Trance Mission, Kenneth Newby, Beth Custer, etc


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Lights In A Fat City: Somewhere, 6.5/10
Lights In A Fat City: Sound Column, 7/10
Kenneth Newby: Ecology Of Souls , 8/10
Trance Mission, 8/10
Trance Mission: Meanwhile, 7/10
Beasts Of Paradise: Gathered On The Edge, 6.5/10
Stephen Kent: Landing, 6.5/10
Beth Custer: The Shirt I Slept In, 6/10
Kenneth Newby: Sirens, 6.5/10
Stephen Kent: Family Tree, 6/10
Barbara Imhoff
Barbara Imhoff: The Smoke Of Vanished Kisses, 5/10
Barbara Imhoff: Soul To The Pleasure, 6/10
Trance Mission: A Day Out Of Time, 6.5/10
Trance Mission: Head Light, 7/10
Lights In A Fat City: Memory Ground, 6/10
Beth Custer: The Broken Fields Where I Lie , 6/10
Beth Custer: Dona Luz 30 Besos, 6/10
Beth Custer: The Maverick Strain, 6/10
Beth Custer: Bernal Heights Suite (2006), 6.5/10
Kenneth Newby: Emergence Trilogy (2018), 6.5/10
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San Francisco's "modern primitivism" movement was best represented by a multi-national commune that emerged with the music of Lights In A Fat City (1), centered upon Canadian electronic composer Kenneth Newby, British-born didjeridoo player Stephen Kent and percussionist Eddy Sayer. Somewhere (1988) was possibly the first electronic album built around the sound of the didjeridoo, and juxtaposed hypnotic rhythms to a madly droning background. Sound Column (1993) was a more philosophical work, comprising four improvisations for didjeridoo and acoustic instruments recorded inside a huge pillar.

That project evolved into Trance Mission, formed by Newby and Kent with Club Foot Orchestra's clarinetist Beth Custer and percussionist John Loose. Trance Mission (1993), a dense maelstrom of jazz improvisation, transcendental exotica, atmospheric electronica and tribal rhythms, took a new route to Brian Eno's ambient trance and to Jon Hassell's fourth-world music. That wedding of futuristic and ancestral elements was abandoned on Meanwhile (1995), for a more facile dance-exotic fusion that evoked the vision of the Third Ear Band mixed by a techno producer; while later works such as Head Light (1997) veered towards an alien form of free-jazz.

Kent, harpist Barbara Imhoff, a percussionist and a vocalist explored a simpler kind of electronic folk music under the moniker Beasts Of Paradise.

Kenneth Newby, a member of the Trance Mission collective, crafted Ecology Of Souls (1993), perhaps the most accomplished fusion of electronic music and exotic instruments of the era. Four lengthy suites explored a magical, surreal, mythological landscape roamed by rhythmic patterns and primordial sounds, swept by intergalactic winds and tidal waves of cosmic radiations, while melodramatic and ethereal moments alternated at creating a metaphysical suspense.


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I Trance Mission sono maestri della trance ambientale e della musica del quarto mondo. Ma il gruppo e` soltanto la punta dell'iceberg di una comune molto piu` ampia, che comprende anche Lights In A Fat City e Beasts Of Paradise, e che fa capo al canadese Kenneth Newby e al britannico Stephen Kent (quest'ultimo trapiantato da tempo a San Francisco).

Stephen Kent, originario dell'Inghilterrra, gia` titolare dell'EP Furious Pig (Rough Trade, 1980) con una formazione di sole voci, imparo` a suonare il didjeridoo durante un soggiorno in Australia. Rientrato in patria, prese a suonarlo nelle piazze compagnia del percussionista Eddy Sayer. Nel 1991 si stabilì a San Francisco e prese a frequentare il movimento d'avanguardia denominato "primitivismo moderno". Kent sviluppo` una tecnica al didjeridoo che era profondamente occidentale (sostanzialmente, lo usava come un organo) e presto inizio` a suonarlo in altri musicisti in un ensemble d'avanguardia: i Lights In A Fat City.

Dello stesso ensemble era diventato membro anche il compositore e tastierista elettronico Kenneth Newby, cresciuto a Vancouver, educato alla musica classica, studente di filosofia, che aveva gia` scritto musiche per una compagnia di ballo. La sua missione musicale scaturi` dai suoi complessi interessi culturali: appassionato di free jazz e di rock psichedelico, giornalista per una rivista di cyberpunk, studioso di musica indonesiana. Come altri prima di lui nel mondo della musica elettronica, Newby si pose l'obiettivo di fondere composizione occidentale e improvvisazione orientale.

