- Dalla pagina sui Dirty 3 di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
In breve:
Il trio australiano Dirty Three, composto da Warren Ellis al violino, Mick Turner alla chitarra e Jim White alla batteria, ha cesellato lunghe e suggestive jam che miravano a una fusion folk-jazz-raga-rock, una sorta di culmine di quattro decenni di crossover. Sad And Dangerous (1994) e Dirty Three (1995) evocavano John Fahey, Albert Ayler, la Third Ear Band, il Turtle Island String Quartet ma, in definitiva, erano piuttosto unici grazie al violino di Ellis, che poteva imitare la viola di John Cale e la chitarra di Jimi Hendrix così come un sitar indiano o una tromba jazz. Ancor più importante, i capolavori narrativi di Horse Stories (1996) trasmettevano emozioni senza sfruttare le convenzioni dell'emozione nella musica. La musica del trio trascendeva i confini stilistici e i vocabolari tecnici, ma in qualche modo riusciva a essere intuitiva e user-friendly. Abbandonando le ondulazioni punk dei primi lavori, l'austera musica da camera di Ocean Songs (1998) ha alzato la posta in gioco. Era delicata, lirica e pittorica, senza i toni duri dei primi lavori. Il contenuto emotivo era molto più elevato perché l'album era un omaggio alla natura e anche una cupa meditazione sulla condizione umana, il violino che si elevava a voce universale dell'angoscia esistenziale del secolo. Le sei lunghe composizioni di Whatever You Love You Are (2000) hanno accelerato la convergenza con la musica classica, mentre svanivano le influenze jazz e folk.
Bio:
I Dirty Three sono un trio di Melbourne (Warren Ellis al violino, Mick Turner
alla chitarra e Jim White alla batteria) che esegue lunghe jam strumentali
con un suggestivo melange di folk, blues, jazz e rock psichedelico.
Dirty Three (Torn & Frayed, 1995 - Touch & Go, 1995 - Big Cat, 1995)
è il manifesto di questo
folk-jazz-rock. Lo strumento dominante è il violino di Ellis, suonato
come John Cale suonava la viola nei Velvet Underground (e talvolta come Jimi
Hendrix suonava la chitarra).
Indian Love Song impiega qualche minuto a prendere consistenza, poi si dilata
con l'andamento ipnotico dei raga e diventa un nevrastenico duetto di violino
e fisarmonica sui poliritmi febbricitanti di White.
Con Dirty Equation vengono in mente le jam degli ultimi hippie, It's A
Beautiful Day e similia, ma potenziate con la grinta e il virtuosismo della
Mahavishnu Orchestra.
Se non bastasse, la fisarmonica imperla le confessioni sentimentali di
Odd Couple,
e l'armonica diventa protagonista nella depressione di The Last Night.
Sad And Dangerous (Poon Village, 1994 - Shock, 1995) presenta il gruppo nelle vesti di sperimentatori jazz più che di gruppo strumentale rock. Da un lato il violino pennella il folk malinconico di Killykundane, You Were A Bum e Warren's Waltz, dall'altro la sezione ritmica accentua i passaggi jazzati (Devil In The Hole, Jim's Dog, Turks) e perviene in Short Break a un provvisorio climax di rumore.
Horse Stories (Touch & Go, 1996 - Anchor & Hope, 1996 - Big Cat, 1996) comincia all'insegna di un folk irlandese suonato come in procinto di cadere addormentati (1000 Miles) e culmina in un tema struggente e marziale dal sapore vagamente tzigano (Warren's Lament). Ma il cuore del disco sta nelle strutture libere a sfondo onirico e trascendente degli altri brani, tutte dominate dal violino di Ellis. Sue's Last Ride dà un po' il là: il violino prende in mano la melodia e trascina la danza in orbite sempre più incandescenti, più orientali che americane. In Hope lo strumento intona affranto, in sordina, quasi guaiendo, il tema melodico e poi si distende glorioso in una sorta di adagio minimalista alla Michael Nyman. In Horse ripete testardamente il suo mantra in uno scenario sonoro da grande prateria, ribaltando il ruolo del "fiddle" nella musica dei cowboy. Il violino che blatera senza capo nè coda in At The Bar o che mugugna scontroso in I Knew It Would Come To This è protagonista assoluto.
