Dalla pagina di Piero Scaruffi
2 (Touch & Go, 1995) e` allora un disco-avvenimento per la storia del rock strumentale:
un'opera di oltre un'ora (in Europa uscira' come disco doppio di vinile)
che fa il punto due anni dopo il coraggioso debutto di
For Respect.
Le chitarre di Mike Banfield e Ian Williams sono al massimo della forma,
forti e creative, e la funambolica batteria di Damon Che Fitzgerald sfavilla
piu' che mai, spesso protagonista assoluta. Matt Jencik, che ha sostituito Pat
Morris al basso, tiene dietro al trio con onore.
Il sound si va facendo sempre piu' analitico, nonostante l'apparenza di caos
e vapore. I tocchi sono piu' meditati, da consumati orchestrali.
La componente psichedelica si dissolve, o meglio matura in una fulgida
fantasia armonica.
L'avanguardia di Please Tokyo non e' mai pedante o velleitaria:
figure melodiche appena accarezzate in trance, pause, cambi di tempo, fughe a
rotta di collo, dissonanze sparse con criterio qua e la', jam spigolose alla
King Crimson, coesistono pacificamente con un finale tutto all'insegna
dell'eccesso, fra stridori di sega elettrica a tutto volume e una distorsione
colossale che si protrae all'infinito.
Meglio ancora Repeat Defender, una festa per le orecchie fini, dalle
sferzate singhiozzanti, come esauste, dell'inizio all'intermezzo di
sibili supersonici scanditi in maniera incalzante.
Nei feroci barriti che scuotono Dick Suffers Is Furious With You da un capo
all'altro e nei contrappunti insinuanti che cullano a lungo
No One Gives A Hoot sembra di sentire l'eco dei Soft Machine e dei Nice,
sia pur immerso nel rumore brutale dei nostri tempi.
C'e' molta erudizione in questa musica da camera alternativa imbevuta di
atonalita', funk, blues e jazz. Ed e' curioso che l'erudizione venga a galla
soprattutto nei brani brevi, come Stupid Puma e PPP, in cui la foga
prevale sul pensiero e le vibrazioni si fanno piu' epidermiche, a un passo
da Joe Satriani o Eric Johnson.
Piu' i brani divagano e meno si riesce a classificarli,
fino alla pura astrazione degli accordi reverberati e sfocati di Cold Knees.
Piu' ambizioso, piu' sofisticato e piu' a fuoco del primo album, anche se
qualcosa della grinta scomposta di quell'esordio e' andata persa.
L'influenza di Jim O'Rourke è tangibile nel nuovo album degli Storm And Stress,
Under Thunder And Fluorescent Light (Touch & Go, 2000), che fa seguito all'omonimo album realizzato nel 1997. La line-up consiste ancora in un classico trio chitarra-basso-batteria, guidato da Ian Williams dei Don Caballero (nativo di Pittsburgh ma che adesso vive a Chicago). La sua chitarra prende il sopravvento nella maggior parte di questi brani alternative-rock, ma il batterista Kevin Shea ed il bassista Eric Topolsky sono
ben lontani dall'essere solo degli umili Experience nei confronti di Hendrix. Le songs (che portano titoli bizzarri e prolissi) fanno affidamento
su una delicata interazione tra gli strumenti, che mette in luce allo stesso tempo l'atmosfera della composizione ed il preziosismo di ogni esecutore, allo stesso modo in cui il free-jazz improvvisato fa affidamento sull'insieme per esprimere pienamente le individualità.
L'ideologia di Williams del "dimenticare di proposito" (la canzone che si sta suonando) pervade la totalità di questi brani. La mancanza di un centro gravitazionale permette una messa in scena austera. Ogni tanto, gli ccordi sono così liberi da sembrare casuali. Il rock matematico dei Don Caballero è sottoposto a una sorta di vivisezione, per mezzo della quale gli organi vitali vengono asportati mentre l'orologio biologico continua a battere, quantunque in maniera disorganizzata, irrazionale ed inorganica. Questa estetica è ben riassunta da The Sky's The Ground...: un continuo litigio di note chitarristiche, di drumming pesantemente sincopato, di forti picchi di rumori gravi.
Il brano è fatto di vaghi echi di musica.
La lunga, e solo strumentale, Meet Me In The Place... potrebbe essere definita come un brano da camera a ritmo quasi tribale.
