- Dalla pagina sui Weezer di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi, modificato da Stefano Iardella)

I Weezer, quartetto di Los Angeles capitanato dal cantante Rivers Cuomo, sono emersi con Weezer (Geffen, 1994), ponendosi da subito al di sopra dello stuolo di complessi punk-pop dell'epoca. Ma la power-ballad My Name Is Jonas, il Mersey-beat di Buddy Holly (con un breve ma memorabile assolo di River Cuomo) e Undone, il ritornello scipito di Surf Wax America e la ballata folk di In The Garage hanno la consistenza di canne al vento. Nei momenti migliori si ascolta un gruppo volenteroso di discepoli dei Pixies (Say It Ain't So).

Return Of The Rentals (Maverick, 1995) è un progetto di due membri dei Weezer (il batterista Pat Wilson e il bassista Matt Sharp), che riescono a produrre canzoni altrettanto melodiche (Friends Of P e Summer Babe) usando distorsioni, sintetizzatore e violino.

Le divergenze guastano il breve Pinkerton (Geffen, 1996), contenente soltanto mezz'ora di musica, e soltanto due ritornelli all'altezza del primo album: Across The Sea e El Scorcho.
Il sound, meno commerciale, ha la potenza, se non la violenza, del punk-rock da cui il gruppo pretende di originare, e l'intensità dell'"emo-core" più passionale, anche se indulge in atmosfere cupe e corrosive che forse sono al di là della portata dei mezzi musicali del gruppo.


(Tradotto da Giulio Bassanello, modificato da Stefano Iardella)

Mentre i Weezer si prendevano una pausa, il gruppo dei Rentals fondato dal bassista Matt Sharp raggiunse prestigio pop con Seven More Minutes (Maverick, 1999), un album irrorato di ottimismo giovanile e un peana al romanticismo.

Il batterista Pat Wilson ha formato gli Special Goodness e il chitarrista Brian Bell gli Space Twins.

I Weezer tornarono con Weezer (Geffen, 2001), che contiene le hit Hash Pipe e soprattutto Island In The Sun (una vaga reminiscenza di Stay, di Maurice Williams).

Maladroit (Geffen, 2002) non è un album particolarmente fresco o originale, se non per un paio di buoni brani power-pop (KeepFishin, DopeNose).

MakeBelieve (Geffen, 2005) contiene musica "invisibile": canzoni che svaniscono rapidamente nel subconscio dell'ascoltatore senza lasciare traccia. Beverly Hills, inno sarcastico, fu la hit che scalò le classifiche anche se il pezzo forte è Perfect Situation. This Is Such A Pity è una diligente imitazione dei Cars.

Una maggior quantità di riempitivi viene utilizzata per Red (2008), annegando così l'effervescente Pork and Beans e l'ambizioso pop-rock di The Greatest Man That Ever Lived. La loro catena di montaggio di ritornelli ha dato alla luce anche Troublemaker.

Raditude (2009) era un album per lo più composto da riempitivi pop.

Rivers Cuomo ha cantato nella hit Magic (2010) del rapper e produttore americano B.o.B (alias di Bobby Ray Simmons Jr.)
Il gruppo ha poi pubblicato Hurley (2010), che ha segnato un ritorno alle radici emo (Brave New World).


(Tradotto da Stefano Iardella)

Everything Will Be Alright In The End (2014), con le fragorose Ain't Got Everyone, Foolish Father e The British Are Coming, e soprattutto il concept californiano Weezer (White Album) (2016), fondamentalmente un tributo ai Beach Boys, con i ritornelli esuberanti di L.A. Girlz, Endless Bummer, King Of The World e Do You Wanna Get High (migliori del singolo Thank God for Girls e del pezzo di apertura California Kids), sono stati discreti ritorni alla forma, ma Pacific Daydream (Crush, 2017 ) era nella migliore delle ipotesi mediocre, con la solo Weekend Woman degna di essere citata.

Weezer (Teal Album) (2019), prodotto da Mark Rankin, è una raccolta di cover.

Spostando le chitarre in sottofondo, Weezer (Black Album) (2019), prodotto da Dave Sitek, si abbandona a lucide produzioni dance-pop elettroniche e melodie dejavu, dal funky semi-rap Can't Knock the Hustle al ritornello pop da camera di High as a Kite attraverso canzoncine innocue come Living in L.A., Byzantine e Too Many Thoughts In My Head. Avendo esaurito le canzoni da plagiare tra il guitar-rock, i Weezer hanno saggiamente deciso di lanciare una carriera completamente nuova.

OK Human (Atlantic, 2021), prodotto da Jake Sinclair con una valanga di archi, è un lavoro di pop barocco che richiama il brit-pop dei Blur e degli Oasis. Alcune canzoni sembrano collage deliberati. All My Favorite Songs fonde flauti al mellotron alla Strawberry Fields Forever e languidi archi alla Bittersweet Symphony dei Verve. Aloo Gobi è la confezione più elaborata, un pastiche neoclassico di bubblegum-pop senza chitarra con cenni a Pet Sounds dei Beach Boys e Penny Lane dei Beatles. Playing My Piano sembra un omaggio ai Queen e a Elton John. Everything Happens for a Reason fa eco a Go Where You Wanna Go dei The Mamas and the Papas così come a Sweet Pie di Tommy Roe, con fiati orchestrali pulsanti. La Brea Tar Pits è ciò che Paul McCartney farebbe con Like a Rainbow dei Rolling Stones se fosse il frontman della Electric Light Orchestra. Altre tracce dei Beatles compaiono in Grapes of Wrath e il pathos di Elton John permea Bird with a Broken Wing. Niente in questo album è profondo. Questo è un ultimo esercizio pop superficiale, fortunatamente breve (30 minuti). E in un certo senso è anche la loro raccolta più "infantile", con canzoncine adatte alla scuola materna come il singalong operistico Mirror Image e la filastrocca folk-rock Here Comes the Rain. Sembra anche un album solista di Rivers Cuomo, incentrato sulla sua estetica pop da camera.

Se quell'album non aveva quasi nessun pezzo con la chitarra, Van Weezer (2021), prodotto da Suzy Shinn, è invece uno strano tributo nostalgico ai primi anni dell'heavy metal, pieno di magniloquenza da arena (ma, ahimè, senza adeguati riff di chitarra). I Weezer scimmiottano i Metallica e i Van Halen (e plagiano semplicemente Ozzy Osbourne), pur continuando a sfornare ritornelli orecchiabili con sorprendente facilità (Hero, Sheila Can Do It, The End of the Game).


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