(Scheda di Tommaso Franci)
Carmen Consoli è un “flatus vocis” con le velleità della
cantautrice e della star blues (i suoi miti sono Arheta Franklin e Janis
Joplin). Finché rimane all’interno del suo essere (flatus vocis che non sa, non
vuole e non dice, ma fa solo compagnia) è apprezzabile ed affascina; quando,
come fa spesso, sconfina in quello che non è e non potrà mai essere (una buona
musicista pop), risulta una noia melanconica e disarmante. Del resto non è
colpa sua; ma del fatto che in Italia buon blues o buon rock non ha mai potuto
darsi. Blues e rock sono cose americane.
Nata a Catania nel 1974, cresce nella retorica del più
monotono rock-blues anni ’50, ’60, ’70 di cui, in vari locali siculi
pseudo-alternativi, fa (fin dai 14 anni) ancor più tediose covers da Jefferson Airplane, Free, Otis Redding, Tina Turner.
Sorretta da un approccio al mondo di una qualche complessità e da pose tipo
femme-fatale retrò non riesce tuttavia ad esprimere adeguatamente queste due
forze: la voce è fissamente collocata in un tono di ineguagliabile rarefazione
ma la musica è nulla.
Nel ’95, a soli ventidue anni è già una promessa il pubblico
fuori stagione dell’italico squallidissimo Festival di Sanremo: cioè, fa
canzoni da Festival di Sanremo (musica leggera mediterranea anni ’50 ossia
musica napoletana fine ‘800 - inizio ‘900) non solo per l’occasione del Festival
(a cui, purtroppo, parteciperà assiduamente) ma per tutto l’anno. Da qui il suo
primo orrendo: Due parole (Polygram, 1996). La rotazione mtvica del
video di Un amore di plastica (Sanremo ’95), cesso magno dell’album, le
frutta un notevole riscontro di popolarità.
Dopo appena un anno esce il primo dei suoi due unici album
dove la sua voce (sempre e comunque fine a se stessa) è sorretta da un
sottofondo minimamente degno per il quale, dato il minimale rock-pop
cantautorale, è difficile fornire dei referenti al di là di una koiné
costituita da Carole King, Joni Mitchell, Patty Smith, e Jefferson Airplain.
In Confusa e felice (Polygram, 1997) la Consoli
comunica attraverso la voce l’incertezza e titubanza di una ragazzina tra il
desiderio d’avventura sessuale e free-form (stile Janis Joplin) e la radice
patriarcale di salda moralità infarcita di buona dose di stupida antipatia.
L’album è melanconico quanto basta per far – a livello di cultura popolare – sentire,
in una giornata d’estate al mare, tutto il languore di questi durante l’inverno
(contrasto vestito/spoglio, riferibile dal mare alla pratica sessuale qui
indagata); per far febbricitare il più sano (di costituzione) buon uomo, come il
più forte (sempre di costituzione) gerarca nazista in procinto di violentare
una incolpevole ebrea nel fango freddo o nel terreno secco e lucido di un campo
di concentramento. È un lavoro malaticcio dove il sole viene sfocato senza
eclissarsi; tutto è ingerito senza digestione. Resta, casomai, strozzamento da
deglutizione. Nessun brano è del tutto indegno, diversi mediocri, qualcuno al
di sopra (cioè fa più lancinante il senso di letto da malato delirante, solo,
sotto le coperte, in un eccessivo caldo e per di più sotto l’immaginazione di
un esterno bombardamento di sole che amplifica e tragicizza gli interni calori
ed effluvi). La noia che può dare il pur breve album non è tanto di
ripetitività o monotonia, quanto di malessere (fisico, sessuale, nero, allucinato).
Senza la voce della Consoli questa è musica da meno di spazzatura: comunque,
con questa voce che "saprebbe far cantare [e piangere] un elenco
telefonico" e che qui è particolarmente sincera, nessun pezzo diventa da
buttare: è una voce spanata, come senza lingua, a-timbrica, un muro di calce
incolore. Per niente stanca e Fino all’ultimo i pezzi più simili
alla Consoli del terzo album; i pezzi più rock, e fra i migliori (Fino
all’ultimo, il miglior brano, con un crescendo alla Jefferson Airplain, dove
si dice, riferito ad un rinnegato partner: "mi hai soltanto strappato un
po’ di silenzio"). Di salsedine in strada e di maglione di cotone messo
sulle spalle quando in una veglia settembrina si fa buio e fresco, sa La
bellezza delle cose. Confusa e felice e Venere sono due giri
di ritornelli (il primo acustico, il secondo elettrico) delicati, inusuali
(ancora una volta grazie alla sola voce): radiofonici quanto basta per
rinfacciare alla radio la sua brutta mediocrità. La prima parte dell’album è
quella più ridondante perché più volenterosa e convinta di sé (come se la
volontà e la convinzione dessero un senso di fossile e di brutto).
