- Dalla pagina sui Van Der Graaf Generator di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
I Van Der Graaf Generator furono per molti versi i più originali esponenti del progressive-rock britannico dei primi anni '70. Tanto il sound del gruppo quanto i testi del cantante-filosofo Peter Hammill esprimevano un pessimismo allucinato sul destino dell'uomo. Dalle loro piece, dilaniate da una tensione esistenziale e da squarci violenti di dolore, emana un senso di angoscia, claustrofobia e paranoia. Rispetto agli altri complessi del progressive-rock i VDGG sembrarono sempre più cupi e tetri, quasi gotici. Rifuggirono tanto le velleità classiche (Nice, Yes) quanto quelle medievali (King Crimson, Genesis), ritagliandosi un universo unico e terribile.
Formati all'università di Manchester attorno al
cantante Peter Hammill (l'epitome della nevrosi), al batterista Guy Evans
(apocalittico) e all'organista Hugh Banton (gotico), i VDGG impiegarono
qualche anno a fondere quelle tre personalità.
Il gruppo debuttò con i singoli
People You Were Going To / Firebrand (Polydor, 1968) e
Afterwards / Necromancer (Mercury, 1969).
L'album The Aerosol Grey Machine (Mercury, january 1969)
conteneva già qualche lungo brano (Aquarian e Octopus),
ma l'esecuzione era ancora naive. Il complesso sembrava perdersi non appena
si spingeva oltre la ballata Afterwards.
La personalità di Hammill dominava il gruppo, ma c'era ancora
poco di musicale dietro le sue parole.
Il sassofonista David Jackson contribui` a far compiere un passo avanti su The Least We Can Do Is Wave To Each Other (Charisma, 1970), album che contiene soltanto sei lunghi brani. Refugees è una ballata ben più sofferta. Darkness, White Hammer e After the Flood sono veri e propri poemi filosofici che stendono un ponte fra la Mitteleuropa degli anni '30 e la paura dell'epoca nucleare.
I toni sinistri di quell'album sfociarono nel
H To He Who Am The Only One (Charisma, 1970 - Virgin, 2005),
il manifesto romantico dei VDGG.
I brani sono soltanto cinque e ben tre superano i dieci minuti.
I testi e le melodie di Hammill sono accompagnati da armonie intricate,
laboriose, fatte di sobbalzi ritmici e di disturbi di sottofondo che ne
aumentano la drammaticita'. Un jazz-rock, figlio bastardo di Miles Davis,
assume tinte maschie e terribili.
Il riff truce ed ossessivo di Killer (un tour de force dei fiati)
immerge nell'atmosfera macabra di un poema sul Male, prima di essere spazzato
via dalle frasi epiche dell'organo.
Struggente delirio di solitudine è invece House With No Door, ballata lirica
ed elegiaca per pianoforte.
L'epica visione di The Emperor In His War Room (nove minuti)
è un altro
incubo omicida, che il canto gelido di Hammill, oscillando fra diversi registri
riesce a rendere in tutta la sua agghiacciante nevrosi. La tecnica assomiglia
a quella dei Genesis, ma con due importanti varianti: il suono non è al
servizio di fiabe medievali, ma di atroci drammi interiori; l'arrangiamento
non indulge in barocchismi, ma è essenziale e finanche sgradevole.
Lost (undici minuti) si spalanca in abissi di paura e desolazione: l'organo tesse
litanie liturgiche mentre il sax strania con frasi struggenti, una scossa
elettrica scatena un pandemonio da fiera, la batteria tiene una cadenza
funerea sulle note indiane del sax, e nel crescendo finale si perde la
disperata agonia di Hammill.
I VDGG mettono a punto una forma di musica narrativa che non racconta una trama,
ma approfondisce un soliloquio.
La quintessenza di questa prassi è Pioneers (dodici minuti) che, lungi
dal celebrare una saga spaziale, descrive invece il tormento di un pioniere
dello spazio perdutosi fra le galassie (momenti di apoteosi e invocazioni di
aiuto) e la musica lo accompagna nei vortici della sua angoscia.
Lo stile vocale di Hammill, mutuato da Tim Buckley, con in più una teatralita'
wagneriana, conferisce sovratoni di pathos ed epos.
Continuando la progressione verso un sound sempre più complesso e spaventoso,
il gruppo giunge al capolavoro con Pawn Hearts (Charisma, 1971 - Virgin, 2005),
dominato da tre lunghe suite.
Quella dei VDG è
una musica cupa, capace di riflettere sui grandi temi dell'universo e della
morte.
Lemmings è una danza psicotica bombardata
da dissonanze organistiche e da riff testardi di sax, in cui il suicidio di
massa dei roditori viene assunto a metafora della nevrosi moderna.