Si sono fatti paragoni con la meccanica quantistica per via degli intervalli temporali tra un'espressione sonora e la successiva. Il "flusso" dei suoni non è quello che ci si aspetta dalla "musica": è ridotto ad un fluire di informazioni musicali digitalizzato e campionato che può saltare in qualunque direzione. Un buon esempio di questa tecnica può essere scovato in It Takes A Million Years...: riverberi maniacali, cantato monosillabico e rumori metallici destrutturano la dimensione spazio-temporale e si rifiutano di ricostruirla.
Al contrario rispetto ai pregiudizi che qualcuno può avere, questi musicisti hanno infatti senso dell'umorismo, che traspare ovunque, ma è riservato ad orecchie sintonizzate. In An Address That Was To Skip Ahead... metodo e pazzia diventano una cosa sola: prima Williams canta come un pazzo, poi la chitarra sparge una tavolozza di note divisionistiche nel vuoto.
The 1st Our Layd Of Burning Thorns (la prima parte di un trittico strumentale) è totalmente schizofrenica, indulgendo dapprima in percussioni dadaistiche e poi schernendo il frenetico finger-picking della country music. Mentre The Third and Youngest Unnamed è improvvisazione free-jazz relativamente lineare, cioè tumultuosa, The 2nd Perpetuate And Beautiful evidenzia convulsi mutamenti d'umore, da un crescendo emozionante ad una coda minimalista. Complessivamente, il trittico riesce a comporre un amorevole ritratto. Ci richiama alla mente le divertenti vignette country di Leo Kottke, una volta modificate, naturalmente, con i suoni atonali preferiti da Williams.
Se non altro, il jazz "riscrive" un brano. Fedeli al loro manifesto, gli Storm & Stress non scrivono e non riscrivono un brano: dimenticano una canzone mentre la stanno suonando.
American Don (Touch & Go, 2000) e' stato registrato da un trio,
perche' Banfield ha lasciato il gruppo
(e Eric Emm suona ora il basso). Cosi' i Don Caballero stanno
lentamente mutando negli Storm And Stress.
Sorprendentemente (conoscendo gli eccessi intellettuali di Williams e
di Fitzgerald), l'album e' meno cervellotico e involuto, piu' giocoso e
perfino piu' romantico, di What Burns Never Returns.
I ritmi proverbialmente torrenziali di Fitzgerald sono stati tenuti a
freno
e ora egli predilige rulli di batteria piu' intricati piuttosto che
l'energico bombardamento a tappeto di incastri fumanti.
In brani basati su tema, come Fire Back About Your New Baby's Sex
e
Haven't Lived Afro Pop, il minimalismo a spirale di Williams
mitiga
in parte la precedente austerita'. La struttura dei brani e' piu'
fluida,
anche se l'elemento aggregante e' piu' notevole.
A Lot Of People Tell Me and Ones All Over The Place
fanno completamente a meno del tema portante e vivono principalmente
di quel minimalismo nevrotico.
La chitarra e' sotto controllo. Se questa e' una buona o una cattiva
notizia
dipende da quanto e' gradito lo stile ripetitivo di Williams, che permea
la
maggior parte dei brani.
Le distrazioni sono poche ma degne di nota.
La fragorosa Let's Face It Pal sembra un boogie da saloon
di ubriachi. Un'atmosfera dub si inserisce appena in
The Peter Criss Jazz, che contiene scarabocchi jazz e trapanature
alla Neu.
La breve You Drink A Lot Of Coffee For A Teenager e' una vampata
bruciante di jazz-rock del livello di Sonny Sharrock.
I Don Caballero possono essere stati un gruppo drum-oriented,
ma adesso e' una band di leggere sfumature interdipendenti.
Il centro gravitazionale (la batteria) che ha imposto un ordine glaciale
sul math-rock dei Don Caballero si e' arreso a un piu' umano e
aggraziato
universo di suoni che orbitano liberamente attorno ad esso.
Cio' che sta portando ordine ora e' il minimalismo della chitarra,
che incombe come un nuovo potere minaccioso.
Ian Williams ha formato i Battles.
Fitzgerald era l'unico membro sopravvissuto della formazione originale dei Don Caballero quando fu registrato World Class Listening Problem (Relapse, 2006). E l'album lo ha dimostrato. Si trattava di una band diversa, in primo luogo molto meno intensa e in secondo luogo molto meno fantasiosa, nonostante qualche deviazione nell'heavy-metal e nel jazz-rock.
Punkgasm (Relapse, 2008) ha introdotto la voce nel loro sound.
Broughton's Rules era un progetto parallelo dei Don Caballero e di Blunderbuss (che aveva una canzone intitolata Broughton's Rules) che debuttò con il post-rock vecchio stile di Bounty Hunter 1853 (Relapse, 2010).