Carmen Consoli sta alla propria band come Dolores O’Riordan al
resto dei Cranberries: solo che, mentre dalla nullità della musica dei
Cranberries è possibile affrancare la cantante, per quanto riguarda la Consoli
questo non è possibile, essendo lei stessa l’autrice di musiche irrilevanti e
banali sotto ogni profilo (e che siano meglio della media proposta in Italia
dipende solo dalla bassezza di questa media). Sia Carmen Consoli che Dolores
O’Riordan sono due creature artisticamente senza intelligenza, o creature che “hanno
tutto in testa ma non riescono a dirlo”, non riescono a dire neanche di
avercelo (per la serie: se incontrassero il vero, almeno queste, lo
riconoscerebbero): tuttavia, come al posto della loro incapacità di
qualificarsi e di qualificare alcunché, hanno, sorta di pelle, la voce: al posto degli occhi, del
cervello, delle mani, hanno la voce. Date ad un vero musicista pop una di
queste due (e magari queste due insieme) … ne verrebbero fuori lavori
memorabili. Buona musica popolare sarebbe fare (aver fatto) di Carmen Consoli
una cantante hardcore o punk: così some lo sarebbe stato per la O’Connor. Forse
in questo modo sarebbero riuscite ad esplicitare a se stesse e a rendere un po’
più manifesto agli altri, cosa hanno (perché qualcosa ce l’hanno) di
poeticamente caratteristico. Carmen Consoli/Black Flag: questa sarebbe arte.
Sinead O’Connor/Husker Du.
Mediamente isterica (Polygram,
1998) è il miglior album di Carmen Consoli. È il suo unico album rock e
a-cantautorale. Non un filo (filaccio) di blues: a volte quasi granitico,
grunge. Ed è anche il suo album più, nella semplicità intrinseca che talora
stenta a sorreggerlo, raffinato: la copertina e la veste grafica parla da sola,
con una Consoli che per personalità e fascino fa (anche se con una retorica
autoindulgente) concorrenza a tante slavate modelle. Besame Giuda è un
rockettino base alla Patty Smith o Jakson Browne; Puramente casuale una
semplice ballata, tra la Smith e con qualche velleità alla O’Connor anni ’90; Autunno
dolciastro buono nel titolo, un po’ meno nel dipanarsi: ma comunque non
annoia e si accomuna nel sottotono e lamentoso timbrico oltre che a Quattordici
luglio e all’Anello mancante, a In funzione di nessuna logica:
i testi cercano di sorprendere, in contrasto con la tenue musica, depositando
qualche frecciata ad entrambi i sessi, e all’ascoltatore come all’autrice
stessa. Ma il centro dell’album sono tre piccoli capolavori italian-grunge (sorretti
dal deciso power-pop di Eco di sirene) dove, a tratti, sembra sentire il
ringhio di Courtney Love: Sentivo l’odore, Geisha, Contessa
misera.
Dopo quest’album ogni aurea della Consoli scompare ed ogni suo
lavoro diventa indifendibile: ingiustamente cresce la sua popolarità e diviene
– anche in mancanza d’altro – istituzione
italiana. Ecco allora Stato di necessità (Polygram 2000) e L’eccezione (Polygram, 2002).
In questi lavori quanto d’eccentrico e ribelle v’era nei due precedenti, viene
imborghesito e annacquato (anche attraverso un’estetica anni Sessanta e
riferimenti a Mina). Eva contro Eva (2006) e Elettra
(2009) rinnegano ogni residuo rock e impongono un presuntuoso pop infarcito
di musica tradizionale siciliana; linguaggio con il quale la Consoli vagheggia
di femminismo, populismo, tradizionalismo. I testi sono fatti di retorica e
idiosincrasie.
