- Dalla pagina su Peter Frohmader di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)
Peter Frohmader è uno dei compositori più appartati della nuova musica elettronica Tedesca (Muenchen, per l'esattezza).
Attraverso opere oscure come Nekropolis (RP, 1981), registrato nel 1979, e Nekropolis 2 (Hasch, 1982), l'EP The Forgotten Enemy (Hasch, 1985), Orakel/ Tiefe (Auricle, 1985), Jules Verne Cycle (Auricle, 1986 - Cuneiform, 1995), registrato nel 1982, conio` un stile elettro-acustico affine a quello dei Magma e degli Art Zoyd, ma con la stessa violenza delle sinfonie di Glen Branca. Con Wintermusic/ Bass Symphony #3 (Multimood, 1987), registrato nel 1984, ha iniziato a espandere l'orchestrazione conferendo maggiore preminenza a percussioni elettroniche, fiati e archi.
Ritual (Multimood, 1986), interamente eseguito sulle tastiere elettroniche (salvo gli interventi di un violino e un sassofono) si materializza il Frohmader dei brani ad effetto (le progressioni marziali e gli accenti mediorientali di Monolith, che fanno pensare a cerimoniali religiosi, o la festosa ouverture di Firmament) è soltanto uno specchietto per le allodole: il nocciolo del disco è già costituito dagli esperimenti sul ritmo, in brani come Magic e Arrival, nei quali la melodia è assente e regnano sovrane le cadenze a perdifiato e cascate di dissonanze.
La lunga suite di Ecstasy mette un pista un bolero elettronico che viene attaccato da una miriade di parassiti dissonanti. Nel mondo del rock soltanto i primi Soft Machine, Robert Wyatt e i Matching Mole avevano tentato qualcosa di simile.
Questa tendenza verso una musica da camera elettronica tocca un provvisorio vertice nelle quattro parti di Homunculus, che vengono pubblicati su Vol. 1 (Multimood, 1987), contenente le prime due parti, e Vol. 2 (Multimood, 1988), contenente le altre due parti. Qui gotico e futurista si fondono e danno origine a una musica che rifiuta un centro tonale, abbraccia i ritmi stocastici, ridimensiona il ruolo della consonanza a mero ornamento. Lo schema di base è quasi sempre quello della metamorfosi sinfonica, che trasforma una tranquilla ouverture in 4/4 in un cataclisma di "droni" assordanti.
(Tradotto da Stefano Iardella)
Ogni parte è estremamente ricca di avvenimenti, difficilmente riconducibili alle contemporanee tecniche di contemplazione statica. La musica è allo stesso tempo altamente drammatica e altamente dinamica. Ogni parte è, fondamentalmente, una sinfonia a sé stante. La prima parte si apre con un'atmosfera sinistra per flauto, pianoforte e droni di sottofondo. Mentre il flauto intona un dolce salmo, il pianoforte risuona furiosamente. L'interazione culmina in un crescendo quasi orchestrale che porta a temi melodici folk. Batteria e coro aprono gli ultimi nove minuti che, per un po', si abbandonano a un'atmosfera sognante. Uno scherzo frenetico, costruito su linee minimaliste alla Michael Nyman, guida gli ultimi quattro minuti.
La seconda parte si apre con una voce di soprano che fluttua sopra droni di violino forti e aggressivi e fragorosi cluster di pianoforte. L'attacco ritmico aumenta quando entrano in scena i tamburi, mentre i violini si trasformano in animali stridenti, creando così una convulsione da incubo. Il caos aumenta man mano che battiti e dissonanze governano il pezzo per alcuni minuti. Poi dal caos escono una serie di pattern di tastiera sovrapposti e iterativi. Ancora una volta Michael Nyman è l'ispirazione per resuscitare la musica, che si innalza furiosamente fino ad autodistruggersi.
La terza parte si apre con una melodia dolorosa e un ritmo costante. La carica ritmica prosegue in un motivo gitano, annegato in una giungla di suoni. Dopo sette minuti la musica si dissolve in polvere galattica fluttuante. Che alla fine si fonde in un coro gotico e droni massicci. Il ritmo ritorna forte e frenetico, sostenendo frasi sconnesse di un sassofono. Voci spettrali vagano per la terra desolata degli ultimi quattro minuti.
Dopo una breve ouverture, la quarta parte si addentra in una cascata di schemi ritmici. L'intensità continua ad aumentare. Anche quando finalmente si placa, questa è la più attiva delle quattro parti, che ricostruisce continuamente muri di suoni man mano che vengono distrutti. Si conclude con un'apocalittica marcia dei dannati, un coro femminile che combatte contro un esercito di androidi.
