- Dalla pagina su Christian Fennesz di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Sviluppando un'idea già abbracciata dai Seefeel e che aveva contaminato innumerevoli musicisti britannici (Flying Saucer Attack, Experimental Audio Research), il chitarrista viennese Christian Fennesz si è costruito una carriera basandola su droni e rumori di chitarra fortemente trattata.
Fennesz debuttò con l'EP di otto tracce Instrument (Mego,
1995). L'album Hotel Paral.Lel (Mego, 1997) rappresentò la prima espressione
significativa (nonché quella destinata probabilmente a rimanere la più aspra)
della sua visione. Influenzato dalla musica industriale, dalla techno digitale
degli Autechre e dal noise free-form di Merzbow: Fennesz si propose,
fondamentalmente, come un compositore di musica elettronica per chitarra
elettrica. Fennesz marcò il suo territorio tra la musica concreta post-elettronica
e il rumore d'ambiente post-ambientale con #2, una violenta massa di rumori
prolungati, Nebenraum, una nota oscillante che si dissolve in una zoppicante
proto-melodia, Blok M, una pulsazione mutante per una musica senza ritmo,
Santora, che somiglia al motore morente di una motocicletta, Delhi Plaza, una
marcia di robot miasmatici, Fa, una serie di droni agonizzanti, Traxdata, un
flusso di discontinuità violente, ecc.
Sembra di ascoltare i Throbbing Gristle convertiti alla musica da camera.
Il singolo Plays (Mego, 1998) era un'altra potente manifestazione di questo processo metabolico, che decostruisce due classici del rock 'n' roll.
Plus Forty Seven Degrees 56'37'' Minus Sixteen Degrees 51'08'' (Touch, 1998) era tanto fedele ai My Bloody Valentine quanto ai primi lavori attribuiti ai Throbbing Gristle: non era rumore che aveva come fine il rumore stesso ma rumore che aveva come fine un organismo vivente fatto di effetti sonori. Toni siderali fanno nascere una melodia distorta su 010 che entra in un loop infinito di ripetizioni. Dopo i bip e le disfunzioni casuali della breve 011, Fennesz esplora l'ecosistema caotico e debilitante di 012, che ricorda la prima computer music. Un banchetto di note acute su 013 muta in una melodia fratturata che interferisce con i suoni di un videogioco e con improvvisazioni digitali assortite. Un frangente sonoro implacabile di rumore inghiottisce 014 per otto minuti, laddove 015 è il suo alter ego: un flusso subliminale di insetti sonori (che un forte drone penetrante nasconde brevemente). L'impulso dadaista del soundpainting era mediato da un'elegante analisi delle proprietà acustiche.
Music For An Isolation Tank (Rhiz, 2000) proseguiva l'esperimento smussando gli angoli. La musica rimaneva densa, a volte massiccia, oscura e minacciosa, ma non impossibile.
Afternoon Tea (febbraio 2000 - Ritornell 2000 - Weird Forest, 2010) era una collaborazione tra Keith Rowe, Paul Gough (Pimmon), Oren Ambarchi, Peter Rehberg (Pita), e Christian Fennesz che faceva da pioniere a montaggi hard-disc dal vivo (tramite software Powerbook) adoperando una nuova forma di improvvisazione collettiva.
Magic Sound (Mego, 2000) e Return Of Fenn O' Berg (Mego, 2002) documentano esibizioni dal vivo con Peter Rehberg (Pita) e Jim O'Rourke.
Se i primi album erano trattati filosofici, Endless Summer
(Mego, 2001) era un lavoro poetico che riscopriva il potere della melodia in un
mondo quasi del tutto dissonante. Non è un caso che la muzak futurista di Made In Hong Kong fosse composta da brevi melodie che si ripresentano ciclicamente
(anche se trasformate in sequenze discrete di eventi digitali), le soavi onde
di distorsioni cullate da una chitarra folk su Endless Summer, Shisheido (una
breve ninnananna pianistica) e Caecilia (una nostalgica proto-nota che emerge
da un confuso respiro elettronico, forse la traccia più intensa), si
rivelano delle "canzoni" che puntavano direttamente verso un universo
parallelo di suoni puramente melodici ma a noi visibili solo attraverso
l'indistinto prisma dell'intervallo spazio-tempo.
Allo stesso tempo, Christian Fennesz non ha rinunciato alle sue passioni più estreme: A Year In A Minute (masse
cicliche di droni organici), Got To Move On (ammassi bisbiglianti di oggetti in
decomposizione), Before I Leave (un'interferenza oscillante simile ad un
organo) e Happy Audio (dieci minuti di rumore crepitante che segnala la fine del "disco") erano tracce che esploravano ancora più a fondo le cellule di quel reticolo per analizzare l'essenza della materia.
