San Francisco's "modern primitivism" movement was best represented by a multi-national commune that emerged with the music of Lights In A Fat City (1), centered upon Canadian electronic composer Kenneth Newby, British-born didjeridoo player Stephen Kent and percussionist Eddy Sayer. Somewhere (1988) was possibly the first electronic album built around the sound of the didjeridoo, and juxtaposed hypnotic rhythms to a madly droning background. Sound Column (1993) was a more philosophical work, comprising four improvisations for didjeridoo and acoustic instruments recorded inside a huge pillar.
That project evolved into Trance Mission, formed by Newby and Kent with Club Foot Orchestra's clarinetist Beth Custer and percussionist John Loose. Trance Mission (1993), a dense maelstrom of jazz improvisation, transcendental exotica, atmospheric electronica and tribal rhythms, took a new route to Brian Eno's ambient trance and to Jon Hassell's fourth-world music. That wedding of futuristic and ancestral elements was abandoned on Meanwhile (1995), for a more facile dance-exotic fusion that evoked the vision of the Third Ear Band mixed by a techno producer; while later works such as Head Light (1997) veered towards an alien form of free-jazz.
Kent, harpist Barbara Imhoff, a percussionist and a vocalist explored a simpler kind of electronic folk music under the moniker Beasts Of Paradise.
Kenneth Newby, a member of the Trance Mission collective, crafted Ecology Of Souls (1993), perhaps the most accomplished fusion of electronic music and exotic instruments of the era. Four lengthy suites explored a magical, surreal, mythological landscape roamed by rhythmic patterns and primordial sounds, swept by intergalactic winds and tidal waves of cosmic radiations, while melodramatic and ethereal moments alternated at creating a metaphysical suspense.
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I Trance Mission sono maestri della trance ambientale e della musica del
quarto mondo. Ma il gruppo e` soltanto la punta dell'iceberg di una comune
molto piu` ampia, che comprende anche Lights In A Fat City e Beasts Of
Paradise, e che fa capo al canadese Kenneth Newby e al britannico Stephen Kent
(quest'ultimo trapiantato da tempo a San Francisco).
Stephen Kent, originario dell'Inghilterrra, gia` titolare dell'EP
Furious Pig (Rough Trade, 1980) con una formazione di sole voci,
imparo` a suonare il didjeridoo
durante un soggiorno in Australia. Rientrato in patria, prese a suonarlo
nelle piazze compagnia del percussionista Eddy Sayer.
Nel 1991 si stabilì a San Francisco e prese a frequentare il
movimento d'avanguardia denominato "primitivismo moderno".
Kent sviluppo` una tecnica al didjeridoo che era profondamente occidentale
(sostanzialmente, lo usava come un organo) e presto inizio` a suonarlo in
altri musicisti in un ensemble d'avanguardia: i
Lights In A Fat City.
Dello stesso ensemble era diventato membro anche il compositore e tastierista
elettronico Kenneth Newby, cresciuto a Vancouver, educato alla musica classica,
studente di filosofia, che aveva gia` scritto musiche
per una compagnia di ballo.
La sua missione musicale scaturi` dai suoi complessi interessi culturali:
appassionato di free jazz e di rock psichedelico,
giornalista per una rivista di cyberpunk,
studioso di musica indonesiana.
Come altri prima di lui nel mondo della musica elettronica, Newby si pose
l'obiettivo di fondere composizione occidentale e improvvisazione orientale.
Lights In A Fat City faceva perno su Kent, Newby e Sayer.
I lavori sperimentali di questo ensemble cercavano un punto d'incontro fra
tre stili sviluppatisi in maniera indipendente.
Somewhere (These Records, 1988) fu forse il primo album in Occidente ad
essere costruito attorno al suono del didjeridoo. I brani sono per lo piu`
lunghe session di tribalismo ipnotico (Thunder e Valley Of The Winds), ma
When I Go Up prova un singolare gospel per didjeridoo, sonagli e percussioni africane e
Guboo e` praticamente un assolo di dijeridoo immerso in un tripudio di percussioni
metalliche.
Sound Column (Extreme, 1993) venne registrato nell'estate del 1991 dentro il pilastro di
un monumento di San Francisco e consta di quattro improvvisazioni per didjeridoo, campionamenti e
strumenti acustici. Il lavoro passa dalla stasi austera di Taksu alla dinamica vivace di
Aluna, dalla profondità metafisica del duetto fra didjeridoo e arpa giapponese di
Memory Ground allo sterminato caleidoscopio di suoni e rumori di Surya.
Al ritorno da una permanenza a Java, Newby registro` l'album solista
Ecology Of Souls (Songlines, 1993 - Hearts Of Space, 1994),
originariamente concepito come un'opera multimediale.
