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Ultra Vivid Scene e` la sigla di Kurt Ralske, newyorkese emigrato a Londra
negli anni "caldi" del revival psichedelico.
Rivelato dall'EP
She Screamed (4AD) con un sound freneticamente ballabile e sinistramente
inquietante, fra Suicide e My Bloody Valentine, Ralske perviene con
l'album omonimo del 1988 a una forma elegante di dance-rock: melodie perverse
ed angosciate alla Bolan, con ritornelli da capogiro (Crash)
o da serenata (Lynn-Marie) si sposano ad arrangiamenti sofisticati che
riciclano nel contesto elettro-danzabile i fonemi di surf, folkrock, pop,
psichedelia, bluesrock (tremolo, jingle-jangle, organetti, carillon e cosi`
via).
Il suo modello principale e` pero` il vanesio pop psichedelico di
Jesus & Mary Chains e My Bloody Valentine, che trionfa (a modo suo) in
Mercy Seat, un tour de force di distorsioni lancinanti e cadenze marziali.
Tutto viene addormentato in una specie di ipnosi alla Sister Ray ridotta ai
minimi termini, un boogie ineffabile suonato sottovoce.
La vena pop di Ralske trabocca nel successivo Joy 1967-1990 del 1990,
registrato con un vero complesso.
Dalla tenerissima Lightning alla trasognata Staring At The Sun, per
passare dal powerpop di Three Stars e dal folk medievale di Praise The Low
Ralske non fa altro che proporre arrangiamenti coloriti della stessa canzone,
per culminare nella perfetta progressione melodica di Special One
(ovvero September Gurls di Alex Chilton). Sono cantilene appena bisbigliate,
immerse in languori da Paisley Underground; anche se soltanto
It Happens Every Time puo` dirsi davvero psichedelica.
Non a caso Ralske finisce per
citare Cat Stevens (Extraordinary riecheggia Wild World, e
The Kindest Cut sfoggia lo stesso nervosismo orchestrale).
L'album del 1992, Rev, regredisce invece alla rarefazione piu` irreale
(e senza elettronica). Candida e Mirror To Mirror devono affidarsi alle
qualita` della melodia e a tocchi impercettibili che continuano a ricopiare
stereotipi degli anni '60. Ma l'umore e` asettico fino alla noia, e
smaschera la pochezza del metodo di Ralske.
Non basta una Crash a giustificare una carriera.
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