Dawn (Grob, 2002) è una collaborazione con il sassofonista Peter Van Bergen e il tastierista Gertjan Prins.
Field Recordings 1995:2002 (Touch, 2002) raccoglie rarità, Instrument compreso.
Wrapped Islands (Erswthile, 2002) è una collaborazione con il complesso di jazz improvvisato Polwechsel.
GRM Experience (Signature, 2004) era una collaborazione tra Christian Fennesz, Mika Vainio e Christian Zanesi.
La chitarra "glitch-pop" di Christian Fennesz raggiungeva un altro apice su Venice (Touch, 2004), finora il suo lavoro più teneramente romantico. La maggior parte delle tracce emana la qualità shoegazing impressionista, per così dire, dei Seefeel, ma alcune si collocano tra i suoi artefatti più commoventi: Rivers Of Sand, un'elegia "cantata" da voci distorte, Chateau Rouge, che scimmiotta con una melodia ciclica abbandonata in un elegante rondò di computer music, The Stone Of Impermanence, una cacofonica "power-ballad" pressoché metal per chitarra rumorosa e distorta (poteva essere uno spartito ideale per Neil Young) che svanisce in un vuoto caricato elettricamente. Allo stesso tempo la musica di Christian Fennesz stava diventando ancora più psicologica. Il semplice panorama droning di Circassian annega in una ninnananna danzante. Il ritmico nastro di Moebius The Point Of It All rivela nevrosi e paura. Transit era l'avventura di Christian Fennesz nel canto, una cupa ballata nella quale la voce entra in scena a grande sorpresa accompagnata dalla chitarra sbattente e dall'elettronica meditabonda.
Martin Brandlmayr (batteria, percussioni, vibrafono, computer e pianoforte), Werner Dafeldecker (contrabbasso, delay e computer) e Christian Fennesz (chitarre acustica ed elettrica e computer) improvvisavano e pubblicavano Till The Old World's Blown Up And A New One Is Created (marzo 2005).
L'EP ambientale di venti minuti Sala Santa Cecilia (Touch,
2005) è il prodotto di una collaborazione tra Christian Fennesz e Ryuichi Sakamoto basata su laptop.
È un'opera auto-indulgente e abbastanza banale.
Venne seguita da Cendre (Touch, 2007).
Live In Japan (Autofact, 2007) documenta una delle sue improvvisazioni free-form.
RegenOrchester XII (dicembre 2006) era un quintetto con Franz Hautzinger alla tromba a quattro toni, Christian Fennesz alla chitarra e al computer, Otomo Yoshihide ai giradischi, alla chitarra, al basso e ai timpani.
4G è il supergruppo di Keith Rowe, Oren Ambarchi, Christian Fennesz e Toshimaru Nakamura, ovvero quattro chitarristi mutati in compositori
digitali.
Debuttarono con il doppio Cloud (Erstwhile, 2005), un album per
chitarre, elettronica e laptop.
L'EP June (Table Of The Elements, 2008) raccoglie una traccia che pare rievocare la musica industriale.
Il suo primo album solista dopo quattro anni, ovvero Black
Sea (Touch, 2008), scolpiva adoperando chitarra e computer quello che era uno
dei suoi lavori più lugubri e penetranti. La malinconica ed evocativa cartolina
chitarristica di Black Sea è inserita a metà strada fra un grottesco balletto
di rumori di un videogioco e un'indistinta nebulosa di detriti.
L'estatico "om"
di Glide emerge dalle più vuote profondità dell'universo come una popolazione
di droni sincronizzati soltanto per sparire ancora più velocemente di come è
arrivato. Christian Fennesz è anche un maestro della metamorfosi: il muro di rumore di
The Colour Of Three svela lentamente un nucleo rotante melodico, come un feto che cresce e matura. Fennesz conserva inoltre lo stesso orecchio acuto per i
timbri che aveva nelle sue prime prove rumorose, come dimostrano i suoni
embrionali ed enigmatici di Glass Ceiling. È invece meno emozionante quando
adotta strategie più semplici, quali il fingerpicking pacato di Grey Scale e la
placida ambient music di Vacuum. Le note che scendono a cascata e le
distorsioni shoegazing di Saffron Revolution emergono per creare una maestosa atmosfera
onirica e un'apoteosi razionale di linguaggi quasi del tutto incoerente. La
maggior parte dei brani sembravano riflettere l'atmosfera cupa della recessione
economica mondiale: Saffron Revolution sembra essere persino un requiem per il
mondo moderno. Benché alcuni brani siano soltanto semplici esperimenti nella
decorazione delle tessiture, la maggior parte di essi costituisce un flusso di
coscienza piuttosto malinconico e pacato, come se il pittore fosse diventato
nuovamente filosofo meditando sul futuro della razza umana dalla costa di un
immenso mare freddo.
