Henry Cow (and their spin-off Art Bears) were one of the most significant
British groups of progressive-rock of the 1970s inspired by
Soft Machine.
Virtually ignored by the press and by histories of rock
music because their albums never entered the charts, they were actually one
of the most significant groups of all times.
Members such as
Fred Frith,
Chris Cutler,
Geoff Leigh,
Lindsay Cooper,
Tim Hodgkinson,
Peter Blegvad
went on to highly influential and creative solo careers.
If English is your first language and you could translate the Italian text, please contact me.
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La scuola "progressiva" di Canterbury venne rinnovata negli anni '70
principalmente dagli Henry Cow e dalle opere soliste dei suoi membri.
Formati nel 1969 al campus di Cambridge dal chitarrista Fred Frith
(virtuoso di violino, gia` compositore di musiche per balletto),
con Tim Hodgkinson alle tastiere e Geoff Leigh ai fiati,
gli Henry Cow vinsero un concorso per giovani talenti e composero
un'opera rock dionisiaca sulle "Baccanti" di Euripide.
Successivamente si aggiunsero
John Greaves al basso e Chris Cutler alle percussioni.
Leg End (Virgin, 1973) e` un album ispirato al jazz-rock dei Soft Machine,
al guitar-sound cervellotico dei King Crimson, e alle big band di Frank Zappa.
Quest'ultimo in particolare e` la principale influenza:
Nirvana For Mice sfoga le libidini fiatistiche da banda paesana del
Grand Wazoo rivedute all'insegna del free-jazz, di un percussionismo piu`
fantasioso e di piccole dissonanze tastieristiche; la fantasia classicheggiante
di Amygdala deve altrettanto a Zappa nei guizzi e nei girotondi delle
tastiere e delle chitarre, con anzi maggior comicita'; e
Teenbeat e` un paradosso degno di Burnt Weeny Sandwich
in tre movimenti: free cacofonico, balletto espressionista e bandismo
demenziale.
Al jazz-rock violento e metafisico dei Matching Mole rimanda invece
The Tenth Chaffinch.
La lunga, suggestiva Nine Funerals Of The Citizen King, piece da
camera totalmente improvvisata sia nelle parti vocali sia nelle percussioni
e con pochissimi accordi utili,
e` fuori da questa traiettoria di musica corposa a gran ritmo, e costituisce,
nel suo astratto e surreale incedere, la prima premonizione della reale personalita'
artistica del gruppo: il suo finale di coretti da cabaret brechtiano, archi da
camera e saltarelli medievali apre orizzonti sconfinati.
Il secondo album, Unrest (Virgin, 1974) ripropone grosso modo lo stesso
programma, ma con maggiore enfasi sull'improvvisazione di gruppo.
L'ispido stile chitarristico di Frith, che e` un po' il marchio di fabbrica
del sound del gruppo, brilla nel calmo assolo di
With The Yellow Half Moon And The Blue Stars, proponendosi per il suo
intelligente disordine come uno dei modi chitarristici piu` interessanti
degli anni '70.
Ruins (dodici minuti), Half Asleep (sette minuti) e
Linguaphone sono momenti spettacolari del progressive-rock dell'epoca.
Frith e` anche
padrino del "Rock In Opposition", movimento politico musicale a favore
dell'autogestione. La coerenza morale e artistica si paga pero` in termini di
insuccesso economico, e gli Henry Cow,
per non morire di poverta`, si devono fondere nel 1975 con gli
Slapp Happy.
Dato che Lindsay Cooper ha preso nel
frattempo il posto di Leigh, introducendo un sound piu` "morbido",
la formazione del gruppo risulta notevolmente
mutata, con due tastiere (principalmente nastro preparato e organo), due
chitarre (ma Frith suona anche il violino e lo xilofono), basso, batteria,
fiati (oltre all'oboe della Cooper, anche il clarinetto di Hodgkinson) e
canto.
