- Dalla pagina su Alex Chilton e Big Star di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Attraverso le epoche dell'hard-rock, del progressive-rock, del punk-rock e della new wave, Alex Chilton (Memphis, 1950) è stato il profeta del power-pop, della melodia pura, delle armonie vocali in quattro parti, delle chitarre jingle-jangle, del riff hard-rock e della produzione cristallina.
Aveva già confezionato una hit con i Box Tops, The Letter (1967), quando si unì ai Big Star.
Il secondo album di questi ultimi, Radio City (1974), è l'album power-pop per eccellenza, in cui le armonie vocali dei Beatles, il jingle-jangle dei Byrds e i riff potenti degli Who diventano termini appartenenti alla stessa equazione.
Il terzo album, registrato nel 1974 ma pubblicato solo quattro anni dopo, Third/Sister Lovers (Rykodisc, 1978), era più duro e cupo. L'ideologia retrò di Chilton alla fine arrivò a permeare la new wave ed esercitò un'enorme influenza sul Brit-pop anni '90.
Nato nel Tennessee, Alex Chilton era il chitarrista e il cantante dei Box Tops, un gruppo di Memphis. La loro raffinata versione di "blue-eyed soul" fruttò l’hit The Letter (Mala, 1967), scritta da Wayne Carson Thompson, quando Chilton aveva soltanto 17 anni. Dopo qualche altro hit in quel filone (Cry Like A Baby, 1968; Soul Deep, 1969; un’altra composizione di Thompson), e un ultimo album, Dimensions (Bell, 1969), caratterizzato dalle prime composizioni di Chilton, i Box Tops si sciolsero, e nel 1970 Chilton si unì ai Big Star di Chris Bell, un altro gruppo di Memphis che suonava un esuberante e schietto pop.
#1 Record (Ardent, 1972) rappresenta senz’altro il prodotto della passione di Bell per i ritornelli orecchiabili e i cori travolgenti del Mersey-beat, benchè il gruppo usasse chitarre jingle-jangle à la Byrds (The Ballad Of El Goodo, Watch The Sunrise). Dall’altro lato, un atteggiamento rock-ribelle e proto-punk permea Feel, Thirteen e In The Streets.
Quando Bell lasciò il gruppo, Chilton divenne il leader indiscusso.
Radio City (1974), come detto sopra, è la quintessenza dell’album power-pop, all’interno del quale i Big Star fondono Beatles, Byrds e Who (September Gurls, Back Of A Car, O My Soul, Mod Lang, What’s Going Ahn, You Get What You Deserve). Lo stile di Chilton è diverso da quello di Bell: il pop di Chilton si fonda su una filosofia di vita (ribelle), su una visione (pessimistica), su una profondità psicologica (turbata), laddove Bell suonava unicamente per il piacere di suonare.
Third (PVC, 1978), registrato nel 1974 ma distribuito soltanto quattro anni più tardi, e ripubblicato con materiale aggiuntivo col titolo Sister Lovers (Rykodisc, 1992), è più duro e più lugubre (Holocaust, Kangaroo, Kizza Me, Big Black Car, Dream Lover, Thank You Friends). Sotto molti punti di vista rappresenta il primo album solista di Chilton.
Chris Bell morì nel 1978 in un incidente d'auto, alla fatidica età di 27 anni, senza riuscire a pubblicare un album solista prima di morire.
Il materiale che aveva registrato in precedenza venne raccolto su I Am The Cosmos(Rykodisc, 1992), e mostra un compositore di gran lunga superiore rispetto a Chilton.
I Big Star si sciolsero nel 1975 e Chilton, trasferitosi a New York, cominciò la carriera solista con l’EP Singer Not That Song (Ork, 1977), il singolo Bangkok (1978) e l’album Bach’s Bottom (Line, 1981 - Razor & Tie, 1981), una session del 1975 che include parte dell’EP.
Like Flies On Sherbert (Peabody, 1979) contiene Rock Hard, ma per il resto è completamente insignificante. D’altra parte, Chilton ha dato una mano a gruppi influenzati dal rockabilly quali Cramps e Panther Burns. Grazie alla rivalutazione dei classici da parte della new-wave, Chilton venne riscoperto e divenne una star di culto. Il problema è che c’era una ragione per cui egli era stato dimenticato: non era il più originale e neppure il più prolifico dei compositori. Il suo talento fa miglior mostra di sè nelle innumerevoli cover che vengono incluse nei suoi album. Chilton è uno showman da notte fonda nella tradizione dei saloons e delle road-houses, non è un cantautore nella tradizione del Greenwich Village. La sua ossessione per il pop triste alla Brian Wilson è la più interessante caratteristica del suo stile compositivo.
Di fatto, la decade successiva produsse molto poco. Spostandosi a New Orleans, Chilton cominciò a comporre musica sulle radici della musica americana: soul e rhythm’n’blues.
L’EP Feudalist Tarts (Big Time, 1985) include il suo brano Lost My Job tra diverse cover.
L’EP No Sex (1986) contiene due ottime composizioni di Chilton: No Sex e Underclass.
Un numero ancor maggiore di cover è presente su High Priest (New Rose, 1987), ma i brani originali (Dalai Lama, Thing For You) sono a malapena memorabili.
Il mini album Black List (New Rose, 1990) aggiunge Magnetic Field e Jailbait.
Cliches (Ardent, 1994) raccoglie alcuni vecchi pezzi tra i suoi preferiti. Egli era divenuto famoso soprattutto come un "revivalista", non come un "autore". Molti di questi album suonano in maniera terribilmente datata.
Lost Decade (1985) è una brutta antologia.
A Man Called Destruction (Ardent, 1995) contiene una insolita dose di buoni pezzi originali. Chilton sfoggia entrambi i suoi aspetti di duro rocker (Devil Girl, You're Looking Good) e di brillante showman (It's Your Funeral, What's Your Sign Girl).
1970 (Ardent, 1996) raccoglie le registrazioni che Chilton aveva preparato per il suo primo album solista, prima di unirsi ai Big Star. Si tratta di opere ampiamente minori sia rispetto ai Box Tops che ai Big Star.
Loose Shoes And Tight Pussy (Last Call, 1999), ripubblicato come Set (Bar None, 2000), è un’altra terribile raccolta di cover.
Story (Rykodisc, 2003) è un’antologia.
I Big Star tornarono con il loro primo album in studio dopo 27 anni, In Space (Rykodisc, 2005). La nuova formazione (Alex Chilton, il batterista Jody Stephens e Jon Auer e Ken Stringfellow dei Posies) campiona casualmente il panorama pop dei primi anni '70 con Dony, Turn My Back on the Sun e Hung Up With Summer. Per fortuna, l'inno disco Love Revolution offre qualcosa di diverso.
Keep An Eye On The Sky (2009) contiene avanzi usa e getta della loro carriera (demo, tracce alternative, versioni live).
Alex Chilton è morto a New Orleans per un attacco di cuore nel 2010, all'età di 59 anni.
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