Brother J.T.


(Copyright © 1999 Piero Scaruffi | Legal restrictions - Termini d'uso )
Descent , 6.5/10
Meshes Of The Afternoon , 6/10
Vibrolux , 7/10
Holy Ghost Stories , 5/10
Music For The Other Head, 7/10
Doomsday Rock, 6/10
Rainy Day Fun, 5/10
Come On Down, 5/10
Dosed And Confused, 5/10
Way To Go , 5/10
Maybe We Should Take Some More?, 5/10
Spirituals , 5/10
Hang In There Baby (2003), 5.5/10
Off Blue (2005), 5/10
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Original Sins' bizarre leader, John Terlesky, created one of the most irrational corpus of music ever recorded under the moniker Brother J.T.. Albums such as Vibrolux (1994) and Music For The Other Head (1996) conceived composition as an utter mess. Mostly, his "songs" were a hysterical rambling over cacophonous imitations of rock'n'roll. The longer tracks sounded like hippie music of the Sixties sucked, chewed and defecated by a psychedelic black-hole. It was a (hazy, incoherent, deranged) mental state, not an art.
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John Terlesky (l'uomo che si nasconde dietro la sigla Brother JT) e` diventato un'istituzione della psichedelia della Pennsylvania. La fama se l'e` conquistata con gli Original Sins, ma negli ultimi anni ha concentrato la sua attivita` sui dischi solisti.

Dopo le cassette Descent (Twisted Village, 1991), contenente due lunghe suite per chitarra e canto (Descent e Kaballaha), e Meshes Of The Afternoon (Twisted Village, 1992), album di canzoni psichedeliche suonato con tastiere, batteria e sassofono, Terlesky ha registrato messa occulta, Vibrolux (Bedlam, 1994), che occupa quasi per intero la seconda facciata dell'album omonimo (sul quale figura anche il delirio apocrifo di Little Wonder Cave), ispirata dai rituali sessuali di una setta paleocristiana.

Holy Ghost Stories (Bedlam, 1995) e` quasi un album di "spoken word" piuttosto che di musica.

Poi a nome Brother JT & Vibrolux escono altri due album, Music For The Other Head (Siltbreeze, 1996) e Doomsday Rock (Siltbreeze, 1996).

Music For The Other Head contiene soltanto quattro canzoni ma dura quaranta minuti. Terlesky applica la prassi dei Melvins al garage-rock degli Original Sins, amplificando a dismisura i "gesti" sonori del genere. Comet (venti minuti) e` l'esasperazione di quest'idea: sia il cantante sia il gruppo cincischiano in modo sgraziato e sguaiato attorno allo stesso tema, senza mai decollare o esplodere, piu` simili (nello spirito) alle jam "acide" dei Grateful Dead che alle jam "spaziali" degli Hawkwind. Music For The Other Head comincia nello stesso sornione registro country-rock, ma e` tutt'altra cosa: ma le distorsioni delle chitarre si fanno presto stratosferiche e l'anarchia canora tocca livelli da manicomio. Blur esplode la melodia della Fortune Teller dei Rolling Stones con poderosi riff alla Deep Purple. Mind e` una jam folle alla Red Crayola. Il limite del disco e` l'estrema confusione del gruppo, che talvolta tarda minuti a imbastire una canzone.

Doomsday Rock e` un calderone eccentrico di improvvisazioni free-form e quadretti acustici, divagazioni spaziali e canzoni sub-amatoriali. Rispetto al precedente, conserva se non altro l'aspetto di un album di musica rock: quattordici brani, fra i quali prevalgono quelli di cinque e sei minuti. Nei pochi momenti di lucidita` il complesso riesce a mettere insieme il boogie cacofonico di Comin Out e In Her Space, ma per lo piu` regna il caos assoluto. Le ballate di Terlesky si disgregano fino a lasciare soltanto una traccia confusa di parole e di accordi. Le radici del suo rock psichedelico trapelano qua e la` (i Velvet Underground in Never Never, il garage-rock degli anni Sessanta in Metempsychosis), ma ormai tutto e` stato rigurgitato dal suo ego devastato, una sorta di buco nero psichedelico. I suoi brani sono diventati cosi` astratti che hanno poco di musicale.
Con Rainy Day Fun (Drunken Fish, 1996) Brother JT si e` definitivamente convertito al formato della canzone pop. Le varie Oh Mother, Rider Rider, This Is The Life, Hi, Rainy Day Fun si trascinano con andamento pigro e insinuante.

Come On Down (Drunken Fish, 1997) contiene praticamente i brani che erano stati esclusi dal precedente. La filosofia di lavoro e` la stessa: una voce, una chitarra e qualche idea divertente. Terlesky predilige ballate spaziali come Try Not To Try e Come On Down, ma il suo talento si manifesta meglio nei piccoli intermezzi surreali, una Do Less Be More appena canticchiata, una Thank You St Jude tutta cacofonica, una A Little More Nothing interamente strumentale. Terlesky scodella persino un'orecchiabile Red Cathedral in puro stile anni '60. Il tutto senza praticamente accompagnamento. Ogni secondo di questa musica (ogni nota di chitarra, ogni sillaba di canto) e` avvolto nelle nebbie piu` allucinogene che si possano immaginare. Lo stato mentale di Terlesky e` ormai indefinibile.

Il live Dosed And Confused (Bedlam, 1998) celebra questa degradazione da ricovero con versioni un po' appannate dei loro classici.

