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Gli Archers Of Loaf vennero prepotentemente alla ribalta della scena di
Chapel Hill (North Carolina) nel 1993 con un
paio di singoli di elevatissima fattura: Web In Front, una ricercatezza
pop in stile Embarrassment (che rimarra` il loro capolavoro), e Wrong, che rivela invece la loro
influenza piu' forte, il beat. Il chitarrismo penetrante e assordante
di Eric Bachmann (anche cantante) e Eric Johnson e' protagonista assoluto,
ben sostenuto dalle ritmiche essenziali ma incalzanti di Mark Price (batteria)
e Matt Gentling (basso).
L'album Icky Mettle (Alias, 1993)
e il singolo del 1994 con What Did You Expect e
Ethel Merman (Merge) coronano la loro ascesa.
In brani come Last Word e Backwash l'album completa la fusione delle
tradizioni powerpop e hardrock, riciclando e compenetrando intuizioni che
provengono da Flipper, Mission Of Burma e Dinosaur Jr. Nel chiasso generale
si fanno largo una forma di ballata dirompente (Might) e di
filastrocca alla Costello (Plumb Line), e viene a galla persino
qualche debito verso il folk (in Hate Paste, a meta' fra giga e valzer).
Alla base c'e' pero' sempre un frastuono di chitarre e di batteria che ha
la duplice funzione prima di potenziare la melodia e infine di annullarla.
La loro idea di rock potente e radicale e' d'altronde ben spiegata negli
eccessi strumentali di Toast.
Le melodie orecchiabili Wrong (destinata a rimanere il loro biglietto
da visita), Learo You're A Hole e
Slow Worm completano la festa.
L'EP Vs The Greatest Of All Time (Alias, 1994)
e' una specie di opera rock, aperta
dall'inno un po' fracassone di Audiowhore e chiusa dalla melodia
ubriaca di All Hail The Black Market.
In mezzo c'e' posto per brani anfibi come
Lowest Part Is Free, un incrocio fra i deliri scordati dei Polvo e i
rock and roll enfatici di Springsteen, e
Revenge, per meta' un assolo orientaleggiante di chitarra e per meta'
un boogie demenziale, che costituiscono poi il meglio del loro repertorio.
Tutto sghembo, ma non per questo meno potente, fitto di divagazioni surreali,
ma che non intaccano l'unita' dei temi, il sound degli Arceri punta verso
orizzonti tanto improbabili quanto luminosi.
Bachmann ha anche formato gli Small con Chuck Garrison, il primo batterista dei
Superchunk.
Vee Vee (Alias, 1995) applica le stesse regole con il
senno di poi; ovvero aumentando gli ottani dei riff, rafforzando le fondamenta
ritmiche, accentuando gli spunti lirici del canto e limando le spigolosita'
piu' "alternative". A fungere da propulsore sono pero' ancora
le armonie sghembe tipiche dei gruppi della North Carolina. Il loro marchio
di fabbrica all'interno di quel movimento rimane il chitarrismo galvanizzante
dei due leader, che in Harnessed In Slums e' maturato in uno stile tanto
duttile quanto roccioso.
Apice della loro arte chitarristica e' forse l'effetto rumoroso e trascinante
di Fabricoh, destinata a rimanere una delle loro migliori canzoni.
Dagli incastri improbabili di queste armonie scaturiscono brani di grande
impatto emotivo, dall'epica Underdogs Of Nipomo all'apocalittica
The Worst Has Yet To Come, piccoli capolavori di psicologia musicale.
Quando il sound e' piu' composto, il gruppo sforna ballate nervose e chiassose
che piacerebbero a Tom Verlaine e a Paul Westerberg, come Death In The Park
e Greatest Of All Time, grazie a un quoziente melodico e a un pathos che
non vengono mai meno. Gli Arceri si permettono anche la licenza poetica di
Underachievers March And Fight Song, una fanfara comica
(con tanto di fiati e fischiettio) che non c'entra assolutamente nulla.
