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Sheryl Crow, originaria del Missouri, arrivo` a Los Angeles nel 1986.
Venne scoperta da Michael Jackson, che
la assunse per uno dei suoi tour, e da quel momento divenne una delle
accompagnattrici piu` richieste dalle star di musica rock (Don Henley,
Chrissie Hynde, Neil Young, Sinead O'Connor).
La cantautrice registro` nel 1992 un album (per la A&M) che non venne mai
pubblicato e poi finalmente, all'eta` di 34 anni,
Tuesday Night Music Club (A&M, 1994).
L'hit I Just Wanna Have Fun, uno shuffle esuberante, scalfiva soltanto
la superficie del suo tenue esistenzialismo, meglio rappresentato dalle
atmosfere drammatiche di Run Baby Run. Il suo talento
melodico sospingeva la delicata Strong Enough, l'orecchiabile
The Na-Na Song (con tracce dei Beatles) e la
ballad jazzata di We Do What We Can.
L'album, che deve molto alla collaborazione di
David Baerwald,
ne fece una star: vendera` sette milioni di copie nel giro di cinque anni.
L'album omonimo del 1996 presenta sonorita` hard-rock (Maybe Angels)
e funky (Love Is A Good Thing), che contrastano con
la sua immagine di fievole cantastorie di strada. Piu` consone alla sua
personalita` sono semmai la ballata spartana Redemption Day
e il gospel cadenzato di A Change.
All'hit disincantato di due anni prima rimandano soltanto Sweet Rosalyn e
Everyday Is A Winding Road.
Ai due modelli classici di Neil Young (nella cadenza) e Bob Dylan (nel
ritornello) Crow si ispira per il gospel di Hard To Make A Stand, forse
il vertice emotivo del disco.
Il successo arride a If It Makes You Happy, che pende dalla parte del
blues-rock dei Black Crowes e ha un'aria molto piu` sorniona e malinconica
del primo hit.
Il registro del canto si e` fatto improvvisamente adulto, abbandonando
l'entusiasmo adolescenziale per un tono depresso e abrasivo, talvolta persino
provocatorio.
Globe Sessions (A&M, 1998) raccoglie un altro pugno di quelle cantilene
disincantate. La sua specialita` sono decisamente gli
shuffle trasandati e orecchiabili di
My Favorite Mistake
e It Don't Hurt (Lisa Germano al violino).
Questa volta lo spiegamento di mezzi e` davvero imponente:
il ritornello di Here Goes The Neighborhood
e` punteggiato da una sezione di fiati,
e spunta persino una sezione d'archi di dodici elementi (fra cui i
violoncellisti Jane Scarpantoni e Garo Yellin) per il raga psichedelico di
Riverwide, in cui lambisce i bassifondi di Sgt Pepper.
Non solo manca l'ispirazione, manca anche l'hit che possa salvare il disco.
Un'imitazione di Tom Petty, Anything But Down,
e` la canzone che ci va piu` vicino.
Per adesso Crow e` soltanto una pallida copia della Bonnie Rait piu` pop.
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