Stranglmartin
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Stranglmartin , 6.5/10 (mini)
Wiregrass , 5/10
For The Sake Of Argument, 6/10
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gli Stranglmartin del Kentucky suonavano il rock'n'roll piu' autentico, quello che mira a esprimere l'angoscia dei giovani tramite un riff e un ritornello d'impatto immediato. David Butler era l'erede naturale di una tradizione che parte da Chuck Berry e arriva ai Replacement.

Gli Stranglmartin esordirono con un mini-album ominimo (Dragon Street, 1990) su cui spiccano la veemenza di Stop Interrupting Me e Red Tool, l'anthem a passo blues di Tidal Wave (degna degli Animals), la ballata country dagli accenti "dylaniani" Sometimes Judith Ann, e il rombante rockabilly Circus Of The Stars. I soliloqui esistenziali di Polishing Your Hate, Call Each Other Names e The World Does Not Revolve completano l'affresco psicologico e realistico del leader.

Wiregrass (Wrocklage, 1993) perde un po' della grinta, ma non la passione (la title-track).

For The Sake Of Argument (Safe House, 1995) torna ai fulgori dell'esordio. La ricetta piu' vecchia del rock and roll, quella di accoppiare melodia e irruenza, sortisce i numeri piu' epidermici, Never Noticed e Hello Wickedness, ma le qualita' del trio spiccano soprattutto nell'epica, quasi "dylaniana", Mean Old Skeleton. Ci si diverte con il pop di Don't Tease The Dog (tracce di Soul Asylum), ci si agita con il ritornello frizzante di Igloo (tracce di Ramones) ci si abbandona ai languori campestri di Arrangement For Your Blues (tracce di Gun Club), ci si intristisce nel lamento per chitarra acustica di Evelyn (tracce di Neil Young).

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