Lights In A Fat City faceva perno su Kent, Newby e Sayer. I lavori sperimentali di questo ensemble cercavano un punto d'incontro fra tre stili sviluppatisi in maniera indipendente. Somewhere (These Records, 1988) fu forse il primo album in Occidente ad essere costruito attorno al suono del didjeridoo. I brani sono per lo piu` lunghe session di tribalismo ipnotico (Thunder e Valley Of The Winds), ma When I Go Up prova un singolare gospel per didjeridoo, sonagli e percussioni africane e Guboo e` praticamente un assolo di dijeridoo immerso in un tripudio di percussioni metalliche.

Sound Column (Extreme, 1993) venne registrato nell'estate del 1991 dentro il pilastro di un monumento di San Francisco e consta di quattro improvvisazioni per didjeridoo, campionamenti e strumenti acustici. Il lavoro passa dalla stasi austera di Taksu alla dinamica vivace di Aluna, dalla profondità metafisica del duetto fra didjeridoo e arpa giapponese di Memory Ground allo sterminato caleidoscopio di suoni e rumori di Surya.

Al ritorno da una permanenza a Java, Newby registro` l'album solista Ecology Of Souls (Songlines, 1993 - Hearts Of Space, 1994), originariamente concepito come un'opera multimediale.
Consciamente o meno, Newby si riallacciava alla world-music elettronica di Jon Hassell (interpretare le musiche del terzo mondo alla luce della tecnologia del primo), ma Newby si affida unicamente agli strumenti esotici. Gli effetti più eterei sono ottenuti tramite il campionamento e l'esagerazione delle timbriche.
Quattro lunghe suite si spartiscono l'opera. Equinox inizia in sordina, con un lieve tribalismo in lontananza e un lamento che assomiglia alla tromba di argilla di Hassell, e piano piano cresce in una intricata polifonia. I cicli percussivi conferiscono al brano una qualità ipnotica, mentre le dissonanze di alcuni strumenti gli conferiscono una qualità onirica. Questo è però un minimalismo che procura più ebbrezza che estasi. Nelle mani di Newby diventa uno strumento chirurgico per sondare profondità abissali delle culture aborigene, delle radici dell'umanità, per recuperare una traccia dei nostri istinti perduti.
La monumentale Persephone usa un tappeto di suoni statici protesi nel nulla per creare l'atmosfera di suspense su cui si distende il canto solenne del flauto, carico di una tragicità greca. L'improvvisazione di Newby allo strumento è fra le più intense e drammatiche della storia della musica, e va a spegnersi in "droni" intergalattici e onde d'oceano e solfeggi extraterrestri e vortici di vento, come se la cinepresa si allontanasse dal pianeta e riprendesse la scena da una distanza sempre più enorme.
Ephemera è la colonna sonora ideale per un'immersione in un atlante astronomico: una nebulosa di sibili e di clangori attutiti fino a perdere ogni identità, mescolati a un bisbiglio esoterico. Il brano ha pochi rivali nel campo della musica subliminale. Odalan dimostra come il caso sia la materia prima su cui agisce il compositore. Proprio dalla mancanza di uno schema melodico, ritmico e armonico, proprio dalla semplice esistenza di suoni disgregati può scaturire la musica più intensa.
Dall'inizio alla fine il disco è un trionfo del senso di mistero.
Quella di Newby è una musica centellinata, calibrata, calcolatissima, in cui nulla va sprecato e nulla è casuale. Al tempo stesso è musica rallentata fino all'evanescenza, come per fermare il tempo e dar tempo all'emozione di cristallizzarsi, lasciando aperte cento interpretazioni dell'allegoria sonora.

Il progetto Trance Mission ebbe origine dalle session spontanee che i Lights In A Fat City tenevano con musicisti del luogo. Una di questi era la clarinettista Beth Custer, già stata attiva nella Clubfoot Orchestra fin dalla sua fondazione. Un altro era il percussionista John Loose.
L'album di debutto, Trance Mission (City Of Tribes, 1993), e` un'opera avveniristica in cui vengono fusi improvvisazione jazz, elettronica atmosferica e ritmi tribali. clarinetto, didjeridoo, campionamenti e percussioni etniche Se Bo Didgeley riprende tempo e schema del boogie, ma con un'orchestrazione che ricorda quelle di Zappa, i riferimenti alle musiche etniche dilagano da Rig, con il suo andamento orientale da nenia incantatrice, a Kif, con un ritmo incalzante da scacciapensieri e un motivetto spensierato da fisarmonica. La fantasia è spigliata al punto da proporre il tema jazz della Folk Song per solo clarinetto con un finale da hare krishna. Tornano in mente gli ensemble come One e Third Ear Band che tentavano di catturare l'essenza del trascendentalismo orientale tramite una strumentazione esotica. I Trance Mission non vogliono però rifare il verso a nessuno. Il loro è di fatto un quartetto da camera, che esegue musiche sperimentali con la disciplina dei Conservatori.
Gli undici minuti di Tunnels sono pura trance pullulante di eventi sonori collaterali, a metà strada fra new age e musica cosmica, e i nove di Icaro scimmiottano un "om" tibetano. Sembra un revival di spunti e atmosfere dei circoli hippie degli anni '60, ma con il senno di poi dovuto a maggiore consapevolezza e tecnica.
Altrove (Vee Dee Vu) sembra di ascoltare una versione più movimentata della world-music elettronica di Jon Hassell.
Newby ne approfitta per raffinare la sua abilità nel manipolare elettronicamente sorgenti sonore, un campo in cui conia di fatto un proprio linguaggio e stabilisce uno standard con cui si dovranno misurare le future generazioni. Newby mette in luce anche un'acuta sensibilità per il potere suggestionante dei suoni, che si riflette nella sua scelta di operare all'interno di uno stile genericamente "ambientale".

