Swell derailed the arcaic structures of blues and country music with extravagant dynamics and arrangements. Swell (1991) and especially Well? (1993) were festivals of the irregular, coupled with existential lyrics.
If English is your first language and you could translate my old Italian text, please contact me.
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Gli Swell di San Francisco sono cantori urbani
introversi e contorti delle ansie esistenziali della loro era, la cui musica
ribolle di umori depressi e di languori nevrotici.
Gli Swell si formarono a San Francisco nel 1987. Il quartetto originale
comprendeva David Freel (canto), Tim Adams (chitarra),
Sean Kirkpatrick (batteria) e Mark Signorelli (basso), ma quest'ultimo venne
subito sostituito da Monte Vallier (basso) e John Dettman subentro` presto
alla chitarra.
Swell
(Psycho-Specific, 1991 - Badman, 2003) mette in luce soprattutto il
talento esecutivo del quartetto, che non si esprime per virtuosismi ma per
luminose intuizioni di arrangiamenti, di accostamenti, di "scenografia" del
sound.
Ha senso che spesso (Get High) si odano echi dello spensierato
acid-rock della Baia,
ma altrove (Sick Half Of A Church) si entra d'improvviso negli incubi
espressionisti dei Bauhaus.
E` difficile distinguere l'umore hippie di una ballata bucolica come
Dan A Son Of God dall'hard-rock eccentrico dei Pixies che informa Stop.
Soluzioni armoniche di avanguardia, che si ispirano liberamente
alle tradizioni arcaiche del blues e del country, come nel "treno" percussivo
e nei lunghi vagiti di armonica di A Town, come il contrasto ritmato di
chitarra acustica ed elettrica nel contrappunto sinfonico di
Think About Those Days, come i rumori di organo e percussioni sui
campionamenti di folla di Yes And No,
li pongono fra i musicisti piu` cupamente atmosferici
(sarebbero la band ideale di Chris Isaak).
Monty Vallier (basso) e Sean Kirkpatrick (batteria) formano una delle
sezioni ritmiche piu' intelligenti, capace di sfruttare le pause e gli
attacchi in maniera altamente drammatica.
Well? (Def American, 1993) e' infiorettato di suoni-verita'
che "straniano" ulteriormente le canzoni. Le quali sono a loro volta, se
possibile, ancor piu' abuliche e allucinate, intrise di un surreale
pessimismo, condotte dagli strumenti in bilico su un filo sottilissimo (e tanto
piu' suggestivo) di razionalita'.
Le cadenze irregolari e il vano blaterare alla luna di brani come Everything
fanno pensare a un incrocio fra i Rolling Stones e i primi Pink Floyd.
Cosi' in At Long Last un ritmo campestre e una sferzante distorsione della
chitarra accompagnano il sussurro di Dettman nel suo delirio un po' hippie.
Il tributo alle ballate fantasiose dei Pixies e' questa volta Down, in cui e'
la chitarra a intonare il ritornello piu' romantico.
Spunta un sassofono per puntellare l'atmosfera piu' opprimente del disco, quella
di It's Okay, immersa in una sorta di danza tribale.
Ancora una volta in primo piano e' soprattutto la sezione ritmica, con la
chitarra limitata a intermezzi, per quanto incisivi, e il canto spesso ridotto
a un gemito stordito.
Dettman ha pero' un modo unico di suonare i riff di chitarra: con nonchalance,
in sordina, facendo finta che non siano riff ma soltanto rumori di sottofondo.
Spettacolare il suo lavoro su Suicide Machine, vertice esistenziale della
raccolta ("We got nowhere to go/ but then nothing is too far").
At Long Last ricompare sull'EP Room To Think (Beggars Banquet, 1993),
insieme alla prima versione ufficiale di Life's Great e Always One Thing,
originariamente registrate per John Peel nel 1992
41 (American, 1994) indulge nel progetto di un sound prodotto in ambienti
squallidi e deprimenti.
Freel nei panni del cantautore introverso e solitario (Is That Important)
o del drogato prigioniero di vertigini psichedeliche (Don't Give) si sta
conquistando la statura di un grande poeta moderno. Il singolo
Forget About Jesus, alternando la magniloquenza di un'elettronica sinfonica
e un piglio da primo Dylan, recita "Thank God for sin to show the way".
Ma il gruppo ha perso proprio Dettman a scapito della dinamica delle canzoni,
che adesso si assomigliano tutte, e il disco alla fine sembra di fatto il primo
disco solista di Freel.
Too Many Days Without Thinking (Beggars Banquet, 1997) e` un'opera tanto
valida ed eccentrica quanto le precedenti, altrettanto
adulta e commovente. Freel e` un cantautore della pasta di Mark Kozelek
(Red House Painters) e Mark Eitzel (American Music Club). Il trio che
l'accompagna e` degno erede della tradizione del folk-rock psichedelico di San
Francisco, dai Jefferson Airplane ai Cathead, con in piu` un manieristico
stilistico degno di un musicista classico.
Ricco di spezie country e blues, sfregiato da tenui graffi elettrici,
e venato di ritmiche imprevedibili, il sound si libra in soluzioni armoniche
sempre originali e suggestive.
