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Matt Suggs e Debby Vander sono due cantautori e polistrumentisti californiani
che si trasferirono a Lawrence (Kansas).
Gli EP a 7" Alexander Bends (Merge, 1992),
Our Heads (merge, 1993), con Sad Moustache Men,
e Cursive (Little Brother, 1994), poi raccolti su
Downed (Merge, 1995),
presentano un pop amatoriale alla
Pavement e alla
Sebadoh,
con un po' della gelida frenesia dei Feelies.
E` un peccato che la produzione penalizzi queste canzoni che, ben suonate,
sarebbero dei piccoli classici della canzone d'autore.
Sull'album Crumble (Merge, 1994) gli arrangiamenti sono piu`
professionali,
perlomeno per Waiting On The Guns e Those Mooney Stars.
Lo strumentale esotico Thimble e piccoli psicodrammi accuratamente
scenografati come Forty-four completano il repertorio.
Gli arrangiamenti di
Are You Building A Temple In Heaven (Merge, 1996)
si avvalgono persino di sassofoni, clarinetti,
trombe e pianoforti.
Il registro annoiato di Debbie Vander Wall e quello
in trance di Matt Suggs stonano un po' sullo stesso disco, ma Suggs ha
fortunatamente la meglio, soprattutto nei brani grintosi che costituiscono
il cuore del disco: She Clicks The Sticks, che cavalca la cadenza boogie
dei Velvet Underground, e Rivers, una variazione piu` rumorosa sulla
stessa idea. Da queste premesse hanno origine
canzoncine incalzanti come You'll Never Be e On Button On,
meno ambiziose e piu` scanzonate.
Quando a cantare e` lei, il complesso si trasforma nei Cowboy Junkies
(The Captain Sood Sturdy).
Suggs mette a segno anche un paio di numeri surreali, che lasciano intravedere
una personalita` ben piu` interessante che non quella di un semplice pupillo di
Lou Reed: Boy Burning Down e` una ballata folk cantata sottovoce e
scandita dal pianoforte, e The Lion Weeps Tonight e` un pezzo fiabesco,
condotto da un lento gamelan delle chitarre, da un tamburo marziale e da un
violoncello.
E She's Got The Akshum e` uno dei loro capolavori melodici.
Purtroppo meta` del disco e` suonata ancora in maniera troppo amatoriale
e trasandata.
Rat Tat Tat (Merge, 1998) e` una delusione, nonostante l'aggiunta del
chitarrista Ranjit Arab.
Come sull'album precedente, la prima canzone (On A Horse) e`
una timida imitazione dei Velvet Underground (ritmica incalzante e
canto annoiato), ma il resto e` di tutt'altra fattura, diviso fra ballad
(Carmen Cross) e rave-up (Come On) piu` o meno sperimentali.
Ma troppe di queste canzone non hanno un'identita`, zoppicano alla ricerca
di un corso improbabile senza disporre di bussola adeguata.
Alla fine i brani costruiti iniettando nella canzone rock motivi alla Morricone
(Fight Fight Fight e Happy 1 2 3 4) fanno una figura migliore, pur
non essendo il massimo dell'originalita`. E il country-rock di Serpentine
sembra un capolavoro. Ma, di nuovo, soltanto grazie alla mediocrita` del resto.
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