- Dalla pagina su Porcupine Tree, No-Man e Steven Wilson di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Stefano Iardella)

In breve:
Porcupine Tree, progetto del chitarrista Steven Wilson (Hemel Hempstead, 1967), ha attraversato tre fasi. Inizialmente, On The Sunday Of Life (1992), suonava come un compendio di suoni alla Pink Floyd, dalle ballate oblique di Syd Barrett ai pezzi sinfonici di Ummagumma. Poi il tastierista giapponese Richard Barbieri ha contribuito a mettere a punto i mini-concerti languidi, fluidi e trascendentali di The Sky Moves Sideways (1994). E, infine, un combo coeso ha realizzato Signify (1996) e Stupid Dream (1999) in uno stile che ricordava la maestosa atmosfera dei primi King Crimson, un'idea che alla fine ha portato alla produzione abile di In Absentia (2002).


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi)

Bio:
Steven Wilson (in arte Porcupine Tree) è negli anni '90 uno dei massimi massimi discepoli della psichedelia dei primi Pink Floyd.

Dopo due cassette autoprodotte, composte fra il 1988 e il 1991, che verrano raccolte nel 1994 su Yellow Hedgerow Dreamscape (Magic Gnome), Wilson scodellò il doppio On The Sunday Of Life (Delerium, 1992), un eclettico summa di musica psichedelica d'avanguardia che spazia dalle bizzarrie armoniche del primo Syd Barrett alle piece sinfoniche di Ummagumma. Wilson passa quasi tutto il tempo a celebrare i suoi idoli: la filastrocca di Jupiter Island sa di Piper At The Gates Of Dawn; il pop atmosferico di Radioactive Toy rende omaggio a Dark Side Of The Moon; la melodia cadenzata di Nine Cats avrebbe ben figurato su More; e così via.
La canzone più avvincente, invece, è quell'incalzante novelty di Linton Samuel Dawson, che non c'entra nulla.
Wilson dimostra anche un talento per il progressive-rock in composizioni di largo respiro. La jam strumentale Third Eye Surfer ricorda i Soft Machine, per via degli sfarfallii quasi "dervish" delle tastiere e della batteria freneticamente free-jazz. The Nostalgia Factory fa leva su progressioni d'organo e glissando di chitarra alla Yes. It Will Rain For A Million Years è un ibrido di colonna sonora western e Carlos Santana.
Gran parte del disco è composto di materiale di seconda mano, che Wilson poteva benissimo potare via, ma i brani che contano testimoniano di un orecchio raffinato, che forse si esprimerebbe meglio nel campo della musica strumentale elettronica (ascoltare l'ouverture strumentale, Music For The Head, che è musica new age per flauto ed elettronica, o il lamento del flauto, degno di un adagio barocco, in On The Sunday Of Life). Il punto debole, infatti, sono le parti cantate, quasi sempre superflue, quasi sempre amatoriali, quasi sempre insignificanti.


(Tradotto e integrato da Stefano Iardella)

Up The Downstairs (Delerium, 1993), in gran parte un lavoro solista in cui Wilson suonava tutti gli strumenti inclusa una drum-machine (i futuri membri Colin Edwin e Richard Barbieri qua sono ospiti, rispettivamente al basso e alle tastiere), è il primo album che è stato concepito organicamente ed è quindi molto meno eclettico.
Include alcune canzoni semplici, in particolare la ballata etno-funk in stile Peter Gabriel Synesthesia e il pezzo di chiusura, Fadeaway, un'elegia alla Pink Floyd, assieme a brani strumentali ambiziosi: la ninna nanna blues-psichedelica di sette minuti Always Never, il viaggio cosmico di dieci minuti Up The Downstair, pulsante e influenzato dagli Ozric Tentacles, e gli undici minuti di Burning Sky, con lamentosi assoli di chitarra che evocano la musica spirituale musulmana e persino le colonne sonore dei film spaghetti-western.
L'album è stato ristampato e parzialmente ri-registrato nel 2005 come doppio album, sostituendo la drum-machine con il batterista Gavin Harrison.

