- Dalla pagina su Elegi di Piero Scaruffi -
(Testo originale di Piero Scaruffi, editing di Stefano Iardella)


(Tradotto da Claudio Vespignani)

Elegi, il progetto del compositore norvegese Tommy Jansen, ha coniato uno stile ossessivo di musica da camera digitale per strumenti, rumori e suoni concreti su Sistereis (Miasmah, 2007), in apparenza una colonna sonora per navi naufraghe. Despotiets Vesen detta il tempo (molto lento) con languidi drones elettronici, note di piano melanconiche e la musica concreta più sottomessa di sempre. Ancor meno musicale è la dissonante, spettrale sinfonia di Fyrtarnet Part 1, con le tese linee di violoncello che affondano lentamente in un reticolo deforme di rumori, e il suo contraltare Fyrtarnet Part 3, dominato dagli spessi ipertoni della musica cosmica di Klaus Schulze. Gli otto minuti di Time lapse affiancano note delicate di piano con i suoi tipici concretismi a basso volume, fatti di piccoli eventi casuali, e il suo seguito Spill For Galleriet (un altro pezzo che giocherella col tempo) mette insieme piano e ticchettii in uno scenario desolato e polveroso. Questi pezzi astratti e più lunghi hanno in comune la qualità di profonde meditazioni filosofiche. Il bordone minimalista può prendere diverse direzioni. L’atmosfera gotica di Dauingene attinge da scuri drones che sembrano grida di annegamento. Quella celestiale di Interbellum è tessuta da un arcobaleno di bordoni più veloci e brillanti che sembrano danzare nel cielo con echi di sinfonie barocche (per lo standard di Jansen, praticamente è new-age). Fra questi due estremi, da qualche parte si trovano anche le distorte vertigini psichedeliche di Fyrtarnet Part 2.
C’è poca umanità in questo suono. Il rimbombo confuso di Sistereis nasconde una lugubre melodia che alla fine affiora in forma di fanfara, eseguita prima dalla tromba e poi dal trombone.

Varde (Miasmah, 2009), colonna sonora per il tragico viaggio del 1912 di Robert Falcon Scott verso il Polo Sud, è sia meno elegiaco che metafisico, in quanto più movimentato, quasi nevrotico. La tempestosa apertura di Varde evoca paesaggi glaciali, ma l’adagio per violino di Skrugard è più simile nell’umore alla rabbia esistenziale mitteleuropea dell’inizio del ventesimo secolo. Altro, il metodo è utilizzato per scopi più psicologici, come nella suspence terrificante di Drivis. La quiete di Fandens Bre è perturbata da una valanga di rumore. Il gemito lamentoso di Angekok è fatto a pezzi da archi taglienti. Jansen appare impegnato nella creazione di un iconografia sonora del dolore, un vocabolario di suoni primitivi, quasi pre-natali.

Il contrasto fra dissonanze concrete e camerismi di piano raggiunge un nuovo livello di sofisticazione in Svanesang, dal momento che sembrano dialogare e reagire fra di loro. Si sovrappongono perfettamente in Rak, un esercizio schizofrenico di bordoni maestosi e rumori infernali, interposti da archi romantici. Un vento artico ricopre il paesaggio evocato da Den Store Hvite Stillhet, probabilmente l’allegoria dell’intera storia.


(Tradotto da Stefano Iardella)

Bansull/ Lullaby (Dronarivm, 2017), di Elegi, contiene materiale registrato diversi anni prima della pubblicazione. Pezzi in forma libera sonnolenti e con sfumature neoclassiche come Hvor Her Er Odselig sono la colonna sonora perfetta per una storia di fantasmi. In quella vena horror, Mortemann ha campioni di opera fluttuanti in un'elettronica ululante, e Messe ha un organo da chiesa che conversa con piccoli rumori che tradiscono la presenza di esseri invisibili. I sette minuti di Vemod sono invece una colonna sonora della follia, che mescola una sonata neoclassica per archi al rallentatore con il crepitio di un vecchio disco e una cacofonia caotica (anche il suono di qualcuno che sta scrivendo su un foglio). Lo svolgimento di Fordum è ancora più folle e sabotato dalla qualità lo-fi della registrazione. Il senso di mistero raggiunge l'apice con il vuoto rimbombante ed echeggiante di K-141 e con il rombo metabolizzante di Elevte Time che termina con il ticchettio dell'orologio da parete; l'equivalente sonoro dei dipinti di Dali o Tanguy. Il tutto è allo stesso tempo inquietante e stimolante, proprio come la migliore narrativa surrealista. L'unica cosa che manca a questa musica è un po' più di profondità.

A quel punto Jansen si era già ritirato dalla musica.


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