Il sound e` piu` fitto ancora sul secondo album, Meanwhile (City Of Tribes, 1995). Una produzione piu` "commerciale" sposta il baricentro verso una world-music da discoteca, e conferisce all'opera un feeling ancor più "indiano". L'orgia inarrestabile di Go Play Outside si basa su un ritmo di raga, sulle melodie incantatrici del clarinetto, sui vagiti arabi di una cantante (Eda Maxym) e sulle risonanze ossessive del didjeridoo. Le improvvisazioni del clarinetto conducono Bindi in un territorio più jazz, ma al tempo stesso sullo sfondo di una maggior suggestione esotica, in quanto è assente il consueto mantello elettronico ad avvolgere il pandemonio degli strumenti etnici. In questi brani la musica è innanzitutto un ritmo febbricitante, un ritmo che culmina con la carica di percussioni e didjeridoo di Chasing The Moon Rabbit.
All'altro capo (stilistico) del disco Every Stone's Dream punta tutto sull'atmosfera visionaria e ancestrale, pur somministrando la stessa medicina del primo brano. Zozobra ritrova le ombre psico-ambientali di Hassell in un intreccio sofisticato di melodie dei fiati. Sunrise scatena i fantasmi interiori delle popolazioni primitive, trasportati da echi elettronici e da una ripetitività ipnotica.
Ancor più addentro l'orizzonte sonoro si spinge No They There, forse il brano più concettuale, imbevuto di jazz e dissonanze, nonché di dissolvenze psichedeliche, eseguito nel formato austero della musica da camera. E il disco finisce (o forse comincia) con la lunga trance collettiva di Surrender e i gorgheggi trascendenti di Maxym in primo piano. A tratti sembra di ascoltare un incrocio fra la Third Ear Band, il be bop e la techno.

Newby, forse distratto dai suoi progetti solisti, rimane un po' in disparte, talvolta relegato a un secondo "set" di percussioni. A dominare il progetto è ora Beth Custer.

Beasts Of Paradise e` il progetto avviato da Stephen Kent in compagnia di Barbara Imhoff all'arpa, Geoffrey Gordon alle percussioni e Eda Maxym al canto, Dopo l'EP Nobody Knew The Time (City Of Tribes, 1994), per arpa, didgeridoo, piano giocattolo e percussioni esotiche (soprattutto Nobody Knew The Time), Gathered On The Edge (City Of Tribes, 1995) propone un'improbabile fusione di musica da camera, musica ambientale e folk di strada (soprattutto Flickering Blue).

Stephen Kent pubblica da solo Landing (City Of Tribes, 1995), destinato a rimanere una delle pietre miliari del didjeridoo (e che e` a sua volta la logica prosecuzione di un discorso iniziato nel 1988 con il brano Veedeevu su Somewhere dei Lights In A Fat City). Le percussioni (suonate da uno stuolo di ospiti d'onore) giocano questa volta un ruolo fondamentale. Quasi sempre la vibrazione del didjeridoo e` sospinta da un battito fitto e frenetico alle sue spalle, ed e` questa combinazione di frequenze statiche e di pulsazioni dinamiche a creare la suggestione.
Il rituale inizia, come tradizione degli aborigeni, con un Energizer a ritmo incalzante. Yekke prende l'abbrivo da quella rincorsa. Ma l'autentica vocazione di Kent e` la meditazione solitaria nel deserto. Hale (diciotto minuti) e ancor piu` Bopp (tredici minuti), con i suoi droni lasciati oscillare in maniera solenne su frequenze stordenti, costituiscono il suo testamento tanto spirituale quanto artistico.
Questo esercizio raffinato di trance post-ambientale parte dalla world-music di Jon Hassell e arriva al tribalismo di Mickey Hart.