Le due "fasi" di Voyage 34 (originariamente inteso come parte di un doppio album ma invece pubblicato su due singoli, nel 1992 e 1993) costituiscono un caso quasi clinico di ossessione nei confronti del suono dei Pink Floyd. La prima fase suona come un remix di Wish you Were Here. Il secondo singolo è decisamente inferiore.
L'album Voyage 34: The Complete Trip (Delerium, 2000) raccoglie i singoli originali Phase I (12:54) e Phase II (17:24) più un remix di Astralasia intitolato Phase III (19:24) e un remix dello stesso Wilson intitolato Phase IV (13:42), quest'ultimo in versione ampliata nell'edizione LP (19:42).


(Testo originale in italiano di Piero Scaruffi)

I mini-concerti di The Sky Moves Sideways (Delerium, 1994), con Richard Barbieri (ex Japan) alle tastiere e il nuovo batterista Chris Maitland, decretano la conquista di uno stile del tutto personale, che si riallaccia soltanto di sfuggita ai Pink Floyd pastorali e sereni del secondo periodo, ma che in realtà appartiene in tutto e per tutto all'era ambientale. Rispetto ai suoi contemporanei elettronici, però, Wilson ha il merito di cercare la trance e il continuum con strumenti dal vivo, senza ricorrere a trucchi digitali e campionamenti.
Il fronte stilistico è ampio, dalla quiete leziosa dell'ouverture strumentale The Colour Of Air all'ibrido di techno e raga di Wire The Drum (forse l'intuizione piu` importante del disco). Apice della prassi di dilatare i brani a dismisura, di amplificarne ogni minimo aspetto, è forse il surreale, liquido, stratosferico Moonloop, in cui si accavallano al rallentatore suoni dolcissimi di chitarre, organi e percussioni prima che il tutto prenda corpo e ritmo e si trasformi in una jam infuocata di bluesrock. Cosi` la lunga Is Not alterna fasi di musica cosmica estremamente disgregata a fasi di rock incalzante. I brani cantati sono anemici fino alla sonnolenza. Il salmo lento e solenne di I Find The I'm Not There, la nenia persiana di Dislocated Day e il tenue vagito di The Moon Touches Your Shoulder poggiano su melodie bisbigliate senza forza, lasciate vorticare nell'aria, circondate da accordi languidi ed estatici.
Nella musica di Wilson chitarra e organo imbastiscono duetti metafisici, spesso improvvisati come nel jazz, su un tappeto sensuale di percussioni. L'effetto non potrebbe essere piu` trascendente.

A partire dall'EP Waiting (Delerium, 1996), i Porcupine Tree diventano davvero un complesso: Wilson non è piu` il deus ex machina, accompagnato da un tastierista d'eccezione e da sua moglie, ma semplicemente il cantante e principale compositore di un quartetto di chitarra, tastiere, basso e batteria. E l'effetto è di virare verso i primi King Crimson, verso atmosfere fiabesche e magiche, come dimostrano le due lunghe ballate e colonne portanti di Signify (Delerium, 1996): Dark Matter e Sleep Of No Dreaming, Indubbiamente dotate di melodie appassionate e di arrangiamenti eroici, sfiorano i climi di Moonchild e quelli dei melodrammi dei primi Genesis. Ma Waiting, che ne è l'esagerazione, veleggia verso il piu` bieco pop-jazz orchestrale.
Le sincopi funky, i riff azzannanti, le tastiere spaziali, gli assoli epici, dello strumentale Signify rimandano persino al techno-rock dei Rush. I sintetizzatori di Barbieri e il mellotron di Wilson dilagano senza freni, coloratissimi, incastonando gli accordi atmosferici delle chitarre.
Gli stacchetti strumentali che separano le ballate confermano lo stato di grazia della formazione, capace di cesellare la piece Waiting Phase 2, una variazione strumentale sulla canzone omonima, e soprattutto l'indiavolata danza pan-araba di Idiot Prayer.


(Tradotto da Stefano Iardella)

Wilson è stato attivo anche nei No-Man e nell'Incredible Expansion Mindfuck.

