Gli Steel Pole Bath Tub si formarono a Bozeman (Montana), ma si
trasferirono a prima a Seattle e poi a San Francisco. Fu qui che
Mike Morasky (chitarra e canto), Dale Flattum (basso e canto) e
Darren Mor-X (batteria), ispirandosi all'opera del loro conterraneo
Steve Albini, diedero vita a una delle
carriere piu` importanti del rock alternativo degli anni '90.
Butterfly Love (Boner, 1989) presenta il loro sound abrasivo e
psicologico, al confine fra psichedelia, punkrock e heavymetal.
Le loro liriche sono slogan disperati, che vengono vomitati su
riff terribili come quello di Time To Die.
I loro ritmi sono cadenze travolgenti che consumano oscuri rituali interiori,
come in Hey Bo Diddley e in
Thru The Windshield Of Love, un possente boogie di marca sudista.
La tradizione psichedelica viene a galla in brani come
Welcome Aboard It's True, per
tribalismo estenuante, vocalizzi dilatati e feedback caotici.
Fondendo queste premesse,
un canto rauco libidinoso, linee di basso omicide e distorsioni supersoniche
di chitarra dilaniano lo psicodramma Heaven On Dirt, forse il vero
testamento
spirituale di questo disco, un potente affresco di desolazione urbana e di
dolore personale.
Il satori del disco, il baccanale piu` perverso (con le liriche "Life is no
romance/ and love isn't a flower/ Live to fuck/ and fuck for hours") e`
probabilmente Bee Sting, una canzone concitatissima, corredata
di scampanellii
scordati alla Sonic Youth e con un finale di raccapriccianti effetti
sonori.
I riff affilati e le ritmiche cupe ricordano il grunge, ma i ritmi
ferocemente sconclusionati e l'impatto veramente hardcore derivano semmai
dalla scuola del Midwest.
I Am Sam I Am e` il tipico anthem rabbioso e sgolato del punkrock
di trincea.
Con Swerve il gruppo prova infine a immergersi nel power-pop piu`
convenzionale.
Butterfly Love e` di fatto un concept
dedicato ai traumi degli adolescenti di provincia e infarcito di
ottusi omaggi alla sottocultura televisiva dei decenni passati (vedi la
copertina del disco e i campionamenti dedicati a una popolare soap opera).
Non e` parodia, purtroppo, ma iper-realismo.
L'EP Lurch (Boner, 1990) e` un disco ancor piu` sperimentale
ancor piu` cupo.
Si apre con i versi "Just went back and got the razor
blade/ closed my eyes and sliced", che impostano l'umore dell'opera.
Il gruppo e` all'apice delle sue capacita` scenografiche: nell'arco di
otto minuti Christina passa dall'hardrock marziale e truculento dei
Black Sabbath alle progressioni androidi dei Chrome,
dalle atmosfere gotiche del post-punk inglese
alle melodie psicotiche della psichedelia.
Ancor piu` disarticolata, quasi free-jazz,
Lime Away e` introdotta da fuzz minacciosi di basso
e da accordi spaziali di chitarra alla Dinosaur Jr,
ma si lancia subito in un urlo disperato/epico alla Psychedelic Furs.
Dopo il singolo Arizona Garbage Truck, uno dei loro vertici psichedelici,
esce l'album Tulip (Boner, 1990), l'opera della maturita`.
Le armonie si avvalgono di cacofonie, campionamenti e dissonanze, che vengono
stratificati in maniera da creare atmosfere ossessivamente
claustrofobiche. Al tempo stesso il gruppo recupera il formato della canzone
rock, anche se e` soltanto un contenitore, un modo come un altro di
disciplinare la loro fantasia creativa.
Mercurchrome e Pirate 5 coniano di fatto un genere
di "hardrock industriale", truce e virulento, grezzo e martellante, rumoroso ed
asmatico, dall'andamento imprevedibile, ma all'interno del quale emerge sempre
un ritornello, non importa quanto sfigurato.
Scarlet raffina
l'arte dei loro psicodrammi portandola nell'ambito di un bluesrock
"hendrixiano".
L'elemento unificante del disco e` in realta` il tribalismo concitato introdotto
all'inizio da Soul Cannon, che ricorre di continuo come un leitmotiv,
lambendo talvolta (Quark) i trascinanti e depravati boogie degli Stooges
fino a rendere esplicito omaggio al loro santo protettore, Bo Diddley, in
Wonders Of Dust.
