Mary Lou Lord
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Got No Shadow , 5/10 Links:

Mary Lou Lord sembrava destinata a seguire le orme della sua concittadina Juliana Hatfield. Invece si trasferi` da Boston a Olympia e pubblico` la cassetta Real (Deep Music, 1993), piu` che altro un esercizio di cover d'autore. Il grunge di Some Jingle Jangle Morning (Kill Rock Stars, 1994) ne rilancio` la carriera (forse soprattutto il retro, la melodica Western Union Desperate), ma il primo album, Mary Lou Lord (Kill Rock Stars, 1995), quasi interamente orchestrato per voce e chitarra, contiene soltanto tre brani originali (Helsinki, The Bridge e soprattutto His Indie World) una sfilata di cover d'alta classe. L'EP Martian Saints (Kill Rock Stars, 1997) non cambia una virgola, ne' la sua sincerita`, ne' il suo geniale modo di ridurre ai minimi termini le canzoni di altri, ne' il suo limite di interprete e non autrice.

Got No Shadow (Work, 1997) le fornisce anche un arrangiamento degno delle sue interpretazioni (alcune riciclate dai dischi precedenti). La cantante si rivela cosi` un'abile confezionatrice di ritornelli cadenzati e orecchiabili (His Latest Flame) cantati e suonati con l'ottimismo naif degli anni '60. Throng Of Blowtown e She Had You testimoniano del lato piu` serio. Fra gli ospiti si contano Bevis Frond (suo partner e autore di Lights Are Changing), Elliot Smith, Nels Cline, Shawn Colvin e sua maesta` Roger McGuinn.

Live City Sounds (Rubric, 2002) is a live album in which she performs mainly covers.

Baby Blue (Rubric, 2004) was not much of a return to music.

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