- Dalla pagina su Michael Gira & Swans di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Stefano Iardella)

In Breve:
Gli Swans, una delle band più significative degli anni '80, si presentarono inizialmente come l'alter ego di New York, claustrofobico e paranoico, del punk gotico britannico, ma furono in gran parte il veicolo dell'angoscia apocalittica di Michael Gira (Los Angeles, 1954), Filth (1983), con due batteristi (Roli Mosimann e Jonathan Kane) e due bassisti, era la colonna sonora ideale per suicidi di massa o olocausti nucleari. I ruggiti strazianti di Gira echeggiavano contro un muro di suono brutale come l'hardcore, depresso come i Joy Division, stridente come la musica industriale, distorto come il rock psichedelico, rumoroso come l'heavy metal. La musica di Cop (1984) nacque all'incrocio tra un racconto di Kafka, un trattato di Freud, un buco nero, un esorcismo medievale, i primi lamenti di un robot e gli ultimi spasmi di un serial killer sulla sedia elettrica. La noia esistenziale trasudava non solo dai testi (criminali, osceni e blasfemi) di Gira, ma anche dalla batteria di Roli Mosimann e dal rumore della chitarra di Norman Westberg. La loro fase gotica raggiunse l'apice con Young God (1985), un viaggio lento, austero e terrificante nella sinistra psiche di Gira. Il sound degli Swans cambiò radicalmente quando si unì a loro la tastierista e cantante Jane Jarboe. L'apocalisse iniziò a schiarirsi con Greed (1986) e fu sostituita da una nuova genesi su Holy Money (1986). Gira e Jarboe scolpirono arrangiamenti da camera/orchestrali, tempi marziali che evocavano rituali esoterici, atmosfere catacombali e toni liturgici/medievali. La nuova fase raggiunse l'apice con il monumentale Children Of God (1987), una serie di lieder maestosi e solenni che riscoprono il canto gregoriano, i salmi da chiesa e le melodie popolari. L'ambientazione spaziava da reticoli radi e onirici di suoni acustici ad apoteosi wagneriane, mentre i testi simulavano il vocabolario biblico del peccato e della redenzione. Sebbene un pò sfocata, Burning World (1989) dilatava ulteriormente l'armonia, introducendo la chitarra di Nicky Skopelitis, il violoncello di Garo Yellin, il basso di Bill Laswell, il sitar di Ravi Shankar e ogni sorta di percussione. L'angelica e pastorale Jarboe aveva redento Gira, il diavolo tormentato. La sua discesa dantesca all'inferno si era arrestata in purgatorio, se non in paradiso. White Light From The Mouth Of Infinity (1991) era ancor più medievale ed esotico, i suoi arrangiamenti quasi barocchi, le sue melodie piuttosto paradisiache, il suo tono per lo più magniloquente e spesso estatico. Dramma e spiritualità, i Doors e i Popol Vuh Dopo aver chiuso la trilogia dell'introspezione, con il minore Love Of Life (1992), Gira scrisse la sua opera più metafisica, The Great Annihilator (1995), praticamente un libro di sermoni allegorici, così come le sue composizioni musicalmente più ambiziose, le lunghe e complesse Soundtracks For The Blind (1996), che, di fatto, rappresentavano una fase separata (anche se breve) degli Swans, una fase in cui le emozioni di Gira si materializzavano come paesaggi sonori astratti. Tutta la sua opera era fondamentalmente una ricerca paranoica di una nuova forma di musica religiosa. Non c'è da stupirsi che molti dei suoi capolavori suonassero come spettrali requiem per la sua razza e per i suoi tempi.


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi)

Bio:
Il cantante Michael Gira aveva esordito a Los Angeles nei Bpeople, ma si era poi trasferito a New York (nel 1981) dove aveva formato i Circus Mort. L'unico EP (Labor, 1981) di questo gruppo è ancora succube del disco-punk dei Bpeople. Il canto ottenebrato e ringhiante del leader spazia dall'enfasi epilettica del punk alla depressione dissociata di uno zombie metropolitano, dal lisergico onirico al vanesio decadente. A sostenerlo sono il battito violento ed emotivo di Jonathan Kane (collaboratore di Rhys Chatam e LaMonte Young) e le figure minimaliste delle tastiere in un timbro strozzato. Le canzoni dei Circus Mort sono “danse macabre” in cui si riflette l'alienazione metropolitana, anche se si esprimono ancora in toni incerti e spaesati (l'incalzante galoppo pseudo-raga di Swallow You la trance/dance alla B52's di Watch The Puppet).

Gira e Kane formano gli Swans, un quintetto fautore di un rock brutale e depresso che ha pochi precedenti nella storia del rock: cupi e debilitati come il dark punk britannico, aggressivi e disperati come l'hardcore americano, brutali e cacofonici come la musica industriale, pesanti e fragorosi come l'heavy metal.


(Tradotto da Stefano Iardella)

Il loro primo EP, Swans (Labor, 1982), composto da quattro canzoni, rende omaggio alla new wave e alla no wave. Speak è un esercizio ingenuo nello stile disco-punk che andava di moda all'epoca (lo stesso anno del successo underground Never Say Never dei Romeo Void), condito con un pizzico di paranoia chitarristica alla Sonic Youth. Laugh intreccia dissonanze di chitarra alla Arto Lindsay, linee di basso funky alla Contortions e massicci poliritmi alla Talking Heads. Sensitive Skin mette in scena una zoppicante danza pow-wow con voci estranee e un sassofono derelitto.


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi)

La depressione nervosa di Gira fa di Filth (Neutral, 1983) una specie di colonna sonora per suicidi di massa o olocausti nucleari. La già scarsa musicalità dei Circus Mort viene ulteriormente "barbarizzata": il martellare metallico di Stay Here nasce dall'incrocio fra gli incubi cingolati dei Chrome e i sabba chitarristici dei Sonic Youth; Blackout è un reiterato, ossessivo, arrancante trepestio di batteria con fiondate elettroniche e spasimi nel buio; Power For Power e Weakling appartengono a una specie di voodoobilly grottescamente rallentato; Right Wrong e Thank You sono i funk più debilitati e androidi della storia del genere. Tutto collassa in Gang, dove la musica "perde giri" fino a stonare e la voce ripete una nenia inintelleggibile: è davvero il canto di un suicida negli ultimi secondi di vita.
Le canzoni di Gira compongono l'affresco apocalittico di un'umanità ridotta a ridicoli manichini e privata di emozioni.
Con due bassi e due batterie (Roli Mosimann e Jonathan Kane), più Norman Westberg alla chitarra, l'impeto non può che essere dirompente. È musica del tedio più assoluto, riscattato soltanto da saltuarie danze "metallurgiche". L'equilibrio armonico è precario, tagliato nella poderosa scorza ritmica dalle scordature metalliche di scuola Branca e da poco più (nastri, dissonanze). I ruggiti furibondi di Gira si replicano all'infinito sugli sconnessi pattern ritmici. Nella cella di clausura da cui delira giungono solo echi deformi della vita. In un clima angoscioso di terrore si svolgono rituali di lacerazione e flagellazione morale propiziati da una nevrosi estremamente degenerata. Il sound degli Swans viene definito "boom music", nel senso che non fa altro che ripetere degli assordanti "bum" strumentali sui vocalizzi agonizzanti del leader. Quel sound è la colonna sonora più potente sul "dolore" fine a se stesso, né mistico né catartico, ma soltanto doloroso, e senza speranza di una cura.