Terlesky's albums are getting a little tedious because they tend to endlessly repeat the same program. To his credit, few people have stuck to a program so faithfully and stubbornly.
Way To Go (Drag City, 1999) leverages on much improved production, which makes it the most professional of his solo albums, and on contributions from a solid rhythm section. Throughout Ur and Way To Go, the songs rooted in rock's classic format, Terlesky displays his indisputable melodic craft and his even more indisputable stoned attitude. The album flows smoothly and uneventful until Little Did I Know's demonic voodoobilly kicks off, its viciousness doubled by a couple of Helios-Creed-grade guitar solos and Iggy-Pop-grade moans. Then Floating ups the adrenaline dose with (finally) a driving rhythm and piercing riffs. And Cloud Ten crowns this uneven collection with a guitar-driven free-jazz freak out (somewhere in the neighborhood of Jimi Hendrix's 1983) which makes us forgive him even his most languid tones.
(Translation by Cinzia Russi/ Tradotto da Cinzia Russi)

I dischi di Terlesky si fanno sempre piu` tediosi. Al personaggio bisogna riconoscere soltanto la testardaggine nel portare avanti il suo discorso psichedelico. Way To Go (Drag City, 1999) fa leva su di una produzione decisamente migliorata, il che lo rende il piu’ professionale dei suoi album da solista, ma anche su di una solida sezione ritmica. Per tutta la durata di Ur e Way To Go, due canzoni di stampo rock classico, Terlesky mette in mostra la sua incontestabile creativita’ melodica e il suo ancor piu’ incontestabile atteggiamento stoned. L’album scorre liscio e monotono fino a quando non irrompe il voodoobilly demoniaco di Little Did I Know, che raddoppia in malvagita’ grazie ad un paio di assoli di chitarra alla Helios-Creed e lamenti alla Iggy-Pop. Floating fa poi aumentare la dose di adrenalina con (finalmente) un ritmo cadenzato e riffs penetranti. Cloud Ten corona questa raccolta disarmonica con un’allucinazione free-jazz che rende perdonabili perfino i toni piu’ languidi di Terlesky. Forse Terlesky abusa dello studio di registrazione, entrandoci ogni qualvolta gli viene un'idea brillante, anche se quell'idea non dura lo spazio di un album. Merita il rispetto dei fieri individualisti, ma i suoi dischi sono sempre meno interessanti.

Maybe We Should Take Some More? (Birdman, 2001) is another acid freak-out and musical nonsense, but the material is not up to his standards (Whatcha Gonna Do).

Within the odd career of this odd musician, Spirituals (Drag City, 2002) is one of his oddest albums: not because it increases the level of noise and bacchanalia, but precisely because it decreases them. It opens with a spiritual (the guy is serious about his album titles) and then delves into catchy folk-rock with Be With Us Brother JT being the deranged mind he is, Praise Be ends up sounding like Pink Floyd's Careful With That Axe with additional synthesizer noises and Lord You Are The Wine sounds like a combination of Mick Jagger singing She's So Hot and Good Son-period Nick Cave.

The Terlesky who leads a regular rock'n'roll band on Hang In There Baby (Drag City, 2003) harks back to his (garage) roots, but is clearly older and wiser. The self-referential shuffle Brother Brother, the heart-felt closer Move On, and the epically-paced rant of Head Business come through as more soothing than anthemic. While there are echoes of the Original Sins and of early Brother JT music, the (eight) songs here are long and well crafted. And calmer. He takes his time to unfold his best Bob Dylan imitation (Gettin' There) and the usual dose of the Seeds/Stones (the propulsive and catchy Shine Like Me). More than anything else, it sounds like Terlesky has got something to say, and is eager to say it. He has enough experience and class to say "it" in a way that evokes more ghosts than he would ever like to admit of knowing.

Off Blue (Birdman, 2005) is a work for voice and acoustic guitar that harks back to Syd Barrett's and Skip Spencer's solo albums. It boasts some memorable melodies, but it is too fragile to stand on its own.

(Translation by/ Tradotto da Paolo Latini)

Maybe We Should Take Some More? (Birdman, 2001) è un altro nonsense musicale sotto forma di freak-out acido, ma che racchiude materiale non all'altezza dei suoi classici (Whatcha Gonna Do).


Entro la strana carriera di questo strano musicista, Spirituals (Drag City, 2002) è uno dei suoi album più strani: non perché sono accresciuti i livelli di rumore e baccanali, ma proprio perché quei livelli sono stati attenuati. Il disco inizia con uno spiritual (l'autore non ha mentito col titolo dell'album) per poi aprirsi in un orecchiabile folk-rock con Be With Us e tutto ciò mostra che razza di mente malata sia Brother JT; il finale di Praise Be ricorda i Pink Floyd di Careful With That Axe con l'aggiunta di rumori di sintetizzatori e Lord You Are The Wine pare un incrocio tra il modo di cantare di Mick Jagger di She's So Hot e il Nick Cave di Good Son.


Su Hang In There Baby (Drag City, 2003) suona una vera e propria rock'n'roll band, che riporta Brother Jt alle sue radici (garage), ma ora è chiaramente più vecchio e più saggio. L'autoreferenziale Brother Brother, il finale accorato Move On, e la predica epica Head Business alla fine sono più pulsanti che anthemiche. Ci sono eco degli Original Sins e della prima musica di Brother JT, le (otto) canzoni sono lunghe e ben confezionate. E più calme. Si impegna per rivelare la sua migliore imitazione di Bob Dylan (Gettin' There) e la solita dose di Seeds/Stones (la propulsica ed orecchiabile Shine Like Me). Più che mai questo disco sembra mostrarer che Terlesky ha qualcosa da dire, e che sia abbastanza cresciuto da poterlo dire. Ha abbastanza esperienza e classe per dirLo in un modo che mostra più scheletri nell'armadio di quanto egli stesso sia disposto a riconoscere.

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