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I Tangerine Dream si formarono a Berlino nel 1966 e debuttarono con
il 45 giri Lady Greengrass/ Love Of Mine.
Il chitarrista Edgar Froese era già stato titolare di un
complessino di acid-rock sulla falsariga dei Pink Floyd, che ebbero l'unico
momento di gloria quando si esibirono a una mostra di Salvator Dalì.
La formazione era completata dal percussionista Klaus Schulze e dal
tastierista Conrad Schnitzler.
Il primo album, Electronic Meditation (Ohr, 1970), registrato
nell'ottobre 1969 da Edgar Froese alla chitarra al Farfisa e al piano,
Klaus Schulze alla batteria e alle percussioni,
e Conrad Schnitzler al violino e al violoncello,
e` un album nella piu` fiera tradizione psichedelica,
un marasma di chitarre distorte, percussività disordinata e
strumenti ad arco amplificati al limite delle loro possibilità acustiche.
L'influenza dei Pink Floyd
è fin troppo evidente: il tour de force è
Reise Durch Ein Brennendes Gehirn (12 minuti), il cui
crescendo di organo ricorda la A Saucerful Of Secrets e il cui barrage chitarristico ricorda
Interstellar Overdrive.
Cold Sweat offre una forma di psichedelia ancor piu` caotica.
Poi Klaus Schulze si mise in proprio,
Conrad Schnitzler formò i Cluster e
Edgar Froese ripartì da capo con una formazione più umile,
nella quale spiccava il percussionista
Christopher Franke, ex Agitation Free .
Proprio questi ebbe l'idea di spostare il baricentro del sound verso i
sintetizzatori e i sequencer.
Fu l'invenzione determinante. Non solo inventò il futuro dei
Tangerine Dream, ma inventò il futuro dell'intera musica elettronica.
Su Alpha Centauri (Ohr, 1971) i Tangerine Dream sono cosi` un quintetto:
Froese alla chitarra e al basso,
Franke alle percussioni, al flauto, all'arpa e al sintetizzatore,
Roland Paulick al sintetizzatore,
Steve Schroeder all'Hammond e al Farfisa,
Udo Dennenbourg al flauto.
Le tre jam improvvisate di questo album si lasciano alle spalle il mondo
terreno e si lanciano nell'infinito. La prassi si ispira
in egual misura al jazz-rock, alla musica d'avanguardia e all'acid-rock.
Più che la
liturgia solare per organo da cattedrale di Sunrise In The Third System, ancora intrisa di A
Saucerful Of Secrets e di mantra indiani, a indicare il futuro del gruppo fu la lunga Fly And
Collision Of Comas Sola (13 minuti),
con i sibili galattici dei sintetizzatori che si rincorrono e intrecciano nei
grandi spazi vuoti dell'universo e un ennesimo crescendo di organo che viene però falciato da
disturbi astronomici, da un torrenziale baccano percussivo e dalle evoluzioni libere del flauto.
Traboccante di un fervore panico, che coniuga le saghe galattiche di
Asimov e i profeti dell'Apocalisse, la title-track
sfonda il muro dei venti minuti, ma soprattutto indulge
nelle cacofonie più raccapriccianti, lasciando fluttuare nel nulla le distorsioni elettroniche, le
risonanze, i riverberi, i ronzii prodotti dalle tastiere elettroniche. Nell'assenza del ritmo di qualunque
ordine precostituito si celebra la nascita di un nuovo genere, che funge da documentario immaginario
degli spazi siderali, da "fanta-documentario" sonoro. Dal caos si levano il canto armonioso del flauto e si
intuiscono voci diffuse nelle lontananze infinite, quelle che levano in coro il salmo finale.
Un getto costante di fasci di luce inonda i lunghi, dolci brani di questo disco,
piccoli sinfonie e requiem del magma universale intrisi di una profonda
religiosità.
Zeit (Ohr, 1972),
il primo disco composto dal trio "classico" di Froese, Franke
e Peter Baumann (sintetizzatore, vibrafono, organo), sancì
l'abbandono sia degli strumenti classici (a favore di una
strumentazione prevalentemente elettronica) sia del ritmo (a favore di un
concetto di "tempo" molto piu` libero).
