Matthew Sweet was a product of the era of R.E.M.
He coined a kind of simple, melodic ballad that drew from
Big Star's power-pop and the Byrds' jangling folk-rock.
Despite the impressive cast (Jody Harris, Fred Maher, Chris Stamey, Anton Fier,
Don Dixon, Bernie Worrell, Adele Bertei), Sweet played most of
Inside (1986) on electronic keyboards and drum-machines.
Thanks to the dual guitars of Robert Quine and Richard Lloyd,
Earth (1989) and Girlfriend (1991) presented a far more
intriguing sound. While paying homage to the classics of guitar pop,
Sweet maintained a tone that was slightly neurotic and off-kilter
(a` la Television). The intricate group sound of Altered Beast (1993)
crowned his personal calvary, while the slick production of
100% Fun (1995) hinted at mainstream pop.
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Matthew Sweet e` nato in Nebraska ma si formo` musicalmente in Georgia,
nella cittadina universitaria di Athens che era diventata l'epicentro
dell'intero rinascimento del Sudest. Suono` la chitarra negli
OH-OK e poi formo` i Buzz Of Delight, che registrarono
un EP di squisito folk-pop alla REM,
Sound Castles (DB, 1984).
Sweet cambio` casa ancora una volta, trasferendosi a New York, dove fece
comunella con l'intelligenzia della no wave dei suoi prodromi.
Suono` anche con i Golden Palominos, e scrisse
per loro Something Becomes Nothing. Fece amicizie importanti nel
mondo dell'avanguardia, del progressive-rock, del funk, del jazz.
Non stupisce pertanto che il suo primo album solista,
Inside (Columbia, 1986), sia una sorta
di "supersession" a cui partecipano musicisti blasonati come
Jody Harris,
Fred Maher,
Chris Stamey,
Anton Fier,
Don Dixon, Bernie Worrell, Adele Bertei,
etc etc.
Nonostante la truppa a sua disposizione,
Sweet compone e suona in realta' quasi tutto da se', facendo ampio
uso delle tastiere elettroniche e delle drum-machine.
La sua specialita' e' il powerpop, frizzante (Quiet Her) e lambiccato
(Half Asleep), spigliato We Lose Another Day) e orecchiabile
(Brotherhood), piu' aristocratico e calcolato di quello di Costello,
capace di nobilitare persino la
muzak ballabile dei Starship (Blue Fools) e dei Fleetwood Mac (By Herself).
Lavoro formativo, Inside ha pero` gia` i crismi del piccolo genio pop,
in quanto giostra con stili e generi senza mai perdere di vista il proprio
baricentro psicologico/esistenziale.
C'e` comunque spazio per migliorare, e infatti Earth (A&M, 1989)
rappresenta un gigantesco salto di qualita`. La svolta cruciale nella
carriera di Sweet consiste nel ridimensionare le tastiere a favore
delle chitarre. Mentre la scena rock dirige in massa verso il suono sintetico
delle tastiere, Sweet recupera il sapore piu` autenticamente rock della
chitarra elettrica. Non solo: assume due marpioni come
Robert Quine
e Richard Lloyd. Sara` proprio questo asse strumentale a rimanere
il suo marchio di fabbrica per qualche anno. Il sound acquista cosi' quel
tocco ruvido e geometrico che vivacizza ballate aggraziate come Easy e
How Cool.
Buona parte del merito va anche alla produzione, per la quale Sweet e'
coadiuvato da Fred Maher: un'ineffabile patina elettronica copre le armonie di
canzoncine naif come Children Of Time, trasformandole in complessi esercizi
di mimesi e contrappunto.
Vertigo, ovvero quella dall'arrangiamento piu' ballabile, e
When I Feel Again, accompagnata in maniera geniale, un po'
ipnotica e un po' dissonante, sono i singoli che lo rendono famoso.
E' quest'album a coniare una volta per tutte il suo stile, che in fondo nasce
semplicemente da un contrasto: da un lato una canzone gentile, dall'altro una
chitarra scorbutica. E' un trucco che verra' ripreso negli anni '90 da
decine di gruppi.
Girlfriend (Zoo, 1991 - Volcano, 2006) gli procura anche l'attenzione del pubblico.
Sweet e` smaliziato nel proporre quel sound un po' "retro", che e`
sostanzialmente figlio del pop psichedelico e barocco dei
DB's e del folk-rock di Tom Petty (piu` che
degli REM), con il piglio nevrotico e intellettuale
dei Television.
L'album e` di fatto un concept autobiografico dedicato al suo divorzio.
Il suo calvario personale da` luogo a una
sfilata di tristi ballate immerse nei laghi di
accordi nevrotici dei partner chitarristi (con Maher ancora alla batteria e
Lloyd Cole alla terza chitarra). Divine Intervention ha
l'andatura delle trenodie piu' trascendenti dei Television e dell'acidrock
piu' languido degli anni Sessanta. All'estremo opposto Thought I Knew You
vibra di una cartilagine acustica, senza batteria, fra flamenco e REM.
Un rock molto elettrico fortifica invece Does She Talk.
Le armonie vocali folkrock di I've Been Waiting, la grinta bluesrock della
title-track, il tremolo psichedelico di Don't Go e il ritornello pop di
I Wanted To Tell You prendono a prestito gli elementi piu' disparati, ma
conservano sempre quel carattere "neutro" che e' tipico di Sweet.