Ellis ha coniato un linguaggio altamente espressivo, degno di una voce umana. L'affabulare logorroico e depresso dello strumento conosce tutte le tinte dell'umore, ma eccelle soprattutto nell'imitare gli stati depressi dell'animo. La sua dialettica ricorda l'andamento dei raga: un inizio di improvvisazione caotica, in cui lo strumento sembra cercare l'accordatura giusta, poi un crescendo metodico e inarrestabile in un clima sempre più intenso e ipnotico. Gli altri strumenti sembrano non essere neppure presenti.
Dirty Three, Horse Stories e Sad And Dangerous hanno affermato questo combo Australiano come una delle formazioni strumentali più sofisticate degli anni '90. La chitarra di Mick Turner funge da contrappunto quasi dissonante alle melodie struggenti del violino di Warren Ellis. Jim White riempie i vuoti con un accorto imballaggio di ritmiche aperte. Il risultato è caldo e soave, tutto il contrario di ciò che uno si aspetterebbe da un programma così astratto e intellettuale di musica puramente strumentale.
Il loro quarto album,
Ocean Songs (Touch & Go, 1998 - Anchor & Hope, 1998 - Bella Union, 1998),
è di fatto un concept dedicato al mare. Tutti i brani
si richiamano a immagini marine, sia nel titolo sia nelle atmosfere. Questo è
un disco per poeti che amano sedere sulla spiaggia a contemplare arcobaleni,
cieli e gabbiani.
L'attrazione dell'album per il grande pubblico è costituita dai temi
malinconici e soporiferi, fortemente jazzati, di Sirena e Backwards Voyager,
qualcosa a metà strada fra Cowboy Junkies e Palace Brothers, ma senza le
parole.
Ma questo lavoro trabocca anche di momenti delicatamente pittorici, con il
violino a mimare le onde in Restless Waves e temi nostalgici a dilaniare le
melodie struggenti di Distant Shore e Ends Of The Earth (con pianoforte).
è una musica talvolta di silenzi immobili, come in Last Horse On The Sand;
che infatti arriva a lambire le pause minimaliste, ma lo fa sempre a modo loro,
con tutti e tre gli strumenti a mimare qualcosa, come in Black Tide:
la batteria che
fa la risacca, il violino che fa il vento, la chitarra che fa gli sciaquii.
Il meglio della loro arte sfumata si trova in lunghe digressioni filosofiche
come Authentic Celestial Music (nove minuti), avvolte in un tempo marziale
e lasciate quasi morire in tenui tintinnii di accordi. Qua il violino è
davvero voce (umile e sconfitta) dell'angoscia esistenziale del nostro evo.
Deep Waters delira per sedici minuti, sondando gli anfratti più oscuri
dell'animo umano ma al tempo stesso librando preghiere solenni da quei fondali
di solitudine. Una viola affianca il violino per qualche secondo e intona
di nuovo una danza minimalista e poi lo accompagna nel crescendo quasi raga
del finale. Il metodo, se non l'esecuzione, ricorda da vicino il John Fahey
del periodo trascendente.
Nel frattempo Mick Turner ha registrato un album solista, Tren Phantasma (Drag City, 1997), e ha formato album un duo con Jim, i Tren Brothers.