L'opera (a cui collaborano anche
Steve Schroeder, Florian Fricke dei Popol Vuh e un quartetto di
violoncellisti)
si presenta come una sinfonia in quattro (monumentali)
movimenti. Nella composizione intervengono tecniche minimaliste, continuum alla
Ligeti, manipolazioni elettroniche alla Stockhausen.
La lugubre introduzione di Birth Of Liquid
Plejades fa pensare a un quartetto d'archi della scuola dodecafonica
(ben quattro i violoncelli
impiegati) ma ben presto le onde elettroniche dei due VCS3 (Franke e Baumann) e i rombi del generatore
di Froese prendono il sopravvento.
La title-track rinuncia all'ambizione pittorica a favore di un
suggerire, far balenare e intuire, che implica atmosfere più
dimesse e sempre più
sinistramente vuote, cariche più di suspence misteriose che di apoteosi galattiche; visioni che
scorrono al rallentatore e riverberano all'infinito, simulando il perenne e solenne moto delle nebulose. In
questo senso i suoni più.
prelibati (o, quantomeno, eterei) sono i rumori metallici e le frequenze subsoniche di
Nebulous Dawn, che non fanno più leva su alcuna struttura musicale ma soltanto sulla
disposizione della materia nello spazio.
Origin of Supernatural Probabilities e` un brano ancor piu` astratto,
che sembra vegetare senza dar luogo a sviluppi rilevanti.
Il sound non e` piu` un fine per finali spettacolari, ma una semplice "texture".
E` sempre piu` sintassi, e sempre meno semantica; sempre piu` poesia e sempre
meno narrativa.
Un singolo, Ultima Thule, tentò timidamente nel 1972 di
far conoscere il gruppo a un pubblico più ampio.
Atem (Ohr, 1973) e` l'album in cui matura definitivamente
l'uso dell'elettronica e dell'improvvisazione.
Il quartetto trova il giusto punto di equilibrio fra
sensazionalismo melodrammatico e controllo dei suoni,
cancellando tanto l'angoscia di
Meditation quanto la claustrofobia di Zeit.
Atem (20 minuti), probabilmente il loro capolavoro,
si apre con un incedere marziale che ricorda le cerimonie
di massa dei kolossal biblici (ritmo stentoreo di tamburi, cori immani, cupe risonanze d'organo); una
frenesia percussiva sprofonda nella quiete cosmica, fatta di echi e segnali perduti nel buio interstellare; un
lungo finale di rumori cosmici, lenti e misteriosi, accumula tensione e paura. Il sinfonismo maestoso cede
il primato a una più subdola arte di innuendo. Il sound è ora molto più fluido e
spontaneo, depurato di quelle dinamiche farraginose e di quei cromatismi esasperati che lo rendevano
anche troppo "teutonico".
Fauni-Gena e` poca cosa al cospetto di quel capolavoro, quasi una
colonna sonora per meditazioni zen.
Completano l'album due brevi composizioni: Circulation Of Events e
Wahn.
In august 1973, Tangerine Dream (Froese and Franke) recorded
Green Desert, but the album
will remain unreleased till the 6-LP box-set In the Beginning (1986).
The album contains the 20-minute Green Desert, which harks back to
their psychedelic roots, and three shorter melodic pieces
(White Clouds, Astral Voyager, Indian Summer).
Il successo commerciale venne invece decretato invece dal più
banale Phaedra (Virgin, 1974), registrato nel dicembre 1973,
che introdusse l'incalzante ritmo elettronico destinato a rimanere il loro marchio
di fabbrica e riuscì cosi` a vendere su grande scala le idee
di Alpha Centauri.
I Tangerine Dream erano diventati un trio di tastiere elettroniche, quello
che sarebbe rimasto il loro formato classico.
La suite omonima (17 minuti) ricicla con minime variazioni una pulsazione
poliritmica e deboli rumori di sottofondo. Dopo dodici minuti la pulsazione
perde la sua tonalita` e il brano entro nella fase piu` interessante
(suoni spettrali, coro di morti, sibili galattici).
Il capolavoro del disco e` semmai la
melodia struggente di Mysterious Semblance (10 minuti), degna di un
adagio barocco, che, immersa in cupi venti cosmici, muta forma lentamente
senza mai perdere la propria identita`.
