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Gli Aphrodite's Child nacquero intorno al 1968 a Parigi per opera di tre
ragazzi greci:
Vangelis Papathanassiou (keyboards), Demis Roussos (guitar and vocals), Loukas Sideras (drums).
Per un paio d'anni furono uno dei complessi da classifica più gettonati d'Europa,
titolari di una versione commerciale del rock classicheggiante che imperversava all'epoca (Rain And Tears, 1968, che riprende il "Canon in D" di Pachelbel con orchestrazione barocca e controcanto alla Ennio Morricone).
Dopo lo scioglimento del gruppo apparve un album doppio,
666 (Vertigo, 1970),
un'opera misteriosa che di fatto era un lavoro solista del leader. Questa collezione vaniloquente di
malefici, sortilegi, invocazioni, esorcismi, parole magiche divenne presto una delle pietre miliari del rock
esoterico, una sorta di Sgt Pepper degli inferi. Il disco è al tempo stesso una voragine
sonora in cui precipitano gli stili più svariati, dalle jam di blues-rock psichedelico di Four
Horsemen e Break al tribalismo sfrenato di Babylon e Capture Of The Beast,
dal bandismo "zappiano" di Altamont al free-jazz di Do It, dal music-hall di Beast
alle cacofonie di Wakening Beast. Musiche cerimoniali (The Lamb, Wedding Of The
Lamb) ed evocazioni gotiche (Aegian Sea) rigurgitano di esotismo. Preghiere da muezzin
(Lament), deliri da indemoniato (oo) e ogni sorta di invocazioni macabre imperversano da
un punto all'altro della "messa".
Più che di un'opera rock si tratta di un catalogo di magia nera: i
quadri scorrono velocemente come in un carnevale dell'orrore fino alla suite pantagruelica di All The
Seats Were Occupied, nella quale si consuma l'estremo rituale.
Vangelis aveva in realtà già avviato la sua carriera solista.
Dopo qualche disco preparatorio,
Fais Que Ton Reve Soit Plus Long Que La Nuit (WEA, 1968),
Sex Power (Philips, 1970),
Hypotheses (Byg, 1971),
uscì la prima delle sue grandi suite strumentali, The Dragon (Charly, 1971).
L'intento di rappresentare i cerimoniali delle feste cinesi del nuovo anno viene realizzato tramite
un'armonia caotica e carnevalesca, che costruisce un clima di mistero e paura, un'atmosfera da thriller
esotico. L'essenza del brano non è altro che un assordante tribalismo su cui delirano i violini
elettrici, ma proprio la sua durata estesa gli conferisce un senso più metafisico.
Per qualche anno quella rimase una parentesi. Vangelis si affermò
infatti quasi subito nei panni del trovatore elettronico con la colonna sonora
di
L'Apocalypse Des Animaux (Polydor, 1973), altro
album strumentale. Il successo del disco fu sancito da alcuni motivi memorabili, a partire dal tenero e
malinconico ritornello da carillon di La Petite Fille De La Mer e dal bel tema jazz di Le Singe
Bleu. Su queste "romanze senza parole" troneggiava la lunga Creation Du Monde, un affresco
di languori elettronici che riprendeva le idee dei primi Tangerine Dream. Questa colonna sonora
cambiò per sempre il corso della sua carriera, mettendo in luce da un lato l'eccezionale talento
melodico, capace di un romanticismo degno dei balletti di Cajkovsky, e dall'altro le sapienti
capacità di orchestrazione delle tastiere elettroniche.
Earth (Vertigo, 1973)
segnò un passo indietro, in quanto recuperava la
grinta della musica rock, sia pure in un contesto sinfonico (Come On), e si immergeva nelle
atmosfere mistiche-indiane dell'"hare krishna" (Sunny Earth).
Fu però l'ultimo sussulto del Vangelis cantante. Da lì in poi
avrebbe trionfato Vangelis l'arrangiatore e direttore d'orchestra.
Heaven And Hell (RCA, 1975) e`
l'archetipo delle opere presuntuose e magniloquenti che sarebbero venute. Strutturata come una sorta di
opera minimalista, ovvero sull'iterazione di poche frasi melodiche, deve la sua imponenza
all'orchestrazione, in particolare ai cori infernali e ai cori angelici scatenati in crescendo beethoveniani
scanditi da eserciti di organi in staccato.
Vangelis aveva coniato una nuova forma di musica elettronica, che riprende la
forma classica della "fantasia" con un piglio più sinfonico e un'enfasi
(quasi "cajkovskyana") sul patetismo e sulla cantabilità.
Ogni album aggiungeva un elemento leggermente diverso:
Albedo 0.39 (RCA, 1975),
La Fete Sauvage (Barclay, 1976),
Ignacio (Egg 900531, 1977).