Consciamente o meno, Newby si riallacciava alla world-music elettronica di
Jon Hassell (interpretare le musiche del terzo mondo alla luce della tecnologia del primo), ma Newby si
affida unicamente agli strumenti esotici. Gli effetti più eterei sono ottenuti tramite il
campionamento e l'esagerazione delle timbriche.
Quattro lunghe suite si spartiscono l'opera. Equinox inizia in sordina,
con un lieve tribalismo in lontananza e un lamento che assomiglia alla tromba di argilla di Hassell, e
piano piano cresce in una intricata polifonia. I cicli percussivi conferiscono al brano una qualità
ipnotica, mentre le dissonanze di alcuni strumenti gli conferiscono una qualità onirica. Questo
è però un minimalismo che procura più ebbrezza che estasi. Nelle mani di Newby
diventa uno strumento chirurgico per sondare profondità abissali delle culture aborigene, delle
radici dell'umanità, per recuperare una traccia dei nostri istinti perduti.
La monumentale Persephone usa un tappeto di suoni statici protesi nel
nulla per creare l'atmosfera di suspense su cui si distende il canto solenne del flauto, carico di una
tragicità greca. L'improvvisazione di Newby allo strumento è fra le più intense e
drammatiche della storia della musica, e va a spegnersi in "droni" intergalattici e onde d'oceano e solfeggi
extraterrestri e vortici di vento, come se la cinepresa si allontanasse dal pianeta e riprendesse la scena da
una distanza sempre più enorme.
Ephemera è la colonna sonora ideale per un'immersione in un
atlante astronomico: una nebulosa di sibili e di clangori attutiti fino a perdere ogni identità,
mescolati a un bisbiglio esoterico. Il brano ha pochi rivali nel campo della musica subliminale.
Odalan dimostra come il caso sia la materia prima su cui agisce il compositore. Proprio dalla
mancanza di uno schema melodico, ritmico e armonico, proprio dalla semplice esistenza di suoni
disgregati può scaturire la musica più intensa.
Dall'inizio alla fine il disco è un trionfo del senso di mistero.
Quella di Newby è una musica centellinata, calibrata, calcolatissima, in
cui nulla va sprecato e nulla è casuale. Al tempo stesso è musica rallentata fino
all'evanescenza, come per fermare il tempo e dar tempo all'emozione di cristallizzarsi, lasciando aperte
cento interpretazioni dell'allegoria sonora.
Il progetto Trance Mission ebbe origine dalle session spontanee che i Lights In
A Fat City tenevano con musicisti del luogo. Una di questi era la
clarinettista Beth Custer, già stata attiva nella
Clubfoot Orchestra fin dalla
sua fondazione.
Un altro era il percussionista John Loose.
L'album di debutto, Trance Mission (City Of Tribes, 1993), e` un'opera
avveniristica in cui vengono fusi improvvisazione jazz,
elettronica atmosferica e ritmi tribali.
clarinetto, didjeridoo, campionamenti e percussioni etniche
Se Bo Didgeley riprende tempo e schema del boogie,
ma con un'orchestrazione che ricorda quelle di Zappa,
i riferimenti alle musiche etniche dilagano da Rig, con il suo andamento
orientale da nenia incantatrice, a Kif, con un ritmo incalzante
da scacciapensieri e un motivetto spensierato da fisarmonica. La fantasia
è spigliata al punto da proporre il tema jazz della Folk Song
per solo clarinetto con un finale da hare krishna. Tornano in mente gli ensemble
come One e Third Ear Band che tentavano di catturare l'essenza del
trascendentalismo orientale tramite una strumentazione esotica.
I Trance Mission non vogliono però rifare il verso a nessuno.
Il loro è di fatto un quartetto da camera, che esegue musiche
sperimentali con la disciplina dei Conservatori.
Gli undici minuti di
Tunnels sono pura trance pullulante di eventi sonori collaterali, a
metà strada fra new age e musica cosmica, e i nove di Icaro
scimmiottano un "om" tibetano.
Sembra un revival di spunti e atmosfere dei circoli hippie degli anni '60,
ma con il senno di poi dovuto a maggiore consapevolezza e tecnica.
Altrove (Vee Dee Vu) sembra di ascoltare una versione più
movimentata della world-music elettronica di Jon Hassell.
Newby ne approfitta per raffinare la sua abilità nel manipolare
elettronicamente sorgenti sonore, un campo in cui conia di fatto un proprio
linguaggio e stabilisce uno standard con cui si dovranno misurare le future
generazioni. Newby mette in luce anche un'acuta sensibilità per il
potere suggestionante dei suoni, che si riflette nella sua scelta di operare
all'interno di uno stile genericamente "ambientale".