La musica di Cop (K422, 1984), con il solo Roli Mosimann alla batteria, nasce praticamente all'incrocio fra un racconto di Kafka, un trattato di Freud, un black hole, gli ultimi rantoli di un suicida e i primi vagiti di un robot. Il ritmo si fa ancor più funereo, ormai succube della cadenza in 2/2. Il delirio di Gira è piu che mai disperatamente sconnesso. La sua poetica nichilista si concentra sempre più sullo stato mentale della paura (“you degrade yourself when you hide your fear” declama in Thug, dietro un forte battito quasi dub) e in definitiva la sua musica non è altro che un esorcismo del terrore esistenziale che attanaglia l'uomo solo nella metropoli post-industriale. A fargli da spalla è ora soprattutto la chitarra di Norman Westberg, scatenata in un tour de force di feedback e distorsioni.
Il complesso esegue musica cingolata, lenta, pesantissima, fragorosa, che fa pensare ad armate di androidi in marcia, solcata da urla raccapriccianti (Half Life); musica futirista cerimoniale per metronomie industriali, dissonanze abrasive e sciamano rauco (Clay Man); musica dell'agonia perenne per spasimo anemico di voce e violente distorsioni di sottofondo (Why Hide). Musica da camera per esseri subumani. Gli esperimenti sui poliritmi, sempre più tempestosi, reinventano il concetto di tribale nell'evo post-industriale (Your Property, un salmo masochista in cui Gira sembra auto-fustigarsi). Al tempo stesso i brani più catatonici (come Cop) spingono la musica sempre più lontano dall'armonia, al confine con la recitazione teatrale, fredda, inespressiva, anonima, per la quale il suono è soltanto un sottofondo di battiti sbiaditi. Sono cantilene che hanno conservato ben poco di musicale, che soffocano in un clima insostenibile di suspense. A volte pare che Gira ripeta stentoreamente lo stesso verso animalesco senza inflessioni, A volte pare che esali una preghiera, esterrefatto davanti a una visione mistica. A volte pare che mormori le ultime parole prima di spirare. I testi, a loro volta, sono brevi deliri di turpitudine, come il catalogo di sevizie di Job (un'ancor più lenta "groove"). Gira è più che mai l'anima in pena per eccellenza del rock. Martoriata e flagellata nel modo più atroce, è scesa in abissi di dolore che mai erano stati lambiti.

L'EP I Crawled (1985) rallenta ulteriormente la macabra processione. I Crawled è uno psicodramma freudiano nella tradizione di The End (Doors), immerso nel solito scenario devastato da disordinati colpi metallici mentre la musica rasenta la stasi. Il rantolo di Gira raggiunge toni di parossismo iper-libidinoso in Raping A Slave, che li catapulta in un passato di gong cerimoniali. L'agonia di Gira, ridotta a urlo brado e sferzata da battiti che sembrano colpi di frusta, assomiglia al delirio di una suora martoriata da desideri blasfemi e da cilici terribili quando affonda nella catalessi di Young God, che rimarrà forse il lied più terrificante della loro fase "gotica". Austera, lenta, penetrante, la musica prosegue imperterrita il suo osceno e tenebroso viaggio nelle viscere della psiche tormentata di Gira.

Le armonie rallentate e distorte inventate dai complessi psichedelici per rendere sonoramente le sensazioni del "trip" vengono radicalizzate dagli Swans per rendere le sensazioni della dissociazione mentale e di tutto ciò che ne consegue. I brani finiscono così per perdere ogni attributo armonico e reggersi unicamente su colpi casuali delle percussioni, su stilettate soprannaturali della chitarra e su vocalizzi grottescamente solenni di Gira. Rimarranno inediti fino alla riedizione su CD del 1999 due brani non meno potenti: Sealed In SKin, un mantra profondo su un ritmo dilatato e costellato di dissonanze, e Fool, un alto grido di disperazione su accordi tragici di pianoforte.

Il singolo Time Is Money (1986) completa il servizio funebre con un'omelia blasfema e criminale ("you should be violated/ you should be raped"). La sorpresa è il ritmo: una mitraglia che muta in grottesca danza da discoteca.

Greed (PVC, 1986) porta infatti un raggio di luce nel tunnel buio della depressione di Gira. Il rinnovamento si chiama Jane Jarboe, da Atlanta, la nuova compagna del cantante, che suona il pianoforte e lo accompagna al canto. È grazie a lei che il granitico sound degli Swans si stempera in un sound più lirico, ancora gotico e opprimente, ma meno apocalittico.
È invece scomparso Roli Mosimann.
Il contrasto è suggestivo. Da un lato il "canto" di Gira ha raggiunto l'estremo di sgradevolezza, si è ridotto a una voce sinistra che pronuncia versi lugubri con la comunicatività di un robot, senza la benchè minima modulazione, e talvolta prolunga l'ultima sillaba, come nei film di mostri. Dall'altro l'arrangiamento austero e talvolta sinfonico (le lugubri frasi d'organo, gli accordi metallici della chitarra, i battiti sempre più contorti delle percussioni). La sensazione è quella di una tetra processione che avanza a passo lento e solenne fra cori d'oltretomba (Nobody, con il controcanto angosciato di Jarboe e un pianoforte da film dell'orrore) o di un peccatore che si flagelli in una cella di un monastero deserto e ripeta agonizzando una formula magica (Fool). È questo l'affresco terribile del loro Heaven, il minimo assoluto di attori, di eventi, di vita, di emozioni. Greed vive in questo vuoto armonico, ulteriormente degradato da intermittenti distorsioni di chitarra: è soltanto un vocalizzo libero di Jarboe in trance. Clangori, boati e tonfi di Stupid Child e Money Is Flesh fanno pensare a una musica "industriale" ridotta ai minimi termini (ipnotica e gamelan la prima, sinfonica e metallurgica la seconda). La visione di questo album è quanto di più minimale e atroce sia mai stato messo in musica.