Le manipolazione dei nastri si sono perfettamente amalgamate in un sound
che non ha nulla di esibizionista o intellettuale, che e` anzi la quintessenza
della selvatichezza e della ferocia.
Il gruppo prende sul serio la propria propensione per la
musica nera, tanto che incorpora un'armonica blues in Wonders Of Dust e un
sassofono bop in Myrna Lady.
Dal caos i tre riescono ad estrarre una struttura perfettamente coerente.
Dalla brutalita`, e dal culto della brutalita`, riescono a secernere poesia.
Nel frattempo
Morasky fa parte anche del collettivo Duh, dei quali esce
l'album Blow Hard (Boner, 1991)
Flattum a sua volta suona nel combo free-jazz Murder.
Morasky e Flattum, infine, sono attivi anche nei Milk Cult del dj CC Nova.
Tutti e tre gli SPBT figurano anche nei Tumor Circus di Jello Biafra.
Il singolo Bozeman, un concitato hardcore che e` un omaggio alla loro
citta`
natale, annovera anche l'heavymetal "cingolato" di Borstal.
The Miracle Of Sound In Motion (Boner, 1993) continua la progressione
verso
una musica sempre sperimentale ma meno arcigna, sempre erudita ma
meno sgradevole. Pezzi come Pseudoephedrine Hydrochloride hanno una loro
logica, uno svolgimento razionale e un'identita` ben precisa; il che'
rappresenta quasi una rivoluzione rispetto al caos armonico del repertorio
precedente.
Piu` che rinunciare ai metodi compositivi delle origini, gli SPBT li piegano
ad esigenze diverse: non lo shock terapeutico, ma una nuova forma di canzone.
Train To Miami conia in effetti una nuova variazione sulla forma-canzone,
piu` prossima alle radici del rock che alla sperimentazione moderna: un blues
ferroviario propulso da un tam-tam di grancassa e basso, con il ritornello
puntellato da schitarrate stridule e con un intermezzo di rumori caotici.
Analogamente la carica sgangherata di Thumbnail, che ruba il riff e
l'andamento a Lucifer Sam dei Pink Floyd (e i primi Pink Floyd sembrano
in effetti esercitare ora una certa influenza).
Magistrale l'intersezione fra grunge e industriale di Carbon che riesce
a usare le sonorita` piu` estreme di entrambi i generi in un contesto melodico.
Maestri nel deturpare qualsiasi armonia con i loro bruttissimi nastri,
gli Steel Pole Bath Tub sono arrangiatori demenziali e apocalittici.
L'EP Some Cocktail Suggestions (Boner, 1994) consegna al vinile
altri sei brani rimasti esclusi dall'album.
Ogni canzone di Scars From Falling Down (Slash, 1995)
e' una cascata di riff malefici, ritmi sinistri, liriche
ultradepresse, campionamenti cacofonici. Un rombo ossessivo domina dall'inizio
alla fine questo lungo cerimoniale di autodistruzione. Toglie qualsiasi speranza
subito all'inizio la cadenza tribale di The 500 Club, solcata da
riff subsonici e supergrunge.
L'urlo di Population si fa largo in un'orgia di distorsioni, mentre il
bisbiglio di This Conversation accompagna un incedere moribondo, quasi raga.
In questo stile molto poco virile di litania squilibrata il complesso prosegue
fino alla fine, con poche eccezioni
Home Is A Rope e' una
ballad sprezzante all'incrocio fra Stooges, Helios Creed e un complesso di
boogie sudista e Kansas City procede a mitragliate, nonostante il canto sia
una cantilena in trance (non so giustificarlo, ma mi vengono in mente i
Cream).
Quando (in Twist)
il trio prova uno stile di esecuzione piu' vivace e controllato, ne
viene fuori una buffa imitazione dei complessini psichedelici degli anni '60.
Il cerimoniale va in gloria con il baccanale demenziale di Friday, che ripete
all'infinito i versetti del suo salmo hare krishna.
L'uso dei campionamenti e' come sempre accortissimo; pochi lo fanno con lo
spirito teatrale con cui lo fa Morasky.
Quelle di Morasky sono flash di memoria, allucinazioni, cupe premonizioni,
Il primo album per una major e' anche l'album piu' disperato del gruppo.
Nessuno potra' criticarli per la mancanza di coraggio.
Unlistenable (Zero To One, 2002), registrato nel 1996 a casa di
Mike Morasky, vedra` la luce soltanto sei anni dopo.
Unlistenable (Zero To One, 2003)
La saga del gruppo e` di fatto continuata con i
Milk Cult.
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