Dalla pagina sugli Autechre di Piero Scaruffi:

Gli Autechre si imposero rapidamente fra i massimi protagonisti della nuova dance-music ambientale degli anni '90.

Sean Booth e Rob Brown, due disc jockey della scena techno di Manchester, furono fra i protagonisti del genere senza canto ispirato alla musica elettronica soffice ed eterea degli anni '70 che prese il sopravvento nei rave. Le loro composizioni non usavano canto o strumenti convenzionali, ma collage di battiti e accordi. Gli Autechre esordirono con l'EP Lego Feet (1991 - Skam, 2012), ristampato vent'anni dopo in versione estesa di 70 minuti, e con l'EP Cavity Job (Hardcore, 1991), contenente Cavity Job e Accelera 1 & 2.

I riferimenti di Incunabula (Warp, 1993) sono infatti i tardi Tangerine Dream e il Brian Eno dell'impressionismo synth-pop, quando non la musica classica indiana e l'hip hop. Il ritmo sudamericano e le metamorfosi robotiche del singolo Basscadet non cambiano un'equazione che e' fondamentalmente priva di variabili. In alternativa agli stili dominanti, tutti piu` o meno di stampo alieno-futurista, gli Autechre propongono un sound tenue e dimesso, organico invece che meccanico, plastico invece che monolitico, come annunciato fin dall'inizio con l'elettronica soffusa e le ritmiche suadenti di Kalpol Introl. E` un'ideologia che si sublima nel techno vellutato di Bike, in cui ogni vortice minimalista e` calibrato con manieristica precisione. Le cadenze mutano in continuazione, passando senza traumi dai balletti piu` effervescenti alle pause piu` austere. Cio` che conta e` la radiazione di sottofondo, quasi sempre fievole e talvolta impercettibile. 444 cambia un po' le regole del gioco, lasciando che il drone di fondo (un organo glaciale) si avviti alle evoluzioni sensuali di un sintetizzatore, proponendo cosi` una terza via alla trance che fonde la Music For Airports di Eno e la Rainbow In Curved Air di Terry Riley.
Il duo raramente tenta il gotico, anche se con una variante minima il suono diventa sinistro, come dimostrano i borboglii minacciosi e metronomie metalliche di Bronchus 2 e soprattutto le onde malinconiche e i poliritmi sincopati di Doctrine.
La loro prassi ha poco in comune con l'ambientale moderna. Semmai ricorda i primi incerti esperimenti della musica popolare elettronica. Il tempo lievemente jazzato, la melodia iterata e il cupo drone di sottofondo di Eggshell (forse il brano piu` accessibile ed elegante) riportano alla memoria la Tonto's Head Expanding Band. Altrettanto "antiquata" e classica suona la mezza cantabilita` di Lowride, i suoi carillon metallici e le sue frenesie africane.
La musica sottomarina di Aut Riche rappresenta uno dei vertici di sofisticazione: una specie di coro gregoriano viene lasciato fluttuare fra le galassie mentre si sussegue una sequenza di assoli jazzati alle tastiere, ogni volta in un timbro diverso, e sempre un timbro un po' "acido". Il preziosismo in fatto di campionamenti, loop e droni trionfa invece in Windwind, forse il capolavoro tecnologico del disco, la cui complessita` interiore viene mimetizzata dietro una superficie levigatissima.
Il tono distaccato e nonchalant con cui il duo esegue le sue composizioni si insinua fra le maglie della psiche. Il duo e` soprattutto interessato alle qualita` tonali dei suoni, che vengono alterate in continuazione per creare un senso di stordimento, di crollo dell'orientamento, di mancanza di punti di riferimento. La loro e` musica per "chill out room" piu` che per discoteche.

L'EP Anti (WARP, 1994), spaziando dalla cacofonia di Flutter alla trance nella giungla urbana di Djarum, annuncia la tela piu` colorata di Amber (Warp, 1995).

