King Kong
(Copyright © 1999-2024 Piero Scaruffi | Terms of use )
Old Man, 6/10
Funny Farm, 6.5/10
Me Hungry, 6.5/10
Kingdom Of Kong, 5/10
The Big Bang , 4/10
Buncha Beans (2007), 5/10
Links:

I King Kong di Ethan Buckler (ex Squirrel Bait e Slint) sono i clown del "giro" di Louisville. Quando funziona, il congegno di Buckler e` una spassosa parodia di Talking Heads e B52's.

Lanciati nei campus dei college dai gioviali singoli Movie Star (King Kong) del 1989 (con la title-track e The Camel's Walk Song) e Bring It On (Trash Flow) del 1990 (con The Boy), vengono inizialmente confusi con gli Half Japanese. In realta' il loro stile, piu' innocuo e rilassato, alla Buddy Holly, e' un semplice revival che trasforma generi del passato in gag ballabili.

Old Man On The Bridge (Homestead, 1991) prende lo spunto dal blues, sia quello strascicato del Delta (Lifesaver Blues), sia quello scoppiettante di Captain Beefheart (The Man), con appena qualche inflessione del boogie degli Stooges (Mama Mama). Gli arrangiamenti sono ancora approssimativi, benche' i brani siano di fatto soltanto degli strumentali, in cui il canto fa poco piu' che recitare filastrocche. La vera indole, demenziale e ballereccia, del gruppo emerge nella title-track.

Funny Farm (Drag City, 1993) cambio` invece drasticamente direzione, come se Frank Zappa fosse entrato in formazione. Si tratta di un concept introdotto da una sorta di ouverture rap-funky-country (la title-track), e' un'ammucchiata di novelty (Tornado Song), scipitezze alla B52's (Dirty City Rainy Day), scenette comiche da cabaret (Uh-Oh), blues da saloon (Bad Cat Blues), rhythm and blues da nightclub (White Horse) e ska da spiaggia (Island Paradise). E soprattutto annovera il surf tropicale di King Kong, uno degli scherzi piu' geniali dai tempi di Lions Sleep Tonight. Ancora una volta l'obiettivo e' il divertimento ballabile, appena mascherato da evento intellettuale e satirico.

Dopo il singolo Hot Dog Days e l'ennesimo cambio di formazione, esce Me Hungry (Drag City, 1995). Le armonie sono grossomodo variazioni sullo stesso schema: la voce cantilenante di Amy Greenwood, l'organo gospel di Tod Hildreth, le recitazioni surreali di Buckler, le figure blues della sua chitarra, e un battito da discoteca. Le canzoni migliori, Animal e To Love A Yak, vivono del contrasto fra le sonorita' dei primi anni '60 (club fumosi di Chicago e feste all'aperto di San Francisco) e tracce di ballabile new wave, ombre di B52's e Talking Heads. Ha il difetto di ripetersi, ma il pregio di essere davvero unico. Qua e la' affiora una linea melodica (Teardrop) o si spronfonda in improvvisazioni jazz (White Stuff). Tutto avvolto nei fumi del blues. Anche le loro gag demenziali (Bestie Bear) e i loro bislacchi strumentali (Ten Long Years) sono piu' sottotono del solito.

Kingdom Of Kong (Drag City, 1997) e` meno spontaneo e forse meno divertente. Il leader e la cantante Amy Greenwood imbastiscono duetti spassosi, a partire dal tema di Kingdom Of Kong, che ripetono pero` in maniera un po' scontata lo stesso schema: un jamming dinoccolato su cui aleggiano frasi soul d'organo e guaiti funky della chitarra, da Floor Door I Don't Wanna Party Anymore a Funky Monkey. Questa volta il disco risulta un po' troppo cabarettistico per essere davvero "musica".

The Big Bang (Drag City, 2002), a Devo-esque concept, is their worst album ever. Very little works (mainly Deep Blue Sky, maybe What Lies Beyond).

Buncha Beans (Drag City, 2007) returned to what Buckler does best: eccentric, neurotic and (most importantly) unpretentious dance music a` la B52's.

If English is your first language and you could translate my old Italian text, please contact me.
What is unique about this music database