Il valzer di Harvest (Neil Young) propelle tanto la tenue serenata country
di Winona quanto la graffiante serenata rock di Evangeline,
le sue due massime serenate "cortesi". Nel complesso l'album e' una galleria di
vignette romantiche che pero` evocano in continuazione il dramma personale di
Sweet, come se fossero cantate da una tomba.
Gran parte del merito va al suo complesso, come dimostra
anche Altered Beast (Zoo, 1993). Sweet ha il merito di scrivere canzoni
avvincenti e orecchiabili, ma il gruppo le trasforma in mini-sinfonie rock
grazie a un sound potente e intricato. Proprio quel sound, a sua volta,
fortifica l'angoscia del cantante, trasformandola da lamentosa a
brutale. I toni intimisti del suo timido pop in
chiave minore vengono sbaragliati da accordi lancinanti e fraseggi acuminati
delle chitarre e da ritmi scapigliati.
La musica di Dinosaur Act ondeggia paurosamente sotto folate di rock nocivo.
Knowing People e' scossa da un ritmo sincopato e lacerata da una chitarra
atonale.
Nel suo repertorio risuonano anche le cantilene esistenziali degli REM
(Devil With The Green Eyes) e persino quelle di Dylan
(Do It Again alla Like A Rolling Stone).
La ballata angosciata di turno, Someone To Pull The Trigger, cantata in
un tono elegiaco a meta' strada fra Dylan e Morrissey, non e' forse altro che
la fusione fra quelle due fonti di ispirazione.
il brano piu' personale, Ugly Truth, viene appropriatamente eseguito prima
in versione (delicata) acustica e poi in versione (brutale) elettrica, a sancire
la schizofrenia patologica del personaggio.
Le sue sono indubbiamente melodie superbe, ma cantate in maniera funerea, quasi
da incubo (Life Without You), al limite della trance (Time Capsule),
oppure come se provenissero da una galassia lontanissima, da un futuro remoto
(Reaching Out); eppure risvegliando sempre un idilliaco senso della condizione
umana, fino a rasentare i Jefferson Airplane del periodo "campestre"
(What Do You Know). Il connubio fra musica, testi e canto e' fra i piu'
subdoli e torbidi della storia del cantautorato.
Sweet, fra i mille imitatori di Neil Young, e' il piu' "new wave", carico
di spleen e di istinti selvaggi, ma, rispetto al maestro canadese, riesce a
domare le sue emozioni e a trasformarle in epigrammi laconici.
I brividi sinceri delle sue emozioni romantiche, per quanto nascosti e zittiti
sotto gli arrangiamenti nervosi e dietro il suo atteggiamento compassato, ne
fanno al tempo stesso un piccolo genio del pop e un piu' grande genio del senso
di ansia.
Dopo il folkrock arioso di
Girlfriend, disco sorprendente, semplice e al tempo stesso
complesso, gradito tanto al pubblico piu` spensierato quanto alla critica piu`
impegnata, e la cupa auto-analisi di
Altered Beast, che mise in luce i risvolti piu` dolorosi
della sua lirica, ma sostanzialmente confermo` quel felice equilibrio, Sweet
e' pervenuto al pop d'alta classe di
100% Fun (Zoo/BMG, 1995), depurato di tutte le nevrosi del college-rock.
Il primo singolo, Sick Of Myself, costituisce
il naturale trait d'union con il passato, in quanto fonde la
forte cadenza boogie di Lou Reed e le eteree armonie vocali dei Byrds,
ovvero le sue due maggiori ispirazioni,
e We're The Same e' un altro saggio
di folkrock innocente, che fa da ponte fra i Byrds e gli REM.
Sweet sembra voler compiacere tanto i progressisti (con un paio di sortite nel
campo dell'hardrock psichedelico, Lost My Mind e Super Baby,
che sciorinano chitarre da trance e cadenze eccentriche) quanto e i conservatori
(con una mesta nenia country & western, I Almost Forgot).
Un paio di ballad romantiche, Now When I Need It e la struggente Smog Moon,
vendono l'immagine del "loner" a un pubblico piu' ampio.
Lloyd e Quine dominano ancora gli arrangiamenti, ma da un pulpito meno visibile.
Con Blue Sky On Mars (Volcano, 1997) Sweet getta la maschera
dell'intellettuale e indossa gli abiti del cantante di classifica.
Il rock and roll virulento e assordante di Come To California
e` in realta` soltanto un veicolo per un ritornello pop
(rubacchiato a una vecchia canzone dei Beach Boys).
E ancor piu` pop, con le progressioni del Mersey-beat e persino una cadenza
da carola natalizia, e` quello sentimentale di Back To You.
La marcetta di Where You Get Love ricorda le canzoni bubblegum di Tommy Roe.
Peccato che il resto dell'album sia soltanto un cumulo di riempitivo.
Alcuni motivetti (Over It, Mike Believe)
potevano diventare canzoni altrettanto carine, ma per ragioni misteriose
vengono abbandonate senza convinzione dopo nemmeno due minuti.
Senza Lloyd e Quine, questo e` decisamente il suo album piu` accessibile e
orecchiabile. Sweet ha deciso di mettere da parte le ambizioni artistiche
e concentrarsi sul successo commerciale. Bisogna riconoscergli un talento
due spanne sopra la media e una cornucopia di melodie da far diventar paonazzi
d'invidia gli Oasis e compagni. Ma l'album e` stato messo insieme
frettolosamente per sfruttare l'alto grado di vendibilita` delle prime tre
canzoni.
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