I No-Man, originariamente un trio composto dal cantante Tim Bowness (che sembra Jim Kerr dei Simple Minds) e dal violinista Ben Coleman (un discepolo di Stephane Grappelli e Jean Luc Ponty), hanno cominciato con il singolo Colours (1990), una languida ballata psichedelica, il mini-album Lovesighs (One Little Indian, 1992), che include i primi singoli, e con l'album Loveblows And Lovecries (One Little Indian, 1993), che contiene ballate dance-pop come Sweetheart Raw e in particolare la jam ispirata al "Madchester", Painting Paradise.
I No-Man trovarono una base più originale su Flowermouth (One Little Indian, 1994), le cui elegie sofisticate e atmosferiche sono esaltate da collaboratori come il chitarrista Robert Fripp e il sassofonista Mel Collins dei King Crimson, il trombettista Ian Carr dei Nucleus, il batterista Steve Jansen e il tastierista Richard Barbieri (entrambi membri fondatori di Giappone).
Il clou è il malinconico pop ambient dei dieci minuti di Angel Gets Caught In The Beauty Trap, il miglior amalgama tra pianoforte, sassofono, tromba, chitarra e violino. Emblematici del loro dolce e romantico prog-dance-rock sono gli otto minuti di Shell Of A Fighter e i sette minuti di Things Change, con una triste melodia d'organo e un focoso assolo conclusivo di violino, discreta "frippertronics" e un assolo di chitarra conclusivo da urlo. La traccia più strana qui è Simple, una traccia elettronica di sette minuti, con la voce spettrale di Lisa Gerard dei Dead Can Dance, che ha il ritmo della disco-music ed echi di Temple of Love dei Sisters Of Mercy.

Ben Coleman se ne andò dopo questo album.
A quest'album ha fatto seguito un album di remix, Flowermix (1995)

Lo schizofrenico album Wild Opera (3rd Stone, 1996) dei No-Man contiene un'altra concessione al dance-pop mainstream, Housewife Hooked In Heroin (1995), e un'altra concessione al lounge-soul, Taste My Dream, ma anche il funk-rock percussivo di Radiant City e Infant Phenomenon, lo psych-rocker My Rival Trevor e l'orecchiabile e blues Dry Cleaning Ray guidato dall'organo. E forse la migliore manifestazione della loro arte può essere trovata nelle elegie da camera da letto malinconiche e jazz: Sheeploop e soprattutto il deformato e distanziato Sinister Jazz.
L'album è allo stesso tempo eclettico ed elegante, spesso sembra provenire da polverosi archivi degli anni '60, ma segna anche la transizione verso una crescente tristezza esistenziale. Il mini-album Dry Cleaning Ray (3rd Stone, 1997) raccoglie outtakes delle sessioni di Wild Opera.

Abbandonando del tutto l'elemento rock, ((Speak)) (1999) dei No-Man, in gran parte registrato nel 1988-89 ma poi riarrangiato, seguì invece il corso di un suono dolce, inquietante e per lo più "orchestrale" " ballate, come Heaven's Break e soprattutto Riverrun (e persino una cover di Pink Moon di Nick Drake). Le intuizioni più intriganti emergono nella breve vignetta strumentale French Tree Terror Suspect e nei funebri undici minuti di The Hidden Art Of Man Ray, entrambi dominati dal violino di Ben Coleman.

Returning Jesus (2001) ha ulteriormente ristretto la gamma della loro ispirazione. La loro musica di pura atmosfera raggiunge l'anemico nadir dei sette minuti quasi statici di Only Rain. La sonnolenta elegia pianistica Carolina Skeletons è una versione lounge dello stile di Nick Drake. Gli otto minuti di Lighthouse, in stile Pink Floyd, non sono molto più dinamici, e la facile jam world-jazz di otto minuti Close Your Eyes risulta piatta.
Returning Jesus è l'unico momento di follia eccentrica, un inno in stile U2 accarezzato da gong, violino e clavicembalo. La strumentale Slow it all Down sarebbe un altro momento di follia se non risultasse incompleta e incompiuta.

