Pochi gruppi hanno cambiato la storia della musica da ballo come i
Pet Shop Boys, duo composto dal cantante Neil Tennant e dal tastierista
elettronico Chris Lowe. A differenza di tanti altri duo del synth-pop
britannico, i Pet Shop Boys evitarono di scadere nel
sensazionalismo e nel narcisismo di gruppi come i Duran Duran e
i Culture Club. Le loro canzoni avevano davvero uno spessore intellettuale,
e spesso scavavano nel profondo del loro subconscio. Il registro di Tennant
aveva l'ideale inflessione per raccontare storie tragiche, mentre gli
arrangiamenti di Lowe ottenevano effetti quasi apocalittici.
Con uno stile quasi "Brecht-iano", i Pet Shop Boys diedero una
rappresentazione pagana dell'angoscia e degli orrori della vita metropolitana.
Il successo fu tanto improvviso quanto inaspettato.
Lo spleen fatalista di West End Girls, registrata nel
1983 a New York, pubblicata l'anno successivo e
ri-registrata in maniera professionale nel 1985, arrivo`
al numero uno delle classifiche britanniche e di quelle americane.
La canzone faceva leva su quello che sarebbe rimasto lo schema di tutti
i loro successi:
accostare un tono intellettuale di canto, atmosfere quasi "noir" di
sottofondo, ritmiche brillanti da discoteca e sontuosi arrangiamenti elettronici.
Piu` colti e altrettanto melodici della
media del synth-pop britannico, i Pet Shop Boys doppiarono presto il successo
del primo singolo con il terzo, nel maggio del 1986, Opportunities, una
delle pietre miliari del pop moderno: lo stacco iniziale e` epico, e il canto
si libra subito nel ritornello, questa volta scandito con tono fermo, e poi
si inabissa in un registro subdolo, ma ancora rabbiosamente determinato,
incalzato da complessi poliritmi elettronici e da velate frasi di
sintetizzatore. I contrappunti cambiano in continuazione e la melodia
continua la sua altalena, condotta verso territori armonici sempre piu`
fitti ed esaltanti. Qualche mese piu` tardi, una piu` rilassata Suburbia
li rappacifico` con il pubblico, che era rimasto shockato dalla violenza morale
del capolavoro.
Please (EMI, 1986) si limito` di fatto a raccogliere i singoli, ma il cinismo
yuppie che caratterizzava la filosofia di quel lavoro esplose sul successivo
Actually (EMI, 1987), tanto che
Domino Dancing,
Rent,
I'm Not Scared,
Left To My Own Devices e le altre
canzoni dedicate al materialismo della vita moderna costituivano di fatto
un concept di satira sociale.
It's A Sin, il cardine del disco, suonava come un requiem, sommersa
dalle frasi sinfoniche dell'elettronica e persino da un tuonare lontano, con
il ritmo piu` forte che mai, ma in maniera piu` catastrofica che ludica, con
la melodia raddoppiata dalle tastiere a mo' di coro d'opera. Rimane la loro
partitura piu` intensa.
Tennant canticchiava piu` che cantare, evitava accuratamente
pose esagitate e toni eroici a favore di un registro quasi conversazionale, un
dialogare forbito e un po' snob, ma non altisonante e non altezzoso. Lowe lo
accompagnava con orchestrazioni eleganti ma non lussureggianti, quasi casual,
spesso venate di suspence e mai pompose. Dal punto di vista tecnico, di loro
passera` alla storia anche il modo in cui riuscivano a cominciare una canzone
con un tema che nulla lascia presagire del tema principale.
Il loro era insomma uno stile piu`
esistenziale, pervaso da un senso di tragedia imminente e di decadenza morale.
Era uno stile che riusciva a salvare anche gli episodi minori, come
What Have I Done To Deserve This (con Dusty Springfield al controcanto).
Dopo aver raggiunto la cima delle classifiche con una cover e una mediocre
Heart (marzo 1988), il duo perse la sua forma e regredi` rapidamente
a un synth-pop da salotto, a meta` strada fra la new age e il soft jazz.
Domino Dancing, Left To My Own Devices e It's Alright sono singoli senza nerbo.
Il mini-album Introspective (1988)
contiene le "extended dance versions" di questi singoli.
Behavior (EMI, 1990) fu una raccolta di meditazioni ancor piu` adulte e
profonde,
So Hard e Being Boring in particolare; ma il felice melodismo degli esordi
era definitivamente perduto.
Very (EMI, 1993) li ripropose negli
stessi panni di filosofi un po' pessimisti un po' indifferenti, squisiti
arrangiatori (ora adeguati a house, jungle e trip-hop, ma sempre ispirati
al soul orchestrale degli anni '70) e impeccabili melodisti
(Yesterday When I Was Mad, Liberation,
I Wouldn't Normally Do This Kind of Things).
Discography (EMI, 1991) e` un'ottima antologia dei singoli,
che consente di fare il punto su un duo un po' sottovalutato dalla critica.
Su Bilingual (Parlophone/EMI, 1996) la lussureggiante disco music di
Metamorphosis non basta a resuscitare quei momenti di gloria. Mancano le
melodie, che erano sempre state i pilastri delle loro armonie. Rimane soltanto
il logorroico blaterare del leader, preso da mille tenaglie esistenziali.
Il duo non e` mai stato adolescente, ma adesso e` forse troppo adulto anche per
il proprio pubblico.
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