e chitarrista ritmico Boz Scaggs,
suo amico d'infanzia.
Il sound di Children Of Future (Capitol, 1968) era sì allucinogeno
ma senza sacrificare troppo alla struttura della canzone e soprattutto
conservando i riff aggressivi del boogie.
L'album era diviso nettamente in due facciate.
La prima era relativamente tradizionale,
dominio dell'impeccabile Scaggs, con canzoni blues perturbate da assoli
Hendrix-iani, da cori estatici e da tastiere acide
(Roll With It, Baby's Callin' Me Home).
L'altra facciata era invece sperimentale come si conveniva all'epoca,
una suite in più parti per voci estatiche, tastiere chiesistiche (Jim Peterman)
e chitarra invasata, una fantasia melodica sovraccarica di toni cosmici,
con briosi aromi campestri (Children Of The Future),
con aperture strumentali allucinate e celestiali nel mezzo di epici e
sinfonici blues
Pink Floyd-iani (i sette marziali minuti di In My First Mind), con
stacchetti fatti di turbolenze e dissonanze (The Beauty Of Time con coro
finale di coro mantrico).
Frequenti ricorsi agli effetti elettronici tolsero su Sailor (Capitol, 1968) forza e respiro alle chitarre, pur conferendo un carattere ancor più allucinato alla musica. L'iniziale Song For Our Ancestors è una suspence organistica in crescendo a ritmo di sirena. Living In The USA e Overdrive sono i blues-rock più orecchiabili; Dime-a-dance Romance la ballad più riuscita di Scaggs.
Your Saving Grace (Capitol, 1969) e
Brave New World (Capitol, 1969)
furono album complementari.
Il primo era dedicato a soffici rhythm and blues ballads come
Your Saving Grace, Baby's House, Feel So Glad.
Il secondo era invece un album dinamico e arroventato, con una serie di
incalzanti blues-rock come Space Cowboy, My Dark Hour e
Brave New World.
Dopo l'abbandono di Scaggs e di Peterman il suono divenne ancor più
manieristico, e sempre meno blues.
Number Five (Capitol, 1970) è il suo album di roots-rock, in un anno in cui molti gruppi si davano al country. Più che altro, è un pretesto per svariare su molti fronti stilistici (Going To Mexico, Going To The Country, Midnight Tango) ma sempre con garbo e delicatezza.
Nel 1973 Miller si riorganizzò e puntò su un sound più salottiero,
con spreco di fiati e tastiere.
A partire da The Joker (1973) questa politica
sortì risultati commerciali eccellenti tanto sul versante del soft-rock
(Rock And Me, 1976; Fly Like An Eagle, 1977; Jet Airliner, 1977; Abracadabra, 1982)
quanto su quello della disco-music
(la suite Macho City del 1981, sagra dell'elettronica vellutata).
L'album live/studio Rock Love (Capitol, 1971) era in gran parte usa e getta, ma il breve album di 35 minuti Recall The Beginners (Capitol, 1972) conteneva parte del suo materiale migliore, tra cui Lover's Riddle, Fandango, per culminare con il pezzo di chiusura Journey from Eden.
La band continuava a cambiare e Miller attraversò un periodo di gravi problemi di salute. Quando finalmente ritornò a lavorare, il mondo era cambiato. La soluzione intrapresa da Miller fu quella di adottare un sound più appassionato, e migliorare le sue ballate con abili arrangiamenti di archi e strumenti a fiato.
Come risultato di questi cambiamenti, uscì The Joker (Capitol, 1973), che ebbe nel singolo The Joker una hit, oltre a Sugar Babe e Something To Believe In. Miller era diventato un maestro del soft-rock.
Lo stato di grazia di Miller venne confermato da Fly Like An Eagle (Capitol, 1976) che conteneva i singoli di successo Rock And Me, Take The Money And Run; e Book Of Dreams (Capitol, 1977) che conteneva altri successi quali Jet Airliner, Jungle Love e Swingtown.
Pochi artisti sono riusciti a produrre così tante hit in due soli anni.
Ma in qualche modo questi due anni prolifici oscurarono l’ispirazione di Miller, che se ne andò in Oregon e sembrò ritirarsi dalla musica.
Greatest Hits 1974/78 (Mercury, 1978) è un’antologia del periodo classico.
Miller realizzò un mediocre ritorno con Circle Of Love (Capitol, 1981), in cui tentò di coniugare la sua muzak (Circle Of Love, Heart Like A Wheel) con il funk elettronico della disco-music di Giorgio Moroder (la suite Macho City).
Abracadabra (Capitol, 1982) includeva la hit Abracadabra mentre in Italian X Rays (Capitol, 1984) Miller cercò di semplificare ancora di più il suo stile funk-soul commerciale.
Living In The 20th Century (Capitol, 1987) rappresentò un ritorno alle sue radici blues e Born 2B Blue (Capitol, 1988) fu un tributo al jazz.
Wide Rider (Polydor, 1993) fu la prima vera avventura commerciale dal 1984 e offrive altra muzak senza identità di Steve Miller.
Bingo! (Roadrunner, 2011), con la partecipazione di Joe Satriani in due brani, è un album di cover.
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