Cultes Des Ghoules (Nekropolis, 1985 - Cuneiform, 1995) è invece il suo capolavoro gotico, in cui i temi horror degli esordi trovano una sistemazione esistenzialista e provocano masse oscure di suoni in perenne, ma indefinibile, movimento (qualcosa di analogo ai nuvoloni di un temporale). Nel cupo lirismo delle sue partiture si intuisce un'allegoria della condizione umana nell'evo tecnologico.
Through Time And Mistery (GEMA, 1988)
rimane probabilmente il suo capolavoro.
Medusa e`
un'orazione magica della durata di 44 minuti. Invece che scadere negli effettismi dei complessi di rock
"satanico", la suite di Frohmader attinge a piene mani dall'avanguardia classica e jazz. Stockhausen (nel
fluire caotico ed epico del materiale sonoro), Ligeti (nelle folate di suoni immanenti), Nono (nelle
manipolazioni elettroniche dei cori), Cage (nelle "manate" casuali di pianoforte) sono i suoi maestri
musicali, se non spirituali. La danse macabre incalza con il suo passo sinistro nel pulviscolo abnorme di
tanti e tali tecniche dell'avanguardia e a un certo punto accelera in un frenetico ritmo "industriale" le cui
mutazioni aprono scenari apocalittici. Il finale è invece all'insegna di cori celestiali e segnali
intergalattici. Al tempo stesso carontea, Boschiana, biblica e fantascientifica, Medusa è
un'ardua meditazione sull'ignoto.
Le Plague Dances si rifanno in maniera più esplicita
all'iconografia e al folklore medievali in un tripudio di temi orrifici, cori wagneriani, tempi di marcia,
strumenti sinfonici e citazioni etniche. Malleus Maleficarum ha invece l'impostazione e lo
spessore di una sonata classica, anche se la magniloquenza degli arrangiamenti e la violenza dei ritmi
ricordano le colonne sonore dei kolossal.
Se Macrocosm (Cuneiform, 1990) propone ancora composizioni di grande respiro (due oltre i venticinque minuti e due oltre i dieci), e ancor più vicine alla new age (come Ascension), il coevo, e minore, Miniatures (Nekrpolis, 1989) è invece una raccolta di brevi pezzi impressionisti. Frohmader ha ormai abbandonato del tutto il gotico e sembra trovare la sua nuova vocazione in uno stile molto più simile alla musica cosmica degli anni '70, come dimostra anche Armorika (Nekrpolis, 1991), al tempo stesso maestosi e bucolici; quando non nella new age, come in Spheres (Nekropolis, 1988).
Third Millennium Choice vol 1 (Nekrpolis, 1990) e Third Millennium Choice vol 2 (Nekropolis, 1991) sono antologie.
Il marchio di fabbrica di Frohmader è la fusione armoniosa e spettacolare dei vari flussi sonori (voci, strumenti, elettronica), nonché la capacità di mescolare con naturalezza arte "alta" e arte "bassa".
Con il monumentale Cycle Of Eternity (Cuneiform, 1994), composto nel 1991-92, Frohmader perviene alla formulazione più matura e smaliziata della sua nuova fase, in cui vengono sfruttate in maniera teatrale le strutture armoniche più elementari facendo leva su una grande maestria di orchestrazione.
La chiave di lettura è più che mai quella mistica, il veicolo
è quello delle variazioni cicliche in lenta progressione, la materia è quella puramente
elettronica. In quest'arte di esplorazione della trance tonale Frohmader sembra rilevare il testimone da
Terry Riley. Spiral inizia come un pezzo di new age estatica e contemplativa, ma il suo crescendo
minimalista la conduce in un cerimoniale marziale che sfocia infine in sonorità esasperate;
Reflections ha il portamento sofferto e intenso dei raga ma sconfina però in un balletto
giapponese; Contemplations aggiorna la Rainbow In A Curved Air di Riley a un umore
più meccanico e industriale, a sonorità più ispide e frenetiche.
Il compositore d'avanguardia non rinuncia comunque a sovvertire la
grammatica musicale con alcuni brani di grande effetto costruiti attorno a idee rivoluzionarie:
Hypnosis, che estrae da un caos di pulsazioni frenetiche una specie di toccata e fuga barocca per
epilettici, il festival di dissonanze e ritmi spezzati di Persistence, e soprattutto le ardue
metamorfosi sinfoniche (futuriste e dadaiste) di Inexorability. I tempi sfuggenti, le melodie
disorientanti, gli infiniti eventi devianti hanno la prerogativa di sconvolgere l'ascolto e lasciare alla fine
soltanto un senso di desolazione e di insensatezza.
