Nicky Skopelitis, chitarra d'avanguardia dal suggestivo
timbro blues e country, che ha servito Anton Fier e Bill Laswell, ha inciso nel
1989 un album di funk etnico degno dei suoi maestri: Next To Nothing (Virgin).
I sette brani strumentali di quest'opera lo rivelano come compositore
audace (in Shotgun News una litania blues degenera in un baccanale jazz-rock
dall'accento orientale), arrangiatore sofisticato (Omens accoppia flamenco di
chitarra a violini arabeggianti) e direttore d'orchestra smaliziato (Fred Frith
e Simon Shaheen suonano i violini, Ginger Baker la batteria, Laswell il
basso, Aiyb Dieng le percussioni); insomma il Van Morrison di Astral Weeks
aggiornato alle sonorita' degli anni '90 e senza il canto.
In alcuni casi si tratta semplicemente di narcissismi timbrici:
Bad Blood e' un mini-concerto per i tocchi deliziosi delle chitarre (o,
meglio, degli overdub di chitarra), i borboglii del basso, i poliritmi
disordinati delle percussioni; Second Skin e' puro impressionismo, una
fantasmagoria di pennellate sospese in climi fiabeschi.
Ma altrove si fa largo un acume piu' razionale, un progetto di flagrante
destabilizzazione della musica: presi gli stilemi di un genere, la piccola
orchestra di Skopelitis fa loro subire una serie di trepide metamorfosi e vi
innesta un nugolo di turbolenze provenienti da altri generi. Si spiega cosi'
l'involuzione del blues di Shotgun News, la cui identita' viene ricordata ogni
tot battute da un inconfondibile fraseggio di chitarra, ma che in realta'
oscilla fra cento diversi stili. Un'altra prassi smonta e rimonta la danza folk
di Altai, trasformandola in una quadriglia robotizzata, in una quadriglia
per apparecchiature meccaniche.
Altrettanto "decostruite" sembrano le danze orientali di Black Eyes
e la messa arabica di Omens, i due brani piu' "esotici". Il secondo indulge
in effetti da colonna sonora, in particolare nel dialogo a funerei colpi di gong
fra i languidi accordi di flamenco della chitarra e le sinuose spire del
violino.
Fluido e polimorfo, il discorso di Skopelitis e' esemplare dell'ideologia
musicale postmoderna, della perdita di fiducia nei fondamenti assoluti
dell'armonia rock.
A parte i lavori con Laswell, nel 1991 il chitarrista figura accanto a Sonny
Sharrock su Faith Moves (CMP). I loro duetti sono piu' plumbei e meno
gioviali. Skopelitis non puo' "smontare" come un bambino curioso la struttura
dell'armonia, ma deve attenersi a seguire la melodia di composizioni quasi
new age come Who Are You e Mescalito. Cio' non toglie che in un paio di
occasioni riesca ad incidere delle miniature blues (Sacrifice) e raga
(First Of Equals) nel flusso di coscienza del partner.
La cartilagine di Venus e Pyre e' piu' astratta, nel tentativo forse di
descrivere una visione o un'allucinazione: le chitarre abbandonano qualsiasi
pretesa di razionalita' e lasciano fluttuare gli accordi in maniera spontanea.
In tutti i casi le atmosfere create da questi duetti sono sorprendentemente
complete e calde, tutt'altro che spartane o cervellotiche.
Al successivo Ekstasis (Axiom, 1993) partecipano i veterani Jah Wobble
(basso) e Jaki
Liebezeit (batteria), oltre alla solita accolita di musicisti etnici e al
patrono Laswell. Piu' che mai immedesimatosi nel ruolo di direttore d'orchestra,
Skopelitis lascia che il ritmo si sviluppi, che su di esso si affolli un
repertorio minimo di linee melodiche degli strumenti etnici, e poi vi cesella
sopra una serie di gentili e minuziosi interventi, definendo l'identita' del
brano con qualche stoccata ben rifilata.
Ne risulta il funk "industriale" d'altissima classe di Ghost Of A Chance e
Heresy, che conserva la qualita' ballabile del genere ma lo popola di una
dinamica contraddittoria.
A dominare e' comunque l'ensemble, non l'intestatario del disco: Skopelitis
sa far musica quasi senza farsi sentire, sfruttando al massimo la suggestione
delle cornamuse in Sanctuary
e "straniando" con sitar, violino e berimbau la sincopazione dei Meters in
One Eye Open.
In tal senso il momento in cui nell'incalzante Witness incrocia il suo
dobro con un lamento di violino indiano e un subdolo ronzio di doussongoni
costituisce uno degli apici dell'opera (e della sua carriera); alla pari forse
con gli ipnotici cicli melodici di Proud Flesh (ripetuti da kora, chitarra e
violino su una cadenza ossessiva).
La "world music" di questo ensemble sa essere altamente spettacolare senza essere
sensazionalista: Tarab (per tabla, violino, doussongoni, basso, "drum loop" e
chitarre) e' un blues delle paludi debitamente filtrato dall'alienazione urbana.
Il disco va in gloria con il festoso Jubilee sul cui passo di marcia
Skopelitis compie miracoli d'equilibrismo.
L'opera di Skopelitis e' eminentemente psichedelica, al punto da far ricordare
la fusione fra jamming cerebrale e trance spirituale realizzata da Peter Green.
Li accomuna infatti la stessa sensibilita' per i timbri e la stessa propensione
per costruire armonie "circolari".
La sua musica e' una galleria di affascinanti paesaggi sonori, "nature morte"
in cui non succede nulla, ma c'e' il presagio che possa succedere di tutto.
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Nicky Skopelitis, who had played with Anton Fier, Bill Laswell and Sonny Sharrock, concocted a subtle form of ethnic funk-rock, orchestrated for small multi-national ensembles, on
Next To Nothing (1989) and Ekstasis (1993), the latter featuring bassist Jah Wobble and Can's drummer Jaki Liebezeit.
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