(Translation by/ Tradotto da Paolo Latini)


L'EP Anti (WARP, 1994), spaziando dalla cacofonia di Flutter alla trance nella giungla urbana di Djarum, annuncia la tela piu` colorata di Amber (Warp, 1995).
Foil (frequenze galattiche, cicli di fruscii, tapping in stile flamenco, cimbali leggeri che vanno e vengono) e Glitch (shocks elettrici, correnti di percussioni tribali, rumori di macchinari industriali) insinuano il suono artificiale nelle più oscure orbiote del subconscio.
Allo stesso tempo, quei suoni alieni provengono da una fonte comune primitiva. Piezo è un mini-concerto per timbri ovattati che sembrano provenire da faluti peruviani sovrapposti ad un drone che sembra echeggiare un mantra tibetano. Nil è una traccia dub prolungata mixata con suoni sinistri di organo e accordion, quasi un gospel in slow-motion, e un suono lamentoso reminiscente delle chitarre hawaiane.
Autechre fracassano le loro fonti e ne usano i detriti per confezionare della musica che non sembra appartenere a nessuna delle tradizioni musicali di questo mondo. I poliritmi atmosferici e le figure circolari di accordion di Furthur rivlano i pilastri del processo di disintegrazione degli Autechre: il minimalismo di Steve Reich, la musica industriale di  Throbbing Gristle, la trance robotica dei Kraftwerk, e la musica ambient di Brian Eno.
Non mancano, comunque, drammaticità ed emozioni. Il balletto surreale Teartear è semplicemente una traduzione in termini drammatico-emozionali degli elementi di Furthur. A contrastare col resto, Yulquen ha la quiete solenne di una sonata di painoforte: note e battiti diventano tutt'uno, suoni che si rincorrono per germogliare in un mood. Il duo, infatti, è al culmine delle sue qualità "direttoriali", come dimostrano gli scenari tormentati di Silverside (un flusso e riflusso di frasi orchestrali à la Klaus Schulze, battiti distorti sincopati che d'improvviso si sfogano in scure voci rattrappite che appaiono e scompaiono in sottofondo, una sensazione di una catastrofe evitata) e Nine (un insieme di riverberi onirici e psichedelici, come Dark Star dei Grateful Dead suonata ad anni luce da qui).
Su un piano più leggero, Slip è una semplice vignetta la cui umile melodia è supportata da una un'elettronica esuberante di scuola Tonto's Expanding Head Band. Nella fascinosa Montreal un frammento di meolodia, ripetuto su un frenetico micro-beat e una languida frase ambient, liberano una pressante ripetizione minimalista.
Amber è un'altra opera monumentale, sebbene meno austera e implacabile del suo predecessore.

Il monumentale  Tri Repetae (Wax Trax, 1996) incrementa la claustrofobia del progetto ricorrendo a suoni metallici, frequenze subsoniche e melodie scoraggianti. Dael gioca con poliritmi sincopati che sorgono da un tessuto di battiti digitali e rumori ripetitivi. Una minacciosa melodia analogica spazza l'ostile terra di Clipper, illuminato da un frastuno di sequencers. Sia la melodia (un sinistro refrain nella parte bassa dello spettro) sia la rimtica (un pulso spasmodico) vengono poi ridefinite in Rotar, e il modo in cui Autechre prima cotruiscono un elegante pattern e poi lo trasformano in un contrappunto matematico ricorda il Bach di Art of the Fugue. Le linee melodiche sono a malepena udibili in Stud, e il disegno ritmico non è meno represso. Con queste composizioni robotiche, ripetitive e subsoniche, Booth e Brown coniano un nuovo genere musicale, quasi l'esatto opposto di ciò che si suppone sia la musica rock (rumorosa ed emozionale).
Se le prime cinque tracce mostrano il lato più teoretico degli Autechre, le successive cinque mostrano una versione abbreviata e popolare delle idee generali. Le variazioni sinfoniche di Eutow, il balletto grottesco di  C.Pach, le rifrazioni soniche di Gnit, le eco acquatiche di Overand, la danza esotica di Rsdio (con le tastiere impostate per suonare come un didjeridoo) offrono un percorso più semplice per entrare nell'universo sconcertante degli Autechre.
I temi comuni sono qui i suoni deboli ed atonali delle percussioni digitali e l'uso quasi ossessivo dei loops. Queste tracce hanno in comune anche l'assoluta assenza di emozioni. Potrebbero benissimo essere delle sequenze casuali generate da un computer e suonate da videogiochi.
Il secondo CD dell'edizione americana inclide due importanti EP. Garbage (Warp, 1995) è un'opera lunga, su cui spiccano lo shock industriale di Garbagemx, il pastiche dadaista Piobmx e la tormentata techno di Bronchusevenmx. Autechre stanno ancora cercando la loro voce, ma ogni esperimento lascia il segno. Anvil Vapre (Warp, 1996) contiene la decostruzione jungle di 14 minuti Second Bad Vilbel, le lente variazioni meccaniche di Second Scepe, le ondulazioni ipnotiche di Second Scout, le apoteosi aritmiche di Second Peng. Qui Autechre sono già maturati in qualcosa di più coeso ed unico.
Tri Repetae non fa che rimuovere le emozioni da quel "qualcosa".