I frenetici borbottii e l'organo da cattedrale di
Movements Of A Visionary (otto minuti) continuano l'esplorazione
del fattore ritmico e del suo opposto (il drone).
La carriera futura dei Tangerine Dream si svolgera` in gran parte
all'insegna di questo contrappunto: fra suoni ripetuti meccanicamente e
suoni lasciati fluttuare staticamente.
Froese lanciò a quel punto la sua carriera solista, continuando
peraltro a sfornare dischi con Franke e Baumann.
Rubycon (1975) continua l'impressionante progresso nelle tecniche
di produzione. I Tangerine Dream stavano di fatto inventando proprio quello:
un modo di produrre il sound elettronico, un modo diverso da come si era
prodotta la musica rock o la musica jazz.
Questa ininterrotta suite di 35 minuti e` puro cromatismo.
I Tangerine Dream suonano frasi musicali piu` o meno a caso, ma le
organizzano in una forma calda, eterea e liquida. Non esiste piu`
la tensione drammatica di Zeit, perche' non esiste piu` la funzione
narrativa o meditativa.
E' rimasta soltanto l'idea di una musica atmosferica eseguita con gli
strumenti elettronici.
Insieme agli esperimenti contemporanei di Brian Eno è
questa la novità più saliente dell'elettronica degli anni '70,
questo "non suonare nulla" di particolare ma suonarlo in maniera
pressoché perfetta.
I languidi vagiti dei sintetizzatori, le onde elettroniche che si dissolvono in
tremolii sempre più fini, le evanescenze che si riflettono in miriadi di timbri cristallini, il
tamburellare dei sequencer che conduce nelle danze in crescendo, danno luogo a un nuovo tipo di
composizione, che non è una sinfonia, non è una sonata, non è una fantasia
melodica e non è una jam, è un poema tonale liberato di tutti i vincoli armonici. Anche
l'abolizione della suddivisione in brani contribuisce alla creazione di un nuovo genere. Rubycon
rappresenta il vertice del figurativismo dei Tangerine Dream.
Il trio aveva scoperto una formula magica e continuo` semplicemente a
propinare orchestrazioni elettroniche di quel genere, rinunciando
ad affrescare scenari apocalittici, e assestandosi invece su un senso di pace
e serenità molto più umano.
Ricochet (Virgin, 1976), registrato dal vivo e di nuovo strutturato in
due facciate senza suddivisioni,
accentuo` semmai l'aspetto melodico, che nella tela di
Phaedra e Rubycon era ancora un po' sfumato, nonché
l'impatto ritmico (i sequencer sono doppiati dalle percussioni). Il difetto
più grave di queste partiture è quello
di diluire le poche idee a cui sono ancorate, ma e` certamente impressionante
la facilita` con cui il trio riesce a cesellare atmosfere barocche.
La svolta melodica è evidente anche in
Stratosfear (Virgin, 1976), il
primo album a interrompere la serie delle suite chilometriche.
Quattro i brani, e la strumentazione comprende di nuovo strumenti acustici
accanto ai colossi elettronici.
Se le cadenze pronunciate
della title-track sono in linea con l'enunciato di Ricochet, l'adagio struggente di 3 Am At The
Border e la parentesi classicheggiante e bucolica di The Big Sleep In Search Of Shades
provano soluzioni meno scontate. Froese abbozza un funk cosmico in Invisible Limit,
premonizione di sonorità più abiette a venire.
In questo periodo il gruppo si esprime anche a 45 giri: escono a catena
Betrayal/ Grind (1976), Stratosfear/ The Big Sleep (1976), Encore/ Hobo March
(1977) e Monolight (1977), a consolidare il successo crescente a livello planetario e confermare lo
stato di grazia di Froese.
A quel punto Baumann abbandona il gruppo, giusto in tempo per evitare la
crisi dell'intero movimento tedesco.
Cyclone (Virgin, 1978),
che annovera il polistrumentista Steve Jolliffe e il percussionista Klaus Krieger accanto a Franke e Froese,
Froese tenta di rilanciare il gruppo. Per la prima
volta il canto ha una parte e il sound è tanto vivace quanto lo può essere. Ad eccellere
è comunque la suite strumentale, Madrigal Meridian (20 minuti).