Carmen Consoli "Confusa e felice" (1997 Cyclope Records-Poligram Italia)
"Confusa e felice" e` il 2ø album di Carmen Consoli,il primo pero` ad averle
dato un discreto successo,sopratutto grazie all'ononimo hit sanremese.In
verita`,la Consoli e` l'unica cantautrice rock della scena italiana,almeno del
mainstream nostrano;insieme forse a Cristina Dona`,a cui ultimamente si e`
avvicinata in quanto a sonorita`,piu` morbide e rilassate.Comunque,"Confusa e
felice" resta un album rock,crudo quanto basta,sia nei testi che nel suono
di chitarra,i cui estremi sono rappresentati da una parte da "Per niente
stanca" e "Fino all'ultimo",chitarre distorte,basso rombante e testi pieni
di invettive (contro se` stessa o l'amante di turno),e dall'altra da "Confusa
e felice" e "Venere",canzoncine dalla facile presa emotiva.Il resto
dell'album viaggia su atmosfere intime e tristi (grazie al violoncello sullo
sfondo),con in primo piano sempre il suono della chitarra e la voce,certo
particolare e coinvolgente,come in "La bellezza delle cose", che rappresenta
la migliore prova vocale dell'intero album.Dopo aver ascoltato "Confusa e
felice",non si potra`
piu` negare l'abilita` della Cantantessa nello scrivere canzoni e raccontare
storie.Voto 6/10
Luca Di Meco
Carmen Consoli: Stato di necessita` (Cyclone, 2000)
"Stato di necessita`" e` il 4ø album di Carmen Consoli e rappresenta
l'episodio piu` debole della sua discografia.O almeno il piu`
spiazzante.Infatti in quest'album la Cantantessa abbandona i suoni duri per
atmosfere piu` sobrie e delicate,come dimostra il massiccio uso di
archi,trombe e pianoforte.Le chitarre vengono isolate in due o tre pezzi,
che pero` sembrano piu` dei diversivi e nulla piu`."Stato di necessita`"
potrebbe essere definito un concept album:la pulsione sessuale infatti la fa`
da padrona nei testi,in cui Carmen dichiara il suo diritto ad essere
"cacciatrice" al pari degli uomini,che sbeffeggia puntualmente ("Il sultano
della kianca").La canzone migliore dell'album potrebbe essere "Bambina
impertinente",in cui la Consoli suona il basso in maniera coinvolgente e
sensuale,cantando un testo che non lascia troppo spazio alle
interpretazioni;mentre "Non volermi male"(voce e pianoforte), e` quella che
piu` si allontana dal precedente sound di Carmen.Insomma,ormai la Cantantessa
e` riuscita a far avverare il suo sogno:quello cioe` di diventare una
raffinata cantautrice,abbandonando le radici rock che dopotutto l'hanno
portata al sucesso.Voto 5/10.
Luca Di Meco
Carmen Consoli: "Mediamente isterica" 1998 Cyclope records
"Mediamente isterica" sara` probabilmente l'ultimo album rock di Carmen
Consoli,forse il piu` bello,sicuramente il punto di approdo di un gia` lungo
percorso artistico.Essendo ormai finita la "rabbia giovanile",nulla presume
infatti che la Cantantessa riuscira` a tornare su queste atmosfere ruvide e
dolci,essendo ormai per lei altre le priorita` e gli stati
d'animo.Comunque,"Mediamente isterica" contiene 13 canzoni memorabili,piene
di passionalita` e malinconia,distorsioni e reverberi.I testi per lo piu` sono
tristi,e si accordano perfettamente alle atmosfere create dalle chitarre e
dal basso.Da una parte "Geisha" (chitarre cupe e voce distorta)e dall'altra
"Anello mancante" (intessuta da un delicato arpeggio) sono i due estremi
dell'album,peraltro alquanto striminzito (dura meno di 50 min.)In "Contessa
miseria",Carmen descrive un'ipotetica signora (e al tempo stesso la
esorcizza)che,avendo ormai perso la giovinezza,non riesce a farsene una
ragione,e rimane "....con la mente ibernata ai vent'anni".L'album si chiude
con un finale di chitarre distorte e rumori,degna conclusione di un disco
poetico.Voto 7/10.
Luca Di Meco
|
If English is your first language and you could translate this text, please contact me.
Scroll down for recent reviews in english.
|