Man-Erg è un accorato inno all'uomo dell'evo tecnocratico, una sorta
di Pioneers per l'uomo che è rimasto, non meno solo e angosciato, sulla
Terra: il canto di Hammill è dilaniato da struggenti litanie organistiche,
come una messa in nomine, finche' esplode dentro un improvviso rovescio di
sincopi martellanti del sax, ma capace ancora di recuperare una dimensione
epica.
A Plague Of The Lighthouse Keeper è il loro kammerspiel più tragico:
le prime strofe della melodia (ripetute da un coro di bambini) si
disintegrano presto in un magma strumentale rarefatto, in cui il sax imita
le sirene dei vaporetti; glaciali note d'organo riportano al tema iniziale,
un soliloquio teso e vibrante, che recitata concitato come in un lied
espressionista; su accordi celestiali d'organo il canto si apre a un
melodismo più
umano, ma, dilaniato da un nuovo scatto epilettico, che lo frammenta e
distorce, si spegne in un ultimo atroce spasimo contro l'incalzare
di un maestoso inno corale.
è l'apoteosi della solitudine di Hammill e della stessa condizione umana.
Sempre più lontano dalla suite psichedelica e dalla ballata folk, il
romanticismo dei VDG sembra ora influenzato semmai dallo svolgimento dei temi
nel sinfonismo classico.
Le atmosfere fredde, buie e deserte dei loro brani, non hanno eguali
negli annali del progressive-rock di quegli anni.
Peter Hammill lanciò una carriera solista in cui avrebbe semplicemente continuato a esplorare in maniera quasi morbosa gli stessi terribili temi. I suoi dischi sono spietati nel non concedere nulla alla facilita' di ascolto. Ignorando qualsiasi logica commerciale, l'ex cantante dei Van Der Graaf Generator sfornò con cadenza regolare opere molto personali ed ermetiche, spesso in antitesi con le mode imperanti: Fool's Mate (Charisma, 1971) è un album ancora bizzarro con le sbrigliate Imperial Zeppelin, Viking e Sunshine al fianco degli incubi freudiani di Solitude and Child (e le versioni originali di Vision and Birds), ma Chameleon in the Shadow of the Night (Charisma, 1973 - Virgin, 1989) è il primo dei suoi austeri atti di contrizione, arrangiato quasi interamente per piano e chitarra acustica, ricco di momenti di grande pathos (soprattutto In the End , ma anche l'incubo espressionista German Overalls, Easy to Slip Away , Black Room , The Tower). Hammill aveva trovato un suggestivo punto di equilibrio fra l'eccentrico folk-pop di Syd Barrett e l'austero psychodrama di Peter Gabriel.
The Silent Corner and the Empty Stage (Charisma, 1974)
contiene The Lie
e Rubicon, oltre alle convolute
Modern e Red Shift
e alla lunga
A Louse is not a Home.
In Camera (Charisma, 1974) è uno dei suoi album migliori, grazie a
Ferret and Featherbird, Faint-Heart and the Sermon, la
suite sperimentale Gog/Magog e un senso generale di follia.
Hammill è un asceta claustrofobo, la cui arte si muove in uno spazio esiguo
di tenebre immobili e silenziose. Le sue liriche sprofondano nei labirinti
interiori di un tormentato subconscio, vittima dell'esistere e di tutte le
sue contraddizioni.
La musica è fragile, esile, lenta, qual che sia l'arrangiamento (spesso
free-form, elettronico, rarefatto). Il canto è modulato, intenso, profondo,
ma mai esibito, come si addice a una contrita auto-flagellazione.
Nadir's Big Chance (Charisma, 1975), che si avvaleva della collaborazione dei vecchi compagni, inaugurò invece la saga di Rikki Nadir all'insegna di un sound quasi hard-rock.
I Van Der Graaf Generator si riformarono dopo quattro anni e pubblicarono tre album mediocri prima di sciogliersi nuovamente: Godbluff (Charisma, 1975), Still Life (Charisma, 1976 - Virgin, 2006), forse il migliore dei tre (Pilgrims, i 12 minuti di Childlike Faith In Childhood's End), World Record (Charisma, 1976).
Hammill guidò un'ensemble più ridotto (con basso e violino al posto di sax e organo), che registrò The Quiet Zone The Pleasure Dome (Charisma, 1977).
I VDG si riformarono quasi 30 anni dopo per registrare Present (Charisma, 2005).
Finita la seconda parentesi con i VDGG, Hammill riprese la carriera solista. Purtroppo la qualità non è sempre in relazione alla quantità, e molti brani dei suoi album potevano rimanere tranquillamente nel cassetto.
Over (Charisma, 1977) è uno dei suoi album più "privati" e vanta alcune delle sue composizioni più tormentate, contrassegnate talvolta da accompagnamenti orchestrali (This Side of the Looking Glass , Autumn , Time Heals di nove minuti).