Il secondo CD (soltanto in USA) contiene gli EP Anvil Vapre e Garbage.

(Testo originale di Piero Scaruffi)

Dalle sessioni di registrazione del 1996-97 hanno origine l'album Chiastic Slide (Warp, 1997), forse il loro capolavoro, e l'EP Envane (Warp, 1997), due lavori che cambiano radicalmente la prospettiva del loro lavoro. Questa volta il sound esplora la distorsione e rumore e soprattutto i cambiamenti di ritmo. Gli Autechre incorporano le asprezze armoniche della musica industriale e le asprezze ritmiche dell'hip hop. Sonorita` comunque spasmodiche pervadono Rettic AC e Recury. Cipater cita, forse involontariamente, i Lothar And The Hand People.

Sull'EP, diviso in quattro "quarti", svettano la liquida dance-music di Latent Quarter e la lunga, malinconica e onirica Draun Quarter. Goz Quarter e Draun Quarter sono le altre due suite.

L'EP CichliSuite (Warp, 1997) contiene Yeesland, Pencha, Characi, Krib, Tilapia.

Accreditato a Gescom, esce poi Minidisc (1998), una raccolta di oltre quaranta brani. Il progetto Gescom era nato nel 1994 con la partecipazione di Autechre, Darrell Fitton e Rob Hall, ed era proseguito attraverso una serie di EP di collaborazioni fra Autechre ed altri musicisti. E verra` resuscitato per il singolo (un po' banale) ISS SA (Skam, 2003).

LP5 (Nothing, 1998) non ha la stessa forza creativa.

EP7 (Nothing, 1999) e` in realta` un album di 11 brani per un totale di 60 minuti. E` un'altra opera minore, che segna un momento di crisi.

(Translation by/ Tradotto da Paolo Latini)

Dopo alcuni lavori di dubbia importanza, Confield (Warp, 2001) rappresenta una più convincente continuazione del programma ecunicato su Chiastic Slide (Warp, 1997). Parthelic Triangle, Uviol, l'austera Bine sono tra le loro composizion meno rilassate. Il duo sembra seguire una logica che libera i suoi suoni. per sempio l'ambient Viscose Poise porta al drumming catastrofico di Pen Expers. È più che una mera contemplazione di territori ostili: è una mappatura di una nuova strada che passa per quel territorio.

L'EP di 20 minuti Autechre (Warp, 2002) contiene tre pezzi che sono relativamente più sostenuti e diretti: Gantz Graf, il rave-up di sei minuti (per i loro standards) Dial, e Cap.IV, che sembra essere un lungo remix della traccia precedente.

Coerentemente con le precedenti opere di Autechre, Draft 7.30 (Warp, 2003) non irrompe in nuove terre, ma suona come una rivisitazione autoindulgente delle vecchie idee. Theme of Sudden Roundabout è tutt'al più semplicistica. Xylin Room, V-Proc e IV VV IV VV VIII riciclano i vecchi cliches. Comunque, gli 11 minuti di Surripere sono da annoverare tra le loro più intriganti metamorfosi musicali, costantemente decentrata ma anche costantemente a fuoco.

(Translation by/ Tradotto da Stefano Bedetti)

Paragonato ad certi loro paesaggi sonori senza vita, Untitled (Warp, 2005) e’ un lavoro isterico: la musica saltella di qua e di la’, senza tregua e spericolatamente indisciplinata. Se Sean Booth e Rob Brown stanno tentando di fare un’arte che cavalchi il confine tra l’avventuroso e l’incerto, molti brani raggiungono ampiamente lo scopo (Pro Radii, Ipacial Station e Sublimit, della durata di 15 minuti). L’affilata Lcc semplicemente condensa cio’ che le altre tracce diluiscono su lunghe distanze. Allo stesso tempo, l’album e’ spesso amorfo (le cadenze dub di Augmatic Disport), anche se intenzionalmente. Di tutta la musica indefinibile che essi hanno prodotto, questa potrebbe essere la piu’ difficile da comprendere e da classificare. Così non ci si sorprende di imbattersi nella sinistra (anche per i loro standards) The Trees.