L'altro album, Holy Money (PVC, 1986), è altrettanto pervaso da sinistri rituali e atmosfere catacombali, ma la musica si sta facendo sempre più concettosa, come se si trattasse di composizioni per esemble da camera invece che per complesso rock. Al tempo stesso i deliri osceni di Gira sono diventate confessioni psicanalitiche che raccontano un'anima devastata da claustrofobia e solitudine, un collasso nervoso che si spegne in una vertigine eroinomane.
La catalessi di Another You è diventata un coacervo di suoni liberi, sempre collegati in maniera geometrica ma solcati anche da un suono atmosferico che pare di tromba.
A continuare la saga di Time Is Money sono A Screw, hip-hop lascivo e sadomaso, con un maniacale incedere all'incrocio fra We Will Rock You dei Queen e un pow-wow pellerossa, e la fanfara quasi ska, ma non meno robotica, di Money Is Flesh (seconda versione).
Gli altri due pilastri del disco appartengono al versante liediristico di Gira. A Hanging è l'ennesima una preghiera ripetuta fino alla nausea nel solito tono catatonico con il solito accompagnamento di pochi violenti battiti, ma questa volta è contrappuntata da un lamento corale di dannati. Fool (seconda versione) e ' un alto canto di dannato su ritmo pesantissimo e cupi rintocchi di pianoforte. Sono lied espressionisti, al limite del Grand Guignol, che non ammettono cedimenti emotivi e che inneggiano ad un inferno senza possibilità di redenzione.
Il loro precedente naturale è il capolavoro degli Stooges, I Will Fall, debitamente vampirizzato e meccanicizzato. Sono visioni allucinate, raccapriccianti, di una potenza wagneriana. Sono pantomime agghiaccianti, recitate da un cast di psicopatici. La musica è ormai la quintessenza del concetto di cadenza "marziale". L'invenzione melodica, che non è mai stata il forte di Gira, è un puro diversivo.

Gira e Jarboe si prendono poi una vacanza intellettuale negli Skin, con uno stuolo di musicisti non rock che li accompagnano al violino, alla viola, all'oboe, al pianoforte, ai campanelli. Tanto l'EP Blood Women And Roses (Product Inc, 1987), accreditato a Jarboe, quanto l'EP Shame Humility Revenge (Product Inc, 1988), accreditato a Gira ma contenente brani delle stesse sessioni, poi entrambi antologizzati su World Of Skin (Product Inc, 1988), sono in realtà dominati dalle ballate folk d'avanguardia di Jarboe.
Le atmosfere ipnotiche, catalettiche e rarefatte, intrise di un profondo misticismo, di Everything At Once e Nothing Without You rimandano all'Hosianna Mantra dei Popol Vuh, ai combo pan-etnici e spirituali dell'era hippie e alle litanie orientali. Gli accompagnatori contribuiscono a cesellare strumentali soprannaturali come Cold Bed. Il soprano delicato e duttile di Jarboe, che chiude il phrasing passionale delle urlatrici spiritual in un gelido, marmoreo solfeggio d'opera, si tende come un arco nelle ardue meditazioni di Still A Child (quasi a cappella), Blood On Your Hands (scandita soltanto da tamburo e clapping), 1000 Years e My Own Hands, quasi sempre arrangiate in modo spettrale; o si libra in epici cori da marcia biblica (24 Hours) o ancora bisbiglia lontanissima (Red Rose).
I lied di Gira mantengono invece la truce essenzialità che gli è ormai caratteristica, fino al semplice recitato catacombale di Breathing Water e Centre Of Your Heart e ai sovratoni mantrici di Small Sacrifice. Per Gira è un approdo in clamorosa contraddizione con tutto l'assunto della sua opera, ma è forse anche il capolavoro tanto testardamente cercato.

Il rock espressionista da camera che Gira e Jarboe andavano teorizzando trova compiuta forma sul monumentale Children Of God (Caroline, 1987). (suonato da Gira alle tastiere e chitarre, Westberg alle chitarre, Jarboe alle tastiere, Algis Kizys al basso e Theodore Parsons alla batteria), Il disco recupera tanto la melodia, per quanto "straniata" e tesa ai limiti emotivi, quanto l'emozione, per quanto stravolta da eccessi di superominismo "Nietzsche-ano". L'alter ego animalesco di Gira continua a imperversare nelle sceneggiate gotiche di New Mind e Our Love Lies, rese nel suo caratteristico registro basso, solenne e monocorde, e gli ultimi ritmi "metallurgici" e gli ultimi deliri allucinogeni si trovano in Like A Drug e nel ballabile Blind Love. Ma il sound pacato e acustico degli Skin, ovvero di Jarboe, permea le tenere ballate di In My Garden, Blood And Honey, Blackmail, Yoùre Not Real e Real Love, spesso al limite della ninnananna incantata. Il folk di Jarboe pennella atmosfere esotiche e medievali (soprattutto le prime tre, cantate dal soprano "gregoriano" di Jarboe su accompagnamenti delicati, spartani, onirici).
Le due personalità si fondono nel coralismo apocalittico da kolossal storico di Beautiful Child e nell'inno quasi hare krishna di Children Of The God. A dominare il disco è il vocabolario biblico del peccato e della redenzione. Il complesso è ora un quintetto che gravita attorno al trio di Gira (canto e tastiere), Westberg (chitarra) e Jarboe (canto, pianoforte e chitarra acustica).
Gira e Jarboe si atteggiano a sacerdoti di un nuovo credo spiritual-musicale in intenso e contrito raccoglimento.

Per Burning World (MCA, 1989) il trio gi Gira, Jarboe e Westberg si arricchisce della chitarra di Nicky Skopelitis, del violoncello di Garo Yellin, del basso di Bill Laswell, del sitar di Ravi Shankar e di percussionisti orientali. Il disco continua la progressione di Gira verso un'armonia più "musicale" e verso uno spirito sempre meno tenebrosamente industriale e sempre più misticamente hippie. Fanno così capolino elementi di country della prateria (Saved, See No More), di canto gregoriano (Monnalisa), di danze pellerossa (Jane Mary), di ballata folk (Universal Emptiness e soprattutto The River That Runs With Love). è comunque Jarboe a coronare il disco, con il lied-spiritual I Remember Who You Are, che sfrutta le corde più struggenti del suo soprano.

