I Babe The Blue Ox sono umili artigiani del pop che sanno continuamente
reinventare il genere da prospettive creative.
I Babe The Blue Ox dei coniugi Tim Thomas (chitarra) e Rose Thompson (basso) e
di Hanna Fox (batteria) esordiscono nel 1991 con il singolo
con There Is Always Room For One More Honey e Elephant.
Con Babe The Blue Ox (Homestead, 1993)
il trio introduce nella canzone pop una serie di bizzarrie armoniche che si
ispirano tanto alle stecche scientifiche di Arto Lindsay quanto al canto
rocambolesco di Captain Beefheart, ma senza mai infierire piu' di
tanto e riuscendo sempre ad infilare da qualche parte il ritornello vincente.
Home e' forse il capolavoro di questa acrobatica e dottissima forma di
arrangiamento; mentre Chicken Head Bone Sucker ne rappresenta la versione
comica, nella linea degli scherzi vocali e strumentali di Zappa.
Nel campo del funk il trio pennella brani surreali come Spatula, in cui
Thomas si limita a bisbigliare come un fanatico che reciti una preghiera su
un sottofondo di accordi liberi che esplodono improvvisamente nel piu' truce
heavymetal. Le partiture strumentali spaziano in effetti, con assoluta
imperizia, da un jamming un po' jazzato al rock piu' veemente.
L'orecchiabilita' aumentera' sull'EP Je M'Appelle Babe (Homestead, 1993),
ma il loro marchio di
fabbrica rimarra' l'imprevedibilita'. Tanto le dissolvenze psichedeliche
(nel "raga" dimesso di Tattoos e nelle dissonanze caotiche di Mansion)
quanto le combinazioni astruse (Agent 6950, con il suo delicato equilibrio
di bisbigli sensuali, rombanti riff di basso e arpeggi di chitarra acustica)
servono a dimostrare che il loro e' il pop piu' originale delle ultime
generazioni. Il futuro potrebbe peraltro essere indicato dai brani che
arrancano sferzati dalla loro sbilenca grinta, come il funkrock di
S'Good.
Color Me Babe (Homestead, 1994) perde buona parte di quel fascino
nel tentativo di normalizzare del tutto il sound, conservando soltanto in
pochi momenti il fascino delle sue atmosfere terrorizzate. Dall'hard-rock di
Ego Pimps alla ballata folk di King Of The Rain
a imperare sono le mode del rock radiofonico.
People (RCA, 1996) comincia bene, con il vigoroso garage-rock di
Can't Stand Up, intriso di spezie country e rhythm and blues, condotto
da una chitarra quasi grunge e inalberato da una favolosa impennata d'organo;
ma il gruppo e` ancora alla ricerca del successo con Breathe e
I'm Wrong, canzoni insipide che si compromettono sempre piu` con
il suono medio dell'AOR. Un cuore country batte dietro molte delle canzoni
(Beat You To It), ma le uniche emozioni le regala il
funk mutante di Family Picnic e Just Checking.
|
If English is your first language and you could translate my old Italian text, please contact me.
|