I Trance Mission sono eredi dell'avanguardia più atmosferica, più new age, e sulle quelle fondamenta hanno edificato il codice di un nuovo genere, il "techno-tribe".

Beth Custer is the distinguished clarinetist who founded Trance Mission with Stephen Kent and Kenneth Newby. She has been a member as well of the Club Foot Orchestra since its inception. For her first solo recording, The Shirt I Slept In (Custer, 1995), she is helped out by a wealth of Bay Area celebrities, including members of the Club Foot Orchestra. The album is jazzy and dissonant, so do not look for a continuation of the drone-oriented Trance Mission project. As far as avantgarde jazz goes, Custer's music is quite linear and enjoyable, often developed around a recognizable theme and from time to time rooted in traditional music. The weak point may be the occasional nature of the compilation. The album lacks a unifying theme, a cohesive approach, a focus, an ultimate meaning. But then the "fragment", rather than the magnum opus, has always been the Club Foot Orchestra's preferred medium of expression, and Custer follows in those footsteps.

(Traduzione di Cinzia Russi)

Infine Beth Custer pubblica in privato The Shirt I Slept In (Custer, 1995), album registrato con un nugolo di amici, fra cui membri dei Club Foot Orchestra.
Beth Custer e’ l’eccezionale clarinettista che insieme a Stephen Kent e Kenneth Newby ha fondato Trance Mission, ed e’ stata uno dei compponenti della Club Foot Orchestra sin dal principio. Per la registrazione del suo primo single, oltre che dei componenti della Club Foot Orchestra, Custer si e’ valsa anche dell’aiuto di numerose celebrita’ della Bay Area. L’album e’ jazzy e dissonante, e rimane deluso che si aspetta una continuazione del progetto drone-oriented dei Trance Mission. Per quelli che sono gli standards del jazz d’avanguardia, la musica di Custer e’ abbastanza piacevole e lineare, spesso si sviluppa attorno ad un tema facilmente identificabile e di tanto in tanto affonda le radici nella musica tradizionale. Un punto debole lo si puo’ trovare nella natura occasionale della compilazione; l’album manca di un tema unificatore, di un approccio coesivo, non ha un focus ne’ un significato ultimo. Ma in fondo il mezzo espressivo preferito dalla Club Foot Orchestra e’ sempre stato il ‘frammento’ piuttosto che la opus magna, e in questo Custer segue decisamente le orme del gruppo. Per immaginazione e temerarieta’ armonica, questo brano batte qualsiasi altro dell’Orchestra che abbia mai ascoltato.
Il disco soffre del carattere "occasionale" delle composizioni, ma Custer ha modo di dar vita a un sound brillante, jazzato e dissonante, ma strutturato attorno a temi accattivanti.