L'accentuata imponenza di Force Majeure (Virgin, 1979), ottenuta
resuscitando la strumentazione rock, ha i suoi pro e i suoi
contro. La title-track parte a tutta birra con un ritmo rock mentre la chitarra balbetta stacchi funky prima
di sganciare un tema ultra-melodico urlato a tutto volume; e da lì in poi è una
metamorfosi continua, alla continua ricerca di arrangiamenti, tempi e ritornelli di presa immediata.
Questa volta i Tangerine Dream sono tornati decisamente nel seminato rock, riprendendo la forma delle
fantasie di Mike Oldfield.
Froese ha abbandonato il genere di suite celestiale che aveva inventato e
ripiega su un onesto progressive-rock.
Force Majeure ha però il pregio di concentrare in
una suite unica una quantità di idee pari a tutte quelle profuse nei cinque anni precedenti.
Viceversa il tema assordante di chitarra e l'aggressività ritmica di Thru Metamorphic
Rocks suonano come una cacofonia al cospetto del loro repertorio passato.
La piu` umile Cloudburst Flight rimarra` un classico dei loro concerti.
Tangram (Virgin, 1980), che introduce Johannes Schmoelling al fianco
di Froese e Franke,
doppia il successo di Force Majeure, tornando
per una volta al formato della lunga suite in due parti. Nel tripudio di marcette militari e arie folk della
prima parte Froese e Franke pervengono a un altro brillante esempio di bricolage elettronico.
Exit (Virgin, 1981), che contiene sei pezzi e` la brutta copia di
Tangram.
L'intento commerciale è dimostrato anche dalla quantità di
singoli (nel 1979 Force Majeure, nel 1980 Tangram, nel 1981 Chronozon, nel
1983 Cinnamon Road e Daydream, nel 1985 Madchen, nel 1987 Dancing On A White
Moon,...). E poi arriveranno i 12": Dr Destructo (1981), Die Melodie (1982),
Warsaw In The Sun (1984), Flashpoint (1984), Streethawk (1985), Dolphin
Dance (1987), A Time For Heroes (1987), Tyger (1987), Marakesh (1988),
Optical Race (1988), Alexander Square (1989), I Just Want To Rule My Own Life
Without You (1991), Dreamtime (1993).
Nel frattempo Froese perdeva del tutto la bussola, prima scimmiottando il
prog-rock degli anni '70 con
White Eagle (Virgin, 1982), che contiene la lunga Mojave Plan,
poi incorporando campionamenti e folk etnico con
Hyperborea (Virgin, 1983), che contiene la lunga
Sphinx Lightning,
poi affrescando i quadretti impressionisti di Le Parc (Jive Electro, 1985),
infine ritrovando un ultimo sussulto di creatività con
Underwater Sunlight (Jive Electro, 1986), il primo album a sostituire
Schmoelling con Paul Haslinger, forte di
Song Of The Whale,
seguito dall'altrettanto decoroso
Tyger (Jive Electro, 1987), con Tyger,
London e Alchemy Of The Heart.
Durante gli anni '80 il gruppo ripiega sull'attività cinematografica.
La colonna sonora per Sorcerer (Virgin, 1977)
li aveva lanciati a Hollywood. Erano seguiti:
Thief (Virgin, 1980),
che e` forse la migliore, nello stile
di Exit e Force Majeure,
Wavelength (Varese Sarabande, 1983), Risky Business (Virgin, 1983), da cui è tratta la celebre Love On A Train,
Firestarter (MCA, 1984), Flashpoint (EMI, 1984),
Heartbreakers (Virgin, 1985), Legend (MCA, 1986),
Near Dark (Silva Screen, 1987),
Three O'Clock High (Varese Sarabande, 1987),
Shy People (Varese Sarabande, 1987),
"The Keep", "Red Heat",
The Park Is Mine (Silva Screen, 1991),
"Forbidden",
"Vision Quest",
Destination Berlin (BMG, 1989),
Dead Solid Perfect (Silva Screen, 1990),
Man Inside (EMI, 1991),
Miracle Mile (Private, 1991),
Deadly Care (Silva Screen, 1992),
Catch Me If You Can (1994),
etc.