Negli anni '90 Gira trova finalmente la comprensione della critica e di parte del pubblico. La sua musica viene rivalutata come antecedente dei gruppi di "noise-rock" e "industriali" in genere. In realtà Gira è stato redento dall'angelica e pastorale Jarboe, e il suo nuovo corso merita il massimo rispetto: non solo non è sceso ad alcun compromesso con il business discografico, non solo non è andato incontro alla musica di moda, ma è anzi scappato quando la musica di moda incominciava ad andargli incontro. Adesso è di nuovo dieci anni avanti al resto della scena rock con i dischi eterei e amorfi dell'ultimo periodo, nei quali la brutalita' delle origini ha ceduto il posto a una non meno angosciata e intensa metafisica della degradazione morale.

In compagnia di Jarboe ha inventato un folk del Medioevo prossimo venturo, cantato con un cupo registro da basso (un peggiorativo di Peter Murphy); dedicato ai temi del potere, del sesso e del denaro, e a quello della volgarità che ne è al tempo stesso premessa e conseguenza (che talvolta vengono sceneggiati con una potenza tragica degna del teatro shakespeariano); e arrangiato con strumentazioni degne della musica da camera nelle quali si infiltrano però improvvise detonazioni elettroniche.

Ten Songs For Another World (Young God, 1990) di The World Of Skin, il progetto laterale di Gira e Jarboe, è diviso in parti eguali fra i due protagonisti. Da un lato ci sono gli eterei esperimenti di vocalismo esoterico della seconda, ballate languide e senza tempo che hanno il pregio di dire tutto senza dire nulla (Dream Dream, Black Eyed Dog). Dall'altro ci sono i tetri melodrammi di lui, immersi in climi parossistici (ìll Go There, Take Me Home e Yoùll Never Forget). La dizione gelida e ultraterrena di Gira (vedi Please Remember Me, The Child's Right) conquista di disco in disco valenze sempre più perdutamente nostalgiche, sempre più dolorosamente pietose, e, naturalmente, toni sempre più biblici.
Gira, questo Cristo redento da Maddalena-Jarboe non sta andando al Calvario, sta scendendo dalla croce. Sta tornando fra la gente a predicare il riscatto dal dolore, la resurrezione non come vita eterna ma come immunita' contro la sofferenza. L'album sembra in realta' il successore diretto di Burning World, più che dei primi due album degli Skin.

Gli Swans veri e propri ritornano invece con White Light From The Mouth Of Infinity (Young God, 1991), album doppio a cui hanno partecipato ben nove musicisti (fra cui Anton Fier e Nicky Skopelitis, Norman Westberg, ovvero il chitarrista originale degli Swans, la bassista Jenny Wade e il batterista Vincent Signorelli) conferendo a molte di queste ballate una magniloquenza orchestrale. L'opera, lontanissima dagli schemi monolitici del passato, e immersa invece in lussureggianti armonie celestiali, è un altro dei capolavori di Gira (è innanzitutto un suo album solista, in quanto il ruolo di Jarboe è limitato ai cori).
Melodie e arrangiamenti sono i più superbi della sua carriera: Better Than You ha lo spirito dei saltarelli delle fiere medievali e al tempo stesso passi di danza orientale; Power And Sacrifice è segnata da un funereo galoppo di batteria e da un ipnotico raga chitarristico, nonchè da cori di un'intensità soprannaturale; Song For The Sun è un country marziale il cui crescendo risuona prima di epici jingle-jangle da cornamusa e poi di accordi d'organo da campane a festa. Sono tre delle ballate più potenti che Gira abbia mai scritto. Tutto è immerso in un clima magico, irreale, onirico, in un mondo di sogno. E il contrappunto dei cori di Jarboe è fondamentale per trasportare l'ascoltatore in quel mondo, dove le fredde, cavernose parole di Gira risuonano di echi metafisici. (Jarboe riaffiora soltanto per Song For Dead Time, una delle sue ballate-bisbiglio, e l'angosciata When She Breathes, cantata quasi alla Sinead òConnor).
Ma all'altro estremo dello spettro emotivo regna un'atmosfera angosciata, di nullita', di disfatta, di inferno morale: rintocchi funerei accompagnano la parabola di Failure, un carillon sinistro s'insinua nel sermone di The Most Unfortunate Lie e soprattutto Gira imita il più tenebroso Jim Morrison nell'apocalittica You Know Nothing, come lui maestro nel creare tensione drammatica. Sono spesso allegorie senza tempo di peccato e desiderio.
La sua arte di trascendenza spirituale, di dannazione eterna, di ambiguità morale tocca qui un vertice di lucidissima follia. È un'arte di dubbi esistenziali irrisolti, ma anche di amnesie arcaiche, di magie primordiali: nell'esultanza paradisiaca di Why Are We Alive Gira confessa, in un tono narcotico, talmente dimesso da sembrare moribondo, o in trance buddista: “I can't remember/ why we're alive.”
Ascoltare la predica delirante alla Nick Cave di Love Will Save You, in un altro tripudio angelico di tastiere e cori, che Gira conclude con i versi: “Love may save all you people/ but it will never ever save me.”

Love Of Life (Young God, 1992) è un album ancor più solista (il contributo di Jarboe è limitato a She Cries For Spiders) che conferma la transizione in corso. La musica è infatti più veemente e aggressiva, più ritmata e orchestrale, e fa frequente uso di campioni di conversazione o recitazione (dal dialogo di Her alla poesia recitata da un bambino nella quadriglia apocalittica di Identity). In sermoni reboanti e dirompenti, come quello della ouverture e title-track, si avverte più che mai la parentela con Cave; ma Gira indulge in arrangiamenti sinfonici, in poliritmi frastornanti, in cori angelico-infernali, che liberano tutte le forze primordiali della sua arte di suggestione.
È in questa forma di ballata solenne e fatalista, nella magniloquenza di queste visioni soprannaturali, nella nobiltà arcaica di queste filastrocche, nei rintocchi epici dei loro ritornelli, che Gira trova la sua vera vocazione; e The Sound Of Freedom ne è un esempio perfetto. Menestrello glaciale di un'era futuribile, Gira si lascia trasportare dal raga di Amnesia in un gioco di associazioni mentali, per spronfondare poi nelle deliranti liturgie "nere" di In The Eyes Of Nature. I dischi di Gira, in effetti, assomigliano sempre più a messe officiate da un sacerdote-androide.
Molti brani sono dedicati ai traumi della sua infanzia, a partire dal sogno di The Golden Boy That Was Swallowed By The Sea, "raccontato" in un registro bassissimo, freddo e calmo, suadente e fiabesco, e contrappuntato da frasi e tonfi che hanno la presa emotiva di uno stormo di campane a morto. Un dolore terribile sottende i mille sfarzosi travestimenti della sua arte: “Every breath is drunk with tears” recita il bambino di Identity...