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I Trance Mission ritornano con Head Light (City Of Tribes, 1997) un lavoro che sembra parto nevrotico e impulsivo. La trance origina dalla convulsione, ma una convulsione che conserva un'eleganza classica.
La cadenza di Monkfish e` quasi nevrotica, propulsa da un dialogo sincopato e incalzante fra percussioni e didgeridoo, e ripetuta in maniera piu` ossessiva che ostinata, quasi minimalista. Ad animare questo cupo paesaggio sono i volteggi distratti di flauti e ocarine. A portare un tocco di umanita` e` l'assolo romantico del clarinetto, sovrapposto ad altri clarinetti in sottofondo. Piu` che un quadro impressionista o un inserto cinematografico, il brano e` un'allegoria. Lo schema si ripete a ogni pie` sospinto. Il tribalismo e i rumori di Head Light creano un'atmosfera di suspense, al tempo stesso cosmica e allucinogena, che ancora una volta funge da palcoscenico per lo show del clarinetto incantatore (questa volta contrappuntato da versi mostruosi di didgeridoo in un crescendo quasi persiano).
I limiti di questa maniera di contrappunto fra ritmica e improvvisazione sono da un lato l'ode romantica di Worksong, cantata da Eda Maxym in uno stile a meta` strada fra Dead Can Dance ed Enya e innestata su un incastro ad orologeria di cadenze mediorientali, e le metamorfosi etniche di In Frog Pyjamas, uno sketch quasi dadaista il cui tribalismo africano sfuma in passi di dub, tip tap, charleston e orchestrine swing. Nel disco trovano comunque spazio anche momenti di raccoglimento come Alpha Swim, un jazz sonnambulo da cocktail lounge galattico, e The Sun Cries (in due parti), un raffinato gioco di luci e ombre, di timbri e pause, soprattutto nel secondo movimento, modellato sull'adagio classico.
Culmine atmosferico e` anzi il sofferto poema delle paludi preistoriche di Their Hands Are Blue, il brano che rimane piu` fedele all'assunto ritualistico/ narrativo/ pittoriale di Jon Hassell. Il sound e` sempre meno elettronico (forse per colpa del crescente disinteresse di Kenneth Newby) e sempre piu` ancorato a tre dimensioni complementari: il tribalismo di Loose, che di fatto costituisce l'impalcatura armonica; i droni del didgeridoo di Kent, che colorano quell'impalcatura di tinte umane e metafisiche; e le improvvisazioni liriche di Custer, sempre piu` voce protagonista di questa complessa tragedia.
Gran parte del disco e` di fatto un omaggio a diverse maniere nobili di appropriarsi del patrimonio delle musiche del terzo mondo, da quella di Enya (Worksong) a quella di Jon Hassell (Their Hands Are Blue).
Piu` che amalgamare le quattro personalita` in uno stile unico e innovativo, il disco diventa una raccolta di diverse personalita` e stili, che prevalgono a vicenda gli uni sugli altri. Dal punto di vista della costruzione armonica si tratta probabilmente del lavoro meglio riuscito del quartetto, ma questo e` anche il suo limite: un'eccessiva attenzione al far musica, rispetto al concepirla.
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Newby's album Sirens (City Of Tribes, 1997) crystallized the Indonesian roots of his music. Rhythm prevails over melody, and for a talented melodist that is never an easy sacrifice. The electronic soundscape is just that: a background, filling the voids, framing the rhythms, coloring the canvases; and for a master electronic manipulator this must be an even bigger sacrifice. On the other hand, flutes are thrown to the forefront, played in an exotic, techno-primitive manner reminiscent of Jon Hassell, and their litanies highlight his transcultural effort. That is not to say that Newby has forgotten his genealogy: countless stylistic echoes (ranging from minimalism to new age, from ambient to cosmic) surface from every turn of Sirens's music. More humble than anything else he has done so far, this album may signal a more lucid stage in his career, one in which rational taste will prevail over unbridled inspiration.

Kenneth Newby intanto pubblica Sirens (City Of Tribes, 1997), un'opera che lo presenta in panni piu` umili. Newby e` sempre stato influenzato dalla musica indonesiana e questo disco e` una sorta di tributo personale alle orchestre gamelan. Si tratta quindi di un lavoro piu` ritmico che melodico. L'elettronica serve piu` che altro da riempitivo, da cornice, da scenografia. I protagonisti sono semmai i flauti, manipolati furtivamente alla Jon Hassell per ottenere il massimo di seduzione tecno-primitivista.
Saraswati nasce cosi` all'incrocio fra un afflato mistico e un tempo lievemente jazzato. Lo schema percussivo si presta per dotte disquisizioni come Sirens I, a meta` strada fra il minimalismo alla In C di Terry Riley e l'imitazione new age di melodie e timbriche mediorientali; e ancor piu` mediorientale suona Eileithya, con il suo flusso ipnotico di lunghi droni fatti oscillare freneticamente; ma la vocazione di Newby non e` il saggio scientifico, e` l'arte che si tocca con il cuore. In Fathom il suono prende forma poco alla volta, alba e miraggio, finche' le percussioni prendono a intonare il loro rullo cerimoniale negli evanescenti paesaggi incantati dei flauti.
Newby rimane comunque saldamente nella corrente dei "corrieri cosmici" per quel modo di andare alla deriva nel suo mondo di sogno. E le squisite tele psico-impressioniste di Ecology Of Souls riaffiorano negli oscuri meandri di Howe Sound, dentro una voragine di suoni elettronici in lento movimento.
Alla ricerca della musica transculturale del Duemila, Newby e` una delle guide piu` sicure, la sua visione una delle piu` chiare e potenti.
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Kent's double-disc Family Tree (City Of Tribes, 1997) represents the continuation of a previous album for didjeridoo, Landing (City Of Tribes), which many consider a key recording in the genre (and itself the next logical step in a progression begun in 1988 with the track Veedeevu on Lights In A Fat City's Somewhere). Kent is a prolific artist, protagonist of bold musical excursions on a rather broad front (Beasts Of Paradise, Trance Mission, Steve Roach). This time around, percussions (courtesy of several friends) play a crucial role, in a manner possibly reminiscent of indian improvisation. The listener can choose between frantic rituals such as Energizer and Yekke or solitary meditations in the desert (Kent's true calling) such as Hale (eighteen minutes) and Bopp (thirteen minutes). The double CD also provides a compendium of sort of his career, as included are tracks from the Trance Mission albums, plus Veedeevu, plus one from the Beasts Of Paradise album and one from Landing.