Caratteristica del suo stile è l'elettronica festosa ed esuberante
(nonche' jazzata) di
Beauborg (RCA, 1978),
una delle sue suite più immani, e To The Unknown Man, su
Spiral (RCA, 1977),
mitigata nei pomposi poemi stellari alla Pulstar e nelle melodie in progressione
di Spiral e Hymne, quest'ultima sulla colonna sonora di
Opera Sauvage (Polydor, 1979),
creativa soltanto nella rumoristica
fantascientifica di Bacchanale (da Opera Sauvage).
Piu` corrivi furono invece
China (Polydor, 1979) e
See You Later (Polydor, 1980), mentre
Odes (Polydor, 1980) e` una collaborazione con l'attrice
teatrale Irene Papas.
Un'altra colonna sonora gli procurò un altro momento di grande
popolarità e lo proiettò in testa alle classifiche di vendita:
Frederic Rossif's Chariots Of Fire (Polydor, 1981).
Il
tema di questo disco è la quintessenza del suo sinfonismo romantico. Un'altra colonna sonora,
Antarctica (Polydor, 1985),
rappresenta invece il picco spirituale dell'artista, con la sua armonia radiosa per
strati di sintetizzatori, arpe e violini.
Blade Runner (Atlantic, 1994),
che vedrà la luce nella versione
dell'autore soltanto dodici anni dopo (la colonna sonora del 1982 non contiene
la musica originale di Vangelis bensi` versioni arrangiate e orchestrate da
altri compositori),
ritorna allo spirito romantico di Apocalypse, con un substrato piu`
jazz e orientato alla ballad.
Invisible Connections (Deutsche Grammophone, 1985),
un disco di musica atonale registrato per
una prestigiosa etichetta di musica classica, ne ha messo in luce le velleità sperimentali, come
già stato suggerito dai due dischi divisi in "movimenti":
Soil Festivities (Polydor, 1984) e soprattutto
The Mask (Polydor, 1985).
E dalla sua terza sinfonia (inedita).
Mask è emblematico dello stile polifonico di questa fase.
Nel primo movimento si alternano quattro temi: una corrente sotterranea di sintetizzatore, un grappolo di
magniloquenti grida sinfoniche, un coro d'intensità "verdiana" e il solfeggio raccolto della
soprano. Ora in sequenza ora sovrapposti, vengono usati come mattoni per costruire uno spettacolo di
tragicità e imponenza.
I momenti più suggestivi vengono però quando Vangelis
modera il suo vizio di pomposità: nel quarto movimento, quando improvvisamente il coro intona
una liturgia gregoriana e l'orchestra cede il posto a un trepestio di percussioni gamelan, perlatro quasi
sottovoce; e nel quinto, con il sintetizzatore e le percussioni impazzite, e il coro che imita il salmodiare
giapponese.
Ormai la musica di Vangelis è composta di questi blocchi corali,
sinfonici ed elettronici scagliati sullo spartito con violenza inaudita. Nei confronti dell'orchestra e del coro
l'elettronica nutre un po' di soggezione, rimane in sottofondo, o in disparte, raramente capace di sostenere
quegli acuti e quei picchi di decibel.
Un altro vertice della sua arte sarà
Direct (BMG, 1988),
album manieristicamente classico.
Rapsodies (Polydor, 1986) e
The City (East West, 1991) sono album di un compositore
maturo.
1492 Conquest of Paradise (SPA, 1995) e` un'altra
delle sue trionfali colonne sonore.
Voices (EastWest, 1995) e
Oceanic (Atlantic, 1996) non aggiungono nulla che Vangelis non
abbia gia` detto, ma lo fanno con grande suggestione.
In parallelo alla sua attività maggiore Vangelis ha anche scritto
canzoni più convenzionali per il cantante degli Yes, Jon Anderson:
I Hear You Now su
Short Stories (Polydor, 1979) e
I'll Find My Way Home
su The Friends Of Mr Cairo (Polydor, 1981).
La collaborazione continuera` su
Private Collection (Polydor, 1983),
He Is Sailing (Polydor, 1983),
Three Ships (Polydor, 1985),
Page Of Life (Omtown, 1991).
Quest'ultimo e` tipico del loro easy-listening basato su semplici melodie,
che, tutto sommato, riprende semplicemente quello dei vecchi Aphrodite's Child:
Change We Must, una ninnananna alla Enya,
le ballad strappalacrime Anyone Can Light A Candle e Shine For Me,
il synth-funk sincopato alla Peter Gabriel di Money,
la lunga Wisdom Chain che serve soltanto a riempire l'album,
etc.
Il fascino naif delle suite di Vangelis ha rappresentato al tempo stesso il punto
terminale della commercializzazione della musica "cosmica" tedesca e uno dei punti di partenza per la
new age americana.
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