Big Chief
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Drive It Off , 7/10 (comp)
Face , 6.5/10
Mack Avenue Skullgame , 5/10
Platinum Jive , 6/10
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Formati nel 1988 ad Ann Arbor da Barry Henssler (ex cantante dei Necros) e Mike Danner (ex batterista dei Laughing Hyenas) per rinnegare i loro trascorsi hardcore, grazie a una serie di singoli esplosivi, di chiara marca "grunge", ma con una forte influenza di George Clinton, e cioe` Brake Torque (Big Kiss), Get Down And Doublecheck (Get Hip), Chrome Helmet (SubPop), Glare (Messiah Complex), Time, Dirt, Money (Pigboy), raccolti sull'album Drive It Off (Get Hip, 1991), divennero presto una delle novita` piu` salienti della scena di Detroit.

La formazione a cinque con due chitarre (Mark Dancey e Phil Durr) consentiva di proporre un forte rock chitarristico e al tempo stesso di esplorare arditi "crossover" senza mai dover rinunciare alla melodia. Mescolando sound psichedelico (Blue Cheer piuttosto che Love l'elettricita` bruciante di Brake Torque), Detroit-iano (MC5 piuttosto che Stooges, vedi le pareti di rumore di Blowout Kit), rock and roll (Guns And Roses piuttosto che Rolling Stones in Chrome Helmet), hardrock (Led Zeppelin piuttosto che Black Sabbath, come nei riff rocciosi e tempestosi di Iron Pimp e Glare) e heavymetal (Grand Funk Railroad piuttosto che AC/DC, dalle scosse telluriche di Superstupid alle imitazioni di American Woman che costituiscono la linfa di Get Down), i Big Chief finirono per essere interpretati come la risposta di Detroit a Seattle, ma anche come quella del grunge ai Beastie Boys.

Preceduto dai singoli Friday Night August 14th (Snakeskin) e Drive It Off (Repulsion), altro saggio di revisione dell'hardrock dei Led Zeppelin e delle jam di bluesrock, l'album Face (Repulsion, 1991 - SubPop, 1992) consacro` definitivamente il gruppo ai vertici del nuovo hardrock. A dominare Fresh Vines sono ancora la dinamica e l'impulso dei Led Zeppelin, i riff e i rintocchi frenetici di Jimmy Page, ma a svettare e` soprattutto l'ipnotica Desert Jam, lunga e psichedelica come nel rock progressivo. Il blues condisce il tema melodioso della Ballad Of Dylan Cohl e l'atmosfera sinistra e tribale di 500 Reasons, evitando in tal modo che i tempi astrusi alla Soundgarten in Honey-Legged e le frequenti somiglianze con gli Alice In Chains facciano dei Big Chief dei semplici emuli di Seattle.

Il 12" Brand Product (SubPop) aggiunge al repertorio l'hardcore Cop Kisser, quasi un ritorno alle origini, e il garage-rock Lot Lizard, ma soprattutto segnala una svolta verso le drum-machine e il rap (Fresh Vines viene rifatta in diversi "mix").

Il gruppo registra anche la colonna sonora Mack Avenue Skullgame (SubPop, 1993), che impiega sonorita` alla Kid Creole e George Clinton in un contesto ricco di citazioni soul (One Born Every Minute), spiritual (No Free Love On This Street), jazzrock (If I Had A Nickel For Every Dime) e rhythm and blues (Cut To The Chase), con innumerevoli riferimenti a Rolling Stones, Cream e Colosseum. L'impeto del sound si e` molto ridotto, mettendo in evidenza le doti eclettiche del gruppo ma ridimensionando la sua levatura "grunge". L'intensita` di brani come My Name Is Pimp non basta a redimere un disco che e` piu` che altro un esercizio di stile.

Platinum Jive (Capitol, 1994) conferma il momento di appannamento, nonostante le bordate grunge di Lion's Mouth e Lot Lizard (vecchio cavallo di battaglia dal vivo). Locked Out cita i riff depravati degli Stooges, Takeover Baby fa un calderone del soul da garage degli anni '60, con inchini a Jimi Hendrix e Sly Stone, Map Of Your Failure ruba il ritornello a Give It Away dei Red Hot Chili Peppers e la dinamica al blues del Led Zeppelin II, All Downhill From Here si riallaccia alla tradizione del boogie sudista venato di funky e gospel. Il momento piu` sofisticato e` quello di Liquor Talkin', una ballata spruzzata di blues e jazz che fa sfigurare la power ballad dei Pearl Jam. Mark Dancey e Phil Durr sono al culmine della loro tecnica e del loro affiatamento. La fusione di heavy metal e funk (nonche' soul e rap) e` indubbiamente piu` originale e vigorosa della media, ma sembra piu` che altro un gesto disperato per entrare in classifica.

I Big Chief stanno forse ancora cercando il formato giusto: sono passati da un'intelligente interpretazione blues del grunge a una brutale fusione di rap e punk per approdare a un ibrido tragicomico di stili, senza riuscire ancora a lasciare il segno in nessun genere.

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