Anche Stephen Kent da` alle stampe un disco solista. Family Tree (City Of Tribes, 1997) e` un (doppio) album per didjeridoo che funge un po' da compendio della carriera di Kent, proponendo brani dei Trance Mission (Head Light dall'album omonimo, Zozobra da Meanwhile), un brano dei Lights In A Fat City (Veedeevu da Somewhere), un brano dei Beasts Of Paradise (Red Rock da Gathered On The Edge), un brano da Landing (Jungnawangra) e un inedito del 1989 (Toots).

Il nuovo doppio CD di Kent rappresenta la continuazione di un album precedente per didjeridoo, "Landing" (City of Tribes) da molti ritenuto un’opera chiave nell’ambito di questo genere musicale (e anche il passo successivo che ci si sarebbe aspetteti nella progression iniziata nel 1988 con "Veedeevu" da "Somewhere" dei Lights In A Fat City. Kent e’ un artista prolifico, protagonista di audaci escursioni musicali su un fronte alquanto vasto (Beasts Of Paradise, Trance Mission, Steve Roach). Questa volta le percussioni (cortesia di diversi amici) svolgono un ruolo cruciale e sembrano richiamare l’improvvisazione indiana. Chi ascolta puo’ scegliere tra rituali frenetici come "Energizer" e "Yekke" o solitarie meditazioni nel deserto (la vocazione piu’ autentica Kent) quali "Hale" (che dura ben 18 minuti) e "Bopp" (tredici minuti). Questo doppio fornisce inoltre una sorta di compendio della carriera di Kent in quanto include pezzi dagli album dei Trance Mission, "Veedeevu", e ancora un brano dall’album Beasts Of Paradise e uno da "Landing".

Barbara Imhoff kept herself busy with all sorts of projects and collaborations: Beasts Of Paradise with didjeridoo master Stepehn Kent et al., Ring with singer Patti Clemens and Aether with Diana Trimble.

Aether's debut was The Smoke Of Vanished Kisses (City Of Tribes, 1996). Imhoff and Trimble worked together in theatre and film scores: that experience comes handy to paint their little sketches with vivid, dynamic colors. No wonder, then, that compared with other Imhoff's ventures, this album sounds much more mundane, without a doubt the most song-oriented of her career.
The catchy Mr Magician could be Natalie Merchant's new hit. The loud and frantic techno/worldbeat polirhythms of Lipstick Traces and Give Away My Fear belong to a disco, not to a concert hall. Dissonant, oft-kilter and eerie, Be crowns the duo's search for existential atmospherics that can still be accessible to a broad audience. The harp is somewhat forgotten in the uproar. This is Trimble's personal show. As proven by the visceral agonizing of Half Light, she is some classy, aggressive singer in the tradition of the great blues/jazz tigers.

Ring, the duo of singer Patti Clemens (also in the worldbeat combo D'Cuckoo) and harpist Barbara Imhoff, is well represented on Soul To The Pleasure. Enya-like vocalizing and graceful strumming push songs like Into The Blue towards new age territory, while the jazzier scat and exotic steps of Closer attain a lighter, warmer sound. The fusion of mantra-like radiance and pop hooks culminates in the swinging minimalism of Soul To The Pleasure, a composition that is steeped as much in folk music as in the avantgarde. Rhythm appears in State Of Grace's stirring progression from religious chant to gospel shout. The martial hymn of The Storm is all the opposite: the harp barely tinkles as the crystalline lament reaches for the skies. The album is adorned with three (mostly) instrumental interludes composed by Kenneth Newby.

Barbara Imhoff dal canto suo collabora anche ad altri progetti, in particolare a Aether e Ring, dei quali sono rispettivamente The Smoke Of Vanished Kisses (City Of Tribes, 1996) e Soul To The Pleasure (City Of Tribes, 1996).

Aether debutta con The Smoke Of Vanished Kisses (City Of tribes, 1996). Imhoff e Trimble hanno lavorato insieme a colonne sonore di film e teatro e un’esperienza del genere si rivela utile nel dipingere a colori vividi e dinamici i loro piccoli abbozzi. Non meraviglia dunque il fatto che, paragonato alle altre imprese di Imhoff, quest album suoni molto piu’ mondano, indubbiamente quello piu’ orientato alla canzone di tutta la sua carriera. L’orcchiabile Mr Magician potrebbe ben essere il nuovo successo di Natalie Merchant. I poliritmi tecno/worldbeat chiassosi e convulsi di Lipstick Traces e Give Away My Fear si addicono ad una discoteca non ad un auditorio. Dissonante, disordinato e lugubre, Be incorona la ricerca del duo di atmospherics esistenziali che sono comunque ancora accessibile ad un vasto pubblico. L’arpa e’ come dimenticata nel gran fracasso. E’ senz’altro lo show personale di Trimble; come dimostra l’agonia viscerale di Half Light, Trimble e’ senz’altro una cantante aggressiva e di gran classe che non stona tra le grandi tigri della tradizione blues/jazz.