Lo stile dolce, anemico e malinconico di questi No-Man post-Coleman si è evoluto in una trance post-rock in stile Talk Talk su Together We're Strangers (2003): la sonnolenza sussurrata della lunga suite prog-rock Photographs in Black and White, con il flauto e il clarinetto di Ben Castle a rubare la scena; lo scintillante stagno cromatico dei nove minuti di Things I Want to Tell You, una sorta di raga sconnesso al rallentatore; l'inno letargico e cosmico di otto minuti Together We're Stranger, con droni che si diffondono in tutte le direzioni. L'album si chiude con le languide (e relativamente dirette) ballate pop Back When You Were Beautiful e The Break-Up for Real.
I martellanti otto minuti di All the Blue Changes sembrano fuori contesto e un po' imbarazzanti nel loro crescendo in stile Pink Floyd. Ormai c'era poco in comune tra questa versione dei No-Man e i No-Man di Wild Opera.

Dopo una pausa di cinque anni, i No-Man sono tornati con Schoolyard Ghosts (2008) e hanno provato, senza riuscirci, a riconquistare la magia di Together We're Strangers. L'elegia per pianoforte e archi All Sweet Things è prevedibile, ma la roboante e rumorosa Pigeon Drummer arriva come uno shock (non positivo). La deriva melodica di Song of the Surf è affascinante ma certamente non innovativa. I pezzi più lunghi se la passano meglio ma sono un miscuglio. I 13 minuti di Truenorth sono maestosi e sognanti, ma sono orchestrati in un modo che risulta routinario e persino ridondante. E così il pezzo forte finisce per essere Mixtaped di otto minuti, una versione remixata del pezzo solista di Tim Bowness Schoolyard Ghosts, una canzone intrisa di nostalgia e malinconia con un inquietante lavoro al sassofono di Theo Travis. Successivamente, Tim Bowness formò il duo dei Memories Of Machines con Giancarlo Erra, con cui pubblicò Warm Winter (2011), contenente una nuova versione di Schoolyard Ghosts.

L'altro progetto parallelo di Wilson, l'Incredible Expanding Mindfuck, un progetto solista, era molto più "progressivo" e in forma libera, con le quattro lunghe composizioni di IEM (Delerium, 1996), rispetto agli album dei Porcupine Tree.
I 13 minuti di The Gospel According to the I.E.M., con un ritmo "motorik" alla Neu! e con logorroici assoli di chitarra psichedelici alla Helios Creed, terminano con un miasma di voci spettrali. The Last Will And Testament Of Emma Peel approfondisce quel caos astratto e senza ritmo. Fie Kesh intona una sorta di raga per tabla, tambura e chitarra. I nove minuti di Deafman suonano come un tributo alle jam demoniache di Amon Duul II, fatta eccezione per l'eccessivo rumore di chitarra che alla fine seppellisce tutto il resto.

Incredible Expanding Mindfuck in seguito registrò l'EP An Escalator To Christmas (Tonefloat, 1999) e gli album Arcadia Son (Gates Of Dawn, 2001) e I.E.M. Have Come For Your Children (Headphone Dust, 2001), tutto dedicato a lunghe jam space-rock selvaggiamente indulgenti.
Arcadia Son contiene la jam di otto minuti guidata dal flauto Arcadia Son (interrotta dal consueto assolo di chitarra) e i venti minuti di Shadow Of A Twisted Hand Across My House, un pezzo confuso che si trasforma da un delirio psichedelico ad alta energia alimentato dal sassofono a un paesaggio sonoro elettronico astratto fino a un pulsante balletto robotico.
I.E.M. Have Come For Your Children è uno strano remix e ri-registrazione di Arcadia Son. Il pezzo di apertura è una versione di 35 minuti della canzone Arcadia Son. La sorpresa è il breve pezzo di chiusura, ovvero Piece For Hammered Dulcimer And Mellotron Choir.

I Porcupine Tree pubblicarono anche il mini-album Staircase Infinite (1994), che contiene outtakes dalle sessioni di Up The Downstair, del 1993, e l'album dal vivo Coma Divine (Delerio, 1997).

L'album dei Porcupine Tree Stupid Dream (K-Scope, 1999) ha adottato uno scintillante suono professionale per creare la canzoncina pop Piano Lessons e la potente ballata di sette minuti Even Less. Stranger by the Minute è l'archetipo di come unire il languore dei Pink Floyd con il prog-pop degli Yes e con il jamming Southern-rock. Ci sono echi dei primi Genesis nelle ninne nanne prog ingenue come A Smart Kid. L'album si impantana troppo spesso in materiale mediocre. Emblematici sono gli otto minuti di Don't Hate Me (nonostante il vibrante assolo di sassofono e la batteria che l'accompagna). Le migliori intuizioni arrivano alla fine, ma non sono completamente sviluppate: l'ardente strumentale Tinto Brass e la lunatica e sognante Stop Swimming.