 

Aeo3/3hae (Die Stadt, 2005) e’ una collaborazione autoindulgente fra Autechre e Hafler Trio.

Quaristice (Warp, 2008)

(Oversteps) (Warp, 2010)

Exai (Warp, 2013)

(Translation by/ Tradotto da Francesco Romano Spanò )

 Elseq 1-5 (2016) degli Autechre, è un album di quattro ore di musica divise in cinque volumi distribuito solo in download. Rob Brown e Sean Booth lo composero/improvvisarono usando un software, e crearono un software. Nell’epoca dei cofanetti in DVD delle serie televisive, l’album fu l’equivalente musicale di una serie televisiva. A questo fecero seguito le otto ore di NTS Sessions 1-4 (Warp, 2018), composte/improvvisate nella stessa maniera. Questi file digitali invisibili che hanno preso il posto dei formati fisici (gli LP ed CD) hanno la caratteristica di essere potenzialmente infiniti. Man mano che la memoria del computer aumenta, allo stesso modo chiunque può programmare un computer affinché generi migliaia di ore di “musica”. Sentendo (parte) di queste pubblicazioni, mi sono sorte due domande: 1. Quale sia la definizione di “spazzatura” nel mondo dei software. 2. Può la ripetizione essere caotica? La seconda domanda è un ossimoro in termini matematici ma non lo è in arte. La prima domanda riguarda il “valore” in un mondo in cui la popolazione cresce molto più che esponenzialmente (la popolazione dei software). Walter Benjamin era ossessionato dal “l’epoca della riproducibilità tecnica”, ma il mondo sta rapidamente entrando nell’epoca della creazione tecnica: la questione non è produrre un infinito numero di copie di un artefatto, ma il poter creare un’infinità di artefatti, ognuno diverso dall’altro. La produzione e distribuzione digitali hanno dato il via alla moltiplicazione in serie degli artefatti. Puoi definire “spazzatura” come qualcosa che non serve oppure come qualcosa di disgustoso. Questi sono giudizi relativi: quello che è spazzatura per te potrebbe non esserlo per me. Comunque, puoi definire “spazzatura” anche qualcosa che non ha valore o di cui potresti fare a meno. Queste sono definizioni quantitative perché puoi effettivamente misurare quanto “valga” qualcosa. Più artefatti hai, meno valore avrà ciascuno di loro. Quando l’offerta eccede la domanda, il valore è zero. La misconosciuta importanza della presenza cominciò nell’arte visiva, con i lavori di Frank Stella, Robert Morris, Agnes Martin, Ellsworth Kelly, e così via, gli evangelisti dell’ideologia del “less is more”. La giustificazione della presenza, tuttavia, non è banale. L’assenza invece va sempre bene. L’assenza può essere eccitante, stressante, intensa. Può significare un sacco di cose. La presenza, d’altra parte, deve avere una ragione di esistere; altrimenti, puoi farne a meno, è spazzatura. Altrimenti, “less is less”.

La migliore musica si ha quando una nota vale mille parole, e non quando un’ora di note non vale una parola. Cage disse che ogni suono merita di essere ascoltato. Vero. Però due suoni uno vicino all’altro non necessariamente meritano di essere ascoltati. Non tre, neanche quattro, nemmeno un milione. La loro sequenza deve avere una ragione. Un’ora di suoni deve avere un sacco di giustificazioni, altrimenti no, non merita di essere sentita. E, di regola, a meno che il tuo nome non sia Mozart o Bach, più suoni produci, più c’è la possibilità che non meritino di essere ascoltati.