A quella Bibbia apocrifa di Children Of God, il suo proclama religioso, ha fatto pertanto seguito una trilogia intimista, aperta da Burning World, continuata da White Light e chiusa da Love Of Life.

Nel frattempo è venuta alla luce la vera storia della sua infanzia, che Gira aveva sempre attentamente evitato di rivelare. Cresciuto a Los Angeles praticamente senza famiglia, passò gran parte della sua infanzia in istituti di correzione per vandalismi, furti e aggressioni. Drogato fin da piccolissimo, a dodici anni era talmente dipendente dall'LSD da averne bisogno tutti i giorni. A tredici anni venne obbligato a trasferirsi dal padre, in una cittadina dell'Indiana. Fuggì di casa e alla fine approdò a Los Angeles, dove iniziò a suonare. In quella terribile infanzia affondano le loro radici tutte le sue canzoni.

Die Tur Ist Zu (World Service, 1996) è una raccolta di sette lunghe tracce improvvisate dal vivo.

Presentato come il testamento finale del gruppo (ovvero di Gira e Jarboe), l'album-colossal Soundtracks For The Blind (Young God, 1996) è semplicemente un eterogeneo ammasso di materiale da liquidare prima che invecchi, una catasta un pò casuale di campionamenti, suoni trovati, esperimenti sul suono, orchestrazioni artificiali, liriche dell'occulto, uno zibaldone di incompiuti e imperfetti. Larry Mullins alle percussioni e al vibrafono (membro di un'orchestra sinfonica e session-man per Iggy Pop), Vudi (degli American Music Club) alle chitarre e Joe Goldring (dei Toiling Midgets) al basso compongono comunque una delle formazioni più agguerrite della carriera di Gira.
L'album è di fatto un album solista di Gira. Il contributo di Jarboe è limitato alle parti vocali. Sono di Gira i testi che contano e sono di Gira tutti gli arrangiamenti; e gli arrangiamenti costituiscono gran parte del senso di questo disco.
La chiave per decifrare il disco si trova forse nei brevi acquerelli metafisici sparsi a casaccio, come Red Velvet Corridor e Live Through Me, che si limitano a deformare e agitare suoni senza volto, fino a farli sembrare grida disperate di dannati che tentano di parlarci dall'aldilà. Sono prove generali per le composizioni maggiori, che vivono della stessa ansia di incomunicabilità.
In questo disco Gira si rivela innanzi tutto come un ambizioso musicista d'avanguardia, un illusionista del suono che in I Was A Prisoner In Your Skull seppellisce un'orchestra sinfonica che accorda gli strumenti e galassie che si scambiano segnali infrarossi. È musica da incubo psicanalitico, che sfocia in un crescendo assordante di batteria. Gira nuota in un mare di musica elettronica che si estende dalle spiagge di Karlheinz Stockhausen ai maelstrom di Klaus Schulze agli iceberg di Foetus.
Ciò nonostante, alla fin fine Gira resta soprattutto un magistrale architetto di requiem spettrali. Il capolavoro è così Helpless Child (sedici minuti), dalla cui nebulosa di suoni elettronici emerge un colloquiale dimesso, scandito dai rintocchi squillanti della chitarra; il parlato muta in un canto appena bisbigliato, come in punto di morte, mentre tutt'attorno esplodono frastuoni caotici, e poco a poco il cerimoniale diventa un'orgia infernale, fra l'incalzare delle percussioni, i riverberi delle schitarrate sempre più forti, gli accordi solenni dell'organo gospel, le botte marziali di piatti e tam-tam...
Invece di accumulare suoni per costruire un'armonia ad effetto, Gira li dispone in progressione ordinata per costruire un'atmosfera d'effetto.
Gira si diverte a disseminare le composizioni di segni criptici, come la bambina che gioca nei tenebrosi gorghi di elettronica e voci di Beautiful Days, che affiora dagli abissi oceanici delle tastiere.
Animus (undici minuti) canticchia la sua serenata "maudit" con il tono di un rilassato intrattenitore di night club, accompagnato soltanto dai rintocchi ipnotici della chitarra e dagli accordi onirici del vibrafono, finchè non viene devastato da violente distorsioni di elettronica. Alla fine rimane soltanto il drone alieno.
Il lato di rame fa leva attorno al mantra di Sound (tredici minuti), che inizia con un tintinnio intenso e lentissimo, straripante spiritualità, e che, nella più pura tradizione psichedelica, prende quota con una progressione travolgente di distorsioni lancinanti della chitarra, di accordi celestiali delle tastiere e di battiti marziali della batteria, per spegnersi di nuovo in uno dei suoi desolati requiem.
Nella preghiera accorata di Final Sac (dieci minuti), messi da parte per l'occasione i trucchi di studio, Gira diluisce la sua arte melodrammatica al punto che sembra di ascoltare la coda di una canzone di Nick Cave o di Jim Morrison, rallentata, e prolungata, all'infinito. Le sue parole si spengono in un silenzio vellutato di echi del vibrafono e di vampate dei piatti.
Le composizioni maggiori sono "storie" allegoriche in cui Gira presumibilmente racconta la sua versione della dannazione umana.
Qualche altro pezzo surreale, al limite della musique concrete (Her Mouth Is Filled With Honey, prelude alla sinfonia più radicale, I Love You This Much
Jarboe fa poco o nulla: in Volcano blatera come Bjork su uno sgangherato sottofondo techno; recita alla Nico la trenodia masochista di YRP, in un'atmosfera satura di suspence.
Gira ha avuto il coraggio di suggellare il progetto Swans con un disco in cui ha immesso tutto ciò che non aveva mai avuto il coraggio di rendere pubblico. Il Gira nudo di queste "colonne sonore" è un uomo carico di peccati e conscio della sua irrevocabile condanna.
L'opera non potrebbe essere più sfocata, ma, quando riesce a mettere a fuoco l'obiettivo, lambisce vertici di reale grandeur esistenziale.