Il sound e` piu` fitto ancora sul secondo album,
Meanwhile (City Of Tribes, 1995).
Una produzione piu` "commerciale" sposta il baricentro verso una world-music da
discoteca, e conferisce all'opera un feeling ancor più "indiano".
L'orgia
inarrestabile di Go Play Outside si basa su un ritmo di raga, sulle melodie incantatrici del
clarinetto, sui vagiti arabi di una cantante (Eda Maxym) e sulle risonanze ossessive del didjeridoo. Le
improvvisazioni del clarinetto conducono Bindi in un territorio più jazz, ma al tempo
stesso sullo sfondo di una maggior suggestione esotica, in quanto è assente il consueto mantello
elettronico ad avvolgere il pandemonio degli strumenti etnici. In questi brani la musica è
innanzitutto un ritmo febbricitante, un ritmo che culmina con la carica di percussioni e didjeridoo di
Chasing The Moon Rabbit.
All'altro capo (stilistico) del disco Every Stone's Dream punta tutto
sull'atmosfera visionaria e ancestrale, pur somministrando la stessa medicina del primo brano.
Zozobra ritrova le ombre psico-ambientali di Hassell in un intreccio sofisticato di melodie dei
fiati. Sunrise scatena i fantasmi interiori delle popolazioni primitive, trasportati da echi elettronici
e da una ripetitività ipnotica.
Ancor più addentro l'orizzonte sonoro si spinge No They There,
forse il brano più concettuale, imbevuto di jazz e dissonanze, nonché di dissolvenze
psichedeliche, eseguito nel formato austero della musica da camera. E il disco finisce (o forse comincia)
con la lunga trance collettiva di Surrender e i gorgheggi trascendenti di Maxym in primo piano.
A tratti sembra di ascoltare un incrocio fra la Third Ear Band, il be bop e
la techno.
Newby, forse distratto dai suoi progetti solisti, rimane un po' in disparte,
talvolta relegato a un secondo "set" di percussioni.
A dominare il progetto è ora Beth Custer.
Beasts Of Paradise e` il progetto avviato da Stephen Kent in compagnia di
Barbara Imhoff all'arpa, Geoffrey Gordon alle percussioni e Eda Maxym al canto,
Dopo l'EP Nobody Knew The Time (City Of Tribes, 1994),
per arpa, didgeridoo, piano giocattolo e percussioni esotiche
(soprattutto Nobody Knew The Time),
Gathered On The Edge (City Of Tribes, 1995) propone un'improbabile
fusione di musica da camera, musica ambientale e folk di strada
(soprattutto Flickering Blue).
Stephen Kent pubblica da solo Landing (City Of Tribes, 1995), destinato
a rimanere una delle pietre miliari del didjeridoo (e che e` a sua volta la
logica prosecuzione di un discorso iniziato nel 1988 con il brano
Veedeevu su Somewhere dei Lights In A Fat City).
Le percussioni (suonate da uno stuolo di ospiti d'onore) giocano questa volta
un ruolo fondamentale. Quasi sempre la vibrazione del didjeridoo e` sospinta
da un battito fitto e frenetico alle sue spalle, ed e` questa combinazione
di frequenze statiche e di pulsazioni dinamiche a creare la suggestione.
Il rituale inizia, come tradizione degli aborigeni, con un Energizer a ritmo
incalzante. Yekke prende l'abbrivo da quella rincorsa. Ma l'autentica
vocazione di Kent e` la meditazione solitaria nel deserto.
Hale (diciotto minuti) e ancor piu` Bopp (tredici minuti), con i suoi
droni lasciati oscillare in maniera solenne su frequenze stordenti,
costituiscono il suo testamento tanto spirituale quanto artistico.
Questo esercizio raffinato di trance post-ambientale parte dalla world-music
di Jon Hassell e arriva al tribalismo di Mickey Hart.
I Trance Mission sono eredi dell'avanguardia più atmosferica,
più new age, e sulle quelle fondamenta hanno edificato il codice di un
nuovo genere, il "techno-tribe".
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Beth Custer is the distinguished clarinetist who founded Trance Mission with
Stephen Kent and Kenneth Newby. She has been a member as well of the Club Foot
Orchestra since its inception. For her first solo recording,
The Shirt I Slept In (Custer, 1995), she is helped out by
a wealth of Bay Area celebrities, including members of the Club Foot Orchestra.
The album is jazzy and dissonant, so do not look for a continuation of the
drone-oriented Trance Mission project. As far as avantgarde jazz goes, Custer's
music is quite linear and enjoyable, often developed around a recognizable theme
and from time to time rooted in traditional music.
