Pet Shop Boys

(Copyright © 1998 Piero Scaruffi)

A meta` degli anni '80 i Pet Shop Boys (Neil Tennant e Chris Lowe) portarono una boccata d'aria fresca nell'asfittico synthpop britannico con uno stile che era l'esatto opposto del sensazionalismo e del narcisismo di Duran Duran e Culture Club.

A renderli celebri fu lo spleen fatalista di West End Girls, registrata nel 1983 a New York e pubblicata l'anno successivo. Divenne un piccolo hit dell'underground e nel 1985, ri-registrata in maniera professionale, arrivo` al numero uno delle classifiche britanniche e di quelle americane. Quell'accostare un tono intellettuale di canto, atmosfere quasi "noir" di sottofondo, ritmiche brillanti da discoteca e sontuosi arrangiamenti elettronici divenne il loro marchio di fabbrica. Piu` colti e piu` melodici della media del synth-pop britannico, i Pet Shop Boys doppiarono presto il successo del primo singolo con il terzo, nel maggio del 1986, Opportunities, una delle pietre miliari del pop moderno: lo stacco iniziale e` epico, e il canto si libra subito nel ritornello, questa volta scandito con tono fermo, e poi si inabissa in un registro subdolo, ma ancora rabbiosamente determinato, incalzato da complessi poliritmi elettronici e da velate frasi di sintetizzatore. I contrappunti cambiano in continuazione e la melodia continua la sua altalena, condotta verso territori armonici sempre piu` fitti ed esaltanti. Qualche mese piu` tardi, una piu` rilassata Suburbia li rappacifico` con il pubblico, che era rimasto shockato dalla violenza morale del capolavoro.

Please (EMI, 1986) si limito` di fatto a raccogliere i singoli, ma il cinismo yuppie che caratterizzava la filosofia di quell'album esplose nel 1987 su Actually, tanto che It's A Sin e le altre canzoni costituivano di fatto un concept di satira sociale. It's A Sin suonava come un requiem, sommersa dalle frasi sinfoniche dell'elettronica e persino da un tuonare lontano, con il ritmo piu` forte che mai, ma in maniera piu` catastrofica che ludica, con la melodia raddoppiata dalle tastiere a mo' di coro d'opera. Rimane la loro partitura piu` intensa.
Tennant canticchiava piu` che cantare, evitava accuratamente pose esagitate e toni eroici a favore di un registro quasi conversazionale, un dialogare forbito e un po' snob, ma non altisonante e non altezzoso. Lowe lo accompagnava con orchestrazioni eleganti ma non lussureggianti, quasi casual, spesso venate di suspence e mai pompose. Dal punto di vista tecnico, di loro passera` alla storia anche il modo in cui riuscivano a cominciare una canzone con un tema che nulla lascia presagire del tema principale. Il loro era insomma uno stile piu` esistenziale, pervaso da un senso di tragedia imminente e di decadenza morale. Era uno stile che riusciva a salvare anche gli episodi minori, come What Have I Done To Deserve This.

Dopo aver raggiunto la cima delle classifiche con una cover e una mediocre Heart (marzo 1988), il duo perse la sua forma e regredi` rapidamente a un synth-pop da salotto, a meta` strada fra la new age e il soft jazz. Domino Dancing, Left To My Own Devices e It's Alright sono singoli senza nerbo. Nel 1990 usci` Behavior, una raccolta di meditazioni ancor piu` adulte e profonde, So Hard e Being Boring in particolare; ma il felice melodismo degli esordi era definitivamente perduto. Tre anni piu` tardi, Very li ripropose negli stessi panni di filosofi un po' pessimisti un po' indifferenti, squisiti arrangiatori e abili melodisti.

Con il loro stile brechtianamente straniato, i Pet Shop Boys diedero una rappresentazione pagana dell'angoscia e degli orrori della vita metropolitana.

Discography (EMI, 1991) e` un'ottima antologia, che consente di fare il punto su un duo un po' sottovalutato dalla critica.