Leo DiMaio Scrive:
“L'album è costituito unicamente da soliloqui strumentali. Ascoltandolo, è impossibile che non tornino alla mente i dischi usciti quasi tre decenni fa per la Takoma e la Vanguard. Lo spirito che anima Turner è infatti molto vicino a quello di John Fahey di Requia e di Yellow Princess, in particolare nei brani Snorkel e Secret Reprise in cui Turner prova a scherzare con suoni concreti. Quando i brani si fanno più rilassati, Ralph Towner è l'altro nume tutelare; Echidna e Untitled potevano benissimo essere comparse su Diary, grande classico di Towner per la ECM. Le improvvisazioni pure prendono il sopravvento ed ecco allora che Turner si trasforma in un Eugene Chadbourne dei tempi migliori, In The Morning You Can Hear The Birds Singing, Tren Phantasma e Mel To Adders sono allucinate e stra-volte a dovere. Non male anche la tenue psichedelia mistica di Leave The Light On e di Sailor's Lament che, con un harmonium di accompagnamento, riesce a rendere più vario l'intero album. Non mancano neppure due (a)tipici bozzetti country-campagnoli, Sinking Fish e Beautiful Hairy Cow. La registrazione del disco è di chiara matrice low-fi, credo infatti che sia stato registrato su di un comunissimo quattro piste, ma sono del tutto sicuro che l'intento dell'autore non era quello di realizzare un disco a la page. Un disco di sicuro fascino e purtroppo di rara reperibilità, come del resto quasi tutto il nuovo rock australiano indipendente.”
Le composizioni di questo album state definite "ghost stories", e in effetti l'umore è non solo introspettivo, ma anche sinistro e malinconico.
L'EP Tren Brothers (Drag City, 1998), mezz'ora di appendice a Ocean Songs, in particolare Gold Star Berlin, Last Song Detroit e Away, e il singolo Gone Away / Kit's Choice (Secretly Canadian, 1998) sono i primi testamenti del duo con Jim White.
Turner incide di nuovo da solo Marlan Rosa (Drag City, 1999), altra
raccolta di quindici bozzetti strumentali impostati sugli accordi languidi
e apatici della chitarra. Le improvvisazioni della chitarra, nella
tradizione di O'Rourke, puntano alla trance più subliminale, non alla
trance spirituale di John Fahey. Lo stile di Turner è mutato, cioè, a
favore di una minore affabulazione e una maggiore elucubrazione. Le armonie
sono estremamente complesse, anche se sono concepite per scorrere fluide
e ineffabili. Il progetto ricorda adesso semmai la prima "musica ambientale" di
Brian Eno, condita con quel tanto di cacofonia "casual" che fa da ponte
con le partiture del complesso maggiore.
Si distinguono le melodie fiabesche e orientaleggianti di
Rosa I,
le atmosfere ipnotiche di
Arana I
e
Calavera,
il caos soffuso di
Marlan II,
le volute impalpabili di
Rosa II,
le onde lente e malinconiche di
Arana II
e
Marlan IV.
Alcune canzoni rallentano il ritmo fino alla stasi immanente:
There's A Great Burning Red Moon Rising On The Lake
non è una canzone, bensì una fotografia.
La lunga e orchestrale ballad El Arbol, persino canticchiata,
sembra uscire da un altro disco.
Si tratta nel complesso di un altro disco visionario da parte di un
magistrale sperimentatore della chitarra.
Dopo l'EP UFKUKO (Bella Union, 1999), la colonna sonora del film
Praise, e un'intensa attività come musicisti al fianco di
Nick Cave,
Whatever You Love You Are (Touch & Go, 2000) riporta finalmente il trio a livello dell'austera musica da camera di Ocean Songs.
Le sei lunghe tracce sono fortemente influenzate dalla musica classica, probabilmente un risultato dell'essere stati coinvolti a diversi eventi d'avanguardia. Il passo funebre di Some Sommers They Drop Like Flys echeggia di musiche Gitane ed Ebree (a metà strada tra The End dei Doors e i Velvet Underground di Venus In Furs) mentre il violino e la chitarra volteggiano in un acrobatico contrappunto degno di Bach e Vivaldi. La cadenza di Really Should've Gone Out Last Night ci riporta alla lenta eleganza dei madrigali rinascimentali mentre la nenia del violino è fondamentalmente una sonata dove i toni si dilatano in lunghi droni che ricordano la musica tibetana.