Elseq non ha un centro di massa. L’assordante, ingombrante e distorto anti-techno di Feed1 ha poco in comune col resto. Il picco emotivo è in Spth: synth fiammeggianti sgorgano da bordoni horror (sfortunatamente con un noioso battito di sottofondo). I ventisette minuti di Elyc6 0nsetc (forse lo standout) è un concerto per cornamuse e roditori con un ritmo che si fonde ed esplode. Sfortunatamente, per amor di varietà, hanno lasciato tante idee allo stato embrionale. La danza robotica dei dieci minuti di C16 Deep Tread decade lentamente (non esattamente uno sviluppo innovativo). Pendulu Casual si ripete senza scopo per nove minuti. di ripetizione, ed Oneum in chiusura è solo un bordone di organo che va avanti per undici minuti. Il tema, più o meno melodico, dei ventidue minuti di Eastre viene torturato e vivisezionato per venti minuti senza alcuna ragione precisa. Un pochino più originale sono la gioviale danza drum'n'bass dei sette minuti di Curvcaten, la frenetica frammentazione dei quattordici minuti di Latentcall, e gli undici minuti di Freulaeux, il pezzo più ritmato. Poi arrivano i dodici minuti di Pendulu Hv Moda, i tredici di C7b2, i ventiquattro di Mesh Cinereal... verso la fine del quinto disco, la musica di Elseq sembra una collezione scarti, di composizioni tentative e non finite, di esperimenti da continuare.

 

NTS Sessions è un misto. C’è un incredibile quantità di spazzatura ma anche composizioni meglio sviluppate e più coese rispetto a Elseq. I momenti migliori e più cinematografici sono: la fauna extraterrestre di L3 Ctrl (16:51), con un ritmo impazzito e dei sottili bordoni di organo; la vivace ed aggressiva Tt1pd (22:11), con un caotico ronzio di insetti, ritmo instabile e brusca dissonanza; e Shimripl Casual (25:19), uno dei pezzi più sporchi ed oscuri, che con un rumore statico e bordoni fantasma, insieme ad effetti subacquei, sembra un viaggio nelle fogne. Intrigante anche T1a1 (18:39), in cui un anemico calpestio è la tela sulla quale i due dipingono una parata di suoni astratti e la stessa tela viene ripiegata man mano che il pezzo avanza; e Turbile Epic Casual Stpl Idle (21:32), che mette in scena un dialogo tra bordoni vigorosi ed un sottile tessuto cartilagineo. Poi, proprio come in Elseq, c’è un sacco di varietà. Inizialmente Four Of Seven (13:05) sembra un tributo ai Morton Subotnick, mentre Xflood (9:24), col suo rapido flusso di dissonanza sotto un coro fluttuante, sembra un tributo a Stockhausen. Debris_funk (10:25) è una sonata dadaista per rumore statico, mentre Gonk Steady One (22:25) è una jam funk cubista, e Column Thirteen (17:02) imita la musica da camera d’avanguardia degli anni Sessanta mixandola con i suoni elettronici amatoriali degli anni Cinquanta. Non reinventano nulla, ma sembrano ripercorrere (volontariamente o meno) la musica degli anni Venti (senza però averne le adeguate competenze). C’è anche il sintetico soundpainting astratto di E0 (15:44) ed il metronomo industriale di Violvoic (15:00), che si spacca in molteplici e contrastanti metronomie finché non rimane solamente un arido paesaggio ritmico di riverberi. Alcune delle composizioni sono ricercate: la sostanza viscosa di32a_reflected è il mezzo per testare la relazione tra timbro, tempo e spazio; ed il bordone di Shimripl Air esplora un intrigante timbro che sembra una vibrazione subacquea, e così via. Poi ci sono Clustro casual (11:03), Acid mwan idle (11:56), Glos ceramic (13:26), North Spiral (15:03), Chr0 (15:44), Icari (20:01), ... E Gonk Tuf Hi (7:52) è un buon esempio di come la ripetizione può diventare caotica (e non è un complimento). Forse la peggiore offesa, la definizione di “banale” se non di “spazzatura”, è All End, un bordone sinfonico che si alza in volo per quasi cinquantanove minuti solo con piccole variazioni.

 

(ho reso in maiuscolo tutti i titoli delle canzoni perché la loro tendenza al minuscolo è fuorviante. Potrebbe portare a confondere la musica col design: i titoli in minuscolo fanno parte del design, ed il loro design resta sicuramente di classe; ma questo non si traduce in un apprezzamento per la musica, anche se qualcuno potrebbe dire che del “contenuto” fanno parte sia il design che la musica).

 

Molti di questi pezzi sarebbero stati carini ed anche importanti se solo il duo avesse reso la loro durata proporzionale al loro contenuto semantico.

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