Lightbulb Sun (K-Scope, 2000) è un altro miscuglio, sebbene prodotto in modo elegante e arrangiato in modo lussureggiante con una profusione di strumenti (chitarre, pianoforte, dulcimer martellato, mellotron, banjo, arpa, percussioni, sintetizzatori, organo, basso, batteria, archi). Il materiale commerciale è di qualità superiore, sia che si tratti dello psych-pop in stile "Madchester" con sfumature indiane di Four Chords That Made A Million, della power ballad funk-metal di otto minuti Hatesong o il grunge-pop di Lightbulb Sun, nonostante la dolce ballata intrisa di mellotron Feel So Low e le facili arie in stile Alan Parsons di Shesmovedon e The Rest Will Follow mettano alla prova la pazienza dell'ascoltatore, anche del fan più devoto.
Oscurando un intento chiaramente commerciale, Russia On Ice, da 13 minuti, è un'altra fusion tra King Crimson e il primo prog-rock dei Genesis con un'estasi dei Pink Floyd degli ultimi giorni, ulteriormente abbellita da una coda strumentale hard-rock di cinque minuti.


(Tradotto da Gianluca Mantovan e Stefano Iardella)

In Absentia (Lava, 2002) è fra i loro album più riusciti. Arricchiti da una superba performance del veterano delle tastiere Richard Barbieri e dal solido lavoro del nuovo batterista Gavin Harrison, i Porcupine Tree possono ora suonare quasi tutto con eccellente concentrazione di potenza sonora. Il pezzo d'apertura Blackest Eyes inizia con un concentrato prog-metal di chitarra e batteria per raggiungere poi una melodia evocativa di chitarra acustica e tastiere atmosferiche. La produzione è forte, densa e strisciante, più vicina ai Church che al prog-rock britannico, con chitarre in grado sia di dettare il passo che di intessere elaborati e sublimi refrain, come avviene egregiamente pure nella in parte sottomessa Trains, malgrado echi di Cat Stevens e Jethro Tull nella melodia. Le chitarre sono su di giri perfino nei pezzi più melliflui, e arrivano al culmine della furia con l'esplosiva The Creator Has A Mastertape. In questo modo è pressochè annullata la differenza tra il materiale leggero e semplice (The Sound Of Muzak, con melodia deludente, l'elegia pianistica Collapse the Light Into Earth, la quasi interamente strumentale 3, le armonie soft e rilassanti di Prodigal) e il materiale che verte sulle turbolenti sottocorrenti del cervellotico e muscolare prog-metal (gli otto minuti strutturati in tre parti di Gravity Eyelids, dapprima un tessuto di tastiere nebulose e battiti sincopati, poi un romantico lamento, e infine una coda chitarristica; Strip The Soul, la miglior jam folk-blues-jazz-rock dell'album;Wedding Nails, per lo più strumentale e il pezzo più metal del lotto). Esecuzione impeccabile, temi accattivanti e arrangiamenti brillanti fanno diventare meno netto il confine tra i due opposti.


(Tradotto da Stefano Iardella)

Se non si considera On the Sunday of Life, il primo album solista di Steven Wilson è stato Unreleased Electronic Music Vol. 1 (2004). E sembrava uno scherzo ma non lo era: raccoglieva composizioni elettroniche registrate tra il 1990 e il 2003. Successivamente pubblicherà anche Tape Experiments 1985-86 (2010).