La sua prima registrazione solista dopo Black Sea, ovvero l'EP Seven Stars (Touch Tone, 2011), raccoglie quattro monotone tracce meditative.
Knoxville (2010) documenta un'esibizione dal vivo fra Christian Fennesz, il chitarrista David Daniell e il batterista Tony Buck, che si classifica tra i suoi lavori più auto-indulgenti. L'opera è in gran parte priva di valore artistico.
Il doppio Flumina (2011) era una collaborazione tra Christian Fennesz e Sakamoto che compone melodie pianistiche mentre Fennesz le "arrangia" elettronicamente.
In Stereo (Editions Mego, 2010) di Fenn'O Berg era fino a quel momento la jam più professionale del trio composto da Christian Fennesz, Jim O'Rourke e Peter Rehberg.
Fennesz collaborò anche alla colonna sonora di un film del regista australiano Edgar Honetschlager, Aun (Ash International, 2012).
17.02.12 (2013) è una performance dal vivo.
Dopo troppe collaborazioni e musica "occasionale", Fennesz è tornato alla sua migliore vena artistica con Becs (Mego, 2014). Static Kings mette in scena delicati accordi di chitarra che navigano su onde di rumore elettronico e affogano lentamente nello stesso frullatore che ha messo in moto. I punti più alti sono le bufere di neve molto più drammatiche di droni distorti, vale a dire The Liar e Becs (il primo più selvaggio, il secondo attenuato da una melodia accuratamente nascosta in sottofondo). Liminality scatena violenti frammenti di strimpellate di chitarra che perforano un denso etere di distorsione finché la chitarra praticamente non passa dall'altra parte, da dove riusciamo ancora a malapena a sentirla, ancora viva e ripetendo il suo richiamo monotono. Purtroppo ciclica sono dei riempitivi, come la semplice musica ambient glitch di Sav, che qualsiasi bambino con un laptop potrebbe produrre, o come il motivo svolazzante dell'organo a canne di Pallade Atena, che apparterrebbe più propriamente a un album rilassante new age degli anni '80. Anche il finale acustico di Paroles, forse inteso come corollario filosofico, difficilmente può essere considerato un colpo di genio. Contributi del tastierista elettronico Cedric Steven, del bassista free-jazz Werner Dafeldecker, del batterista Martin Brandlmayr dei Radian e del batterista Tony Buck dei Necks sono praticamente irrilevanti: è difficile capire cosa sia cosa, quindi qualsiasi abilità virtuosistica si perde nel caos.
There's A Light That Enters Houses With No Other House In Sight (SamadhiSound, 2014) è stata una collaborazione tra Franz Wright (parola parlata), Christian Fennesz (chitarra, laptop), David Sylvian (pianoforte, campionamento, laptop, elettronica) e John Tilbury (piano).
It's Hard For Me To Say I'm Sorry (settembre 2015 - Mego, 2016) raccoglie improvvisazioni live di Christian Fennesz (chitarra, laptop) e Jim O'Rourke (sintetizzatore).
L'album da camera di Christian Fennesz Agora (2019) è composto da quattro lunghe composizioni che si basano più che mai sulle manipolazioni al computer. Il risultato è una musica astratta, subliminale, viva e dotata di una strategia. In My Room (12:28) potrebbe essere una colonna sonora di fantascienza: pulsazioni inquietanti si trasformano in un minaccioso drone sibilante che potrebbe essere una registrazione sul campo di cavi elettrici in un seminterrato o del traffico in un tunnel e, senza nemmeno rendercene conto, veniamo lentamente cullati in un'atmosfera meditativa di stampo zen, di grandiosità sinfonica. Tuttavia gli altri brani non sono solo instabili ma confusi, tanto da giustificarne difficilmente la durata. Rainfall (11:57) inizia con una dissonanza tempestosa che si trasforma in onde oceaniche, ma dopo è tutto un banale scarabocchio con il software del computer. Agora (12:09) scivola nella tranquillità cosmica senza il pathos dell'antica kosmische musik tedesca. Nel complesso, si tratta di un lavoro amatoriale di un musicista che sta cominciando a fare troppo affidamento sulle macchine per comporre la sua musica.
- Torna alla pagina su Christian Fennesz di Piero Scaruffi -