Anton Fier and the Golden Palominos


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Golden Palominos , 7.5/10
Visions Of Excess , 7/10
Blast Of Silence , 6/10
A Dead Horse , 6/10
Drunk With Passion, 6/10
This Is How It Feels, 7/10
Dreamspeed , 6/10
Pure, 6/10
Dead Inside, 5/10
Blind Light (1996), 4/10
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Summary.
Anton Fier (the drummer for Pere Ubu, the Feelies, the Lounge Lizards) formed the supergroup Golden Palominos to play a futuristic jazz-funk-ethnic-rock crossover with a revolving cast of jazz, rock and avantgarde musicians (Arto Lindsay, Fred Frith, David Moss, John Zorn, Michael Beinhorn, Bill Laswell, Nick Skopelitis, Richard Thompson, Henry Kaiser, Jody Harris, Carla Bley, and countless vocalists). Golden Palominos (1983) collated a number of calculated post-modernist jam sessions that turned the concept of counterpoint into the analogue of software programming. Visions Of Excess (1985) perfected the idea, abstracting the very notion of rock'n'roll hedonism and transposing it into a sort of robotic theatre (with Fier in the role of the puppeteer). As Fier's alcoholism worsened, Golden Palominos' albums became more accessible, ethereal and unfocused: Blast Of Silence (1986), A Dead Horse (1989), Drunk With Passion (1991). The method was rejuvinated on the song cycle of This Is How It Feels (1993), a set of seductive monologues whispered in the night, that composed an analytical study of melancholy and sexuality, exuding a sense of exotic tragedy (and featuring the super-cast of Bernie Worrell, Bootsy Collins, Laswell, Skopelitis, two female vocalists, tapes and computers). While less accomplished, Pure (1994) and Dead Inside (1996) were also pensive and ambitious works that refined his philosophy of life and art. A virtuoso of sleek and flawless productions, Fier was, first and foremost, an architect of sound, transcending all genres and all cliches.
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Il batterista Anton Fier ha attraversato in rapida successione un gran numero di formazioni (Pere Ubu, Feelies, Lounge Lizards). Forte di tante amicizie e di tanto prestigio, e influenzato dai Material, Fier organizza i Golden Palominos (Celluloid, 1983), una sorta di super-gruppo del rock "negativo" che vanta Arto Lindsay, Fred Frith, David Moss, John Zorn, Mark Miller, Michael Beinhorn, Bill Laswell e James Ladeen Tacuma. Il sound e` ovviamente il piu` bizzarro "crossover" avanguardistico, un funk tirato dalla sezione ritmica, straniato dal crooning "brasilero" di Lindsay e deturpato dalle cacofonie assortite dei fiati.

Fier tiene il tempo di un tribalismo africano con impressionante lucidita` mentre attorno a lui si svolge ogni sorta di orge rumoristiche: Clean Plate e` perturbato da dissonanze, da sotto-tribalismi batucada e persino da accenni di minimalismo; Hot Seat da miasmi vocali e fasce elettroniche; ID da campanelli minimalisti e distorsioni abissali di chitarra; Under The Cap da gargarismi vocali e versi striduli dei fiati; Monday Night da drum machine, overdub e clangori metallici. Il nonsense piu` buffo e` Two Sided Fist, fanfara clownesca di violino e sassofono, accompagnata da improvvisazioni rumoristiche. Fier guida il sabba depravato in una danza aliena, vera travolgente e parossistica macchina del ritmo che nessuna nefandezza armonica riesce a placare, e che trionfa nel brano piu` incalzante, Cook Out, al DMX, accompagnato solo dal basso e da effetti elettronici. Gli ensemble variano di brano in brano ricombinando in modo diverso le personalita` sonore dei musicisti.

Il secondo disco dei Palominos, Visions Of Excess (Celluloid, 1985), viene registrato da formazioni che ora comprendono Michael Stipe, Richard Thompson, Henry Kaiser, Syd Straw, Bill Laswell, John Lydon, Jody Harris, Chris Stamey, Carla Bley, Jack Bruce. Abbandonati i sotterfugi dell'elettronica e i capricci dell'improvvisazione, il cocktail sortisce brani che illustrano il concetto post-moderno di jam session. I Palominos sono un ensemble senza personalita` che vive dei virtuosismi subdoli dei singoli membri. In questo secondo disco sono soprattuto i cantanti a guidare il sound, ciascuno spostando l'asse del sound verso il proprio stile, come Stipe che blatera in Boy Go, un suo tipico folk-rock epico e criptico, con limpidi chitarrismi jingle-jangle di Harris e Thompson, o come il soprano lirico e trascendente di Syd Straw, che pennella il folk-rock di Kind Of True e il flamenco marziale di Buenos Aires. La riscoperta della "canzone" porta come conseguenza un ritorno alla forma pop, con meno percussivita` selvaggia e meno improvvisazione libera. Se il primo disco era fondamentalmente un disco di sezione ritmica con effetti sonori, questo secondo e` un disco di effetti sonori con sezione ritmica.
Gran parte dei brani sono imperniati sul trio Fier/Laswell/Harris, un tipico trio da power-rock anni '70: Clustering Train e` un fremente boogie chitarristico su cui troneggia l'ermetico grugnito di Stipe; Silver Bullet e` un country-blues psichedelico propulso da un ritmo elettronico; Only One Party e` condotto da un classico riff di hard-rock (quello di Immigration Song), attorno al quale il trio, aiutato dalle devastazioni vocali e rumoristiche di Lindsay, costruisce una piece dell'assurdo.