(Tradotto e integrato da Stefano Iardella)

The Great Annihilator (Young God, 1995), il primo album in studio in circa tre anni, vede la partecipazione di William Rieflin alla batteria (Ministry). L'album è un affresco apocalittico di un'umanità condannata a torture infernali, una triste e lugubre "Divina Commedia". Segna anche uno dei momenti più metafisici di Gira, poiché ogni canzone è fondamentalmente un'omelia allegorica.
Il dono di Gira di terrorizzare i suoi ascoltatori è intatto, come dimostrato dall'ouverture strumentale In (carica di tensione e suspense) e dalla cerimonia pagana di I Am The Sun, su percussioni tribali e coro di bambini. La musica angelica dei precedenti album degli Swan è stata sostituita da un violento impeto di fede e paura. Le forti, frenetiche e diaboliche armonie orchestrali ricordano le sinfonie industriali dei Foetus (in particolare in Alcohol The Seed e I Am The Sun), mentre i toni enfatici e melodrammatici e i ritmi gospel martellanti sono affiliati alle solenni ballate di Nick Cave (in particolare in She Lives). Ciò che è unicamente Gira-esque sono i cori gotici e le voci apatiche.
Gira è tentato dal fascino di massa. Celebrity Lifestyle è probabilmente la canzone più accessibile della carriera di Swan, un ibrido tra il boogie indifferente di Lou Reed e il dark-punk ballabile dei Joy Division. The Great Annihilator tenta anche il rock and roll convenzionale.
Jarboe non è una protagonista, ma piuttosto una spettatrice. Tuttavia, il suo canto arcaico ed esoterico My Buried Child, la sua ninna nanna alla Enya Warm e il suo sperimentale Out per voce ed elettronica, sono tra i punti salienti. Le personalità dei due compositori si fondono solo una volta, nel mantra caotico di Mind Body Light Sound, per coincidenza il fulcro dell'album.
Ahimè, troppe tracce suonano banali e prevedibili, rendendo questo probabilmente il loro disco meno riuscito.

La fine degli Swans fu seguita da una valanga di registrazioni: Omniscience (Young God, 1996), il live Swans Are Dead (Young God, 1998), il bootleg ufficiale Public Castration Is A Good Idea (Thirsty Ear, 1999).

Nel frattempo, sia Gira che Jarboe hanno pubblicato una serie di registrazioni sorprendenti. Gira ha lanciato due nuovi progetti, i The Body Lovers/ The Body Haters, che hanno pubblicato due collage elettronici di campioni e suoni trovati: Number One of Three (Atavistic, 1998) e 34:13 (1999), e gli Angels of Light, che hanno debuttato con New Mother (Young God, 1999).

Jonathan Kane ha debuttato da solista con February (Table Of The Elements, 2005), che sembra influenzato dal suo incarico con l'ensemble Forever Bad Blues Band di LaMonte Young.

Gli album degli Angels Of Light includevano materiale che era stato originariamente pubblicato su due dischi in edizione limitata, Solo Recordings From Home e I Am Singing To You From My Room. Sono stati raccolti in Songs For A Dog (Lumberton Trading, 2006).

Gira ha resuscitato gli Swans per My Father Will Guide Me Up A Rope To The Sky (Young God, 2010), un album più prevedibile che implacabile e, in generale, più pomposo che geniale. La cacofonia sinfonica di No Words No Thoughts circonda la recitazione cupa, apatica e ipnotica di Gira senza portare a un climax. I riff frustanti di My Birth non sono supportati da una melodia adeguata (o, per quel che conta, da un cantante adeguato). La grottesca coda orchestrale di You Fucking People Make Me Sick è interessante, ma totalmente estranea alla ninna nanna zoppa che dovrebbe incorniciare. La martellante ouverture strumentale di Inside Madeline è davvero intimidatoria, ma porta a una litania insipida. Tutto il clangore hard-rock di Eden Prison viene sprecato in una debole declamazione. Il canto da falò Reeling The Liars In dura solo due minuti, ma eclissa facilmente tutte le lunghe canzoni roboanti. Gira ora esorcizza i demoni anziché predicare il nichilismo, come faceva quando era giovane e terrificante. In qualche modo questo ha prosciugato la propria capacità di scioccare.

La band è costruita attorno a Gira e Norman Westberg: il secondo chitarrista Christoph Hahn, il percussionista Phil Puleo, il batterista Thor Harris e il bassista Christopher Pravdica (più Bill Rieflin al basso, chitarra, pianoforte, percussioni, tastiere; Jason La Farge al violino, Kenny Siegal al pianoforte, un mandolino, un trombone, una tromba).

We Rose From Your Bed With The Sun In Our Head (Young God, 2012) è un album dal vivo.

Trent'anni dopo che gli Swans avevano dato vita al loro primo capolavoro, la buona notizia era che il mondo li aveva finalmente scorperti e nel 2013 gli Swans erano ampiamente riconosciuti come una delle più grandi rock band di sempre. La cattiva notizia è che era giunto il momento per Gira di fare cassa (ovvero soldi) con il nome che per così tanto tempo non aveva prodotto alcun introito commerciale.
Da qui il doppio album The Seer (Young God, 2012) che inizia con il gelido crescendo del bolero e la litania Pink Floyd-iana di Lunacy (con Alan Sparhawk e Mimi Parker dei Low) e termina con lo shuffle blues-jazz Doors-iano di The Apostate, che sboccia dopo un lungo preambolo di glissando sentimentali di chitarra e un'esplosione collettiva maniacale alla Glenn Branca.
Considerando che si tratta di un album di due ore ci sono poche idee preziose, e per lo più (molto) antiquate, al limite del ridicolo quando prendono in prestito la ripetizione di chitarra alla Sonic Youth per i dieci minuti di Mother of the World e quando si abbandonano alle jam free-jazz di 93 Ave B Blues, o quando un loop di rintocchi di campane non può far altro che innescare una litania monotona negli otto minuti di Avatar. Jarboe appare nei 19 minuti di Piece of the Sky, all'inizio un efficace pezzo di musica cosmica finché la batteria non entra in gioco e lo trasforma in una lenta, languida coda senza meta che induce al sonno, e ancora un'altra sezione ripetitiva.
The Seer, della durata di 32 minuti, inizia in modo promettente con chitarre strimpellate in modo isterico (di nuovo Glenn Branca) e una suspense in stile Pink Floyd, e raggiunge l'apice quando Gira contrappone ripetizioni vocali simili a mantra a percussioni country and western, ma i restanti 15 minuti sono terribilmente inutili. The Seer Returns impiega la strategia di Roger Waters di rivisitare un tema con un tono diverso (da qui i ricordi di The Wall) e di spingerlo fino a un livello ossessivo, che ricorda When The Levee Breaks dei Led Zeppelin e Tusk dei Fleetwood Mac, provocando brividi di ipnosi sciamanica primordiale.
C'è una toccante ballata, Song for a Warrior, cantata dalla cantante Karen O degli Yeah Yeah Yeahs che è l'esatto opposto di una lunga composizione e che per un paio di minuti rispecchia l'intensità romantica, per esempio, della versione di Gram Parsons di Love Hurts.
Song for a Warrior, The Apostate e The Seer Returns (e metà di Piece of the Sky e un terzo di The Seer) meritavano di essere registrate, ma il resto avrebbe forse potuto essere eliminato. Comunque, questo album non ha praticamente nulla del sound degli Swans. Avrebbe dovuto essere attribuito a Gira o a uno dei suoi tanti progetti paralleli.
Inutile dire che quegli stessi critici e quelle stesse riviste che hanno ignorato gli Swans quando pubblicavano un capolavoro dopo l'altro salutarono questo mediocre lavoro senile come un capolavoro, 30 anni dopo, trovando ogni sorta di significato nascosto in quella che era semplicemente un'astuta operazione di (s)vendita.