Continuando per quella strada Frohmader perviene alla Ballet Music For Mechanical Dancers In 12 Acts, su Attenti al Treno! (Nekropolis, 1992), che sposa il suo minimalismo mistico-cosmico a un dadaismo da camera parente di Varese e Subtonick. Nei calderoni armonici di Dragon's Treasure e Golden Dawn, su Advanced Alchemy Of Music (Nekropolis, 1994), composto nel 1992-93, Frohmader getta un po' di tutto, aumentando l'entropia delle sue partiture fino a livelli di totale indecifrabilità.
Altri lavori dell'epoca sono Stringed Works (Multimood, 1994), Gate (Atonal, 1995), che contiene musica composta fra il 1989 e il 1994, e Anubis (Play Loud, 1996).
Frohmader compone quasi esclusicamente per basso (il suo strumento originale) e si ispira liberamente alle teorie "bio-meccaniche" dell'artista svizzero H.R. Giger. In realtà Frohmader è soprattutto un estremo esponente dell'espressionismo, di quelle scenografie straripanti di angoscia, influenzato più che altro dai film tedeschi degli anni '20. Non a caso molte sue composizioni sono dedicate a personaggi mitici di quel genere, dall'"Homunculus" al "Golem", da "Narkose" a "Schattenreich" (che, nel 1978, fu la sua prima cassetta, riedita su CD nel 1998).
Fossil Culture (Cuneiform, 1999), registrato con Richard Pinhas degli
Heldon,
e` un raro esempio di collaborazione fra due giganti della musica
che sortisce brani all'altezza della carriera di entrambi.
Frohmader ne esce particolarmente stravolto in Fossil Culture 1.
Le pareti di elettronica che Frohmader spara in sottofondo hanno la
magniloquenza wagneriana (e la folle meccanicita`) di un Foetus.
In primo piano si staglia sinistramente nevrotico il contrappunto fra le
inestinguibili distorsioni di chitarra di Pinhas,
il tumulto sincopato delle percussioni elettroniche e gli spettrali
campionamenti di voci.
Fossil Culture 3 cambia i ruoli ma conserva gli stessi elementi
strutturali:
Frohmader stende un denso e scuro strato di suoni elettronici e di campionamenti
sull'inferno di percussioni e campane e sul
maelstrom sotterraneo della chitarra di Pinhas.
I ritmi sono pero` essenziali per comprendere Fossil Culture 5,
un brano guidato da un ritmo trascinante in una selva fiabesca di dissonanze
e di melodie orientaleggianti, o
Fossil Culture 2, un incrocio fra balletto androide alla Kraftwerk e
pastiche dadaista alla Virgin Forest dei Fugs.
Lungi dall'essere "il disco techno" di Frohmader, questo e` un subdolo
saggio sul ritmo (non si dimentichi che Frohmader e` prima di tutto un bassista)
che culmina nella lunga Fossil Culture 7, nei suoi travolgenti
poliritmi, nei vortici mozzafiato (quasi "sufi") della chitarra, nei suoi
elaborati incastri armonici e finanche nella sua lunga coda cacofonica,
che altro non fa che dilatare psichedelicamente lo sferragliare dell'inizio.
I vortici di distorsioni di Pinhas sono talvolta dei puri accessori, ma
in qualche caso riempiono i "vuoti" psicologici a cui la musica di Frohmader
ha abituato, e in tal senso il disco riflette moltissimo la personalita` di
Pinhas.
Fossil Culture 4, per esempio, relegate in secondo piano le percussioni,
e` davvero un duetto free-jazz fra le distorsioni del chitarrista e le
nebulose elettroniche del tastierista.
E Fossil Culture 6, in cui peraltro il ritmo insiste testardamente,
e` uno show personale di Pinhas nella giungla cacofonica di Frohmader.
Space Icon (Electroshock, 2000) e Transfiguration (2002) sono state collaborazioni con Artemiy Artemiev.
Gli album successivi includono: Eismeer (2002), Anubis Dance (2003), Highpriest (2008), Organic Still Life (2019) e Synthetic Trance (2021).
Peter Frohmader è morto a Maggio del 2022, all'età di 63 anni.
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