Blast Of Silence (1986) e` ancor piu` fruibile, influenzato dal country-rock di Parsons (Angels), dal boogie-soul dei Little Feat (Work Was New), dal revival psichedelico (Strong Simple SIlences), dal country-gospel della Band (Working Harder), e con Syd Straw a rubare spesso lo show ai suoi piu` blasonati compari. Abbandonati gli arrangiamenti d'avanguardia, gli assoli virtuosistici e le armonie sbilenche, Fier si dedica a un gelido connubio fra folk rurale e intellettualismo urbano. Matthew Sweet contribuisce la sua Something Becomes Nothing.

Ancor piu` etereo e` A Dead Horse (Celluloid, 1989), sospeso in un limbo di ballate country alla James Taylor (A Letter Back), di blues-rock psichedelici (Wild River), di ninnananne oniriche (Lucky), di boogie sudisti (Angel Of Death), che superano il modello, qualunque esso fosse. Spiritate e vellutate su un tessuto armonico di intricati ricami, Darklands e Shattered Images fanno sentire come avrebbero potuto suonare i Jefferson Airplane se si fossero evoluti nel modo giusto.

La formazione si e` ormai stabilizzata sull'asse Bill Laswell (basso)- Nick Skopelitis (chitarra), con le sole aggiunte esterne di Robert Kidney (ex chitarra e canto dei Numbers Band) e Amanda Kramer (ex cantante degli Information Society).

Quintessenza dell'edonismo rock, il drumming di Fier si trova a suo agio soprattutto nei climi piu` "progressivi" del rock della crisi. Applicando a questo i criteri dell'arte post-moderna, Fier ottiene una simulazione in laboratorio di come si sarebbe potuto evolvere quel genere. Fier finisce in tal modo per risultare il maggior erede del rock dei Seventies, quello dei Led Zeppelin e dei Little Feat.

Fra gli inventori del rock post-moderno Anton Fier (ex Pere Ubu, Feelies e Lounge Lizards) e` uno dei piu` cinici, capace di ricorrere a qualsiasi sotterfugio armonico pur di alterare la canzone piu` banale. Sotto la sigla dei Golden Palominos ha creato dei monumenti postmoderni, soprattutto il primo album e Visions Of Excess, per smarrire poi un pochino il senno nei tentativi commerciali di Blast of Silence e A Dead Horse.

In Drunk With Passion (Venture, 1991) si fronteggiano proprio il primo e il secondo periodo dei suoi Golden Palominos, quello piu` "ambientale" ed etnico e quello piu` aperto alle commistioni con il pop: rispettivamente The Haunting (con Amanda Kramer al canto e Nick Skopelitis alla chitarra) e Alive And Living Now (con Stipe al canto e Richard Thompson alla chitarra), Thunder Cries (tour de force percussivo di Fier) e Dying From The Inside Out (show personale di Bob Mould). Alla fine vince il presente, forse anche per merito degli ospiti che, a differenza di Fier, sono grande esecutori, anche se mediocri giocolieri. Si tratta comunque dell'opera meno riuscita dei Palominos.