Il gruppo sembra meno in palla quando adotta strutture piu' disgregate.
Step Into The Light, posta all'inizio del disco, trae un po' in inganno
con il suo misto di jamming spaziale e di deliquio psichedelico, e per un
momento fa temere il peggio. Soltanto per un momento.
Barry Black (Alias, 1995) e' la prima
prova solista di Eric Bachmann degli Archers Of Loaf, che sorprende tutti
e da` alle stampe un lavoro curioso di soli brani strumentali arrangiati in
maniera demenziale per trombone, tromba, flauto, clarinetto, sassofono,
sintetizzatore, violino, violoncello, contrabbasso, banjo e cosi' via
(fra i collaboratori anche Ben Folds).
Musica new age per manicomi, world-music per freak, musica da camera per
zombie. Brachmann profana
fanfare esotiche (Train Of Pain), orchestrine ebraiche
(Animals Are For Eating), bande paesane (The Broad Majestic Haw)
complessini surf da garage (Cockroaches),
colonne sonore dei thriller (Sandviken Stomp),
sortilegi di messe nere (Fisherman Thugs).
In un paio di momenti il suo irresponsabile eclettismo lo porta a tentare
un'ouverture orchestrale (Boo Barry Blip) piu' o meno trionfale con twang
chitarristico alla Duan Eddy e passo spastico, e una musica da camera in
trance (I Can't Breathe) con tanto di violoncello.
Al culmine della sua sventatezza si addormenta su un
blues (Vampire Lounge) e un jazz (Straticus Von Carrborrus) da
taglio delle vene.
Quando si decide a cantare, ne viene fuori un'aria d'altri tempi come
Golden Throat. La sua e' una
subdola operazione postmodernista, compiuta con spirito ironico, trasgressivo
e giocoso, ma al tempo stesso affabile e affettuoso.
Per trovare paragoni bisogna tornare indietro agli anni '70, ai pastiche
folkjazz di Lol Coxhill, o a certe gag di Zappa degli anni '60.
In piu' c'e' lo spirito amatoriale del college rock dei nostri anni.
Uno degli album piu' originali della storia della North Carolina.
The Speed Of Cattle (Alias, 1996) raccoglie i retri dei singoli.
Gli Archers Of Loaf tornano con All The Nations Airports (Alias, 1996),
il loro album piu` ambizioso ma forse anche il meno riuscito.
Vocal Shrapnel,
Strangled By The Stereo Wire e Scenic Pastures vorrebbero essere
i due numeri orecchiabili, ma, a parte qualche eco di folk britannico, non
offrono nulla di nuovo.
L'estenuante Attack Of The Killer Bees, se non altro, fa tornare in mente
le gelatine strumentali post-rock dei Rodan.
Il gruppo sta maturando (lo dimostrano gli echi del
Neil Young di Tonight's The Night in Distance Comes In Droves
e quelli del Bowie della trilogia berlinese in
Assassination On X-Mass Eve).
L'assorta ballad pianistica Chumming The Ocean, gli strumentali
Bumpo e Acromegaly, e la sonata neoclassica per pianoforte
che chiude il disco (Bombs Away) denotano la voglia di cambiamento.
Il gruppo sta cercando nuovi orizzonti, ma a questo album mancano le buone
canzoni, e il pretesto di essere degli intellettuali del college-rock non
basta piu` a giustificarlo.
White Trash Heroes (Alias, 1998) e` infatti proprio un'opera di
transizione. Le irrequietezza dell'album precedente sono sfociate in uno
strumentale come Smokers In Love, negli arrangiamenti "mainstream" di
One Slight Wrong Move e Banging On A Dead Drum, nel baccanale
di sintetizzatori di White Trash Heroes.
Fashion Bleeds e
Dead Red Eyes sono gli ultimi residui del college-rock che fu.
Web In Front, Wrong e Harnessed In Slums sono per adesso
le uniche canzoni per cui verranno ricordati.
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