The weak point may be the occasional nature of the compilation. The album lacks
a unifying theme, a cohesive approach, a focus, an ultimate meaning. But then
the "fragment", rather than the magnum opus, has always been the
Club Foot Orchestra's preferred medium of expression, and Custer follows in
those footsteps.
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(Traduzione di Cinzia Russi)
Infine Beth Custer pubblica in privato
The Shirt I Slept In (Custer, 1995), album registrato con un nugolo di
amici, fra cui membri dei Club Foot Orchestra.
Beth Custer e’ l’eccezionale clarinettista che insieme a Stephen Kent e
Kenneth Newby ha fondato Trance Mission, ed e’ stata uno dei compponenti
della Club Foot Orchestra sin dal principio. Per la registrazione del suo
primo single, oltre che dei componenti della Club Foot Orchestra, Custer si
e’ valsa anche dell’aiuto di numerose celebrita’ della Bay Area. L’album e’
jazzy e dissonante, e rimane deluso che si aspetta una continuazione del
progetto drone-oriented dei Trance Mission. Per quelli che sono gli
standards del jazz d’avanguardia, la musica di Custer e’ abbastanza
piacevole e lineare, spesso si sviluppa attorno ad un tema facilmente
identificabile e di tanto in tanto affonda le radici nella musica
tradizionale. Un punto debole lo si puo’ trovare nella natura occasionale
della compilazione; l’album manca di un tema unificatore, di un approccio
coesivo, non ha un focus ne’ un significato ultimo. Ma in fondo il mezzo
espressivo preferito dalla Club Foot Orchestra e’ sempre stato il
‘frammento’ piuttosto che la opus magna, e in questo Custer segue
decisamente le orme del gruppo. Per immaginazione e temerarieta’ armonica,
questo brano batte qualsiasi altro dell’Orchestra che abbia mai
ascoltato.
Il disco soffre del carattere
"occasionale" delle composizioni, ma Custer ha modo di dar vita a un sound
brillante, jazzato e dissonante, ma strutturato attorno a temi accattivanti.
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I Trance Mission ritornano con Head Light (City Of Tribes, 1997)
un lavoro che
sembra parto nevrotico e impulsivo. La trance origina dalla
convulsione, ma una convulsione che conserva un'eleganza classica.
La cadenza di Monkfish e` quasi nevrotica, propulsa da un dialogo sincopato
e incalzante fra percussioni e didgeridoo, e ripetuta in maniera piu` ossessiva
che ostinata, quasi minimalista. Ad animare questo cupo paesaggio sono i
volteggi distratti di flauti e ocarine. A portare un tocco di umanita` e`
l'assolo romantico del clarinetto, sovrapposto ad altri clarinetti in sottofondo.
Piu` che un quadro impressionista o un inserto cinematografico,
il brano e` un'allegoria.
Lo schema si ripete a ogni pie` sospinto.
Il tribalismo e i rumori di Head Light creano un'atmosfera di suspense, al
tempo stesso cosmica e allucinogena, che ancora una volta funge da palcoscenico
per lo show del clarinetto incantatore (questa volta contrappuntato da
versi mostruosi di didgeridoo in un crescendo quasi persiano).
I limiti di questa maniera di contrappunto fra ritmica
e improvvisazione sono da un lato l'ode romantica di Worksong,
cantata da Eda Maxym in uno stile a meta` strada fra Dead Can Dance ed Enya
e innestata su un incastro ad orologeria di cadenze mediorientali,
e le metamorfosi etniche di In Frog Pyjamas, uno sketch quasi dadaista
il cui tribalismo africano sfuma in passi di dub, tip tap, charleston
e orchestrine swing.
Nel disco trovano comunque spazio anche momenti di raccoglimento come
Alpha Swim, un jazz sonnambulo da cocktail lounge galattico, e
The Sun Cries (in due parti), un raffinato gioco di luci e ombre, di timbri
e pause, soprattutto nel secondo movimento, modellato sull'adagio classico.
Culmine atmosferico e` anzi il sofferto poema delle
paludi preistoriche di Their Hands Are Blue, il brano che rimane piu`
fedele all'assunto ritualistico/ narrativo/ pittoriale di Jon Hassell.
Il sound e` sempre meno elettronico (forse per colpa del crescente
disinteresse di Kenneth Newby) e sempre piu` ancorato a tre dimensioni
complementari: il tribalismo di Loose, che di fatto costituisce l'impalcatura
armonica; i droni del didgeridoo di Kent, che colorano quell'impalcatura di
tinte umane e metafisiche; e le improvvisazioni liriche di Custer, sempre piu`
voce protagonista di questa complessa tragedia.