We Rose From Your Bed With the Sun in Our Head (2012) documenta le esibizioni dal vivo di questa reincarnazione degli Swans.

Il doppio disco To Be Kind (Young God, 2014) non riscatta completamente la mediocrità generica di Seer, ma almeno ridimensiona la "pompa" o quanto menno la ammanta di idee più concrete. Tuttavia, gli Swans rimangono irriconoscibili (nota per le generazioni più giovani: no, i vostri genitori non ascoltavano questa "roba", ascoltavano Filth e Cop, "roba" molto più oscura).
Il loop ipnotico di Screen Shot (8:04) è forse un tentativo di entrare in sintonia con l'era degli Animal Collective (con sette anni di ritardo). Just A Little Boy (12:40), dedicato alla divinità del blues Howling Wolf, finisce per suonare come i Led Zeppelin che eseguono una cover di The End dei Doors: non è una cattiva idea, ma non vale la pena dedicarci dodici minuti del nostro tempo. A Little God In My Hands (7:08) se la cava meglio, con la chitarra che intona il ritmo di una danza in stile indiano mentre le percussioni tom-tom alimentano il coro di un rito esoterico. Ci si abitua al metodo di allungare un'idea fino al limite (in termini di durata). Da qui il melodramma espressionista Kirsten Supine (10:33) e la litania noise-folk Nathalie Neal (10:15).
"Ripetitivo" è la prima parola che viene in mente ascoltando queste lunghe canzoni. E sono dei nani rispetto al gigante pezzo che occupa un quarto dell'album: Bring The Sun/ Toussaint L'Ouverture (34:05), un'opera rock in stile Pink Floyd sull'eroe della guerra d'indipendenza di Haiti, piena del ritmo pieno di suspense di Set the Controls for the Heart of the Sun, con un crescendo percussivo alla A Saucerful of Secrets e con un salmo vocale di ispirazione buddista che suona sospettosamente come l'inizio di Shine On You Crazy Diamond ripetuto più e più volte. La seconda parte consiste in una jam libera di toni di chitarra, vocalizzazione in stile Zen, urla teatrali e percussioni marziali (qualunque cosa avesse da dire, avrebbe potuto dirla in tre o quattro minuti). Con questo secondo album doppio disco e la seconda suite colossale, si sospetta che Gira sia stato colpito dalla "sindrome di Roger Waters" e che inizierà a produrre album concettuali psicologici che diventeranno sempre più pessimisti man mano che invecchia. In effetti, il brano finale dell'album, To Be Kind (8:22), era probabilmente inteso come un'apoteosi alla Roger Waters, tranne per il fatto che fallisce miseramente (Gira deve ascoltare ancora un pò di volte Two Suns In The Sunset).
In mezzo a tutta questa pompa e presunzione, c'è comunque più sostanza che in Seer. She Loves Us (17:01), lunga 17 minuti, è il "trip acido" definitivo, una nebulosa di percussioni e chitarra che sale lentamente (per la quale gli Acid Mothers Temple avrebbero pagato) e che si solidifica come una danza post-blues insistente con urla viscerali (che sarebbero state un tributo migliore a Howling Wolf), che a sua volta diventa una sorta di canto trascendentale dopo che il ritornello viene ripetuto un milione di volte (rovinato da testi come “Fun fun fun/ Mau mau mau/ Fuck fuck fuck/ Your name is fuck/ I'm going home/ I'm going home” che, si spera, insegnerà a una generazione di aspiranti cantautori cosa ti succede se prendi un acido al liceo invece di studiare). Nonostante tutti i peccati di eccesso e ridondanza, questo è davvero un pezzo potente, una versione del 21° secolo degli Amon Duul II.
L'album è spesso fastidioso, ridondante e prevedibile, ma d'altronde sono proprio queste le principali qualità che si ammirano nella carta da parati e nella musica di sottofondo al supermercato.

Gira ha annunciato un altro finale per gli Swans, e il doppio disco The Glowing Man (Young God, 2016) avrebbe dovuto essere il canto del cigno, così come la fine della trilogia iniziata con The Seer. Meno claustrofobico dei suoi predecessori, tuttavia si è ulteriormente abbandonato ai vizi della mezza età di Gira. Prima di tutto, la noiosa declamazione di Gira, che non riesce a salvare la struttura semplicistica di Cloud Of Forgetting (12:43): ritmo collettivo ipnotico contro un drone d'organo. In secondo luogo, le limitate capacità compositive. Cloud Of Unknowing (25:12) è una suite prog-rock disordinata e infantile che cerca di dare un senso a sezioni incoerenti. Inizia con innumerevoli minuti di improvvisazione collettiva inconcludente e suoni percussivi sincronizzati crescenti. Poi Gira canta una melodia che sembra un incrocio tra la chiamata alla preghiera di un muezzin e Venus in Furs dei Velvet Underground su un ritmo lento. Poi le campane da campanile di una chiesa introducono una sezione che evoca la morbosa macabra suspense di The End dei Doors. Di nuovo, ci vogliono dieci minuti di cori "om" di marea perché Frankie M (20:54) inizi, ma non eccitarti troppo: è solo l'inizio della sezione percussiva collettiva, tutti che sbattono insieme su qualsiasi cosa riescano a mettere le mani. Il vero canto inizia solo dopo dodici minuti ed è il più sgradevole possibile (cantato da uno dei cantanti più sgradevoli in circolazione). Dopo sedici minuti la chitarra e il violoncello intonano un pattern atonale che lancia il crescendo percussivo finale (la parte migliore). The Glowing Man (28:53) è una revisione di Bring the Sun/ Toussaint L'Ouverture che era una revisione di The Seer. Inizia con un suono ondulato di organo, seguito da un battito collettivo. Poi, non sapendo come proseguire, la band semplicemente si ferma e il pezzo ricomincia con un'altra sezione infantile di rumore collettivo. Dopo 17 minuti il ​​canto ricomincia con una litania alla Lou Reed e questa è una canzone molto più interessante, se non meno ripetitiva. Poi il pezzo crolla di nuovo e così via. Sembra tutto improvvisato al volo nella palestra della scuola da un gruppo di studenti adolescenti. Un pò meglio è The World Looks Red / The World Looks Black (14:32): un lamento in stile indiano in cui i ronzii e i frenetici schemi ripetitivi hanno più senso, echeggiano ancora una volta di The End dei Doors (ahimè senza lo stesso genio drammatico). Dopo sei minuti la musica aggiunge un controcanto minimalista di uno strumento che suona come una tromba, trasformandosi presto in una locomotiva techno, e poi la voce e i cori intonano un canto gospel alla Nick Cave. Il pezzo termina con un "om" che scivola su un drone d'organo. Le canzoni più brevi arrivano come una boccata d'aria fresca: il duetto straziante di When Will I Return?, che descrive uno stupro, e il canto corale Finally Peace, in stile Leonard Cohen.
In due ore di musica, ci sono momenti interessanti: il finale strumentale di Frankie M, la sezione alla Lou Reed della title-track, la sezione alla Doors di Cloud Of Unknowing e gran parte di The World Looks Red/ The World Looks Black; ma troppo suona amatoriale o ridondante. È buffo che la musica fatta da un uomo di mezza età possa suonare più infantile della musica che faceva quando era giovanissimo. Il fatto è che Gira non ha mai acquisito il senso di cosa fosse il contrappunto, e quindi la sua capacità di allungare le sue composizioni fino a dieci o venti minuti è limitata come l'abilità di un principiante, una cosa meno evidente nei pezzi più brevi. Le sue composizioni sono fondamentalmente statiche: più si trascinano, più questo diventa evidente. Oltre al solito sestetto, questo album vede Bill Rieflin su diversi strumenti, il violoncellista Okkyung Lee, un violinista, mandolino, banjo, tromba, trombone e flauto.