Dopo un lavoro di assaggio,
Desperate Straights (Virgin, 1974),
ancora un po' rugginoso (ma con lo splendido
Caucasian Zullaby, folkloristico e dissonante, e con
Bad Alchemy), esce In Praise Of
Learning (1975), un altro capolavoro.
La musica dell'ensemble si propone come un'originale fusione di espressionismo
ed elettronica, rock-cabaret e avanguardia "Darmstadtiana".
In Praise Of Learning e` soprattutto un lavoro di sintesi: i due momenti
espressivi degli Henry Cow, il primo dedicato a Wyatt e Zappa, il secondo
maturato, attraverso prove incerte e lunghe pause, nella libera improvvisazione,
confluiscono e si giovano della voce gelida e dura della Krause.
Questa rappresenta
certo l'elemento piu` destabilizzante: animatrice dei circoli dell'intelligentia
tedesca, femminista militante, brechtiana ortodossa. Ma i meriti vanno
divisi anche fra gli altri: Cutler, angelico percussionista del caos e massimo
discepolo di Wyatt; Hodgkinson, che si conferma eclettico tastierista;
Cooper, magistrale e parca manipolatrice di oboi e fagotti; Moore,
emulo della grande scuola elettronica tedesca.
Il tono semi-serio degli esordi lascia il posto a una severa tensione
espressiva.
S'intuisce la presenza ostile di un messaggio, ma si fatica a comprendere
la nuova filosofia, basata sul mistero, l'ignoto, il magico, il fantastico.
I canovacci non contano nulla, perche' dalle loro esili impalcature si dipanano
selve conturbanti di suoni, grappoli d'urla e cupe fasi strumentali che
ondeggiano fra psicanalisi del subconscio e religiosita` universale.
Al cabaret espressionista (per il canto) e al cinema dell'orrore (per le parti
strumentali) si rifanno le ballate tenebrose War e
Beautiful As The Moon Terrible As An Army (complesso lied brechtiano
per il declamato vibrante di Krause, con assolo glaciale di Frith).
All'avanguardia totale si possono ascrivere la lunga jam rarefatta
Living In The Heart Of The Beast (con alternanza di canto e di
improvvisazioni strumentali e un finale epico bandistico), il caos
cacofonico di Morning Star e
The Long March, che dalle dissonanze elettroniche e percussive filtra un
inquietante rombo mantrico.
I Concerts (Caroline, 1976) documentano il talento spettacolare
dell'ensemble.
La comune e` pero` allo stremo. Uno scisma la spezza in due:
Hodgkinson, Cooper, Frith e Cutler registrano
Western Culture (1978), una raccolta di composizioni di Coooper
e Hodgkinson che rimane l'album piu` vicino a Frank Zappa degli
Henry Cow
(con i solenni crepuscoli di Industry e On The Raft),
senza improvvisazione e puramente strumentale;
mentre Krause e gli stessi Frith e Cutler danno vita agli Art Bears.
I dischi di questo trio sono forse i risultati piu` radicali dell'intera
scuola di Canterbury. Lo spirito espressionista di Krause, non ignaro del
cabaret politico di Brecht e Weill, si fonde con
le intricate partiture del progressive-rock.
Hopes And Fears (Random Radar, 1978) isola i tre musicisti dal resto del rock, approntando
una fornace tragica di dissonanze, atonalita` e casualita'.
La novita` e` soprattutto la frammentazione austera ed epigrammatica,
che rinuncia alle distese improvvisate a favore di una maggiore sintesi
espressiva. La rarefazione e` maniacale: un ritmo lento e di percussioni povere,
scarne linee (dissonanti e discontinue) di harmonium, piano, violino o chitarra
a guidare la melodia, e il canto gelido disperato a scandire testi lugubri.