Gran parte del disco e` di fatto un omaggio a diverse maniere nobili di
appropriarsi del patrimonio delle musiche del terzo mondo, da quella di Enya
(Worksong) a quella di Jon Hassell (Their Hands Are Blue).
Piu` che amalgamare le quattro personalita` in uno stile unico e innovativo, il
disco diventa una raccolta di diverse personalita` e stili, che prevalgono
a vicenda gli uni sugli altri. Dal punto di vista della costruzione armonica
si tratta probabilmente del lavoro meglio riuscito del quartetto, ma questo
e` anche il suo limite: un'eccessiva attenzione al far musica, rispetto al
concepirla.
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Newby's album Sirens (City Of Tribes, 1997)
crystallized the Indonesian roots of
his music. Rhythm prevails over melody, and for a talented melodist that is
never an easy sacrifice. The electronic soundscape is just that: a background,
filling the voids, framing the rhythms, coloring the canvases; and for a
master electronic manipulator this must be an even bigger sacrifice.
On the other hand, flutes are thrown to the forefront, played in an exotic,
techno-primitive manner reminiscent of Jon Hassell, and their litanies highlight
his transcultural effort. That is not to say that Newby has forgotten his
genealogy: countless stylistic echoes (ranging from minimalism to new age,
from ambient to cosmic) surface from every turn of Sirens's music.
More humble than anything else he has done so far, this album may signal a
more lucid stage in his career, one in which rational taste will prevail over
unbridled inspiration.
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Kenneth Newby intanto pubblica Sirens (City Of Tribes, 1997), un'opera
che lo presenta in panni piu`
umili. Newby e` sempre stato influenzato dalla musica indonesiana e questo
disco e` una sorta di tributo personale alle orchestre gamelan. Si tratta
quindi di un lavoro piu` ritmico che melodico. L'elettronica
serve piu` che altro da riempitivo, da cornice, da scenografia. I protagonisti
sono semmai i flauti, manipolati furtivamente alla Jon Hassell per ottenere
il massimo di seduzione tecno-primitivista.
Saraswati nasce cosi` all'incrocio fra un afflato mistico e un tempo
lievemente jazzato.
Lo schema percussivo si presta per dotte disquisizioni come Sirens I, a meta`
strada fra il minimalismo alla In C di Terry Riley e l'imitazione new age
di melodie e timbriche mediorientali;
e ancor piu` mediorientale suona Eileithya, con il suo flusso ipnotico di
lunghi droni fatti oscillare freneticamente;
ma la vocazione di Newby non e` il saggio
scientifico, e` l'arte che si tocca con il cuore.
In Fathom il suono prende forma poco alla volta, alba e miraggio, finche' le
percussioni prendono a intonare il loro rullo cerimoniale negli evanescenti
paesaggi incantati dei flauti.
Newby rimane comunque saldamente nella corrente dei "corrieri cosmici" per quel
modo di andare alla deriva nel suo mondo di sogno. E le squisite tele
psico-impressioniste di Ecology Of Souls riaffiorano negli oscuri meandri
di Howe Sound, dentro una voragine di suoni elettronici in lento movimento.
Alla ricerca della musica transculturale del Duemila, Newby e` una delle
guide piu` sicure, la sua visione una delle piu` chiare e potenti.
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Kent's double-disc Family Tree (City Of Tribes, 1997)
represents the continuation of a previous album for
didjeridoo, Landing (City Of Tribes), which many consider a key recording
in the genre (and itself the next logical step in a progression begun in
1988 with the track Veedeevu on Lights In A Fat City's Somewhere).
Kent is a prolific artist, protagonist of bold musical excursions on a rather
broad front (Beasts Of Paradise, Trance Mission, Steve Roach). This time around,
percussions (courtesy of several friends) play a crucial role, in a manner
possibly reminiscent of indian improvisation. The listener can choose between
frantic rituals such as Energizer and Yekke or solitary meditations in
the desert (Kent's true calling) such as Hale (eighteen minutes) and
Bopp (thirteen minutes). The double CD also provides a compendium of sort
of his career, as included are tracks from the Trance Mission albums, plus
Veedeevu, plus one from the Beasts Of Paradise album and one from Landing.
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Anche Stephen Kent da` alle stampe un disco solista.
Family Tree (City Of Tribes, 1997) e` un (doppio) album per didjeridoo
che funge un po' da compendio della carriera di Kent, proponendo brani
dei Trance Mission (Head Light dall'album omonimo,
Zozobra da Meanwhile),
un brano dei Lights In A Fat City (Veedeevu da Somewhere), un
brano dei Beasts Of Paradise (Red Rock da Gathered On The Edge),
un brano da Landing (Jungnawangra) e un inedito del 1989
(Toots).