I Offered It Up To The Stars è forse la composizione più ambiziosa della loro carriera. Il breve interludio (senza batteria) si avvicina apertamente ad Arvo Part e al minimalismo. Scarne dissonanze aprono il secondo movimento ambientato in uno sfondo tetro di rumori marziali. Finalmente il violino incalza un motivo blueseggiante e la batteria trascina il ritmo verso un'impetuoso crescendo. L'effetto non è molto diverso dall'opera psichedelica dei Pink Floyd di A Sacerful Of Secrets.
La qualità cinematografica della loro musica è dimostrata pienamente da Some Things I Just Don't Want To Know, una colonna sonora ideale per immense distese deserte: tenere melodie, toni pigri, percussioni casuali, un senso di solitudine e di infinito. Lullaby For Christie chiude l'album in una chiave più leggera e romantica. Le radici di qesti pezzi affondano comunque ancora nel country e nel folk. Nel loro modo di suonare c'è una ruvidità compositiva (le timbriche, il tempo, la ritmica), che li differenzia dall'avanguardia contemporanea, caratterizzata oggi dalla scelta di un sound nitido. I Dirty 3 si collocano saldamente nel campo della musica popolare. Il trio esala rock and roll, blues rock, folk rock, punk rock, new wave e altro ancora: incarnano la storia della musica rock, benchè la proiettino su uno schermo diverso. Warren Ellis e Mick Turner sono da classificare tra i compositori (se non tra gli esecutori) più completi della loro generazione.
I Low e i Dirty Three hanno registrato una installazione per la serie intitolata In The Fishtank (Subpop, 2001), cinque corti e una lunga cover di Neil Young. Se I Hear Goodnight suona semplicemente come i Low con Warren Ellis al violino, When I Called Upon Your Seed è un gioiello country. Ma l'album non è un'opera importante per nessuna delle due band.
Lowlands (Anchor And Hope, 2001),
l'album più pacato che i Dirty 3 abbiano mai realizzato, è insolitamente
espressivo nelle parti per chitarra e insolitamente contenuto nelle parti
per violino. Abbandonando il piano, il trio ha difficoltà a raggiungere
la qualità magica dei primi dischi.
Persino i pezzi migliori, Kangaroo e Lowlands, sembrano
esercitazioni per suite più importanti ancora da completare.
Il progetto Tren Brothers è tornato con il singolo Swing (Chapter, 2002), che vede la partecipazione della violinista Jessica Billey.
Insieme ai Dirty Three i Low hanno registrato un capitolo della In The Fishtank (Subpop, 2001), cinque cover di Neil Young (cinque corte e una lunga). Se I Hear Goodnight sono semplicemente i Low con Warren Ellis al violino, When I Called Upon Your Seed è una gemma country. Comunque, l'album non è tra i più importanti né per i Low, né per i Dirty Three.
Warren Ellis entra nel novero della musica da camera con Three Pieces For Violin (King Crab, 2002). Il primo pezzo mantiene un'andatura frenetica, saltellante tra un assolo circolare di Paganini, un contrappunto convoluto di Webern e un crescendo Michael Nyman-iano. Il secondo pezzo prende a prestito l'incedere pseudo-raga e lo staccato veemente dalla viola del John Cale di Venus in Furs dei Velvet Underground, per poi dare al tutto delle proporzioni sinfoniche. Il terzo pezzo sembra musica koto giapponese, tradotta in droni languidi, defluenti e fluttuanti.
Mick Turner colleziona su Moth (Drag City, 2002) 19 miniature melodiche stile haiku per chitarra e altro. Con l'eccezione della 14esima piece (un motivetto librante che potrebbe essere una pop hit), l'enfasi non è tanto sulle melodie, quanto sulle partiture e sulle atmosfere. La languida, battente terza piece e la melanconica, autunnale quinta piece incorniciano l'umore del disco. Occasionalmente il programma si spinge verso territori più avventurosi, come fa il nono pezzo, con la sua vitalità e l'osmosi tra chitarra e accordion (il pezzo più "indiano" del disco), oppure la sesta traccia con la sua trance quasi zen (il chiacchericcio ipnotico della chitarra contro i droni di un accordion).
