Elegi, the project of Norwegian composer Tommy Jansen, coined a haunting
form of
digital chamber music for instruments, noise and field recordings on
Sistereis (Miasmah, 2007), ostensibly a soundtrack for sinking ships.
Despotiets Vesen sets the (very slow) pace with
languid electronic drones, melancholy piano notes
and the most subdued musique concrete ever.
Even less musical are the
ghostly dissonant concerto of Fyrtarnet Part 1,
with sustained cello lines slowly sinking in the warped lattice of noises,
and its counterpart Fyrtarnet Part 3, dominated by the thick overtones
of Klaus Schulze's cosmic music.
The eight-minute Time Lapse juxtaposes delicate piano notes with
his typical low-volume musique concrete of small random events, and its
follow-up Spill For Galleriet (another piece that toys with time) mixes
piano and ticking in a desolate, dusty soundscape.
These longer abstract pieces share the quality of profound philosophical
meditations.
Droning minimalism can go either way.
The gothic atmosphere of Dauingene draws from dark drones that sound
like drowning screams.
The celestial atmosphere of Interbellum is woven from a rainbow of
brighter and faster drones that seem to dance in the sky with an echo of
baroque concertos (new-age music by Jansen's standard).
Somewhere between the two extremes lie the
distorted psychedelic vertigoes of Fyrtarnet Part 2.
Humane tones are rare.
The confused rumble of Sistereis hides a lugubrious melody that
eventually surfaces in the form of a fanfare played first by the trumpet and
then by the trombone.
Varde (Miasmah, 2009), a soundtrack for the (doomed) 1912 voyage of
Robert Falcon Scott to the South Pole, was both less elegiac and less
metaphysical while more tumultuous and almost neurotic.
The stormy overture Varde evokes a glacial landscape but the
violin-based adagio Skrugard is closer in mood to the existential angst
of "Mitteleuropa" in the early 20th century.
Elsewhere, the method was used for more psychological purposes, like to shape
the terrifying suspense of Drivis.
The quiet of Fandens Bre is disrupted by an avalanche of noise.
The moaning and wailing of Angekok is ripped apart by saw-like strings.
Jansen seems busy inventing an audio iconography of pain, a vocabulary of
primal and almost pre-natal sounds.
The contrast between "concrete" dissonance and chamber piano reached a new
level of sophistication in Svanesang because they seem to play to
each other and react to each other.
They definitely build on each in Rak, a schizophrenic game of
majestic drones and infernal noise mediated by romantic strings.
An arctic wind blankets the landscape evoked by Den Store Hvite Stillhet,
perhaps an allegory for the entire story.
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(Translation by/ Tradotto da Claudio Vespignani)
Elegi, il progetto del compositore
norvegese Tommy Jansen, ha coniato uno stile ossessivo di musica da camera
digitale per strumenti, rumori e suoni concreti su Sistereis (Miasmah,
2007), in apparenza una colonna sonora per navi naufraghe. Despotiets Vesen detta il tempo (molto lento) con languidi
drones elettronici, note di piano melanconiche e la musica concreta più
sottomessa di sempre. Ancor meno musicale è la dissonante, spettrale sinfonia
di Fyrtarnet Part 1, con le tese linee di violoncello che affondano
lentamente in un reticolo deforme di rumori, e il suo contraltare Fyrtarnet
Part 3, dominato dagli spessi ipertoni della musica cosmica di Klaus Schulze. Gli otto
minuti di Time lapse affiancano note
delicate di piano con i suoi tipici concretismi a basso volume, fatti di
piccoli eventi casuali, e il suo seguito Spill For Galleriet (un altro pezzo che giocherella col tempo)
mette insieme piano e ticchettii in uno scenario desolato e polveroso. Questi
pezzi astratti e più lunghi hanno in comune la qualità di profonde meditazioni
filosofiche. Il bordone minimalista può prendere diverse direzioni. L’atmosfera
gotica di Dauingene attinge da scuri drones che sembrano grida di
annegamento. Quella celestiale di Interbellum è tessuta da un arcobaleno
di bordoni più veloci e brillanti che sembrano danzare nel cielo con echi di
sinfonie barocche (per lo standard di Jansen, praticamente è new-age). Fra
questi due estremi, da qualche parte si trovano anche le distorte vertigini
psichedeliche di Fyrtarnet Part 2.
C’è poca umanità in questo suono. Il
rimbombo confuso di Sistereis nasconde
una lugubre melodia che alla fine affiora in forma di fanfara, eseguita prima
dalla tromba e poi dal trombone.
Varde (Miasmah,
2009), colonna sonora per il tragico viaggio del 1912 di Robert Falcon Scott
verso il Polo Sud, è sia meno elegiaco che metafisico, in quanto più
movimentato, quasi nevrotico. La tempestosa apertura di Varde evoca paesaggi glaciali, ma l’adagio per violino di Skrugard è più simile nell’umore alla rabbia
esistenziale mitteleuropea dell’inizio del ventesimo secolo. Altro, il metodo è
utilizzato per scopi più psicologici, come nella suspence terrificante di Drivis.
La quiete di Fandens Bre è perturbata da una valanga di rumore. Il
gemito lamentoso di Angekok è fatto a pezzi da archi taglienti. Jansen
appare impegnato nella creazione di un iconografia sonora del dolore, un
vocabolario di suoni primitivi, quasi pre-natali.
Il contrasto
fra dissonanze concrete e camerismi di piano raggiunge un nuovo livello di
sofisticazione in Svanesang, dal momento che sembrano dialogare e
reagire fra di loro. Si sovrappongono perfettamente in Rak, un esercizio
schizofrenico di bordoni maestosi e rumori infernali, interposti da archi
romantici. Un vento artico ricopre il paesaggio evocato da Den Store Hvite
Stillhet, probabilmente l’allegoria dell’intera storia.
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