Il nuovo doppio CD di Kent rappresenta la continuazione di un album
precedente per didjeridoo, "Landing" (City of Tribes) da molti
ritenuto un’opera chiave nell’ambito di questo genere musicale (e anche il
passo successivo che ci si sarebbe aspetteti nella progression iniziata nel
1988 con "Veedeevu" da "Somewhere" dei Lights In A Fat
City. Kent e’ un artista prolifico, protagonista di audaci escursioni
musicali su un fronte alquanto vasto (Beasts Of Paradise, Trance Mission,
Steve Roach). Questa volta le percussioni (cortesia di diversi amici)
svolgono un ruolo cruciale e sembrano richiamare l’improvvisazione indiana.
Chi ascolta puo’ scegliere tra rituali frenetici come "Energizer"
e "Yekke" o solitarie meditazioni nel deserto (la vocazione piu’
autentica Kent) quali "Hale" (che dura ben 18 minuti) e
"Bopp" (tredici minuti). Questo doppio fornisce inoltre una sorta
di compendio della carriera di Kent in quanto include pezzi dagli album dei
Trance Mission, "Veedeevu", e ancora un brano dall’album Beasts Of
Paradise e uno da "Landing".
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Barbara Imhoff kept herself busy with all sorts of projects and collaborations:
Beasts Of Paradise with didjeridoo master Stepehn Kent et al., Ring with singer
Patti Clemens and Aether with Diana Trimble.
Aether's debut was The Smoke Of Vanished Kisses (City Of Tribes, 1996).
Imhoff and Trimble worked
together in theatre and film scores: that experience comes handy to paint their
little sketches with vivid, dynamic colors. No wonder, then, that compared with
other Imhoff's ventures, this album sounds much more mundane, without a doubt
the most song-oriented of her career.
The catchy Mr Magician could be Natalie Merchant's new hit.
The loud and frantic techno/worldbeat polirhythms of Lipstick Traces
and Give Away My Fear belong to a disco, not to a concert hall.
Dissonant, oft-kilter and eerie, Be crowns the duo's search for existential
atmospherics that can still be accessible to a broad audience.
The harp is somewhat forgotten in the uproar. This is Trimble's personal show.
As proven by the visceral agonizing of Half Light, she is some classy,
aggressive singer in the tradition of the great blues/jazz tigers.
Ring, the duo of singer Patti Clemens (also in the worldbeat combo D'Cuckoo)
and harpist Barbara Imhoff, is well represented on Soul To The Pleasure.
Enya-like vocalizing and graceful strumming push songs like Into The Blue
towards new age territory, while the jazzier scat and exotic steps of Closer
attain a lighter, warmer sound. The fusion of mantra-like radiance and pop
hooks culminates in the swinging minimalism of Soul To The Pleasure,
a composition that is steeped as much in folk music as in the avantgarde.
Rhythm appears in State Of Grace's stirring progression from religious chant
to gospel shout. The martial hymn of The Storm is all the opposite: the harp
barely tinkles as the crystalline lament reaches for the skies.
The album is adorned with three (mostly) instrumental interludes composed by
Kenneth Newby.
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Barbara Imhoff dal canto suo collabora anche ad altri progetti, in particolare
a Aether e Ring, dei quali sono rispettivamente
The Smoke Of Vanished Kisses (City Of Tribes, 1996) e
Soul To The Pleasure (City Of Tribes, 1996).
Aether debutta con The Smoke Of Vanished Kisses (City Of tribes,
1996). Imhoff e Trimble hanno lavorato insieme a colonne sonore di film e
teatro e un’esperienza del genere si rivela utile nel dipingere a colori
vividi e dinamici i loro piccoli abbozzi. Non meraviglia dunque il fatto
che, paragonato alle altre imprese di Imhoff, quest album suoni molto piu’
mondano, indubbiamente quello piu’ orientato alla canzone di tutta la sua
carriera. L’orcchiabile Mr Magician potrebbe ben essere il nuovo
successo di Natalie Merchant. I poliritmi tecno/worldbeat chiassosi e
convulsi di Lipstick Traces e Give Away My Fear si addicono ad
una discoteca non ad un auditorio. Dissonante, disordinato e lugubre,
Be incorona la ricerca del duo di atmospherics esistenziali che sono
comunque ancora accessibile ad un vasto pubblico. L’arpa e’ come dimenticata
nel gran fracasso. E’ senz’altro lo show personale di Trimble; come dimostra
l’agonia viscerale di Half Light, Trimble e’ senz’altro una cantante
aggressiva e di gran classe che non stona tra le grandi tigri della
tradizione blues/jazz.