Wilson si è unito al musicista israeliano Aviv Geffen per fare soft pop con il progetto Blackfield, le cui canzoni suonano per lo più come una versione superficiale dei R.E.M.
Hanno iniziato con Blackfield (2004), contenente Pain, e Blackfield II (2007), contenente My Gift of Silence, e Wilson lasciò il progetto dopo Welcome to My DNA (2011).
Questi tre album rappresentano il punto più basso della sua discografia

Il quartetto composto da Steven Wilson (voce, chitarra, tastiere), Richard Barbieri (tastiere), Colin Edwin (basso) e Gavin Harrison (percussioni), arricchito dai chitarristi Mikael Akerfeldt (Opeth) e Adrian Belew, era in splendida forma su Deadwing (2005), ma la musica era fondamentalmente una versione delle prime ballate progressive dei Genesis adattate al grunge dei Soundgarden con il mellotron dei King Crimson diffuso per tutto l'album.
I dieci minuti di Deadwing abbinano pezzi metal con una melodia deja-vu e qualche recitazione gotica. I 12 minuti di Arriving Somewhere But Not Here si sforzano davvero di suonare in maniera maestosa, ma la solita languida voce pop e il solito assolo di chitarra metal ne sminuiscono l'idea. Shallow è un tributo amatoriale al grunge di Seattle. Glass Arm Shattering è un concentrato di languore Pink Floyd-iano. Il picco melodico è forse Mellotron Scratch, a causa delle sue armonie multiparte. In generale: materiale scadente e scarsa ispirazione, non importa quanto sia professionale l'esecuzione.

Fear of a Blank Planet (2007), dei Porcupine Tree, forse un gioco di parole con Fear of a Black Planet dei Public Enemy (del 1990) ma più probabilmente ispirato ai numerosi concept basati sull'alienazione dei Pink Floyd, è strutturato in sei lunghe canzoni che esplorano lo stato d'animo depresso di inizio secolo. Lo fanno in un modo piuttosto strano, poiché si affidano a melodie operistiche e orchestrazioni lussureggianti che si adatterebbero meglio a un'epopea di guerra. Dopo l'avvincente e orecchiabile Fear of a Blank Planet e la dolce ballata My Ashes, il fulcro dell'album è la suite melodrammatica di 17 minuti Anesthetize, che riscatta parzialmente l'album. C'è sicuramente molto da apprezzare nel modo in cui questi musicisti articolano architetture musicali così complesse e fluttuanti, ma la maggior parte dell'album fa da riempitivo. Altro materiale dello stesso periodo è emerso sull'EP di quattro canzoni Nil Recurring (2007).

Nel frattempo Steven Wilson aveva lanciato un altro progetto, Bass Communion, questa volta per comporre musica ambient per strumenti manipolati (principalmente chitarra) e registrazioni sul campo.
Un progetto con cui ha pubblicato: Bass Communion (1998), Atmospherics (1999), II (1999), forse il più vario, che prevedeva fiati, archi e ritmi, III (2001), una terribile raccolta di rarità, Ghosts On Magnetic Tape (2003), ispirato a fenomeni parapsicologici, Indicates Void (2005), Loss (2006), Pacific Codex (Equation, 2008), dedicato ai suoni bassi più bassi possibili, Molotov e Haze (Important, 2008), l'album più aggressivo (quasi-metal) mai realizzato, e Cenotaph (2011).
Chiaroscuro (Headphone Dust, 2009) e altri album documentano delle performance dal vivo.

Volume 1 (Soleilmoon, 2006) e Volume 2 (2007) dei Continuum sono frutto di collaborazioni tra Dirk Serries dei Vidna Obmana e Bass Communion.

We Lost The Skyline (2008) documenta una performance dal vivo dei Porcupine Tree.

Il doppio disco The Incident (Roadrunner, 2009), ancora registrato dalla formazione classica dei Porcupine Tree, composta da Wilson, Barbieri, Edwin e Harrison, contiene la suite da 55 minuti in 14 movimenti The Incident e un EP di quattro canzoni.
Ci sono momenti di genialità ma anche molti momenti di stanca routine, e praticamente nulla che non ci si aspettasse già dai Porcupine Tree.
The Incident non è una vera e propria suite: le canzoni sono completamente indipendenti l'una dall'altra, e molte di esse sembrano incomplete e incompiute. Chiamarla "suite" sembra soltanto una scusa per pubblicizzare l'album. I due pezzi corposi (Time Flies, da dodici minuti, e Remember Me Lover, da sette minuti) sono entrambi tributi di fatto ai Pink Floyd, e non particolarmente creativi. Le canzoni melodiche sono raramente accattivanti.
Le migliori sono forse la scarna elegia per pianoforte Kneel and Disconnect e la dolce ballata introversa I Drive the Hearse, con la sola Drawing the Line che continua l'avventura di Wilson nel power-pop. La sinistra nenia industriale The Incident avrebbe potuto essere straordinaria, ma non è stata sufficientemente approfondita. Il classico quartetto composto da Wilson, Barbieri, Edwin e Harrison si sciolse dopo aver pubblicato questo mediocre album.