Nel 1987 i Tangerine Dream avevano pubblicato un video del Grand Canyon,
Canyon Dreams (Miramar, 1991),
la cui colonna sonora è uscita su CD soltanto nel 1991 (la musica
è però puro kitsch senza nerbo).
Nel 1987 anche Franke abbandona Froese. Per i Tangerine Dream
sembra l'inizio della fine.
Invece scoppia il boom della new age music a rilanciarne di colpo le
loro quotazioni. E' chiaro però che il complesso di
Optical Race (Private, 1988)
è ormai soltanto Froese in persona,
più che mai incostante nelle sue sortite:
Lily On The Beach (Private, 1989),
che vede l'ingresso in formazione del figlio Jerome Froese,
si affida a cadenze da
discoteca e ritornelli corrivi, mentre
Melrose (Private, 1990),
è un album di musica rock
(con persino un buon assolo di chitarra blues in Electric
Lion) e
Rockoon (Miramar, 1991)
cade in pieno territorio techno-rock (vedi Touchwood).
A questo punto anche Paul Haslinger aveva
abbandonato Froese e lanciato la propria carriera solista.
220 Volt (Miramar, 1993), registrato dal vivo,
abbraccia anche il jazzrock (Oriental Haze, Blue Bridge, Dreamtime, con tanto di assoli
di sassofono) e Morricone (Sundance Kid), ma il cuore continua a battere nel pomposo techno-
rock di 220 Volt e Hamlet.
Turn Of The Tides (Miramar, 1994)
è emblematica del nuovo corso ultra-
commerciale e conformista: otto brani, né troppo brevi né troppo lunghi, che consistono in
pratica nell'arrangiare in maniera romantica un tema melodico. L'elettronica di Edgar e Jerome è
soltanto un surrogato dell'orchestra di musica leggera. Dilagano temi da cocktail lounge come
Firetongues (con il primo assolo di flamenco) e Midwinter Night, anche se le emozioni
più forti provengono dalla briosa fanfara della title-track e soprattutto dal commosso requiem per
sassofono di Death Of A Nightingale.
Suonato e prodotto in maniera impeccabile, il disco non ha però
nulla a che vedere con i Tangerine Dream: è uno dei tanti prodotti di muzak di sottofondo. Se non
altro, in questa fase Froese padre ha ceduto la chitarra al virtuoso Zlatko Perica e al sassofono utilizza
un'accorata Linda Spa.
Nel ventennale della nascita un disco come
Tyranny Of Beauty (Miramar, 1995)
non potrebbe suonare più ironico: i temi sono ancora più scialbi, gli arrangiamenti sono
scontati come sempre, e non bastano gli spunti del sassofono di Spa (Little Blond In The Park Of
Attractions) o della chitarra di Gerald Gradwool (ancora flamenco in Catwalk) o la limpida
melodia della title-track (l'unico senso d'essere del disco) a redimere questa formazione.
Per vendere la sua carriera alle giovani generazioni, Froese non esita a
lanciare sul mercato anche una raccolta di remix di brani degli ultimi anni.
Il problema è che Froese tende a usare strumenti elettronici
già predisposti in fabbrica per certi suoni, e quelli sono i suoni che si sentono su tutti gli album
che usano quegli strumenti, mentre Franke (perlomeno all'inizio) usava sintetizzatori che potevano essere
"accordati" a piacere, consentendo di produrre qualunque genere di suono.
I Tangerine Dream sono anche stati i primi a trasformare la musica
cosmica da fenomeno di studio a fenomeno da arena.
I loro dischi dal vivo sono usciti con cadenza
quinquennale, da Encore (Virgin, 1977), che contiene
Desert Dream, a
Logos (Virgin, 1982), che contiene semplicemente 45 minuti di
improvvisazione, da Pergamon (Virgin, 1986), che contiene soltanto
un brano intitolato Quichotte,
a Live Miles (Jive Electro, 1988),
da Poland (Jive Electro, 1984), che contiene
quattro brani di venti minuti (Poland, Tangent, Barbakane, Horizon),
a 220 Volt (Miramar, 1993).
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