Ring, il duo composto dalla cantante Patti Clemens (la stessa del worldbeat
combo D’Cukcoo) e dall’arpista Barbara Imhoff e’ rappresentato a meraviglia
da Soul to the Pleasure. La vocalizzazione alla Enya e lo
strimpellare aggrazziato spingono brani come Into the Blue verso il
territorio new age mentre lo scat piu’ jazz e i passi esotici di
Closer producono un suono piu’ caldo e leggero. La fusione di
mantra-like fulgore e uncini pop culmina nel minimalismo swing di Soul To
The Pleasure, un pezzo profondamente radicato tanto nella musica folk
quanto in quella d’avanguardia. Il ritmo fa la sua comparsa nella commovente
progressione dal canto religioso all’urlo gospel che caratterizza State
Of Grace. L’inno marziale di The Storm e’ tutto l’opposto: l’arpa
tintinna appena mentre il lameno cristallino si protende a raggiungere il
cielo. L’album e’ adornato da tre interludi quasi esclusivamente strumentali
composti da Kenneth Newby di Trance Mission.
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Trance Mission interrupted the numerous solo projects with a live album,
A Day Out Of Time (City Of Tribes, 1999), which reunited Stephen Kent,
Beth Custer (more and more seductive on trumpet and
clarinet), vocalist Eda Maxym and percussionist Peter Valsamis, but left
behind keyboard wizard Kenneth Newby.
The live setting brings to the foregroung the ludic element of dance that
has always been.
n general, the album is not so much an anthology of past work as a
document of the state of the art of this commune of musicians. For example,
it includes two versions of Head Light, which act like two different
remixes of the same song: the first one is in the vein of Jon Hassell's mellow
and cryptic fourth world music, the second one is all pounding tribal dance.
Working Wheel continues along these lines of exorcizing orgiastic
rhythms embellished with jazzy clarinet and african vocalizing.
Coherent with this program, the band returns to Chasing The Moon Rabbit,
a track originally featured on Meanwhile,
and to Monkfish, from Head Light,
two of their most savage tracks ever.
Go Play Outside, from Meanwhile, almost mutates into a techno
locomotive.
Three new tracks unveil a further evolution in the sound of the band, in
particular
Curious Wine is a song (truly a song), which leverages on the
melodic theme in the clarinet and is propelled by the ever incessant rhythm
of didjeridu and percussions; and Secret Void, a fairy tale told and
sung by Maxym in a vocal style that is remiscent of Meredith Monk.
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I Trance Mission tornano con A Day Out Of Time (City Of Tribes, 1999),
un album dal vivo sul quale prende il sopravvento l'istinto ludico del ballo,
un album dominato dai ritmi martellanti del didjeridu di Kent e nobilitato dagli
interventi sempre piu` squisiti (e jazzati) di Beth Custer al clarinetto e
alla tromba. Al trio si aggiungono la cantante Eda Maxym e il
percussionista Peter Valsamis. Manca invece Newby.
Il disco rappresenta lo stato dell'arte di questa comune, piu`
che un'antologia. Di Head Light vengono proposte due versioni, che
sembrano quasi due remix:
i fiati di Custer, i poliritmi di Valsamis e i rombi di Kent trasformano
la prima in un rituale del "quarto mondo" alla Jon Hassell; la percussivita`
molto piu` trascinante, le vibrazioni aggressive del didjeridu e i gorgheggi
della cantante trasformano la seconda in un'ebbra danza etnica.
Il clarinetto colora entrambe di suggestioni jazz.
Working Wheel continua in questo genere di ballo etnico scatenato,
spronato da vocalizzi africaneggianti e venato di solfeggi jazz.
Non meno trascinante e` l'assolo di didjeridu di Tjilpi II.
Non a caso vengono recuperati Chasing The Moon Rabbit, gia` su
Meanwhile, e Monkfish, da Head Light,
due dei loro brani piu` sfrenati.
Go Play Outside, da Meanwhile, si trasforma quasi in un treno
techno.
Tre gli inediti assoluti, fra cui Curious Wine, una canzone nel senso
tradizionale del termine che fa leva su uno splendido tema melodico del
clarinetto sulla propulsione sempre incessante di didjeridu e percussioni;
e Secret Void, una fiaba recitata e cantata da Maxym in uno stile
che ricorda quello di Meredith Monk.
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The next chapter of the saga was a new Lights In A Fat City album,
Memory Ground (City of Tribes, 1999), titled after a track of
Sound Column and containing an early 1990s live recording of the
trio Sayer, Newby & Kent,
Taksu, Aluna and Surya, besides the title-track, were
the highlights of Sound Column.
Seasonal Round (2005) was a collaboration between Ken Newby and poet Robert Anthony, combining spoken word, acoustic, and acousmatic sound.
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I Lights In A Fat City tornano intanto con Memory Ground (City of Tribes, 1999), che era il titolo di uno dei brani di Sound Column.