I ritmi tribali, il piano marziale, il fischio elettronico di
Dividing Line, le percussioni africane e i campanelli di
Labyrinth, il bandismo dissonante di Joan, le distorsioni
maniacali e i riverberi della voce di The Tube, l'ancor piu`
agghiacciante tribalismo di Riddle, avvolto in scariche di
radiazioni, e infine il gelido mantra di Piers, con in comune
la declamazione enfatica di Krause e l'incedere angoscioso, danno
una nuova definizione di "lied", un lied che impiega detriti sottoculturali
e proclama intenti didattici.
Cosi` gli accordi di flamenco e i riff di hard-rock di In Two Minds
creano una straniante contrapposizione fra la rock opera degli Who e
l'operetta brechtiana.
Il cuore popolano di Frith, ingabbiato nelle maglie della concettualita` di
Krause, batte piu` palese in Moers e piu` mimetizzato in Terrain,
ma infine lirico e maestoso nei contrappunti melodici di violino, chitarra e
sax e nel passo solenne di Dance.
Le cupe linee d'organo, le armonie vocali femminili e le dissonanze degli archi
di Maze tentano di creare un suono per ambienti chiusi, per arcate
buie esalanti odori d'eternita` sepolte, musica per moderne cattedrali o
catacombe.
Il fascino di queste ballate notturne
sta nell'esagerazione dei toni, nelle atmosfere da incubo e nell'accostare
le novita` piu` audaci dell'avanguardia alle strutture
(compositive e strumentali) tradizionali.
Possente e suggestiva, apocalittica
e catartica, granitica ed ermetica, la musica di Hopes And Fears
apre un nuovo fronte per la creativita` rock.
Il secondo album degli Art Bears, Winter Songs (Ralph, 1979),
presenta anche un tema unitario: ogni canzone e` dedicata a un
bassorilievo della cattedrale gotica di Amiens.
Frith dilania gli epigrammi con le note lugubri dell'organo.
La voce di Krause racconta con tono straniato le storie dei morti, piegando
idealmente "Spoon River" all'enfasi espressionista.
Ai climi satanici di alcuni brani contribuisce invece il percussionismo esotico
di Cutler.
In qualche punto si oscilla fra Pink Floyd e King Crimson in pieno horror
(First Thing First) e la suggestione e` ancor piu` intensa laddove le
tastiere disegnano tetri paesaggi cosmici (The Slave),
il canto sprofonda con fatalismo in vertigini di pianismo jazz (Gold)
o impazzisce nel delirio concitato di Rats And Monkeys
(una geniale micro-sinfonia concreta),
il violino incalza con medievali danze di strada (Hermit),
le chitarre e le voci danzano minimali e giapponesi (Three Figures),
o percussioni ed elettronica sgretolano il climax apocalittico
(Winter/ War).
Un senso di desolazione e morte esala da composizioni come Winter Wheel,
emblematica del nuovo genere di psicodramma paranoico e lugubre, o la stanca
nenia liturgica di Three Wheels.
Salvo poche eccezioni (la danse macabre di Skeleton) il lied ossessivo
ed enfatico ha ceduto il posto a una forma canzone modernista che rinnega le
matrici popolari di Frith. Rispetto a Hopes And Fears c'e` meno emotivita'
e piu` sperimentazione. Il clima e` piu` opprimente e meno Brecht-iano. E` un
disco sul metaforico "inverno" dell'umanita`, un disco per definizione anemico
e post-apocalittico.
Gli Art Bears si spengono dopo il terzo album,
The World As It Is Today (1981),
un lavoro didattico ogni brano del quale e` legato a un aspetto della societa'
capitalista, con un incitamento finale (Albion Awake!) alla rinascita
della madrepatria.
Fred Frith,
Chris Cutler,
Geoff Leigh,
Lindsay Cooper,
Tim Hodgkinson,
Peter Blegvad
daranno vita a carriera soliste di tutto rilievo.
The Art Box (ReR, 2004) is a 6-cd box-set that collects all the
Art Bears recordings plus rarities and remixes.
Stockholm and Goteborg (ReR, 2008) collects recordings from 1976 and
1977, notably Tim Hodgkinson's Erk Gah and two lengthy improvisations.
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