La carriera solista di Wilson è decollata sul serio con l'eclettico Insurgentes (2008), la cui musica rasenta il post-rock nelle complesse partiture di No Twilight Within The Courts of the Sun e Salvaging, ma per il resto suona come degli outtakes dei Porcupine Tree.

Tra il 2009 e il 2011, Wilson ha aiutato Robert Fripp a remixare i classici dei King Crimson del 1969-74. Coincidenza o no, Wilson ha poi ricominciato la sua carriera da solista con tre intelligenti album prog-rock pieni di riferimenti ai pionieri degli anni '70, album che hanno anche esaltato il suo talento come produttore.
Il primo, Grace for Drowning (2011), era il suo album "jazz", intriso dal suono di mellotron e ance, registrato con veterani come il pianista Jordan Rudess (Dream Theater), il bassista Tony Levin e il chitarrista Trey Gunn. I punti salienti sono l'atmosfera inquietante della strumentale Sectarian (7:41), la jam strumentale che occupa la maggior parte di Remainder the Black Dog (9:27) e i 24 minuti della epica Raider II, che si appoggia al lato sinfonico e ampolloso delle cose ma lasciate spazio anche a diversi passaggi strumentali idilliaci (in effetti, come spesso accade con la musica di Wilson, sarebbe andata ancora meglio senza la sezione vocale). Wilson non perde occasione per aggiungere anche una dolce e lunga ninna nanna (la bucolica Deform to Form a Star) e l'inevitabile maestoso pezzo Pink Floyd-iano, in questo caso Like Dust I Have Cleared From My Eye (8:01). Sarebbe stato meglio impegnarsi maggiormente negli eccentrici intermezzi strumentali, per esempio Track One.
Il secondo, The Raven That Refused to Sing (2013), beneficia del fenomenale supporto del tastierista Adam Holzman, del batterista Marco Minnemmann, del chitarrista Guthrie Govan, del sassofonista e flautista Theo Travis e del bassista Nick Implora. Passaggi strumentali insistenti, contrappunti intricati e cambi di tempo popolano composizioni che sono comunque organiche e coese: i dodici minuti di Luminol (che, ancora una volta, avrebbe un aspetto migliore senza il canto suadente), The Watchmaker, che passa da un inizio folk a un finale operativo, e soprattutto i dieci minuti di The Holy Drinker, che riesce ad essere sia esplosivo che orecchiabile.
Queste lunghe composizioni evocano il lato jazzistico "Canterbury" del classico prog-rock. The Raven That Refused to Sing (7:57) è la romantica elegia del giorno, una dolce melodia che viene inghiottita da archi svettanti.
Il terzo, il concept album Hand Cannot Erase (2015), sul raccapricciante caso reale di una giovane donna rimasta morta per tre anni in un appartamento senza che nessuno se ne accorgesse, registrato con la stesso formazione stellare (Govan, Holzmann, Beggs, Minnemann e Travis), ha optato per il lato melodico del classico prog-rock. 3 Years Older combina riff di chitarra alla Mike Oldfield e armonie vocali e tastiere alla Yes.
I nove minuti di Routine evocano una versione neoclassica dei primi Genesis. I tredici minuti di Ancestral, l'apice melodico dell'album, grazie ad un grandioso crescendo melodico, presentano il flauto e il sassofono baritono di Theo Travis, un'orchestra d'archi, i cori di Ninet Tayeb, oltre agli strumenti suonati da Wilson in persona, e vanta momenti di virulento pathos alla Rush. Purtroppo, l'album contiene anche alcune delle sue canzoni pop più noiose di sempre (per esempio i singoli Hand Cannot Erase e Perfect Life), e quelle erano un preludio al futuro. Il pezzo alla Donovan Happy Returns se la cava meglio in quel campo.