The Future Now (Charisma, 1978), album contrassegnato da interessi sociopolitici e arrangiamenti elettronici, annovera comunque The Future Now, Energy Vampires, Medieval e Palinurus.
PH7 (Charisma, 1979) ha My Favourite, Polaroid, Handicap And Equality e Faculty X.
Il dolore cosmico domina dall'alto la tragedia privata di questo emarginato
cantore dell'ansia. La suite di venti minuti Flight, su
A Black Box (Mercury, 1980),
è forse il caleidoscopio di emozioni intime in cui meglio si sfoga la sua
introversione.
Sitting Targets (Mercury, 1981) non ha particolari vette, ma
rappresenta un buon compendio del periodo.
Enter K (Naive, 1982) e Patience (Naive, 1983) sono
accreditati al K Group e propongono un sound più rock e persino disco.
Film Noir e Patience sul secondo sono particolarmente
accattivanti (fatto insolito per lo standard tenebroso di Hammill).
Loops and Reels (Mercury, 1983) raccoglie esperimenti di varia natura.
Skin (Foundry, 1986) è forse il peggiore album dell'intera carriera di Hammill.
And Close As This (Virgin, 1986) è invece uno dei suoi migliori, anche se
(o forse proprio perchè) è diverso dalla media. Le canzoni sono davvero
"canzoni", e l'accompagnamento è quasi esclusivamente di pianoforte,
e l'angoscia retrocede in secondo piano:
Silver , uno dei suoi capolavori,
Too Many of My Yesterdays, uno dei suoi ritornelli più felici,
Sleep Now,
Silver,
Delivery,
Other Old Cliches,
Empire of Delight.
In A Foreign Town (1988) è ancora una raccolta confusa, per quanto i riferimenti al pop e alla disco-music siano meglio amalgamati e meno ingombranti (Invisible Ink , Time To Burn , The Play's The Thing).
Nell'età matura Hammill affronta la musica sempre più con lo spirito del compositore classico, e i suoi dischi hanno sempre più l'aspetto di opere da camera, nelle quali Hammill suona spesso da solo tutti gli strumenti. Questa fase culmina nel colto canzoniere di Out Of Water (Enigma, 1990), con le ammalianti Something About Ysabel's Dance e Evidently Goldfish, le cupe No Moon In The Water e Green Fingers (che ritornano per qualche minuti ai climi dei VDG) e soprattutto le lunghe A Way Out (sette minuti) e On The Surface (otto minuti).
Il doppio The Fall of the House of Usher (Some Bizarre, 1991),
una rock opera dedicata ai racconti di Edgar Allan Poe e arrangiata in
maniera elettronica, era in cantiere da quasi vent'anni e verrà completamente
remixato dieci anni dopo (Fie, 2000).
Il disco
apre gli anni '90 all'insegna di ambizioni sempre smodate ma forse anche
di un inaridimento dell'ispirazione (proporzionale al numero di dischi
sfornati).
Fireships (Fie, 1992) torna allo stile introspettivo di
And Close As This, ma con dovizia di violini e tastiere.
The Noise (Fie, 1993), uno dei suoi dischi più accessibili, torna invece
al sound chitarristico e al battito pesante di Nadir
(Great European Department Store, Entertainer), mentre
la complessa Primo On The Parapet, la cupa Planet Coventry e
la spettrale Noise (forse i tre vertici dell'opera, benchè le meno
accessibili) tengono alto il quoziente di insicurezza.
I venti minuti di A Headlong Stretch fanno di Roaring Forties (Fie, 1994) il miglior disco di questa fase (nonostante la ballad Your Tall Ship).
Typical e Roomtemperaturelive sono dischi dal vivo.
Hammill continuerà poi a pubblicare dischi con cadenza annuale, ma senza
più riuscire a toccare i vertici dei suoi anni migliori:
X My Heart (Fie, 1996),
Sonix (Fie, 1997),
Everyone You Hold (Fie, 1997),
This (Fie, 1998),
The Appointed Hour (Fie, 1999), una collaborazione con Roger Eno, None of Above (Fie, 2000),
Incoherence (2004).
Sono lavori banali, raffazzonati e, tutto sommato, imbarazzanti, che hanno
grandemente ridimensionato il personaggio.
Veracious (2006) documenta performance live dal 1999 al 2004.
Hammill's Singularity (2007), il primo album, dopo Incoherence, dal rischioso infarto del 2004, fu un'altra prova indulgente, con una sola canzone
interessante, Closer White Dot.
In meno di 40 anni Hammill aveva già registrato
più di 50 album. E si vedeva.
Il doppio CD Real Time (2007) documenta il ritorno live nel 2005 dei
VDG.
Trisector (2008) è stato il primo album in studio dei VDG dopo la reunion e Consequences (Fie!, 2012) è stato l'ennesimo album solista di Peter Hammill.
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