Ring, il duo composto dalla cantante Patti Clemens (la stessa del worldbeat combo D’Cukcoo) e dall’arpista Barbara Imhoff e’ rappresentato a meraviglia da Soul to the Pleasure. La vocalizzazione alla Enya e lo strimpellare aggrazziato spingono brani come Into the Blue verso il territorio new age mentre lo scat piu’ jazz e i passi esotici di Closer producono un suono piu’ caldo e leggero. La fusione di mantra-like fulgore e uncini pop culmina nel minimalismo swing di Soul To The Pleasure, un pezzo profondamente radicato tanto nella musica folk quanto in quella d’avanguardia. Il ritmo fa la sua comparsa nella commovente progressione dal canto religioso all’urlo gospel che caratterizza State Of Grace. L’inno marziale di The Storm e’ tutto l’opposto: l’arpa tintinna appena mentre il lameno cristallino si protende a raggiungere il cielo. L’album e’ adornato da tre interludi quasi esclusivamente strumentali composti da Kenneth Newby di Trance Mission.

Trance Mission interrupted the numerous solo projects with a live album, A Day Out Of Time (City Of Tribes, 1999), which reunited Stephen Kent, Beth Custer (more and more seductive on trumpet and clarinet), vocalist Eda Maxym and percussionist Peter Valsamis, but left behind keyboard wizard Kenneth Newby.
The live setting brings to the foregroung the ludic element of dance that has always been. n general, the album is not so much an anthology of past work as a document of the state of the art of this commune of musicians. For example, it includes two versions of Head Light, which act like two different remixes of the same song: the first one is in the vein of Jon Hassell's mellow and cryptic fourth world music, the second one is all pounding tribal dance. Working Wheel continues along these lines of exorcizing orgiastic rhythms embellished with jazzy clarinet and african vocalizing. Coherent with this program, the band returns to Chasing The Moon Rabbit, a track originally featured on Meanwhile, and to Monkfish, from Head Light, two of their most savage tracks ever. Go Play Outside, from Meanwhile, almost mutates into a techno locomotive.
Three new tracks unveil a further evolution in the sound of the band, in particular Curious Wine is a song (truly a song), which leverages on the melodic theme in the clarinet and is propelled by the ever incessant rhythm of didjeridu and percussions; and Secret Void, a fairy tale told and sung by Maxym in a vocal style that is remiscent of Meredith Monk.
I Trance Mission tornano con A Day Out Of Time (City Of Tribes, 1999), un album dal vivo sul quale prende il sopravvento l'istinto ludico del ballo, un album dominato dai ritmi martellanti del didjeridu di Kent e nobilitato dagli interventi sempre piu` squisiti (e jazzati) di Beth Custer al clarinetto e alla tromba. Al trio si aggiungono la cantante Eda Maxym e il percussionista Peter Valsamis. Manca invece Newby.
Il disco rappresenta lo stato dell'arte di questa comune, piu` che un'antologia. Di Head Light vengono proposte due versioni, che sembrano quasi due remix: i fiati di Custer, i poliritmi di Valsamis e i rombi di Kent trasformano la prima in un rituale del "quarto mondo" alla Jon Hassell; la percussivita` molto piu` trascinante, le vibrazioni aggressive del didjeridu e i gorgheggi della cantante trasformano la seconda in un'ebbra danza etnica. Il clarinetto colora entrambe di suggestioni jazz. Working Wheel continua in questo genere di ballo etnico scatenato, spronato da vocalizzi africaneggianti e venato di solfeggi jazz. Non meno trascinante e` l'assolo di didjeridu di Tjilpi II. Non a caso vengono recuperati Chasing The Moon Rabbit, gia` su Meanwhile, e Monkfish, da Head Light, due dei loro brani piu` sfrenati. Go Play Outside, da Meanwhile, si trasforma quasi in un treno techno.
Tre gli inediti assoluti, fra cui Curious Wine, una canzone nel senso tradizionale del termine che fa leva su uno splendido tema melodico del clarinetto sulla propulsione sempre incessante di didjeridu e percussioni; e Secret Void, una fiaba recitata e cantata da Maxym in uno stile che ricorda quello di Meredith Monk.

The next chapter of the saga was a new Lights In A Fat City album, Memory Ground (City of Tribes, 1999), titled after a track of Sound Column and containing an early 1990s live recording of the trio Sayer, Newby & Kent, Taksu, Aluna and Surya, besides the title-track, were the highlights of Sound Column.