Il tono medio del disco e` rappresentato dalle filastrocche stralunate alla
Syd Barrett, come Fuck Even Flow e Trip, e dalle loro improvvise bizze
d'umore. Ma ogni brano fa storia se stante: Throw The Wine si trascina per un
po' in uno shuffle dinoccolato ma poi sputa un ritornello Merseybeat con tanto
di armonie vocali in un barrage chitarristico;
When You Come Over conduce una melodia innamorata sul filo del rasoio di un
arrangiamento scarno e bizzarro;
What I Always Wanted e` una ballata dimessa cantata sottovoce e suonata
in maniera barocca con il sottofondo di un mellotron, come avrebbero fatto i
primi King Crimson. Sunshine Everyday chiude l'opera in maniera
impressionista, giocando sui contrasti fra il canto in trance e la
cadenza concitata della batteria, il twang virulento della chitarra e le
frasi languide del mellotron.
Degni eredi della tradizione folk-surreale di Catheads e Donner Party, gli Swell
hanno proiettato nella canzone d'autore un'insolita capacita` scenografica.
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For All The Beautiful People (Beggars Banquet, 1998) marks a
moment of stasis for the band. Today and
Don't You Know They Love You are vaguely reminiscent of countless
folk-pop bands on the market, the psychedelic rock Swill 9 is a pale
reminder of Mercury Rev,
echoes of Radiohead permeate the
acoustic ballad Oh My My, and
the power-pop of Off In My Head is simply radio-friendly.
The class is still there, but the band lost focus.
The mini-album Feed (Beggars Banquet, 2000) is
a serene, melancholy, profound collection, whose only drawback is that it sounds exactly like For All The Beautiful People
(Feed, Someday Always Come).
On Everybody Wants To Know (Beggars Banquet, 2001)
David Freel (the only remaining original member) adds a few more discrete
folk-rock tunes to his private collection
(particularly Everybody Wants To Know, This Story, Try Me),
a catchy ditty (East'n'West), and some experiments in atmosphere
(Inside A Bomb). Electronic keyboards and percussions fill the void
but somehow the whole does not attain the magic of early Swell.
The album reprises most of Feed.
Bastards & Rarities (Badman, 2003) compiles ten singles and EPs.
Further streamlined and polished up, the sound of Swell on
Whenever You're Ready (Beggars Group, 2003),
which also returns drummer Sean Kirkpatrick to the fold,
echoes the Counting Crows' country-pop (Next to Nothing, Convince Us, California Arizona)
and rarely attains the surreal quality of the early recordings
(the fibrillating shuffle of War Comes Down,
the trancey and stormy Miss It).
The monotony of a sequence of discrete melodies set to discrete tempos and
arranged in discrete manners is broken by the adventurous arrangements of Say Goodbye and Sunny Sun Son, and by Always Everything, a seven-minute folk jam a` la Bob Dylan's Desolation Row.
Freel's new career is certainly not a leap forward, and certainly not groundbreaking. It's classy routine; but still routine.
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(Translation by/ Tradotto da Alessandro Isopo)
Su Everybody Wants To Know (Beggars Banquet, 2001)
David Freel (l'unico membro rimasto della band
originale) aggiunge al
suo personale repertorio qualche discreta melodia
folk-rock
(in particolare Everybody Wants To Know,
This Story,
Try Me), una canzoncina orecchiabile
(East'n'West), e
alcuni esperimenti di canzone atmosferica come
Inside A Bomb.
L'album è in gran parte la continuazione di
Feed.
Il mini album Feed (Beggars Banquet, 2000) è una
raccolta
serena, melanconica e profonda, il cui unico inconveniente è
che suona
esattamente come For All The Beautiful People (Feed,
Someday
Always Come).
Su Everybody Wants To Know (Beggars Banquet, 2001) David
Freel (the
only remaining original member) aggiunge qualche motivo folk-rock in
più
alla sua collezione privata (in particolare Everybody Wants To
Know,
This Story, Try Me), una canzoncina orecchiabile
(East'n'West),
e qualche esperimento d'atmosfera (Inside A Bomb). Tastiere
eletroniche
e percussioni riempiono il vuoto, ma in qualche modo l'insieme non
riesce
a pareggiare la magia dei primi Swell. L'album riprende molte cose
di Feed.
Bastards & Rarities (Badman, 2003) raccoglie dieci singoli
e EP.
Ulteriormente aggrazziato e commercializzato, il sound degli di
Whenever
You're Ready (Beggars Group, 2003), che segna anche il ritorno
all'ovile
del batterista Sean Kirkpatrick, fa il verso al contry-pop dei
Counting
Crows (Next to Nothing, Convince Us, California
Arizona)
e raramente pareggia la surreale qualità dei primi lavori del
gruppo
(lo shuffle vibrante di War Comes Down, l'ipnotica e
tempestosa Miss
It). La monotonia della sequenza di discrete melodie, con
discrete ritmiche
e discreti arrangiamenti è rotta dagli arrangiamenti
avventurosi di
Say Goodbye and Sunny Sun Son, e da Always
Everything,
una jam folk di sette minuti à la Bob Dylan, zona
Desolation Row.
La nuova carriera di Freel non fa certo un balzo in avanti. È
routine
classica, ma sempre routine.
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