L'album contiene una registrazione dal vivo del trio di Sayer, Newby e Kent,
che risale ai primi anni '90.
Taksu, Aluna e Surya, oltre alla title-track, erano
i pezzi forti di Sound Column.
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In 1999 Beth Custer held in San Francisco the premiere of her
Vinculum Symphony. At the same time she released
The Broken Fields Where I Lie (BC, 1999), another austere compendium of
jazz improvisation and chamber music,
that was re-released as
Dona Luz 30 Besos (City Of Tribes, 2000).
The album is a tribute to the Afro-cuban
tradition in the manner of a personal revisitation of latin-jazz music.
Fronting a rocking quartet, Custer impersonates more the electic singer than the
avantgarde composer. Songs run the gamut from
cerebral progressive-rock (In The Broken Fields Where I Lie,
One Direction) to quasi-folk singalongs
(the anthemic march of O Fredonia could have been a staple of Joan Baez's
repertory forty years ago), from soul-jazz balladry
(Long Time Now recalls Traffic's sophisticated jams)
to sleepy blues/jazz
(Rich Blanket Of Love, that features her masterly clarinet playing
and Morricone-style vocalizing against romantic piano tinkling).
The whole album is a delight, but Custer's finest moment comes when
Brenda's Music Box borrows Robert Wyatt's techniques of abstract humming
and metaphysical suspension.
Custer is also active in the jazz duo Will Bernard/Beth Custer and in the
trip-hop combo Eighty Mile Beach.
Beth Custer's The Maverick Strain & Other Stories (Beth Custer, 2002)
collects dance pieces.
Respect As A Religion (Beth Custer, 2005) is one of her most eclectic
collections, and features Ralph Carney, Ben Goldberg, Graham Connah on keyboards, Charming Hostess' Marika Hughes on cello.
Clarinet Thing's
Agony Pipes And Misery Sticks (C+P BC, 2005)
is a collaboration with clarinetists Sheldon Brown, Ralph Carney, Ben Goldberg and Peter Josheff.
Custer's chamber composition Bernal Heights Suite (2006) was performed by
the Left Coast Chamber Ensemble.
Beth Custer's soundtrack My Grandmother premiered in 2012.
The three volumes of Kenneth Newby's Emergence Trilogy (2018), namely
Chambers, Elegeia, and Spectral (Golden) Lyric,
a continuous loop in which the last piece of the third part,
Toccata and Imbal, refers back to the first piece of the first part, Prelude - Invocation, were entirely
composed and performed on a computer and, in part, by the computer.
Chambers contains 23 pieces for string quartet or chamber ensemble.
It begins with ten "microludes" for string quartet:
Prelude - Invocation is a series of repetitive patterns that alternate between hysterical and sleepy;
I. Overture is one minute of syncopated hiccups and stammers;
IV. Window Advance I is even more discontinuous.
No matter how "spastic", the movements have a lightweight quality, especially
the two dances, VI. First Dance and X. Second Dance.
After the slippery cacophony of Procession I,
we enter the mysterious world of the three-movement
For Kathryn, another discrete, "algorithmic" piece of music, but more linear and almost melodic.
After another convulsed interlude, Procession II, we are faced with
the agonizing neurosis of Stealth for String Quartet in four movements.
These are all short movements.
The ten-minute suite For Mingus is the exception, a sort of deconstructed, Cubistic version of a jazz jam.
Procession III, another brief acrobatic dissonant piece, ends the program.
Elegeia opens with the dizzying, whirling Swarm, a looping technique later reprised in Swarm II.
The five-movement Snark is "friendlier" chamber music than the one on Chambers.
It includes two spiraling "burlesque" movements that sound like digital remixes of themes by Ravel or DeFalla, and the third movement,
Reflection, mocks jazz again, with horns and contrabass.
Khora in five movements, dedicated to Pauline Oliveros,
is a lyrical and dramatic piece that employs droning sounds in rapid movement.
The second movement, Elegeia, is particularly evocative.
However the five movements don't seem to be part of a coherent strategy.
For example, the fourth movement, Symmetries II for Semara Dana,
is simply a gamelan study.
Elegeia ends with
the seven-minute Crepuscule for Barbara, an abstract noir piece for an anemic gamelan ensemble.
Spectral (Golden) Lyric contains the
four-movement For Rosa,
the 12-minute Strange Attraction, an abstract piano piece with disorienting percussive sounds, the eight-movement Wisps, which is similar to the fragmented studies of Chamber,
and the six-minute Toccata and Imbal, that transitions from a jarring
percussive section to an aggressive pulsing dance.
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(Translation by/ Tradotto da xxx)
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