Per This Is How It Feels (Restless, 1993) Fier si circonda di due ex Parliament, Bernie Worrell e Bootsy Collins, delle cantanti Lori Carson e Lydia Kavanaugh (Amanda Kramer in sordina) e dei soliti Laswell e Skopelitis (Matt Stein al computer e ai nastri). L'album e` innanzitutto un concept, ispirato a un romanzo di Graham Greene, e riflette in ogni nota un senso di tragedia esotica. Le musiche e i testi (questi ultimi di Carson, nei panni di una Madonna meno provocante e piu` riflessiva) collaborano in uno studio analitico della malinconia e della sessualita`.
Le cantanti sfoggiano una recitazione d'alta classe, che sa avvalersi di ritmi, vagiti e pause studiatissimi, che il mix rende ancor piu` conturbante (sembra quasi si sentire anche i rumori delle labbra che si aprono e della lingua che tocca il palato). Diventano quasi degli esercizi di dizione piu` che dei "cantati"; ma, ancor piu`, e` dall'incrocio fra le due "dizioni" che scaturisce il senso ultimo della musica. La title-track e` esemplare, con una voce impegnata a dialogare sospiri e singhiozzi e l'altra che le canticchia sopra innocente. In To A Stranger l'una, colloquiale, recita la parte di seduttrice infida, mentre l'altra emette soltanto respiri di piacere voluttuoso, e tutt'attorno echeggiano rumori e ritmi d'ambiente esotico. In The Wonder il mesto salmo della prima voce diventa quasi irritante per via di una seconda voce che confessa le proprie nevrosi amorose (e il modo in cui si svolge il duetto lascia l'impressione che l'una sia la coscienza dell'altra). Queste armonie vocali mielose, insinuanti e melliflue esprimono soprattutto pena, infelicita`, travagli, turbamenti, e in definitiva angoscia. Sono loro, comunque, le primattrici della tragedia. A Divine Kiss e` quasi il manifesto estetico del genere.
Molte canzoni vivono cosi` dei seducenti monologhi bisbigliati a lume di candela da una donna sensuale: il blues sottotono di Sleepwalk (con l'Hammond di Worrell sguinzagliato in frasi jazzate) e la ninnananna tenerissima di I'm Not Sorry (forse la melodia piu` paradisiaca della carriera di Fier) sembrano piovere come piume da altezze infinite, lambendo gradi snervanti di delirio in Prison Of The Rhythm, in cui il bisbiglio decade in un sibilo subliminale e il ritmo incalza virulento, e trovando un momento di vigore soltanto nel gospel di Bird Flying.
Gli arrangiamenti sono tanto attillati quanto calcolati: non c'e` nota, accordo, campionamento o battito che sia sprecato, fuori misura, invadente, ridondante. Fier e` innanzitutto un architetto scupolosissimo delle sue costruzioni sonore, e si circonda di comprimari che sono smaliziatissimi nel manipolare i propri strumenti, nel creare quell'impasto melmoso di suoni apparentemente slegati.
In definitiva Fier ha forse trovato il formato definitivo: gradevole e al tempo stesso innovativo, ordinato e composto fino al manierismo piu` maniacale, questo e` un sound "classico", che non esita altresi` a prestarsi per digressioni erudite sul potere suggestivo della musica.

Fier ha registrato contemporaneamente anche Dreamspeed (Disk Union, 1993), avvalendosi delle chitarre affilatissime di Buckethead e di Collins, dei campionamenti e dei loop di Matt Stein, della recitazione di Phew e del basso di Laswell (co-autore di tutti i brani). Qui ha libero sfogo l'alter ego di Fier in torridi calvari ritmici (la title-track, Cloud Without Water).

Alcoolizzato al punto da rischiare la vita, Fier e` uno dei grandi "registi" della musica rock, capace di "mettere in scena" praticamente qualsiasi partitura il suo genio sregolato decida di tentare. La sua carriera e` in realta` una sequenza di discontinuita`, in quanto ogni disco fa storia completamente a parte: sperimentale il primo Golden Palominos, rock il secondo Visions Of Excess, cupo il terzo Blast Of Silence, commerciale A Dead Horse, completamente oscurato dall'alcool Drunk With Passion, filosofico This Is How It Feels. Laswell e Skopelitis hanno certamente parte del merito di quei dischi, ma la vera costante di quelle opere cosi` isolate nella storia del rock e` la ricerca sulla qualita` ritmica della musica, una ricerca che Fier ha condotto in sordina, senza mai sbandierare teorie altisonanti, ma in modo non per questo meno acuto.

Pure (Restless, 1994) non cambia molto rispetto a This Is How It Feels: e` ancora la voce di Carson al centro delle canzoni, e` ancora la chitarra fumogena di Skopelitis a farle da sponda, sono ancora i bassi spaventosi di Collins e Laswell a incorniciare i ritmi. Il limite del disco e` pertanto quello di ripetere una formula gia` esaurita, anche se Little Suicides e Pure forse battono tutte le canzoni del disco precedente.

Dead Inside (Restless, 1996) e` una sorta di concept dell'orrore scritto in collaborazione con la poetessa Nicole Blackman (che recita tutte le liriche), interamente dedicato a temi macabri, all'insegna di un'elettronica gotica che costituisce forse il logico sbocco della carriera di Anton Fier. Un paio di brani (Ambitions Are, Thirst) aggiornano il sound al drum'n'bass, ma a trionfare e` soprattutto l'agghiacciante incubo di Victim.

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Blind Light (Alida, 1996), a collaboration with Bill Laswell, was the natural continuation of Dreamspeed. Its lengthy dub-oriented jams (The Absence of Time/Djeema el fna, Blind Light, Our Completion, Midnight) rediscovered melody but in a rather obnoxious manner.

Fier died in 2022 at the age of 66.

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