Seasonal Round (2005) was a collaboration between Ken Newby and poet Robert Anthony, combining spoken word, acoustic, and acousmatic sound.

I Lights In A Fat City tornano intanto con Memory Ground (City of Tribes, 1999), che era il titolo di uno dei brani di Sound Column. L'album contiene una registrazione dal vivo del trio di Sayer, Newby e Kent, che risale ai primi anni '90. Taksu, Aluna e Surya, oltre alla title-track, erano i pezzi forti di Sound Column.
In 1999 Beth Custer held in San Francisco the premiere of her Vinculum Symphony. At the same time she released The Broken Fields Where I Lie (BC, 1999), another austere compendium of jazz improvisation and chamber music, that was re-released as Dona Luz 30 Besos (City Of Tribes, 2000). The album is a tribute to the Afro-cuban tradition in the manner of a personal revisitation of latin-jazz music. Fronting a rocking quartet, Custer impersonates more the electic singer than the avantgarde composer. Songs run the gamut from cerebral progressive-rock (In The Broken Fields Where I Lie, One Direction) to quasi-folk singalongs (the anthemic march of O Fredonia could have been a staple of Joan Baez's repertory forty years ago), from soul-jazz balladry (Long Time Now recalls Traffic's sophisticated jams) to sleepy blues/jazz (Rich Blanket Of Love, that features her masterly clarinet playing and Morricone-style vocalizing against romantic piano tinkling). The whole album is a delight, but Custer's finest moment comes when Brenda's Music Box borrows Robert Wyatt's techniques of abstract humming and metaphysical suspension.

Custer is also active in the jazz duo Will Bernard/Beth Custer and in the trip-hop combo Eighty Mile Beach.

Beth Custer's The Maverick Strain & Other Stories (Beth Custer, 2002) collects dance pieces. Respect As A Religion (Beth Custer, 2005) is one of her most eclectic collections, and features Ralph Carney, Ben Goldberg, Graham Connah on keyboards, Charming Hostess' Marika Hughes on cello. Clarinet Thing's Agony Pipes And Misery Sticks (C+P BC, 2005) is a collaboration with clarinetists Sheldon Brown, Ralph Carney, Ben Goldberg and Peter Josheff. Custer's chamber composition Bernal Heights Suite (2006) was performed by the Left Coast Chamber Ensemble. Beth Custer's soundtrack My Grandmother premiered in 2012.

The three volumes of Kenneth Newby's Emergence Trilogy (2018), namely Chambers, Elegeia, and Spectral (Golden) Lyric, a continuous loop in which the last piece of the third part, Toccata and Imbal, refers back to the first piece of the first part, Prelude - Invocation, were entirely composed and performed on a computer and, in part, by the computer. Chambers contains 23 pieces for string quartet or chamber ensemble. It begins with ten "microludes" for string quartet: Prelude - Invocation is a series of repetitive patterns that alternate between hysterical and sleepy; I. Overture is one minute of syncopated hiccups and stammers; IV. Window Advance I is even more discontinuous. No matter how "spastic", the movements have a lightweight quality, especially the two dances, VI. First Dance and X. Second Dance. After the slippery cacophony of Procession I, we enter the mysterious world of the three-movement For Kathryn, another discrete, "algorithmic" piece of music, but more linear and almost melodic. After another convulsed interlude, Procession II, we are faced with the agonizing neurosis of Stealth for String Quartet in four movements. These are all short movements. The ten-minute suite For Mingus is the exception, a sort of deconstructed, Cubistic version of a jazz jam. Procession III, another brief acrobatic dissonant piece, ends the program.

Elegeia opens with the dizzying, whirling Swarm, a looping technique later reprised in Swarm II. The five-movement Snark is "friendlier" chamber music than the one on Chambers. It includes two spiraling "burlesque" movements that sound like digital remixes of themes by Ravel or DeFalla, and the third movement, Reflection, mocks jazz again, with horns and contrabass. Khora in five movements, dedicated to Pauline Oliveros, is a lyrical and dramatic piece that employs droning sounds in rapid movement. The second movement, Elegeia, is particularly evocative. However the five movements don't seem to be part of a coherent strategy. For example, the fourth movement, Symmetries II for Semara Dana, is simply a gamelan study. Elegeia ends with the seven-minute Crepuscule for Barbara, an abstract noir piece for an anemic gamelan ensemble.

Spectral (Golden) Lyric contains the four-movement For Rosa, the 12-minute Strange Attraction, an abstract piano piece with disorienting percussive sounds, the eight-movement Wisps, which is similar to the fragmented studies of Chamber, and the six-minute Toccata and Imbal, that transitions from a jarring percussive section to an aggressive pulsing dance.

(Translation by/ Tradotto da xxx)

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