Questo album ha concluso la quarta vita degli Swans. All'inizio erano un gruppo brutale "no wave" (l'era che ha raggiunto l'apice con Filth e Cop). Poi si sono rivolti all'austera musica folk psichedelica da camera (l'era di Children Of God e White Light From The Mouth Of Infinity). Poi si sono uniti alle fila del post-rock (con Soundtracks For The Blind). E infine si sono rivolti a tecniche minimaliste e ambient.

Il doppio disco The Gate (Young God, 2015) contiene cinque demo incompiute dei Gira e sei monumentali esibizioni dal vivo: Frankie M (29:25), A Little God In My Hands (13:12), Apost/Cloud Of Unforming (33:40), Just A Little Boy (16:40), Cloud Of Forgetting (11:33) e Bring The Sun/Black Eyed Man (28:16).

Il doppio disco Deliquescence (Young God, 2017) contiene colossali esibizioni dal vivo: The Knot (45:38), Cloud Of Forgetting (16:01), Deliquescing (10:09), Cloud Of Unknowing (29:22), The Man Who Refused To Be Unhappy (9:44), The Glowing Man (36:21).

Gira ha sviluppato la sua versione di “crowdfunding” quando ha pubblicato l'album What Is This? (Young God, 2019) contenente dieci demo acustiche che dovevano ancora essere orchestrate e registrate correttamente, un processo per il quale i fan avrebbero potuto contribuire a raccogliere fondi acquistando questo album.

Infatti, poco dopo il doppio disco Leaving Meaning (Young God, 2019) era pronto. I suoi lamenti tortuosi annunciavano una nuova fase degli Swans, ma più vicina agli anni '90 che ai primi decenni degli anni 2000, forse anche perché i musicisti principali costituivano fondamentalmente una formazione allargata degli Angels of Light (Christoph Hahn, Dana Schechter, Cassis Staudt, Larry Mullins) con il bassista Yoyo Roehm, il pianista Paul Wallfisch dei Botanica, la violinista Heather Trost, il pittore sonoro digitale Ben Frost e i Necks con un'intrusione minima da parte dei cinque ex Swans (Pravdica, Puleo, Westberg, Hahn e Harris). Non riesce a intrattenere con la sonnolenta litania jazzata di Cathedrals Of Heaven, con la calma ballata di It's Coming It's Real, con Amnesia, che è una versione inferiore della canzone di Love of Life, e sorprende i suoi seguaci quando canta il lied da camera neoclassico tinto di viola di What Is This?. Ma riesce in due tipi di canzoni. Innanzitutto, ci sono le canzoni scritte dai Necks, caratterizzate da ipnotiche atmosfere eteree: Leaving Meaning (11:21) e The Nub (12:01), quest'ultima con l'aggiunta della cantante Baby Dee. Questi evocano una dilatazione psichedelica, quest'ultima che suona come Anthem Of The Sun dei Grateful Dead suonata da un gruppo jazz. In secondo luogo, riesce in pezzi rituali che enfatizzano ritmi tribali e voci psicotiche. Da qui il pezzo di spicco, Sunfucker (10:44), che inizia con un caos di voci infernali, implode in un muro di rumore e poi riprende come una danza pow-wow intrisa di droni acuti; da qui il teatrale The Hanging Man (10:48) su ritmo trottante e ripetizione di chitarra alla Glenn Branca; da qui Some New Things, un'altra danza percussiva ripetitiva; e quindi My Phantom Limb, che si trasforma da una confusione babelica di voci in un sinistro canto di pirati. L'album è irregolare e sembra una raccolta di EP di epoche diverse, eseguiti da formazioni diverse; ma Sunfucker è probabilmente la migliore canzone di Gira del decennio.

The Beggar (2023), un concept sulla morte, di due ore, è una delle peggiori della sua carriera. La maggior parte delle canzoni sono deludenti e/o troppo lunghe. Le lente, scarne e malinconiche The Parasite, No More of This e Why Can't I Have What I Want Any Time That I Want? (le migliori del lotto) suonano come Leonard Cohen sostenuto da un coro, anche se un Cohen senza ispirazione e prolisso. Canzoni come Ebbing (11:04) sono costruite attorno a loop banali e testi prevedibili. D'altra parte, il monotono canto zombie The Beggar (10:15) si eleva al di sopra della mera imitazione di Nick Cave. Il muto e sinfonico Michael Is Done suona come uno schizzo incompiuto per comporre il suo requiem. Il colosso in questo caso sono i 44 minuti di The Beggar Lover 3, ma è in parte un collage che cita le registrazioni precedenti di Gira, il suo quarto tentativo di collage autoreferenziale dopo i due album dei Body Lovers e Look at Me Go, la traccia bonus di My Father Will Guide Me Up A Rope To The Sky. Per molto tempo è semplicemente una danza voodoo ripetitiva, martellante e strumentale con linee di basso minacciose, alla Cramps. Dopo 21 minuti entra in "modalità collage" per 14 minuti e conclude con dieci minuti di ballata lounge soul. Non esattamente qualcosa di mozzafiato...


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