I Dirty Three tornano con She Has No Strings Apollo (Touch &
Go, 2003) un album che, dato il loro standard, è tanto semplice
quanto senza pretese. La propulsione casuale di Alice Wading è
una composizioni più accessibili mai fatte dal gruppo, e probabilmente
la prima che possa anche essere ballata. Tutti gli strumenti ripetono il
loro proprio disegno, con il comune intento di produrre ritmo, con il violino
che imita la demonica viola di John Cale. Il momento creativo dell'album
termina qui.
Il segreto del trio risiedeva nella giustapposizione di tre stili individuali
che si incastrano bene tra loro, o almeno non producono contrappunti tradizionali:
ciascuno stile mantiene la sua personalità, "competendo" con
gli altri per il controllo del flusso del suono. Qui, invece, Mick Turner
suona anche più lineare che nei suo dischi solisti, Jim White tende
a seguire, piuttosto che a condurre e Warren Ellis è avaro dei suoi
soliti attacchi allucinati, mentre si scopre prodigo di picchi melodici.
La calma, pastorale, elegiaica Long Way To Go With No Punch
(guidata dal piano di Warren Ellis) e No Stranger Than That (un
tardivo ritorno al suono "oceanico" del trio, ma in una versione "new-agey")
sono tipioche del canone di fondo dell'album, e del rinnovato interesse
del trio per la melodia.
Un paio di tracce mostrano un piglio più jazzy, che si traspone
in un movimento ben più viscerale e organico: She Has No Strings
(con un vibrante assolo di violino e un jamming a la Mahavishnu Orchestra),
e Rude (una triste elegia che sfocia in un'eruzione chitarristica
hendrixiana).
Una carestia di duelli strumentali limita la bellezza delle tessiture
sonore. Alcuni dei passaggi sembrano forzati, sfuicati e sterili. Per un
gruppo che ha partorito capolavori come Horse Stories e Whatever
You Love You Are, questo può essere passabile solo per stima.
Finalmente i Dirty Three hanno sperimentato accompagnamenti vocali in Cinder, grazie alle ospiti cantanti Chan Marshall (Cat Power) e Sally Timms (the Mekons). La prima in Great Waves trionfa nell’armonizzare le libere trame del trio con una melanconica voce umana, mentre l’astratto canto dell’ultima lascia il tempo che trova. Fatte queste due brevi deviazioni, gli strumenti continuano a guidare lo show, cupi e impressionistici come non mai. La classica interazione del gruppo è confermata nella nevrotica Flutter, nella romantica In Fall, nell’atmosferica Too Soon Too Late e nell’anemica Rain On. Non è solo la presenza vocale a essere nuova. La convergenza di armonie funk e folk in Doris, alcuni momenti danzabili e una maggiore fiducia nell’adottare strumenti esterni tradiscono un desiderio di abbandonare passati clichè. Ma 19 pezzi sono troppi per ciò che il gruppo ha da dire nel 2005.
L’EP The Swimmer (Western Vinyl 2005) dei Tren Brothers contiene quattro canzoni discrete.
Blues Trees (Drag City 2007) è diviso tra un lato di assolo di Mick Turner alla chitarra e un lato di duetti con White (come per i Tren Brothers).
Worren Ellis è stato distratto dal progetto Grinderman di Nick Cave (di cui il violinista è stato il pilastro sonoro) e i Dirty Three hanno vissuto in posti differenti (Turner è anche diventato pittore). Hanno finalmente trovato il tempo per registrare ancora il tutto-strumentale Toward the Low Sun (2012) che contiene due dei numeri più scatenati (Furnace Skies e That Was Was) come anche la toccante Ashen Snow.
I Dirty Three hanno pubblicato Love Changes Everything (Anchor & Hope, 2024) dopo una pausa durata dodici anni.
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