In effetti, Wilson si è rivolto al pop mainstream con To the Bone (2017), in cui ha suonato lui stesso quasi tutti gli strumenti, una raccolta di ballate blande con echi di Peter Gabriel (la magniloquente "ballata torcia" Pariah, un duetto con Ninet Tayeb, suona come una variazione di Don't Give Up di Gabriel, il duetto con Kate Bush e anche la ballata soul elettronica Song of I, un duetto con Sophie Hunger), Electric Light Orchestra (The Same Asylum as Before), i Genesis dell'ultimo periodo, Abba (Permanating, il suo più grande successo, che copia quasi il ritmo e la melodia di Mama Mia) e ovviamente i Pink Floyd degli ultimi giorni (la chitarra e gli strumenti a corda che svettano su Refuge). Alla fine l'afro-gospel-rock di To The Bone, sebbene mediocre di per sé, suona qui come un picco di originalità. L'attenta costruzione dei brani, che raramente seguono semplici schemi tradizionali, non può di per sé riscattare la mancanza di ispirazione. Si tratta di un remix globale della tradizione pop, ma non particolarmente innovativo. I nove minuti di Detonation, la cui magniloquenza iniziale in qualche modo si trasforma in una jam in stile Santana, mostra che le composizioni lunghe non sono diventate il suo forte (come erano una volta) bensì la sua debolezza.

Wilson ha anche composto la colonna sonora per un videogioco, The Last Day of June (2017).
Ha provato a ripetere il successo commerciale di To the Bone ma The Future Bites (2021) è una raccolta di synth-pop generico e persino goffo.

Nel frattempo, Wilson aveva registrato anche Storm Corrosion (2012) con il chitarrista Mikael Akerfeldt degli Opeth. Questo è forse l'apice di Wilson come compositore e arrangiatore, anche se parte del merito va al suo partner. Qui Wilson ha trovato il giusto equilibrio degli elementi, minimizzando le parti vocali (mai state il suo forte) o trasformandole in vortici vertiginosi, minimizzando i ritornelli svettanti, minimizzando la magniloquenza della chitarra, minimizzando la batteria. Lo strumento dominante è in realtà la chitarra acustica. In un certo senso, è il lavoro più minimale di Wilson come produttore/arrangiatore. Il risultato è un marchio unico di musica folk ambient esoterica, ambientato in paesaggi sonori immacolati. Drag Ropes è una miscela di intricate armonie vocali, musica da camera esoterica e pattern di chitarra sincopati. Storm Corrosion, la composizione più complessa dell'album, è freak-folk che decade in una suspense gotica ronzante e termina con un'aria cristallina in stile rinascimentale, e lungo il percorso gli archi indulgono in microtoni in stile Giacinto Scelsi (gli strumenti a corda sono stati arrangiati dalla leggenda del rock di Canterbury Dave Stewart di Hatfield & The North). Il lirico Ljudet Innan si accontenta invece di una celestiale e cullante trance new age. In termini di significato criptico, nulla batte la raccapricciante strumentale Lock Howl e il funero canto al pianoforte Hag, come un incontro tra Scott Walker e Angelo Badalamenti. La tristezza e la malinconia scandinave sono temperate dalla quiete bucolica inglese, un raro incontro di civiltà che fa schiudere un vocabolario e un orizzonte completamente nuovi.

I No-Man sono tornati dopo undici anni con le due flaccide suite disco di Love You to Bits (2019).

And No Birds Sing (2021) è attribuito ai Bass Communion ma è semplicemente la colonna sonora di un film che Wilson stava preparando.

Wilson, Barbieri e Harrison riformarono i Porcupine Tree senza Edwin per registrare Closure/ Continuation (Music For Nations, 2022), il loro primo album in più di un decennio. Dignity da otto minuti è il crescendo del giorno, in stile Pink Floyd, i nove minuti di Chimera's Wreck sono costruiti attorno a un motivo folk, il singolo da otto minuti Harridan è un confuso lavoro di prog-rock, e i sette minuti di Herd Culling offrono i riff grunge più accattivanti.


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