- Dalla pagina sui Delerium di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Fra le tante operazioni di Bill Leeb e Rhys Fulber, quella dei Delerium, che con il tempo si sono specializzati in piece ambientali e gotiche, è risultata forse negli anni la più interessante.
Il primo album, Faces Forms And Illusions (Dossier, 1989), con la
collaborazione di Michael Balch e senza Fulber, annovera momenti di cupa
suspence come Monument Of Deceit (tiepido battito africano, cori
di sottofondo, tenui volute di elettronica) e
Inside The Chamber, (musica elettronica senza ritmo per soli effetti
sonori, alla maniera della musica cosmica di Klaus Schulze)
Fra i numeri più melodici si conta soprattutto il
synth-pop esotico di Mecca.
Brian Eno, danza transglobale e film dell'orrore convergono nelle vignette esotiche di Swords Of Islam.
Minimalismi ed esotismi sfociano nel balletto cerimoniale di
Certain Trust.
Ma tutto sommato è ancora troppo vago e pavido per essere più di un
diversivo dell'opera maggiore dei Front Line Assembly.
Altrettanto ferraginoso Morpheus (Dossier, 1989), con le magiche visioni di Gaza e Temple Of Light, il Requiem e una pallida, decadente Morpheus.
Syrophenikan (Dossier, 1990) non aggiunge molto al programma di fondere i toni solenni della new age con i ritmi febbrili del techno.
Semmai Stone Tower (Dossier, 1990), opera monumentale di romanticismo
teutonico, riesce a coniare uno stile originale da quella moltitudine di
premesse, da quel coacervo di spunti synth-pop, minimalisti, pan-etnici,
gotici ed elettronici.
Stone Tower è il manifesto della nuova maniera:
un lento crescendo di percussioni metalliche e di droni affusolati.
Nel brano non capita quasi nulla, ma capita piano piano. Il gioco consiste
nel sovrapporre suoni e farli evolvere, secondo i dettami del minimalismo.
In Aftermath e Spirit
questa prassi è pressochè fine a sè stessa.
Altrove, viene messa al servizio di forti emozioni:
Lost Passion, il titolo di apertura, è una danza lugubre che sarebbe
il sottofondo ideale per un sortilegio di Siouxsie Sioux;
la percussività ossessiva e camaleontica trasforma Bleeding
in una sinfonia futurista; la lunga Tundra
sparge rumori industriali e siderali in un paesaggio desolato, perfetta
colonna sonora per un film fanta-apocalittico.
I Delerium hanno fatto un disco di timbri, non di canzoni. Prestando più
attenzione alla qualità del suono che all'emozione della musica, sono
comunque pervenuti al fascino dell'inscrutabile.
Preceduto dall'EP Euphoric (Third Mind, 1991),
Spiritual Archives (Dossier, 1991) spinge l'esperimento
verso eccessi ancor più barocchi. La novità è rappresentata da un clima
tragico, claustrofobico, apocalittico, che sembra ispirato dal sound
"wagneriano" dei Laibach e degli In The Nursery. I Delerium, pero`,
compongono suite come Drama
in maniera quasi interamente percussiva (anche l'elettronica e i campionamenti
servono a battere il ritmo).
Quando quel metodo si sposa a solenni droni di sottofondo e a sofferte
frasi melodiche di voce, il disco raggiunge il pathos di Rise Above.
Barren Ground
impiega, peraltro, una quantità di trucchi, dalle campane a morto ai
segnali extraterrestri, dai vagiti di una tromba araba agli sfarfallii
meccanici di un clavicembalo, dal coro d'opera ai versi della natura.
L'apice del loro minimalismo è forse il balletto robotico della rimaneggiata
Aftermath,
in cui molteplici pulsazioni si accavallano in maniera fluida ed elegante.
risultati più atmosferici.
L'apice melodrammatico è invece
Awakenings,
il cui lungo mantra sfocia improvvisamente in un incalzante battito techno
e poi in un crescendo sinfonico.
I Delerium sperimentano anche per la prima volta con armonie del tutto
astratte, con i suoni disgregati in dissolvenza di
Ephemeral Passage,
con le nebulose di accordi in lenta evoluzione di
Fathoms,
affreschi suggestivi di mondi immaginari.
Le sei suite di Spheres (Dossier, 1994), Monolith su tutte, abbandonarono i foschi climi medievali per una "spazialità" più futuribile, alla Tangerine Dream, che il secondo volume inoltro` in territori leggeri e melodici (soprattutto il finale di In Four Dimensions), con un tocco di Kraftwerk in Hypoxia. E' forse il lavoro più austero, e forse quello più importante, dell'intera carriera di Leeb e Fulber.
Il grande successo dei rivali Enigma spinge il duo a registrare un album commerciale, quasi divulgativo, come Semantic Spaces (Dossier, 1994), che fra cori gregoriani, bisbigli sensuali, campionamenti alla moda e un forte battito techno (fino al plagio bello e buono di Flatlands) giunge persino a due passi dalla discomusic degli anni '70 con Sensorium e in territorio pop con Flowers Become Screens (al canto Kristy Thirsk dei Rose Chronicles) e Incantation.
Karma (Nettwerk, 1995) riparte da quel sound più ballabile e
arioso, lontano anni luce dalle tetre visioni del passato, ma l'arte del
duo ha davvero raggiunto uno stadio di radiosa eleganza.
Gran parte dei brani si avvalgono di una cantante femminile.
Enchanted lancia così alla deriva un soave contralto alla Morricone
(sempre Thirsk) su un blando ritmo da discoteca.
Silence è una ballad arrangiata in maniera sofisticata, modellata su
misura per Sarah McLachlan.
I gotici e ambientali Delerium finiscono con Euphoria per
far concorrenza a Madonna (al canto Jacqui Hunt dei Single Gun Theory).
La somiglianza con i Dead Can Dance viene accentuata in
Forgotten Worlds
dal campionamento della voce di Lisa Gerrard (in un incalzante flusso di
flauti, tablas, sitar, campanelli, violini, cornamuse). Una versione al
tempo stesso ludica e austera di questa musica etnica elettronica ballabile
si ha nella frenetica danza di Duende, impreziosita da giochi vocali
alla Enya.
Anche i loro balletti futuristi sono cambiati parecchio:
Lamentation ricorre a tutti gli espedienti di un tempo (dal coro di
monaci al flauto arabo), ma il risultato è infinitamente più brillante
e sensuale. E Remembrance (con il coro ancor più prominente e
sequencer da disco-music) riafferma il primato dei Delerium sugli Enigma nel campo della fusione tra techno, campionamenti e world-music.
La valanga di campionamenti e la quantità di strumenti non stordiscono:
intrattengono. Il disco accumula stereotipi e li restituisce lievemente
deformati.
Forse troppo prolifici, certo incostanti, i Delerium hanno lasciato intravedere sviluppi interessanti per l'avventura Front Line Assembly, senza quasi mai riuscire a trasformarli anche in realtà.
Poem (Nettwerk, 2000) è forse il più prevedibile e radio-friendly tra tutti gli album dei Delerium. Può essere accusato di essere un montaggio sonoro di cliché new age, trip-hop e alla Enigma. Daylight (cantata da Matthew Sweet) vorrebbe ripetere il successo di Silence.
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